La scala della speranza

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Ogni giorno viene. Ti aggrappa. Tira. Tira forte. E,Tu… Tu Sali, Scendi Sali. A quale gradino Sei. Non sai. Ti affatichi. Ti affanni. Sempre in bilico Rimani. Di qua. Di la. Sembra facile Salire la scala Della speranza. Ma …Ma, Nell’orrida stanza Più la guardi Meno la vedi. Più la sali Meno arrivi. Più la cerchi Meno la trovi. Dicono : E’ luce. Non vedi? È Li! Non vedi? Accanto ai piedi! No, Vedo il muro, Il buio nero. Cerco, sbatto. Sanguino. Dicono, vai. Sanguino. Arranca, arranca, Dice la memoria stanca. Sanguino. Perché proseguo? Mi chiedo. Se mi fermo è fatta! Pronta la risposta. Vai, ce la farai! C ’è sangue. Tanto sangue. Arranca, arranca. Senza domanda. Sulla scala Della speranza Tanta gente È rimasta. Altra…Altra? È scivolata giù, Non si vede più. Poca in cima È approdata Superando l’orrore Gradino dopo gradino Del macigno oppressivo! Gradino dopo gradino, grido, balbetto, sanguino. Domando: Posso farcela? Prosegui. Suggerisce l’anima. Non lasciare la speranza Al deviato scalino. Nulla viene dal destino! Cammino, arranco, cammino. Arranco Non penso più. Guardo Chi è rimasto giù. Le sorrido dal blu. Dico : vieni su. Anche Tu Puoi farcela! e.r

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A volte la vita ti fa dei brutti scherzi e camminare diventa tanto faticoso. Specie se gli anni  non son più quelli dell’incoscienza ci si può smarrire e ritrovarsi nel buio pesto, soli, sconfitti e senza un barlume di speranza a cui appigliarsi di farcela a risalire da quel nero baratro. .Ma come dice Macchiavelli:   “non è mai alcuna cosa sì disperata che non vi sia qualche via da poter sperare” brancolando, brancolando,  si può trovare, iniziare a risalire, arrivare in cima al crostolo e rivedere un bel cielo blu, blu da lasciarti senza fiato.

bydif

Ripescare il coraggio

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Coraggio coraggio. Quante volte si sente dire! E se il coraggio manca. Mica è facile reperirlo. Beh sei costretto a trovarlo se non vuoi rimanere spiaccicato al pavimento della vita. Già il vivere normale ogni giorno ti obbliga a usarlo. A volte può mancare e dato che è difficile reperirlo si può rimanere schiacciati dagli eventi però è cosa rara. Che il coraggio più o meno ce lo abbiamo tutti è un dato di fatto. Nessuno può farne a meno  per realizzare i piccoli e grandi sogni, le ambizioni personali o anche quelle collettive. Certo a volte capita che per variegate sfaccettature ci sono momenti che richiedono più coraggio anzi così tanto coraggio da farti paura. A taluni, questi momenti di abnorme  coraggio  capitano sempre nello stesso periodo dell’anno, addirittura nello stesso mese. Per strane casualità cosmiche?del fato? Non so. A me quei momenti son sempre capitati in Agosto. È stato sempre un mese capitale Agosto nelle vicissitudini della mia esistenza.

Agosto, agosto con me agisci come il governo. A ogni solleone crogiola qualcosa di strano tanto cecato dai raggi non vedi che ti frega e lo scopri a cosa fatta.

Caldo, ventoso o bagnato che eri Agosto mi hai messo nel piatto della vita la realtà più inaspettata tragica e dura. Volente o nolente il tuo imperativo era bruciare i miei progetti. Fossero ambiziosi o modesti non importava. Con cinico sadismo sogni certezze e speranze in un attimo  incenerivi tutto  lasciando al mio orizzonte nient’altro che fumo. Dopo avermi steso con un KO micidiale o lasciata imbambolata sulla poltrona di casa, prima ti divertivi nel vedermi nel panico, poi sovvertivi il timore e freddo come iceberg mi chiedevi di tirar fuori il coraggio. Non il solito coraggio, il tuo.  Il coraggio di Agosto, vale a dire  un coraggio da leoni. Un coraggio per oltrepassare barriere di cemento senza muovere un muscolo. Un coraggio per andare al buio come un gatto dritta dritta verso il vuoto senza caderci dentro. Il coraggio d’esser dragone vincente su squadroni e squadroni di pericoli mentre  ero sgomenta colombella. Il coraggio di stamparmi un sorriso da ebete imbalsamata da sfoggiare a chi  faceva domande e non sapevo che dire. Il coraggio di far navigare un barcone senza remi per approdare su qualche spiaggia portando in salvo chi amavi con tutta l’anima. Anche  il coraggio di mentire che tutto era perfetto per non far inutilmente soffrire chi ti stava accanto.. Coraggio, coraggio un tormentone martellante per fare anche l’impossibile. Quel coraggio sai bene Agosto che non c’era in me. Tu insistevi, insistevi e incredibilmente lo cacciavo fuori. Non so dove lo tenevo in serbo. So che ferita, sanguinante e pure rincretinita dal turbinio dei fatti incresciosi che mi cucinavi coi tuoi raggi spietati filavo come una locomotiva. È vero, la lotta era impari tra me e te agosto ma se era per coraggio, incosciente follia o il fuoco che bruciava saltavo le cataste come una lepre. Debbo anche ammettere che il fuoco che mi ardeva in petto era così vivo di motivazioni che bruciava gli ostacoli senza troppe ceneri. Quante volte mi hai abbattuta e ho ricominciato. Non oso contarle. L’avevo il coraggio agosto?  Se l’avevo! Oggi…Oggi quel coraggio non l’ho più. Oh …Forse l’ho ancora. Certo meno vibrante d’allora. Forse ho paura di crederci. Oh …oh…dai ammettilo quel che manca per far scattare Il coraggio di agosto è la motivazione. Chissà. È solo il 5 Agosto. E.. il  mare è pieno di argentei luccichii che  specchiano negli occhi come focherelli virginei, pescando pescando tra quei luccichii potrei ripescare il coraggio di agosto.

Non so se riesco a rpescarlo intanto auguro a tutti un felice agosto.

by dif

Giocarsi la vita

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In un mondo dove impera tutto e il contrario di tutto, dove lo stupire, con qualunque mezzo, è comunicare, socializzare, conquistare. Dove il pensiero dominante sembra essere quello di: NON SI È SE NON SI ESISTE MEDIATICAMENTE, è facile smarrire il valore della vita. Troppo facile confondere l’esistere con l’essere. Troppo facile perdere il controllo del se per mostrare all’altro che ci sei. Esserci è un solitario cammino di ricerca. Un continuo evolvere, modificare, mutare in armonia con l’incognito. È mera utopia soddisfare l’ego attraverso scorciatoie. Strabiliare per ottenere visibilità, ascolto, considerazione in un talk o in un click è come giocare a mosca cieca con la vita. Nessun follower t’assicura che acchiappi stima, amicizia, affetto tempo da vivere in sintonia con chi sei. È più facile che catturi finzione, illusione, realtà spropositata in accordo con chi non sei e mai dovresti essere. Nel palcoscenico dell’esistenza ognuno è primo attore, bravo o scalzacane, convincente o deprimente ha la parte principale e il successo non l’accaparra con lo sballo, le comparsate, le gomitate, le pasticche adulterate, i selfie spericolati, le opinioni strappalacrime e quelle populiste cialtrone. L’accaparra, e con applausi, nell’essere libero dentro e fuori, espropriando dall’ESSERE contaminazioni mediatiche mercifere che desertificano il raziocinio dell’ESSERCI. Nell’oggi in cui tutto social fugge e tutto anaspecifico sfugge a una velocità supersonica, l’artista accidentale dell’esistere si gioca la vita per il nulla. Sempre più spesso la visibilità che conquista, purtroppo, è un fatto di cronaca autodistruttivo che gli altri poi raccontano fino all’esaurimento. Vero è che non è facile sussistere senza rischi, ma giocarsi la vita per un plusvalore se non è da cretini è da bari.

bydif

PASSANTI

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Sono tra la folla, un’immensa folla e mi sento ghiacciare.

 

Coloro che passano rimangono indifferenti a qualunque condizionamento di movimento, coinvolgimento passionale collegato al circostante. Vanno come automi. Passanti quindi, solo frettolosi, distratti passanti che non incidono sul vissuto ne modificano qualsiasi alternativa. Quello che non mi quadra nell’indifferenza dei passanti sono i pensieri. Dove va la loro energia? Tutta la folla anonima che va su e giù e incrocio, porta con se un bagaglio di vivacità intellettiva che lavora e si logora indipendentemente dallo sguardo asettico che posa sul circostante. Di sicuro cammina rimuginando una serie di considerazioni, avverto che queste si sparpagliano nell’aria rendendola satura e densa, effondono segnali variabili che guizzano e ricadono qua e il senza un nome, senza un volto.

Guardo e scruto quella folla, non si lascia turbare da nessun tramestio che la strattona, la spinge, la detesta. Va e passa come se seguisse una scia, un fluido misterioso che la porta verso un luogo meraviglioso. Per brevi attimi rallenta l’andatura e il turbinio dei pensieri si placa, sembra seguire un ritmo, sia tirata da  un filo conduttore invisibile verso una meta,  non è una folla ordinata, è un insieme di ammassi sparsi che non si distoglie e non esterna, cavalca sopra tutto e travolge tutto quello che l’intralcia. Una folla che inghiotte senza pietà, una folla che nessuno è capace di arrestare,  un fenomeno inspiegabile del collettivo umano: passare senza concedere un granello di se.

 

Provo a spintonare un passante per vedere se mi guarda o reagisce, niente, mugola qualcosa di incomprensibile e va con le sue sporte colorate come se non avesse corpo e vivacità ma solo piedi, immensi piedi che lo trasportano. Rabbrividisco di orrore, chi ha inghiottito  l’energia motrice dell’essere umano? Tutta quella folla sembra formata da tante macchie opache senza connotati, vapori insulsi che ondeggiando si sono uniti per formare un accozzaglia eterea  che vaga  senza più sogni e speranze, senza un guizzo ricettivo a quel che le gira intorno. Eppure vi sono luci che roteano e feriscono le pupille, musica a tutto volume che entra nelle orecchie peggio d’un ago acuminato, immagini che scorrono su un grande schermo e rimbalzano sui volti scialbi come onde psichedeliche.

 

Mi assale una strana sensazione, non è ira né turbamento soltanto freddo terrore, cerco un contatto, un sorriso qualsiasi che interrompa l’orrido incantesimo di un maghetto burlone che ha reso incorporeo l’andare della folla, urlo, mi affanno tra i passanti, nessuno si gira, nessuno accenna una reazione Passanti, solo passanti transitano, forse di una realtà a me sconosciuta, forse di una dimensione trasparente senza un briciolo di calore e passione eloquente.

 

O…forse fantasmi di gente oppressa da un sacco di problemi per tirare avanti, con in  testa solo il frullio di come arrivare alla fine del mese con dignità, indaffarata a fare conti e conticini per pagare mutui, affitti, bollette, scarpe ai figli, rette di asili nido. Gente intontita da assilli che vengono ogni giorno sbandierati da chi non ce li ha sui media: recessione, precariato, cassa integrazione…. Gente evanescente per politici e politicanti che ha consistenza fisica sola durante le campagne elettorali.

 

Quello che vedo non è un ammasso automatizzato e gelido di passanti, è una folla stremata, perplessa, concentrata ora dopo ora a spremere le meningi su come sbarcare il lunario della vita, non può distrarsi, non può concedersi il lusso di girare la testa a chi urla per carpire un’espressione, non può dar segni di umanità, può solo camminare con i suoi enormi piedi fissati al piancito lustro d’un supermercato.

 

 

 La foto è del “principe”GE&GE