Pentecoste: il sigillo di fuoco

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La Solennità di Pentecoste è una delle feste più importanti del calendario liturgico in quanto con la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli, riuniti insieme nel Cenacolo, Dio mette il sigillo di fuoco nei  fedeli, uniti nel Nome di Gesù. 

Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi» (At 2, 1-4).

In un certo qual modo la discesa dello Spirito Santo sotto forma di lingue  di fuococompleta l’incarnazione, gloria la promessa di Gesù: Io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Paraclito, un altro Consolatore, che rimarrà eternamente con voi “e segna l’avvio della chiamata missionaria della Chiesa. Chiesa come universalità del Risorto in cui gli Apostoli sono rivestiti di Spirito Santo per annunciare al mondo quel Verbo eterno, crocifisso e risorto.

Cos’è lo spirito Santo? E’ la luce di verità, il sigillo di fuoco che  guida nel cammino dell’amore in Cristo, pastori e agnelli.  
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Si può dire che La Pentecoste è una solennità che ricorre nel 50° g. dopo Pasqua esalta quell’operare misterioso di Dio Uno e Trino!

BYDIF

…..per la cronaca

Inizialmente lo scopo primitivo della festa di Pentecoste era agricolo. Una lieta festa chiamata “festa della mietitura”o “dei primi frutti”. Si celebrava il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua in ringraziamento a Dio per i frutti della terra. In altri passi era nota come “festa dello Shavuot, cioè delle Settimane poiché cadeva sette settimane dopo la Pasqua. Presso gli ebrei indicava anche l’inizio della mietitura del grano. Ma, a poco a poco , gli Ebrei le diedero un significato nuovo tant’è che la Pentecoste divenne “il giorno del dono della Legge” e alla vigilia della festa a ogni israelita era fatto obbligo di passarlo a leggere la Legge. Tuttavia, la Pentecoste era una delle tre festività, dette Shalosh regalim, feste del pellegrinaggio a Gerusalemme di tutti gli uomini. Comportava l’astensione totale da qualsiasi lavoro, un pellegrinaggio a Gerusalemme di tutti gli uomini, un’adunanza sacra ‘asereth o ‘asartha e particolari sacrifici.

La Pentecoste cristiana viene celebrata già nel periodo apostolico .Tertulliano è il primo a parlarne, come di una festa ben definita, in onore dello Spirito Santo. Nell’iconografia descrittiva difficilmente Lo Spirito Santo è stato raffigurato sotto forma umana. Nell’Annunciazione e nel Battesimo di Gesù è presente sotto forma di colomba e nella Trasfigurazione come nube luminosa. Sebbene più volte preannunciato nei Vangeli da Gesù, è nel Nuovo Testamento che viene rivelata la personalità della divinità dello Spirito Santo.

 

 

 

 

invocazione per la pace a S. Rita

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Oh ammirabile Santa
perla rara del cuore di Gesù
tenerissima madre e sposa
votata a servire e soccorrere
e da dio eletta avvocata
delle cause impossibili
afflitti e disperati
da odi e discordie
che impediscono la pace
a Voi oggi con devozione
preghiamo e ci affidiamo
per intercedere grazia
di liberarci dall’incubo
di guerre e oppressioni.
Oh, Gloriosa santa Rita
dal cuore colmo di amore
serva fedele di Cristo
avvovcata della nostra speranza
umilmente Vi imploriamo
che nessuno in terra abbia più
da soffrire e spargere lacrime
per inimicizia e guerra.
Beatissima Santa della spina e della rosa
delle cause perse e disperate
ma a Voi rese da Dio possibili
onorandovi vi preghiamo
elargite a questa umanità
armonia e sollievo.
Oh, prodigiosa Santa
angelo di concordia
ricolma di virtù
intercedi per noi clemenza
da far rifiorire la pace in ogni angolo della terra.

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Bydif

Grazie amatissima Santa della mia terra. Di certo so che ascolti chi a te si rivolge con mente e spirito  fiduciosi.

Nostra Signora di Fatima

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Questo 13 maggio, è il 106° anniversario della prima apparizione della Madonna a Fatima e come consueto una gran moltitudine di pellegrini da tutto il mondo è approdata sul suolo lusitano per rendere devoto omaggio alla Vergine Maria, ma anche con in cuor un desiderio di ricevere grazie e intercessioni per questioni di umana sofferenza. Qualche anno, fa anch’io per puro caso sono approdata in quella immensa piazza del santuario gremita da una incredibile folla multietnica e l’impatto coinvolgente è stato incredibile. A dir il vero all’inizio in quel groviglio di anime viaggianti mi sentivo un po’ smarrita, un tanto perché pur essendo devota alla Madonna quel pellegrinaggio non l’avevo programmato ne per esigenza animica incalzante ne per desiderio di fede, mi ci ero ritrovata all’improvviso per affetto e sostegno a una persona cara. Un tanto perché nel vedere tanto fervore sprigionare dai gesti e dai volti che incrociavo o addirittura scorgerne altri di ogni età e ceto sociale che pregando si facevano in ginocchio tutta la piazza per arrivare alla cappellina dove era posta l’immagine della Madonna mi saliva una sensazione di stupore e ammirazione per tanta convinzione ma anche di mancanza, quasi a sentirmi miserrima. Sennonché deve essere che quando meno ci pensi il fato dello spirito agisce e se vuole trova tutte le strade per farti arrivare dove ti è necessario per progredire, o forse più semplicemente, ed stato così per me, per tracciarti la strada da perseguire per resistere a situazioni future imprevedibili, assai dolorose da viverle e superarle senza cadere nel baratro nero dello disperazione. Cosicché, dopo un primo sbilanciamento, dovuto allo stupore di una partecipazione mistica di quella variopinta folla ai limiti del surreale, oltrechè ad una atmosfera silenziosa ma che respirando risultava più chiassosa di un concerto di oranti tenori che ti pervadeva e frastornava l’occhio e la ragione, quel mio primo pellegrinaggio in un luogo mariano è stato tutto un susseguirsi di profonde percezioni sensoriali che sembrava mi squarciassero il petto. Inspiegabili sensazioni nuove, elettrizzanti mi trascinavano in piena notte su quella immensa piazza ormai semi deserta, non a pregare, muta a rimirare quella immagine di giovane donna ammantata di bianco, minuta e con una corona in bilico in testa che da un momento all’altro pareva volesse scivolar giù, avvolta in quella teca di vetro avvolta da tutto un fragrante olezzo di rose bianche, gigli e tuberose che arrivava in ogni vicolo. Ancor oggi mi è difficile spiegare quel perchè preciso della ragione che metteva in moto il desiderio di andare in piena notte a guardare la Vergine Maria, come dicono li, della “nostra Signora di Fatima”. Neppure riesco a spiegarmi i meccanismi interiori di quel muto ammirare la madonna e ora dopo ora sembrarmi che star li mi guarisse l’anima. Come dire, un impercettibile tocco di brezza la tirasse fuori da tutto un guazzabuglio esistenziale per riportarla alla sua naturale espressività. Tant’è che da allora tanto è cambiato in me,nei modi e nel pensiero. Ancora non come avevo percepito doveva essere o dovrebbe essere . Perché? Perché ho fatto tanti altri pellegrinaggi e come allora non per volontà, quasi tutti per caso, solo gli ultimi due per decisione autonoma, poi ci doveva essere un terzo in Armenia, un luogo che mi ha sempre affascinato e desideravo molto percorrere le sue strade, purtroppo ci si è messo di mezzo il covid e ancora è in sospeso. Tuttavia credo non sia un caso, forse non sono pronta per quei luoghi. Se deve essere sarà…sennò pace…Però ho fiducia. In fondo in fondo ormai so che come ha detto la Madonna a Fatima ai tre pastorelli, Lucia, Giacinta e Francesco, basta pregare con sincerità di mente e cuore e quando è possibile Lei esaudisce. Dappoi mica è faticoso rivolgere il pensiero alla madre di Dio o recitare un Ave Maria al giorno. Quindi mi affido. Mi affido e confido in quel misterioso mondo dell’inspiegabile al ragionar dell’umano. Perchè? Beh, nel trascorrer degli anni ho compreso che alla cappellina delle apparizioni di quella immensa piazza, quasi senza confini e senza tempo, non ci arrivi per caso, neppure quando ti sembra evidente, ci arrivi perché ti è essenziale assimilare quello che non è spiegabile e intuisci in seguito vivendo la realtà quotidiana.
Comunque confesso che a tutt’oggi quel che mi incuriosisce decifrare di quel pellegrinaggio è il carisma trasponder che ti arriva dritto dritto nell’anima da una immagine, per quanto meravigliosa nella sua raffigurazione tratta dai racconti delle apparizioni ma pur sempre di materia statica.

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Bydif

L’artigiano, simbolo della dignità del lavoro

Chi è L’artigiano simbolo della dignità del lavoro? È SAN GIUSEPPE!

Eh si, proprio Lui, sposo di Maria vergine e padre putativo di Gesù. Il Giuseppe la cui celebrazione solenne come pater familia ricorre il 19 marzo ? Si! Allora? Allora la cui festività è anche il 1° maggio! Com’è? Com’è com’è… è per celebrare l’artigiano Giuseppe! Da quando? Da quando papa Pio XII nel 1955 , scelse il primo maggio, festa del lavoro, per ufficialmente eleggerlo patrono degli artigiani e degli operai! Lo scopo? Beh, lo scopo di commemorare san Giuseppe in questo giorno in primis è identificare la dignità dell’uomo nel lavoro, quindi funzionale alla sua rispettabilità nel contesto sociale nonché di completezza al suo essere. Per cui riconoscere il lavoro partner essenziale dell’esistenza umana, ma anche sottolineare che la necessità di dover svolgere un lavoro per dovere di sussistenza di se e di chi convive non è affatto degradabile, anzi come esplica l’esempio di Giuseppe è traino di elevatezza gratificante. Sinteticamente? Per sintesi dare un senso pieno alla vita e al viverla! O, ritenere la fatica un valore primario complementare alla soddisfazione umana, in qualità distinzione, proprietà , beneficio . Perché l’artigiano simbolo della dignità del lavoro è san Giuseppe? Intanto perché sembra appurato che era un artigiano del legno, un falegname, che all’occasione sapeva sbrigarsela anche come fabbro e carpentiere. Tant’è che nel Vangelo viene chiamato fabbro. Mentre Gesù chiamato “il figlio del carpentiere” e quando lo udirono insegnare nella sinagoga, dissero di lui: “Non è Egli il figlio del legnaiolo?”o in altra occasione con stupore e disprezzo: “ Non è costui il falegname?.” Quindi un lavoratore vero. Un instancabile operaio in proprio, che tutti i giorni, nella sua bottega artigiana, dal mattino alla sera guarnito dei suoi strumenti, pialla, martello scalpello …creava oggetti di legno, riparava, faticava, sudava. Poi perché pur essendo di nobili origini ma squattrinato non ha avuto nessuna difficoltà a chinare la testa, mettere a frutto mani e capacità. Per così dire ne sentirsi sminuito in dignità, ne del suo valore di uomo, marito e padre a lavorare sodo. Il che è assai per qualificarlo a immagine simbolica del mondo operaio. Poi per la funzione fondamentale che attribuisce al lavoro nella esistenza umana: sia come senso di responsabilità; come mezzo indispensabile qualificante l’individuo, sia all’adeguarsi alla sua dura legge, identica per tutti, per garantire un minimo status di agio ai propri cari in relazione alla comunità. In un certo qual modo per essere esempio concreto che l’occupazione è un impegno personale essenziale per gratificare l’esistenza propria e altrui per cui di rimando il lavoro è un diritto umano e sociale che non può essere eluso o precluso a nessuno da nessuna civiltà.

Detto ciò è facilmente intuibile il perché tra tanti santi proprio S. Giuseppe e non un altro è stato scelto a esprimere simbolicamente la dignità del lavoro. Inoltre il suo svolgere un tipo di operosità artigiana, quindi abile nel fabbricare oggetti utili alla collettività avvalora il simbolismo. Per quale motivo? Lo avvalora come modello onorario di piccola impresa che nella storia del progresso è sapere che diventa cultura del lavoro, fonte di conoscenza da trasmettere, radice di ogni piccola industria o grande imprenditoria e parte fondamentale della produzione. È da una “bottega” come quella di san Giuseppe che si acquisisce maestria per evolverla e trasformarla in industria. Purtroppo, oggi come oggi, per imbecillità, speculazione, profitto, globalizzazione, mancanza di stima in attività manuali e sottovalutazione della competenza, eccessiva ricerca nel sudare poco e guadagnare molto se non farsi pagare per starsene in ozio, queste preziose botteghe stanno scomparendo.

Per concludere, non c’è che dire, con papa Francesco suo grande devoto “Celebriamo san Giuseppe lavoratore ricordandoci sempre che il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità della persona”. “ preghiamo che nessuno resti senza lavoro” “Chi lavora è degno, ha una dignità speciale, una dignità di persona: l’uomo e la donna che lavorano sono degni” ci sono tante persone “che vogliono lavorare e non possono». E questo “è un peso per la nostra coscienza, perché quando la società è organizzata in tal modo” e “non tutti hanno la possibilità di lavorare, di essere “unti” dalla dignità del lavoro, quella società non va bene: non è giusta! Va contro lo stesso Dio, che ha voluto che la nostra dignità incominci di qua.

Magari nell’invocare questo santo protettore di falegnami, ebanisti e carpentieri, senzatetto e persino dei Monti di Pietà e relativi prestiti su pegno, immagine significativa della nobiltà del lavoro e di chi lo esercita, non fa male rammentare che anche la nostra costituzione lo ribadisce.

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Con l’immagine iconografica di san Giuseppe* , auguro a tutti di avere già una degna occupazione oltreché una notte di sereno riposo.

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per la cronaca:

Giuseppe era, come Maria, discendente della casa di Davide e di stirpe regale.

– Di lui non si sanno molte cose sicure, se non quelle riferite dagli evangelisti Matteo e Luca. Tuttavia nei cosiddetti vangeli apocrifi i narratori, intorno alla sua figura si sono alquanto sbizzarriti in notizie e storie leggendarie ma per lo più a cominciare da s. Agostino e San Girolamo ritenute inattendibili. Comunque quella che riporta del suo bastone prodigiosamente fiorito determinando nella “gara”tra contendenti la sua scelta a sposo di Maria popolarmente si è piuttosto divulgata e accreditata. Benché a tale leggenda si potrebbe anche dare un significato allegorico di passaggio tra il Vecchio e il nuovo testamento.

-In Oriente san Giuseppe è venerato dal IV secolo, in Occidente da verso l’ XI.

Nei secoli, la sua devozione ha raggiunto grande popolarità. Prova ne è la presenza di reliquie in vari luoghi : Notre-Dame di Parigi custodirebbe i due i anelli di fidanzamento, suo e di Maria; la chiesa parigina dei Foglianti i frammenti di una sua cintura; Perugia il suo anello nuziale; la chiesa di S. Maria degli Angeli in Firenze dei camaldolesi il suo bastone; Aquisgrana le fasce o calzari che avrebbero avvolto le sue gambe.

il nome Giuseppe, di origine ebraica sta a significare “Dio aggiunga”, tra i cristiani iniziò a diffondersi già agli albori del suo culto e si accrebbe assai nel tempo, in Europa soprattutto nell’800 e 900.

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* di s. Giuseppe, già Pio IX aveva in qualche modo riconosciuto la sua importanza come lavoratore quando, l’8 dicembre 1870, lo proclamò santo patrono universale della Chiesa.

*frammento di un opera di Gerrit- van- honthorst esposta all’ermitage di san pietroburgo.

I messaggeri divini

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I messaggeri divini son quella schiera di misteriose creature celestiali a cui un tempo tutti o quasi credevano di averne uno accanto a mo di guida e tutela, al quale poter chiedere soccorso nelle necessità quotidiane, conforto nelle inquietudini interiori, semplicemente volgere un pensiero fiducioso della loro presenza, quand’anche ritenerlo un compagno per dialogare e tranquillamente esporre speranze e dubbi temporali. Oggi? In un mondo fanatico del materiale? Bah … d’acchito mi sovviene che per i più è una creduleria antiquata! O peggio. Un assurdo supposto di menti illogiche, folli e ossessionate dall’inesistente. Eppure…

Eppure numerose son le testimonianze bibliche, evangeliche e pure umane della loro esistenza. *

Chi sono i messaggeri divini? Sono quegli esseri intelligenti, immortali e dotati di volontà che connettono l’umano al divino! Gli incorporei naviganti” in quello spazio fra cielo e terra; puri spiriti in quel vuoto che separa il mondo terrestre dal regno di Dio. Esseri un po’ sopra gli uomini e a vari livelli al disotto del Creatore. In sintesi gli angeli!

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Si, i divini messaggeri son le creature angeliche. Come dire un “esercito” di esseri eterei con funzioni specifiche di collegamento tra Dio e l’uomo che in sequenza monocentrica riportano alla trinità e in delega di ruolo al numero divino, cosicché alcuni vicinissimi a Dio, altri in progressione meno.

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E qual’è il loro compito? Beh…Variabile. In nesso di finalità referente! Per cui alcuni possono ascoltare direttamente la parola di Dio; altri dalle loro intuizioni estrapolare i concetti essenziali della volontà divina per rielaborarli in forma più comprensibile all’umano; tal altri addetti a materializzarli; altri a preservare e difendere il regno del padreterno; altri ancora decidere a chi far arrivare la sapienza o la filosofia rivelatrice; taluni a presiedere i confini della terra e proteggere tutto il creato; certi altri mostrarsi agli esseri umani per avvertire o comunicare una volontà divina; tutt’altri a salvaguardare tutti gli esseri umani con possibilità di interagire con i mortali in metodi e forme di propria scelta. In effetto angeli ai quali è concesso di calare ai parametri dell’umano da si comunicare e interagire nel mondo umanoide e che nel loro contatto con l’uomo, in qualità di” portavoce” divini, oltreché far percepire la presenza e far cogliere la missiva in molteplici modi, possono assumere forme assolutamente diverse e imprevedibili.

angel arcobaleno

Bensì, noi, come possiamo avvertire la presenza di queste creature, afferrare un messaggio, chiaramente comprendere che sono una realtà “vivente” di quel vasto mondo che ci sovrasta e non un parto della nostra sfrenata fantasia immaginifica o di patologiche convinzioni di esistenze soprannaturali? Detto che è prerogativa d’ognuna di queste celesti creature, se farsi vedere come angeli, con sembianze umane, oppure restare invisibili, con un po di attenzione. Cioè? Gli angeli costantemente segnalano di esserci, siamo noi umani a trascurare o escludere i loro segnali, specialmente quando percepiamo che sono scomodi perché vorrebbe dire cambiare, per certuni ammettere che esistono e rivedere tutti i concetti sull’extra esistenza.

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Vabbè, ma come la manifestano? In svariate maniere, di preferenza attraverso la percezione sensoriale, talvolta con azioni sorprendenti, tuttavia sempre con metodi che l’umano riesce a percepire o tangibilmente riconoscere. Al dunque? Al dunque I segnali visibili di questi “ delegati “di Dio, possono pervenire di giorno e di notte, in forma oggettiva, allusiva, trasmissiva. Tipo? Monetine nuove di zecca o di altri paesi, piume di pigmento indecifrabile, sensazioni improvvisa di caldo e freddo, sfioramenti, ventate, profumi intensi, musiche o voci che irrompono all’improvviso e di cui non si riesce a distinguere la provenienza, sparizione e riapparizione di oggetti; un colore, un numero, una scritta, un animale, uno spot; una persona in cui più e più volte ci imbattiamo da sembrare ci perseguiti. Lampeggiamenti, squarci di luce che confondono la vista, balenii che attraggono l’attenzione su un punto del cielo, della terra, dell’acqua o su un volto. Un sogno che si ripete, un pensiero che ci martella. Incontri con bambini che ci guardano, sorridono, ci vengono vicini, ci abbracciano senza un perché; strani personaggi che ci chiedono una stravagante indicazione, ci guardano fisso, rivelano un segreto di qualcuno che non conosciamo, propongono un’opportunità di lavoro al quale si aspirava, un luogo da visitare, ci raccolgono un oggetto caduto, donano qualcosa come un sassolino, un fiore, un biglietto con una citazione. Una figura che spicca inconsuetamente in mezzo alla folla e attira lo sguardo come una calamita e si fissa nel pensiero da non poi poterlo distogliere.

angel faro - Copia

Perché e quando manifestano la presenza? Essenzialmente per ricordare all’uomo che su questa terra non “cammina” da solo bensì, per volontà del suo Creatore, costantemente affiancato da un’altra creatura che per quanto resa invisibile all’occhio non lo è alla sua capacità percettiva di assimilarne il supporto benefico. Tuttavia anche semplicemente per diffondere amore. Il quando? Il quando è presto detto, ogni qual volta c’è motivo di rassicurare, avvertire, spiritualmente sostenere.

angel bambini

E se uno non ci crede? Lo cassa come una fola per grulli? Pratica altra ideologia? Come agiscono, se ne vanno o restano? Beh… tutte le essenze angeliche si attengono ai criteri a cui son eletti, perciò anche i messaggeri divini, quindi restano! Vale a dire, essendo delegati del principio del Padre “ nessuna creatura in terra deve esser lasciata sola e in balia di se stessa” ogni radice di selettività sarebbe un atto contrario alla Sua volontà. Inoltre, la differenza discriminatoria contravverrebbe al concetto che siamo esseri liberi e in quanto tali anche di credere o no, professare un credo o un altro, considerare balle per beoti ogni idea di esistenza sovrumana
angel calore

Eh si, recepire o scartare è prerogativa umana. Perché? Beh, perché giammai, ripeto giammai questi Esseri di puro spirito messaggeri divini intervengono sul libero arbitrio, quel libero arbitrio di fare o non fare un azione, credere o no, accettare o rifiutare che Dio stesso ha voluto fosse una scelta autonoma dell’essere da Lui creato.

angel voci.In conclusione, Gli Angeli e le Essenze dei mondi extra corporei quando vogliono manifestare la loro presenza o comunicare con noi esseri umani per metterci in guardia, avvertire di prossimi eventi, messaggiare un qualcosa di problematico, acciocché percepiamo la loro vicinanza spirituale, comprendiamo la disponibilità a prestare benefico aiuto, guidarci a sbrogliare i dilemmi, ricorrono a mezzi correlati al nesso che vogliono messaggiare. Ossia facilmente da individuare e dedurre il significato per associazione di elemento, aria, acqua, terra, fuoco, luce, materia, simbolo, archetipo, proprietà. Comunque sia il metodo angelico di riferire presenza, messaggi o avvertimenti, non è mai in modo sporadico, ripetuto e sempre evidente. Se l’uomo non lo intercetta o afferra il perché sta nella sua volontà elusiva o negativa.

angel luci

In luce divina auguro a tutti i miei simili di captare la presenza delle creature celesti, comprendere il loro perché comunicativo e soprattutto che c’è assai, assai e ben altro oltre noi!

Bydif

op s...vorrei aggiungere… c’è tantissimo oltre bensì in bene e in male…per cui c’è da fare molta attenzione a non confondere i segnali comunicativi… non è detto che tutte le manifeste parvenze incorporee siano di natura angelica benefica ma…ma …ne parlerò… 

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…* Come i tre angeli che appaiono ad Abramo; gli angeli che annunciano la nascita di Gesù ai pastori, la sua Resurrezione; Gesù che ne parla come esseri reali ed attivi che vegliano sugli uomini; i mistici come Padre Pio, che lo vedevano sempre accanto; gli infiniti racconti della gente comune scampati a pericoli mortali e gravi difficoltà grazie a persone, sparite all’istante di averli salvati.

Quel giorno, a Gerusalemme , passo dopo passo sulla Sulla Via Dolorosa.

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Quel giorno, a Gerusalemme, non ricordo il giorno della settimana, forse era mercoledì, o venerdì, pellegrina tra pellegrini, percorrendo da mattina a sera strade e stradine, in cerca di comprensione, certezze ed anche emozioni, convinzione, rivelazione, attendibilità storica, scoperta degli enigmi della fede, in verità esalati dalla terra e percepiti ad ogni passo, son giunta in quel groviglio di vicoli della città vecchia, in cui si snoda la via Dolorosa. La via del “cammino di Cristo con la sua croce”. Il quartiere musulmano che tra botteghe strapiene di ogni sorta di spezie, motorini che ti sfiorano, venditori che ti assalgono, giovani che sulla ripida scalinata si scaracollano giù, carretti che arrancano, bambini che scherzano, donne paludate in lunghi abiti, uomini in fogge stravaganti, canti, grida, richiami del muezzin, vocio di gente di ogni colore, lingua, luogo della terra, rosari e orazioni riporta la mente, il cuore, la curiosità di ogni pellegrino alla narrazione degli avvenimenti tragici di Gesù. Percorrendola, pur tra un miscuglio indescrivibile di volti, distrazioni a gogò, mercanteggi, odori prorompenti che all’improvviso si infilano nelle narici o ti sollucherano lo stomaco, via vai di persone,di vita quotidiana movimentata, beh, non so come non so il perché ma ad ogni passo ti cambia la percezione di quel guazzabuglio. Passo dopo passo, una specie di atmosfera quieta, armoniosa t’avvolge, isola dal contesto, fa prendere coscienza dell’importanza del luogo, percepire la storia, cogliere tangibilmente il patimento di Cristo. In un certo qual modo trasporta oltre il tempo, a rivivere in tutta la sua crudezza la circostanza tragica di un condannato a morte dall’umana imbecillità. Percepire con forza l’insondabile mistero del Divino, del Suo cammino verso la morte per amore proprio di quell’umana stoltezza che un giorno lo Osanna e quello dopo con brutale cinismo lo condanna e Crocifigge. Quel giorno, non so se del primo viaggio o dell’altro, inoltrandomi, assieme a una folla pellegrina e no, su quella via Dolorosa ho vissuto emozioni indescrivibili. Passo dopo passo m’è sembrato di camminare al fianco di Cristo, avvertire, in quel tragitto, tutto il patimento del dono della Sua  vita per amore. Passo dopo passo ogni sosta vivficava ogni momento dolente  di quell’ultimo percorso di Gesù.  Era come si aprisse un sipario che ti svelava un pezzettino di storia sacra, del figlio di Dio sceso in terra per offrirsi in olocausto e al contempo ne eri parte. Partecipavi e ti nutrivi l’anima di straordinario. respiravi e ti avvvolgevi cuore e cervello di una intensità di sentimenti che mai avevi provato. Guardavi e gli occhi registravano una singolarità di immagini sconosciute che ti ribaltavano ogni supposizione, ogni concetto che ti eri costruito sulla storia degli ultimi respiri di Cristo, forse per tradizione, forse per opinione, forse per superficialità della fede.  Fatto sta che passo dopo passo, quel giorno, nella tappa dell’orto degli ulivi, nell’ora che umilmente Gesù si rimetteva alla volontà del Padre ho aspirato il suo mistero umano e tutto il mondo m’è parso morire in quella pietra ancor rossa di sangue e di sudore. Passo dopo passo, su quel lembo di terra verde e silenziosa, tra i secolari ulivi una ventata mi ha trasmesso l’ amarezza del vile tradimento per pochi denari. Avrei voluto fuggire per il disagio di tanta meschinità. Passo dopo passo, scena dopo scena, quel giorno ho percepito una immensa sofferenza per la stoltezza, l’avidità, la superbia umana che con freddo cinismo ingiustamente accusava,  condannava un “uomo” al supplizio e godeva del Suo strazio. Mi ha fatto provare sconcerto e vergogna. Avrei voluto rintanarmi nel buio androne di quella via, non proseguire quel cammino. Ma sarei stata una vigliacca, così interiormente scossa  ho proseguito.   Passo dopo passo, ad un certo momento in quel marasma di respiri e orazioni, un suono triste che somigliava a un lungo lamento o a un pianto sconsolato, ha sommerso i presenti, gli ha fatto volgere il capo per comprendere da che parte o da chi provenisse. Nessuno capì. Ma in quella nenia triste  ho avvertito una fiammata di calore, di forza carismatica invisibile che ti attrae, fascina e sconvolge.  Con una fitta al cuore, s’è aperto un varco nel mio pensiero, è volato oltre il tempo, ai piedi di una madre che guardava suo Figlio coronato di spine, grondare di sangue, cadere più volte sotto il peso di una pesante croce per offrire una chance di salvezza all’umanità intera. Passo dopo passo, in quel giorno pellegrino, nell’attimo che ho visualizzato quel Figlio che veniva inchiodato a quella croce, pianto   nel silenzio da Sua Madre mentre certi altri guardavano con indifferenza, quasi compiaciuti, ho percepito uno disorientamento spirituale che mi soffocava il respiro. Il mio pensiero, è andato  oltre la marea di pellegrini, oltre il vocio dei figli di questa terra santa, oltre ogni limite,  all’istante che la croce si alzava da terra e Cristo, nudo, solo e trafitto, piegava il capo e perdonava, agonizzava e assolveva, mostrava la sua fragilità umana.  Di fronte a ciò mi son sentita piccola piccola, indegna di quel martirio ma anche tanto, tanto irata e avvilita dalla crudeltà dei miei simili. Passo dopo passo, quel giorno, sosta dopo sosta, scena dopo scena, orazione dopo orazione,  quel giorno in cima alla via Dolorosa ho percepito un profumo  di incommensurabile dolcezza. Sapeva di  eterno e tra il sol che mi feriva l’occhio intravisto lo splendore del volto Divino.  Mi son sentita avvolgere da una luce, cospargere da cima a piè da  un immenso amore che mi ha empito l’animo di gioia e speranza. Soprattutto di certezza che la nostra vita non finisce davanti a una pietra. Va oltre.

...18 gesù inchiodato in croce

Passo dopo passo, quel giorno a Gerusalemme, su quella via del “cammino di Cristo con la sua croce” ho vissuto un esperienza che si è scolpita nel mio essere. Tutti almeno una volta dovrebbero passare di lì. Se non cambia la vita, di sicuro ogni passo su quella terra, su quei luoghi, fa riflettere.

resurgi

Nella luce di Cristo, Risorto auguro a tutti una Santa Pasqua serena, anzitutto di Rinascita.

Bydif

per la cronaca:
la Via Dolorosa è una strada a gradoni, per lo più in salita, all’interno delle mura della città Vecchia di Gerusalemme che parte dalla Chiesa della Flagellazione, più o meno il luogo in cui Gesù fu giudicato e condannato a morte da Ponzio Pilato e in poco meno di un chilometro giunge alla Basilica del Santo Sepolcro, che più o meno corrisponde al  Golgota, il luogo nel quale Gesù fu crocifisso, deposto e sepolto. Dunque la via Dolorosa corrisponde all’amaro tragitto di Gesù e la sua pesante croce  per giungere al punto in cui verrà inchiodato, trafitto, lasciato morire. Di fatto è la via che percorrendola rimembra tutte le fasi salienti delle ore finali della vita di Gesù Cristo sulla Terra. Nello Specifico, una parte della narrazione della Sua via Crucis messa a fuoco in 14 momenti, però, gli ultimi 5 sono all’interno della Basilica del Santo Sepolcro. Tali momenti cruciali, comunemente definiti stazioni, in quanto i pellegrini sostano per  considerare l’avvenimento e pregare sono;1, condanna a morte di Gesù; 2, Gesù è caricato della Croce; 3, cade la prima volta; 4, incontra la Madre; 5, è aiutato dal Cireneo; 6, è asciugato dalla Veronica; 7, cade la seconda volta8, consola le pie donne; 9, cade la terza volta; 10, è spogliato; 11, è crocifisso; 12, muore; 13, è deposto dalla croce; 14, è sepolto.

A prescindere dal credo tutti i turisti in visita a Gerusalemme prima o poi transitano in questa via che a distanza di anni la narrazione che sviluppa in quel marasma del souk continua ad essere radice di convinzione mistica.

Attualmente, si può dire che per opera dei francescani che tra l’altro conservano il privilegio dei “quadri” rappresentativi per lo più di terrecotta, delle 14 “stazioni, la via dolorosa o via crucis si può percorrere in qualunque luogo vi sia un edificio di culto.
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Curiosità sulla via Crucis
c’è un detto popolare che recita “anche lui o lei ha fatto la sua via crucis! Cioè ha subito una serie di sfighe che gli han causato patimenti e sofferenze.
In un altro senso, ” gli è costato una via Crucis! Cioè, lui o lei per ottenere quel posto, quel documento, quel diritto, è stato costretto a rivolgersi a così tanti e a girare in lungo e in largo   da contorcersi dal dolore.

Riflessioni

oltre

Il guaio è che spesso con indifferenza si va oltre il sentire e poi si incolpa il fato !

vita

Nessun’altro può narrare vicissitudini e stati d’animo meglio di un insieme di autopennellate!

cambiare

La verità è impegnativa  sia a praticarla, sia a farla confessare che insegnarla!

essere

La nostra immagine esteriore involontariamente rivela al prossimo la nostra vera natura

vivere

Quando la materialità esistenziale predilige volger lo sguardo a terra  esclude il cielo!

 bydif

Quel vuoto che il tempo non riesce a colmare.

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 Mi son chiesta il perché. In fondo è passato tanto di quel tempo da quel giorno che la sensazione di vuoto avrebbe dovuto sparire. Per altro ne è passato tanto in una girandola di avvenimenti il più delle volte non facili da affrontare con serenità di mente e spirito. Anzi, proprio a causa di quel giorno, migliaia di volte i succeduti son stati talmente ardui da sperticare anima e corpo e far crollare anche i senni più resistenti che avrebbe dovuto proprio sparire. Invece no. Manco per niente s’è sparito. Quel vuoto s’è annidato e come un serpente s’è attorcigliato a ogni giorno che è passato. Talvolta è così presente da dare l’impressione di una voragine che non vuole essere colmata o è impossibile da riempire con ore, giorni che si susseguono e diventano anni. Eppure dovrebbe . Non è che prima di quel giorno c’era tanto da sguazzare in gioie , serenità e facil vivere. C’era un guazzabuglio da mettere KO. C’era un succedere di altalenanti stati d’animo, di angustie, di rincorse spaventose per tamponare situazioni pericolanti. C’era un o stato d’ansia costante, un pressante escogitare come salvare il barcone dalla bancarotta. Uno snervante elucubrare sul come non far trasparire la reale situazione ai ragazzi. C’era un costante pregare, raccomandarsi a tutti i santi di non perdere la ragione, di non lasciarsi sopraffare da un continuum di fatti balordi che scaturivano da un sottovalutare le considerazioni sulle proprie azioni, l’incongruenza tra il volere fare e il possibile realizzabile. C’era una estrema differenza di intendimenti, sul come pilotare l’esistenza propria e altrui , l’una di responsabile logica pratica, l’altra di impazienza da rasentar la follia. Di specchio, il vuoto, nessuna ragione avrebbe avuto, ne in quella occasione ne dopo, di percepirsi. Tant’è che allora qualcuno disse che quel vuoto era una liberazione. Invece a distanza di anni e anni c’è. Perché resiste? Perché quel vuoto ha lasciato una eredità inconfutabile che ogni giorno carica di consapevolezza che nonostante le tante ragioni per colmarlo 4 altre ragioni oggettive ogni giorno lo ripropongono con una forza tale che non si elude. Non si può eludere. È sangue del suo sangue che ogni giorno ti rammenta che quel vuoto improvviso d una maledetta sera di marzo è l’assenza di un affetto, di un legame che non si dissolve col tempo. Già, quel vuoto scavato in un momento dalla sorte tanto tempo fa, in un modo o nell’altro, deve continuare a esserci. D’altronde l’ho subito avvertito che in nessuna circostanza futura poteva sparire come se mai fosse capitatole sulle nostre strade. Era come eliminare la metà dell’albero da cui, tra bene e male, son sbocciati i meravigliosi fiori che ogni giorno profumano l’aria che respiro.

evanescenze

Beh, quel marzo è lontanissimo da parer anni luce e il vuoto invece vicino da parer esser sotto i piedi; ciononostante la sensazione non è negativa, tutt’altro è di effetto che la vita di reazione al vuoto elabora una sua strategia di costanti fatti di bilanciamento, per cui il tempo non riesce a riempire il vuoto, lo mantiene presente. Direi vivo. A pensarci non è poi importuno.

by dif

Non aspettare domani

Imma 7

Non aspettare domani

Per dire una parola gentile

Domani potresti non trovarla

Saresti costretto a cercarla

Nel mezzo d’una notte nera

Annichilito da una scena

Al canto triste d’una sirena

Non rimandare a domani

Uno slancio del cuore

Lascia che il gesto vada

Dove il cuore vola

Non piangere domani

Le persone che ami

Domani

Potresti non vedere

Nascere il sole

Di chi

Ragionando aspettava

Un gesto che scaldava

Non essere egoista

Ripiegato in un cantuccio

Esci vai in mezzo ai lupi

Lasciati sbranare piuttosto che

L ’indomani dover dire

Perché

Non sono andato immediato

A scostare

Dalla mente e dalla mano

il gesto insano?

Uno squillo di telefono bastava

A romper la monotonia

Farlo restar ancor in questa via

Almeno lasciarlo andare

Senza forzare la mano al pianto

Per un silenzio affranto

Non rimandare a domani

Un segno di conforto

Potresti dire perché l’hai fatto

C’ero io lungo la tua via

Domani

O.. forse dopo

Ti avrei soccorso

Scaldato la noia maledetta

Di bimbo vecchio abbandonato

In cerca di parola di carezza

Singhiozzi …

Frughi nella voce la risposta

 Oltre la finestra al gelo resta.

E. R.

A volte si rimanda, si rimanda, un gesto, una parola, un semplice squillo di calore umano, pensando di aver tanto tempo, o oggi o domani non fa differenza. A volte la differenza la fa, eccome se la fa. L’ addolorarsi dopo è arido .

Bydif

Se ne è andato. Chissà cosa avrà trovato dietro l’angolo.

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Già, anche Maurizio Costanzo, in un baleno ha voltato l’angolo estremo della vita secolare e se ne è andato in quel regno ignoto dell’ultra. Una malinconia constatarlo. Perché? Beh, perché è sempre profondamente triste doversi separare da un volto, una voce, un essere umano a cui in un modo o un altro sei affettuosamente legato o apprezzi per le sue qualità. Ma, lo è ancor più quando una voce t’annuncia che è chi per lunghi anni, col suo modo di essere, di comunicare e interagire, intelligente e unico, ti ha empaticamente conquistato. Seppoi in serate di solitudine fatto compagnia, in momenti di estrema preoccupazione, privi di luce e fiducia, strappato un sorriso, con un oh di meraviglia, per qualcosa o qualcuno di strano, sollevato il morale, comanche molto spesso fatto riflettere o almeno porti qualche domanda in più su tematiche sociali, di costume, di circostanze temporali, giammai avresti voluto separarti.

L’andarsene di M. Costanzo per me, è veramente una strappo animistico, tristissimo da accettare senza un moto di irritazione verso un permanere terreno passeggero. Purtroppo è una realtà costrittiva dell’esistenza di tutti. Qualche volta nella sua amarezza del distaccarti da un essere che “ami” sarebbe opportuno soffermarsi un po sulla sua costante presenza. Sebbene neutrale nella sorte del genere umano, affianca nel cammino e senza preavviso lo interrompe a chiunque. Di regola non c’è ricchezza, talento, fama che può mutare la sua crudezza oggettiva di svoltarti l’angolo.

Chissà se dietro quell’angolo che in un modo o nell’altro lo incuriosiva e gli poneva un interrogativo Maurizio ha trovato la risposta che razionalmente si aspettava. O perlomeno, quella che gli ha soddisfatto quell’intimo desiderio di sapere con chiarezza cosa c’era dall’altra parte, gli ha finalmente aperto il sipario dell’enigmatico mistero che disgiunge la materia dallo spirito. Mi auguro di si. Quel che è certo adesso lo sa. Sfortunatamente è altrettanto certo che il suo finalmente sapere immalinconisce, crea una sensazione di distacco che mai avrei desiderato, tantomeno i suoi cari e nemmeno il suo smisurato pubblico. Per certi versi quel sipario che gli ha aperto la comprensione dell’ignoto, ha creato un vuoto incolmabile nell’affollatissimo scenario comunicativo. Seppur di contatto indiretto coinvolgeva quanto quello immediato con un amico. Talvolta anche assai di più perché spaziava in modo incredibile su una varietà umana senza deferenza alcuna al ceto, cultura, prestigio sociale, nemmeno di preclusione etica e etnica. Con grande maestria, arguzia, acuto senso del potenziale attrattivo per una platea virtuale eterogenea, sapeva collocare autorità, intellighenzie, star mondiali, sconosciuti tutti sullo stesso piano conviviale.  Al contempo, con una semplicità unica di interloquire con l’uno o l’altro, distinguere le differenze, dar risalto al talento, elevare le incisività private, mettere in luce doti. Insomma trasferire all’esterno di ogni partecipante seduto nelle poltroncine, da Lui allestite con un criterio all’apparenza casuale ma ben studiato in tempi di spettacolo interfacciato alle diversità di offerta di intrattenimento, un non so che di particolarità. Talvolta di singolarità ieratiche contrapposte alle mondane che affascinava e vivacizzava la platea presente e quella via cavo seduta sul divano. Credo che questo suo modo di essere rimanga ineguagliabile. Tanti han già provato a imitare nessuno fin ora ha saputo decifrare il quantum distintivo del suo servirsi di un mezzo comunicativo per informare, sensibilizzare su scomode realtà del nostro paese, focalizzare l’attenzione su tematiche impopolari, a volte convergere l’opinione pubblica su un talento da renderlo celebre, un personaggio ermetico o portatore di scienza e conoscenza concreta e immaginifica, mistica e anticonformista, generare ruoli innovativi, divertire senza mai stancare.

Non so come era Maurizio Costanzo nel suo insieme essenziale di uomo, padre, marito, e se il suo esternare nel privato, in chi gli stava accanto, condivideva pensieri e azioni nella vita di tutti i giorni si accordava a quella dell’immagine nel pubblico. Quel che so, analogo o del tutto differente, nel mio immaginario ciò non ha rilevanza, Maurizio Costanzo è stato , è, resterà un essere umano indiscutibilmente geniale, dotato di un appeal esplicativo sofisticato espresso con modi e maniere lineari e talmente genuine che arrivava a chiunque . Anche quando ispirava a discutere, in un senso o nell’altro, non era mai per qualcosa di oltrepassato, sempre per qualcosa che vincolava a proiettare le considerazioni in direzione evolutiva, sia sul piano socio-umano che su quello strettamente collegato al mondo tele -virtuale. So anche che molti gli debbono tantissimo, spero come esternano in questo momento, non lo dimentichino. Un pensiero di cordoglio e profonda vicinanza ai figli, a Maria, alle ex e a quanti collaboravano con Lui.  

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 Buon viaggio interstellare. Il tuo show, “bontà loro” senz’altro continua !

bydif