Noi donne

Noi donne…

le svitate

Noi  donne, non viviamo di ossessioni ma di realtà quotidiane. Ci piace essere donne senza uniformi e pantaloni. Circolare in libertà in ogni occasione. Amministrare la femminilità senza limitazioni.

feffa rosetta ciarlina e

Noi donne siamo lavoratrici valorose a tempo pieno. Non un monopolio di mediocri assurdità. Abbiamo il diritto di essere ascoltate e valutate per il nostro fare. Acquisire pari condizioni umane. Non subire l’ingiuria d’una diversità.

...bettina tristina mimma feffa bianchina

Noi donne siamo guerriere piene di entusiasmo degne d’entrare in ogni competizione. Temprate da secoli di asprezza e disparità, siamo un universo di energia pratica, che sa quando e come agire, senza calpestare i diritti avversari.

le diverse8

Noi donne siamo gli anelli di congiunzione della catena globale. Il motore della società. Abbiamo un cervello pensante e razionale che fa girare il mondo. Non ci serve un giorno, una mimosa per esser motivate. Ci serve dignità, equità, sentirci donne legittimate e appropriate in ogni contesto e società

... le pettegole

Noi donne non siamo aliene piombate all’improvviso in questo pianeta. Siamo l’altra faccia di una stessa medaglia capace di lottare e soffrire senza aggredire, senza usurpare, senza denigrare, senza sottovalutare.

mam 7

Noi donne siamo l’ossatura della nazione, la linfa dell’economia. Il sangue che scorre sugli asfalti ogni sabato sera. Sui muri, sui tetti, nei campi, nei cantieri, tra le ciminiere, nelle corsie, nelle aule, nelle strade, nei cieli, nei mari, in ogni dove serve altruismo, ingegno e coraggioso impegno quotidiano. C’è l’occasione di sollevare, educare, imparare.

...chiaretta mestina rossa lisetta

Noi donne sappiamo ascoltare con tolleranza, dialogare con giustizia, donare tempo e esperienza con gioia, battersi contro ricatti, ipocrisie e soprusi con estrema coscienza, essere stoiche nel pericolo, perdonare senza condannare, essere libere senza perdere rispettabilità, obiettività, essenza femminile.

...dyf mulinella claretta irena

Per noi donne, l’8 marzo è un simbolo marchiato sulla pelle che vorremmo cancellare.Su questo pianeta?  Sa tanto di  miracolo che realtà! 

8 mar

Bydif

Perchè

don

Perchè tanta violenza sulla donna?

Non passa giorno senza che, in ogni parte del mondo, una donna sia essa bambina, adulta o vetusta subisca stupri, sevizie, accoltellamenti, soprusi, morte o… o… o…

Perché?

Perché è femmina, perché generatrice, perché competitiva, perché forte, perché libera, perchè  si veste come le pare, perchè ha il coraggio di ribellarsi a un modello di donna che deve lavorare, tacere e subire la volontà di usanze lesive di padri, mariti e chichessia le stia intorno?

O.. perché… l’uomo bestia egoista la considera una proprietà di suo uso, da poter violare, usufruire a capriccio, darle fuoco, distruggere impunemente?

O…perché l’uomo si sente un anonimo essere detronizzato dal mondo globale e sfoga i suoi istinti identitari animaleschi su figlie, compagne madri, donne qualunque che passeggiano, fanno la spesa, vanno in discoteca, lavorano, viaggiano,  o…o…o…

Perché non esiste più un confine di rispetto umano per l’altro?

Bah…??? L’unica evidenza è che son tante, troppe le donne d’ogni età bersaglio di violenza maschile e che succeda per un motivo o per un altro, in un luogo o in altro, a nessuna maria, Lula, Joana e le migliaia altre vittime di mano brutale è mai venuto a mente sia giustificativo del loro massacro.

nel buio

In qualsivoglia perché la violenza è un fatto barbaro inaccettabile a qualunque ragione.

bydif

Il respiro delle donne

nel respiro

Ovunque vado in giro per il mondo cambia il paesaggio, l’idioma, la cultura, il credo, la politica, l’economia, il colore del cielo, della terra, a volte della pelle. Mutano le tradizioni, l’abitudine, il folklore. Varia la flora, la fauna, l’architettura, la musica, il modo di vestire, il cibo, il gusto, l’odore. Ciò che a qualunque latitudine mi trovo, non muta mai è il respiro delle donne.

In ogni luogo aperto o chiuso che sia quello delle donne è un respiro immutabile. Un respiro che  ti segue, martella, cadenza ogni passo, ogni gesto, ogni attenzione e non scrolli di dosso neanche se inabissi in mare o danzi sfrenata nella savana. Dappertutto, sia una metropoli, piccola città o deserto, montagna, marina o il bordo di una piscina, quel ritmo invariabile ti fruscia nell’orecchio come fosse un naturale sottofondo sonoro del luogo in cui aliti. Ma il sonoro è così acuto e assordante che non può essere un sottofondo naturale. Non lo è infatti. È un eco. Un universale eco del respiro unisono di corpi e anime di donne. Un millenario rimbombo di respiri indissolubilmente coesi da uno stesso destino di violenze, oppressioni, vessazioni, abusi, oltraggi, diritti usurpati.

Per ogni dove vai puoi scoprire un difforme dal proprio ambiente che richiede un adattamento temporale. Ma il respiro delle donne no. Quello lo ritrovi identico in ogni habitat. 

Sarà per questo che Dire un No mondiale alla violenza sulle donne lo trovo lodevole nell’intenzione ma chimerico negli effetti reali? Si, oggi come oggi, lo considero un inarrivabile traguardo!

Esagero nel pessimismo? Può darsi se non fosse che…

Che dovrebbe essere un diritto inalienabile scontato e non un problema mondiale da estirpare.

Se non fosse che in tanti anni di disquisizioni a vari livelli, in modi e maniere più disparate,  i casi di violenza subiti da donne a ogni latitudine invece che sparire son lievitati più del pane prodotto ogni giorno in ogni angolo del pianeta.

Se non fosse che basta dare una sbirciata ai dati delle violenze perpetuate sulle donne, d’ogni età e condizione per afferrare che l’abolizione di una tale iniquità di genere è una fantasticheria. 

Se poi, ai dati conosciuti degli atti di indegnità compiuti sulle donne, ci si addiziona quelli dei casi di violenza, che per svariate ragioni, restano sotterrati nell’animo di chi li ha subiti, quindi sconosciuti alla collettività, beh per le donne è più facile realizzare il sogno di andare a vivere su Marte che sconfiggere l’ ignominia che ogni giorno, tante, troppe, se non smettono volontariamente d’esistere o vengono spietatamente soppresse, da mariti, padri, fidanzati, conviventi amici, vicini e sconosciuti, debbono coercitivamente sopportare in ogni contesto. Ovviamente mi riferisco alla violenza abbietta che non lascia scampo alle donne, come quella assurda che vigliaccamente aggredisce e non permette di salvarsi la vita, quella oltraggiosa del ricatto affettivo-morale che impedisce di campare in libertà d’essere, quella schiavista e fobica che mina irrimediabilmente stima e equilibrio psichico, quella oppressiva dell’angheria fisica quotidiana, quella che toglie fiato, volontà, desideri, massacra carne e spirito e riduce allo stato di passiva rassegnazione.

Ultimamente certe “divette” han portato all’attenzione dei media internazionali casi di passate molestie che sono vergognose ma di certo dissimili dalla violenza assassina. A dirla tutta trovo le “cantate” a scoppio ritardato, a detta per convenienza di salva prima la carriera poi la dignità, un polverone nocivo che confonde l’opinione pubblica, distorce l’essenza concettuale della violenza femminea e estranea la legittima considerazione dovuta alle tante vittime finite sotto le luci dell’obitorio e non sotto i riflettori di red carpet , dei talk show o sui rotocalchi patinati. Inoltre, sebbene il rivelare le molestie sia un diritto che non ha limiti di tempo e non è un qualcosa di tollerabile per nessuna donna nota o anonima, il corale raccontare di molestie, mi pare abbia  assunto più i toni del clamore, di notizia d’ effetto, in certi casi di messaggio strumentale a un sistema di potere maschile che non di valore aggiunto alla causa della violenza.  Violenza che  purtroppo, ogni giorno, stupra, preda e stermina centinaia e centinaia di donne colpevoli d’esser donne.

Un numero incalcolabile di donne che però allo unisono continuano a respirare  e  ovunque vai è quel respiro chein sottofondo eca   e rende immutabile il suono dei respiri di tutte le  donne.

Muterà un giorno l’eco.  Forse…

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by dif    

….le immagini sono opere di Graig Cowling

 

Cara amica donna

urlo

 

Cara amica donna,

Oggi è la nostra giornata. Da 17 anni è la nostra giornata.  Ma oggi non può essere la solita giornata. Una giornata per scendere in piazza tutte agghindate, sfilare come un gregge di belle pupattole per giungere, sotto gli sguardi crucciati da ipocrisia, davanti a un palco infiocchettato per ascoltare questo o quello che snocciola una sequela di insulse parole su noi, la violenza, i diritti violati e altre castronerie di genere. Parole che ogni anno s’abbarbicano a migliaia ai fissi lampioni di strade e piazze, ma li rimangono e li rinsecchite muoiono, a noi nulla cambiano. Nulla cambiano, o pochissimo cambiano, se ogni giorno, ciò che ieri, oggi spiattellano con tanta foga di far questo e quello, per far sparire dal nostro quotidiano vivere oltraggi e violenze, oggi, domani, succede, risuccede e risuccede. Oggi o domani, allo stesso modo di ieri risuccederà a donne di tutte le età, in tutti i posti, in tutte le culture, in tutte le case. Risuccederà perché son parole sterili di celebrazione tanto per e non per. Risuccederà finché noi cara amica donna, leccandoci le ferite fisiche, morali e psicologiche, ci accoderemo alle parate manifestaiole su violenze e diritti sperando che ci cambino il nostro pesante violato quotidiano. Cara amica donna, oggi è la nostra giornata internazionale, rendiamola veramente internazionale. Vestiamoci, agghindiamoci, facciamoci belle e splendenti di femminilità, usciamo dai nostri recinti, andiamo in mezzo a una piazza, un parco, una stazione, una metropolitana o in qualunque luogo non a sfilare, a urlare, a urlare, a urlare a squarciagola tutta la rabbia in corpo di secoli di disparità. Ascoltare non è servito e non ci serve se non a farci considerare delle porine che muoiono a grappoli in ogni parte del mondo senza una benché minima ragione che non sia quella dell’uso e abuso della nostra esistenza. È ora di opporsi a queste giornate inflazionate  salva coscienze, improduttive, a volte pure farsesche con quei feticci rossi che danno visibilità a scarpe e scarpette ma evaporano corpi e anime di chi le indossava. Donne. Donne come me e te cara amica ammazzate, stuprate, seviziate. Donne che non potranno più indossare ne quelle ne altre scarpe. È ora di urlare, urlare tanto forte affinché l’urlo ovunque rimbombi e l’onda del suo eco provochi uno tsunami così potente da sommergere i discorsi sterili e faccia sorgere un altissimo pilastro di fermezza e forza femminile interagente. Nello zoo di una società contemporanea iper tesa a globalizzare tutto e tutti depauperando senza alcuna remora contenuti, pensiero, valori, costumi, storia, cara amica donna è assurdo andare alla ricerca di diritti davanti a un palco. Oggi ci rintronano di NO alla violenza. Di promesse e promesse. Domani ci ammazzano e con quattro paroline di circostanza e una statistica ci liquidano.

Per camminare libere amica donna  bisogna estirpare le gramigne d’ogni tipo, quelle del:pregiudizio immoralità, indifferenza, menefreghismo sociale, schiavismo psicologico, uso e abuso del corpo, ricatto economico, credenze religiose, asservimento al potere, ignoranza, sottosviluppo culturale, e potrei continuare con una infinità di altre specie molto più subdole. Cara amica donna comprendo che non è facile estirpare la violenza che cresce più veloce della gramigna, specie se nel mentre si cerca di estirparla con unghie e denti altri la ripiantano e altri le cambiano parvenza. È difficile, faticoso e può essere pure molto doloroso ma…Ma dobbiamo farlo, almeno provarci. Solo noi possiamo svellere le erbacce cresciute in ogni contesto e in ogni civiltà, anche nella più evoluta, e che da secoli ci subordinano a uno status quo di ingiustizia più o meno mascherata. Non siamo pupattole allocche, reggiamo il mondo, da sfruttate ma lo reggiamo. Cara amica donna sembra sia il maschio a reggerlo, in realtà ci usa e abusa a suo tornaconto e se ci scrutiamo fino in fondo, dobbiamo ammettere che lo abbiamo e lo lasciamo fare, talvolta pure con compiacimento. Oggi non basta più denunciare un abuso, è giusto farlo e bisognerebbe incrementarlo ma il tam tam mediatico e la vergogna che ne conseguono, è cronaca, uccidono quanto una mano violenta. Oggi dobbiamo scrollarci paure e remore urlare e urlare per far crollare le resistenze che ci tengono schiave di gramigne. Francamente però cara amica donna dobbiamo anche decidere se vogliamo essere delle ruspe conquista diritti o delle ruspette che si limitano a rivoltare qualche zolla senza rovinare il giardino in cui prosperano violenza e antidiritto. Decidersi se vogliamo la dignità, il rispetto, la parità, la libertà di camminare, amare, procreare, lavorare, essere donne autonome, consapevoli portatrici di valori millenari. Decidersi se vogliamo cambiare il mondo della donna, almeno sferrare un duro colpo a tutte le violenze e le violazioni alle donne o seguitare a sperare che il mondo cambi l’uomo per toglierci la violenza che ci inchioda destini e futuro. Non succederà mai e lo sperare continuerà a uccidere, donne su donne. Decidersi cara amica significa però decidersi a estirpare dalla nostra testa qualche debolezza, legittima ma dannosa. Significa rifiutare un modo sbagliato di farsi stimare, amare, considerare puntando sul genere e non sul valore intrinseco del genere. Quindi cara amica significa rifiutare l’uso del corpo, dell’anima e della mente per una carezza, un obolo, una visibilità, una poltroncina. Perché amica mia la violenza fisica è tragica, ti uccide, ti rompe le ossa, ti deturpa il viso, ti strappa la pelle ma quella psicologica ti annulla, ti rende una zombie vivente. Ma ciò che è peggio ti fa vittima e complice, sponsor di quel sistema che oggi vuoi, speri di combattere ascoltando prolissi davanti a un cinciallegro palco, una TV e in qualunque altro approntamento evocativo.

Per concludere, cara amica donna oggi è il nostro giorno per iniziare a mettere in soffitta tutte l’anti : No violenza, basta violenza, fermiamo la violenza ecc ecc. che non fermano la mano della violenza e non concedono eguaglianza di diritti. É il giorno di uscire a urlare, urlare, urlare a squarciagola finché una gragnola di pietroni non si stacca dalla montagna dell’ipocrisia e abbatte chi della violenza ne fa una bandiera ideologica, chi un business, chi un fregio corporativo, chi un uso per mantenere tradizioni, chi un sottopotere per aumentare il proprio potere. Ovvio cara amica donna non è da me la prepotenza, non sei obbligata a uscire e urlare. Se preferisci resta pure in casa, ma nel leccarti le ferite in silenzio, pensa a quanto è liberatorio un urlo. Chiudo questa mia, lasciandoti un interrogativo: come farai a sopprimere la violenza che ti rende “schiava” se non inizi a fare squadra?

Ciao, comunque hai un amica che per te prega.

dif

 

Voglio dire grazie a …

“giornata della donna”.

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“giornata internazionale  della donna”.

Non starò a dissertare con mie opinioni su questa “giornata” dedicata alla donna. Tanto, nella realtà, all’indomani della giornata-festa, alla donna, purtroppo resterà solo il profumo delle mimose e qualche stucchevole “chiacchiera” celebrativa. Infatti, in più di un secolo, poco ha fruttato alla donna in termini di riconoscimenti, dignità umana e pari condizioni di diritti, in nessuna società. Nemmeno in quella che si definisce, evoluta, democratica e civile. Anzi, in certi casi, le ha pure peggiorate. Piuttosto voglio dire grazie tutte quei milioni di donne senza rinomanza che in silenzio, senza chiedere nulla in cambio, in ogni angolo, anche il più sperduto e sconosciuto  si prodigano, si sacrificano e donano indiscriminatamente intelligenza, braccia e cuore per rendere migliore la permanenza agli esseri  di questo variegato pianeta umano. Voglio dire grazie a tutte quei milioni di donne che non mollano mai la speranza, il sorriso, la gentilezza, l’entusiasmo. Voglio dire grazie a tutte quei milioni di donne che sanno ascoltare con tolleranza, dialogare con giustizia, donare tempo e esperienza con gioia, battersi contro ricatti, ipocrisie e soprusi con estrema coscienza, essere stoiche nel pericolo, perdonare senza condannare, essere libere senza perdere rispettabilità, obiettività, essenza femminile. Grazie, milioni di donne amiche, colleghe, sorelle in sangue e spirito del vostro invisibile sostegno morale. È attraverso il vostro altruismo, ingegno e coraggioso impegno quotidiano che il vivere, su questo pianeta da donna, mi appare un miracolo. A tutte voi  dedico questo sonetto di W. Shakespeare:

Dovrò paragonarti ad una giornata estiva?

Tu sei incantevole e mite:

cari bocci scossi da vento eversivo

e il nolo estivo presto è consumato.

L’occhio del cielo è spesso troppo caldo

e la sua faccia sovente s’oscura,

e il Bello al Bello non è sempre saldo,

per caso o per corso della natura.

Ma la tua eterna Estate mai svanirà,

nè perderai la bellezza ch’ora hai,

né la Morte di averti si vanterà

quando in questi versi eterni crescerai.

Finché uomo respira o occhio vedrà,

fin lì vive Poesia che vita a te dà.

.

Credo che in questi versi di Shakespeare c’è quel qualcosa di singolarità che va oltre le solite melense ossequiose da riservare alle donne!

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Felicissimo 8 marzo a tutte le mie simili e pure ai miei contrari perchè  spero sappiamo cogliere quello che noi donne ci aspettiamo , cioè egualitari diritti senza favoritismi.

Bydif

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..Per la cronaca: i sonetti furono pubblicati nel 1609, in tutto sono 154. è un enigma a chi furono dedicati. In molti dicono che 116 a un amico i restanti all’amata. Io ho scelto il 18 simo, perché credo che la poetica di Shakespeare esprime ben aldilà di quanto uno vi ravvisa. Poichè la traduzione potrebbe discostarsi un tantino metto anche il testo del sonetto in inglese:

Shall I compare thee to a summer’s day? Thou art more lovely and more temperate: Rough winds do shake the darling buds of May, And summer’s lease hath all too short a date:Sometime too hot the eye of heaven shines,And often is his gold complexion dimm’d; And every fair from fair sometime declines, By chance or nature’s changing course untrimm’d; But thy eternal summer shall not fade Nor lose possession of that fair thou owest; Nor shall Death brag thou wander’st in his shade,When in eternal lines to time thou growest: So long as men can breathe or eyes can see,So long lives this and this gives life to thee. W. S.

 

 

 

 

Vite strappate

vite strappate

Con la scia di brutalità che avvolge il globo e tiene col fiato sospeso milioni di persone, oggi, parlare di violenza sulle donne sembra quasi anacronistico. Fermo restando che la violenza è sempre e comunque un atto di ferocia, più o meno intellegibile a seconda le ragioni addotte da chi la compie, mi pare che quella sulle donne richiama comunque un distinguo. Lo richiama perché quasi sempre cresce e matura tra le mura domestiche di ricchi e poveri, acculturati o semianalfabeti, allorché sussiste un contorto rapporto di valori, per lo più affettivi, tra uomo e donna. Quanti mariti, compagni, figli, spasimanti, fidanzati, ex sono rei di violenza? Tanti, troppi, direi al 98%. Dite che esagero poiché son di parte? Macché, son le statistiche a parlare! Basta dare un occhiata alle elenco delle vittime e di chi le ha strappate alla vita per averne conferma! A parte rare eccezioni di delitti su donne a causa di rapine armate o di occasionali scatti per futili motivi di uomini particolarmente aggressivi, la mano assassina era di chi le stava accanto, di chi diceva di amarla, di chi le doveva il dono della vita. Sicuramente alla base del rapporto, più o meno stabile o transitorio, di convivenza uomo-donna, c’è un modo erroneo di amare se sfocia in omicidio. Appare evidente in qualunque violenza perpetuata sulla donna e in ogni parte del mondo che c’è un profondissimo e distorto senso della gelosia, del possesso, del mancato rispetto verso la figura femminile che arma la mano. Abitualmente la mano violenta scatta e si abbatte senza pietà allorquando non si vuole perdere il predominio maschile sull’”oggetto” delle brame e poco importa che sia madre, partner o sposa, ciò che interessa è uccidere per affermare un diritto di proprietà. Ovviamente ciò per l’assassino è inconfutabile motivo per spezzare una vita umana senza batter ciglio. Ma se l’omicidio di una donna, da parte di un familiare convivente o meno, fa scalpore e finisce sui media, purtroppo c’è un tipo di violenza sulle donne ancor più subdola e pestilenziale che difficilmente trova voce a meno che la stessa donna non trova il coraggio per dargliela. E qui io mi incacchio. Perché? Per due motivi. Il primo è che quando trova animo di farlo spessissimo, per non dire sempre, la sua ribellione non la salva in quanto non trova un ascolto che la mette al riparo da atti di ritorsione ne psicologica ne di salvezza esistenziale. Il secondo perché in certo modo viene interpretata, giudicata, discussa, quasi quasi incolpata di scatenare la violenza maschile col suo comportamento. Quante volte si sente e si legge che minigonne, tacchi, indipendenza, sono provocazioni che scatenano la violenza? Molte. Inaccettabile ma disgraziatamente diffusa opinione per giustificare l’atto crudele o la furia schiavista egocentrica dell’uomo. Per liberare le donne dalla violenza ce ne è di strada da fare! Tanta tanta se da un sondaggio un giovane su 4 afferma che la violenza sulle donne è scusata dal troppo amore e dal livello di esasperazione a cui gli uomini sono condotti proprio dall’atteggiamento o troppo spigliato, o eccessivamente indipendente o enormemente provocatorio delle donne.

Oggi si dice che il sentimento che prima unisce e poi separa, attraverso l’omicidio, uomo e donna è malato, o chi lo compie è un folle, un disadattato, un essere tormentato dalla gelosia che deforma la realtà o è un debole che ammazza per autodifendere il “territorio” di suo dominio affettivo. Sarà anche vero ma a me appaiono scuse, balle giustificative di un maschilismo radicato e coltivato in ogni tortuosità sociale. Mi sembra più veritiera che la causa principale di qualunque violenza sulle donne scaturisce da una assoluta perdita di rispetto della vita altrui, acuita da un cinismo, una ambiguità un non sapere accettare i cambiamenti, il progresso, i diritti paritari di due specie complementari quanto indispensabili l’uno all’altra al crono universale della continuità. È pur vero che la donna è sempre stata un po’ il possesso- trastullo dell’uomo e ha sempre dovuto subire, in quasi tutte le culture, un rimarcato concetto di dipendenza soggettiva o almeno sopportare l’esclusività di oggetto-possesso del desiderio, o la tirannide del padre, fratello, figlio padrone, in breve una specie di schiavismo mascherato da amore. Ciononostante, tranne che nei paesi con credenze religiose esacerbate la violenza gratuita era inferiore e nessun femminicidio trovava radice nell’antagonismo fra specie, semmai l’ intercettava nei conflitti dovuti ai cambiamenti egualitari epocali e nelle fratture dei sistemi ideologici culturali dei luoghi d’appartenenza.

Per concludere è tristissimo ai nostri giorni constatare che la violenza sussiste e colpisce donne di ogni età. Se poi investe bimbe piccolissime è aberrante. Purtroppo non è infrequente leggere cronache di stupri su esseri agli albori della vita, credo repulsivi a chiunque abbia un minimo di sentimento e coscienza umana. Difatto sta che una giornata non risolve nulla. Altrimenti i numeri delle vite strappate sarebbero diversi. Forse per essere efficace e cambiare questo anomalo comportamento verso le donne, anzi verso chiunque, perché in me la violenza non trova differenza di genere, ogni giorno dovrebbe essere la giornata antiviolenza. Ma, vista l’escalation in ogni ambito…temo che sarà difficile. Io ci spero. Ci spero perché conosco tantissimi uomini che non scambiano la compagna per proprietà privata e l’amore per diritto decretativo di vita o di morte. Anzi, sarà utopico ma ci spero poiché tanti uomini combattono per eliminarla.

Mi piace pensare che a questa sequela di vite strappate proprio gli uomini metteranno se non fine almeno un quoziente ammissibile.

                                                     by dif

Woman’s Day 

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Woman’s Day ? Ovvero giornata internazionale della donna. Una perdita di memoria storica!  La celebrazione, nata, nel 1909 negli stati uniti su iniziativa del partito socialista con nobili presupposti di lotta per la conquista sociale politica e economica delle donne, nel tempo, ridotta a una serie di melense celebrazioni, frasi stucchevoli, banali auguri, frivoli spettacoli, business di mimose, raduni più o meno nostalgici contro discriminazioni e violenze sulle donne, non fa onore ne rende giustizia vera alle innumerevoli donne morte nel tentativo di acquisire un minimissimo diritto umano se non di parità almeno di dignitosa condizione di lavoratrici. A tutt’oggi, la ricorrenza diventata giornata mondiale della donna, che sia scaturita dopo il rogo, in cui persero la vita 126 donne operaie tessili scioperanti, della Cotton di cui non ci sono riferimenti attendibili, o per l’incendio divampato il 25 marzo del 1911 alla Triangle Shirtwaist Company di cui invece esiste eccome terrificante testimonianza al Museum of the city of New York di 146 donne, 39 erano italiane, sfracellate al suolo nel tentativo di scampare alle fiamme in un posto di lavoro in cui non esistevano diritti e sicurezza ma solo massacrante sfruttamento ai limiti dell’umana sopportazione, poco importa. Ciò che importa alle donne morte e vive è che i sacrifici eroici passati e le lotte del presente per un diritto inalienabile di qualunque essere di questo girevole globo non sia mero consumismo con sciorinamento di vanesio parolaio, ipocrisia festaiola, stereotipati fiorellini, caramellosi link augurali. A nessuna donna giovane, vecchia, bianca o colorata, impegnata nel sociale o nella sopravvivenza giornaliera interessa un Woman’s Day celebrativo del nulla. Interessa di non dover più, mai più subire umiliazioni fisiche e morali da parte di chicchessia; interessa la dignità di vivere e essere artefice del suo futuro in una società equa, di non essere mai, mai più considerata, oggetto da trastullo, merce di scambio, contenitore riproduttivo. Soprattutto interessa che la memoria storica dell’8 marzo non sia polvere brillantinata da cospargere qua e la per coprire fatti e misfatti di una ingiustificabile sperequazione di trattamento umano. Interessa non essere diversa da quelle che è per sopravvivere in una società fasulla.  Sa, come lo sa ogni altra donna pragmatica che oggi si parla di loro come un valore della vita comunitaria da apprezzare e riconoscere a livello mondiale e domani se le mette sotto i piedi negandogli il valore di farne parte a piena condizione.

guy bourdin fotografo pubblicitario

Forza donne, malgrado tutto possiamo farcela !

 by dif

le foto sono di Gui Bourdin fotografo pubblicitario di fama mondiale

Giornata contro la violenza sulle donne

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Non mi piacciono le giornate a dedica. Non risolvono i problemi che stanno alla radice, scaricano solo la coscienza di quanti dovrebbero e potrebbero se non impedire almeno correggere scempi, discriminazioni, ingiustizie, aberrazioni sociali, economiche, culturali in più rimandano al mittente la grana, qualsiasi sia la questione che tratta.Sebbene i numeri di donne morte ammazzate siano impressionanti, da vera emergenza comportamentale deviata di partner, conviventi e apparentati, tutte le manifestazioni contro questi, quasi giornalieri, massacri mi suonano un po’ insulse, prive di genuinità verso i drammi delle vittime. In certi casi come veri e propri business, in altri da revival folcloristici di bandiera ideologica,in altre ancora ravviso un fondo di devastante ipocrisia della società in relazione ai rapporti che nell’ambito di essa stabilisce con la figura femminile tant’è che raramente le concede di competere liberamente in ruoli paritari, la relega in diritti di genere, tipo quote rosa … grrr….Ancor più assurda mi suona questa giornata di ribellione verso la violenza scaricata in maggioranza dall’uomo sulla donna se penso che è dovuta a una sommatoria dei suoi contorti malesseri, per lo più alimentati da una antiquata travisata potestà con diritto di vita e morte, come se la donna fosse un suo esclusivo oggetto di uso, consumo e abuso e non un essere umano di sua pari dignità. Non nego che il silenzio, l’indifferenza, l’assuefazione rassegnata di questi aberranti crimini sarebbero peggio, dico solo che un così complesso e grave trucidio non si evita e non si risolve con simboli, slogan, flash mob, seminari, concerti, libri, moltiplicando una ribalta di celebrazioni maggiormente coinvolgenti donne, quindi le probabili vittime, avrebbe bisogno di ben altro. Quindi…starò alla larga  e anche se adoro le scarpe rosse  oggi non l’indosserò, non mi va di confondere un mio sfizio di donna con un simbolo diventato il feticcio di una giornata inutile.  Se così non fosse, da anni gravi dilemmi come la fame, l’abuso e lo sfruttamento dei minori nel mondo, tra giornate, discussioni, forum, comitati, onlus, pubblicazioni, sensibilizzazioni, richieste di aiuti e chi ne ha più ne metta, invece che essere in crescita sarebbero scomparsi o quantomeno rappresenterebbero dati sporadici di mala governance territoriale. Di certo c’è che nessuna giornata celebrativa, per quanto concettualmente giusta nella sua istituzione, elimina sopraffazioni morali, psicologiche e fisiche, modifica atteggiamenti e pensieri malati, soprattutto educa al diritto umano all’incolumità, alla solidarietà, alla legalità, alla non violenza, sradica secolari diseguaglianze. O no?

 giornata proficua a tutti

bydif

124 NO!

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19 LOMBARDIA

18 CAMPANIA

15 EMILIA ROMAGNA

14 SICILIA E PIEMONTE

7 PUGLIA

6 TOSCANA E VENETO

4 CALABRIA, LIGURIA E FRUILI

3 MARCHE, LAZIO E ABRUZZO

2 TRENTINO

1 UMBRIA E SARDEGNA

TOTALE 124 NO!

UN NO CATEGORICO A FESTEGGIAMENTI IPOCRITI DI 124 DONNE CHE NON HAN PIÙ FIATO!

PIÙ 1000 NO, A UNA CELEBRAZIONE MARCITA NEL BISNESS DEMENZIALE, DI DONNE CON IL CORPO MASSACRATO!

PIÙ 100 NO,  A UNA GIORNATA SCARICA COSCIENZA MOSTRI, DI DONNE CON L’ANIMO LACERATO DA UNO STUPRO!

PIÙ 1.000.000 NO, A UN GIORNO DEPAUPERATO DAL SUO VALORE INTRINSECO E DAL SUO CONTENUTO STORICO, DI DONNE DISCRIMINATE SUL LAVORO, IN SOCIETÀ E IN CASA IN TUTTI GLI ALTRI GIORNI!

QUESTO 8 MARZO IN QUANTO DONNA MI RIFIUTO DI ARMARMI DI UNA STRIMINZITA MIMOSA PER SCENDERE IN PIAZZA A URLARE LA MIA RABBIA A ORECCHIE SORDE. ANDARE AI DIBATTITI PER ASCOLTARE STERILI TIRITERE SUL PERCHÈ E IL PERCOME DI UN MASSACRO DI MIE SIMILI CHE HA RADICI TANTO PROFONDE NELLA DISCRIMINANTE DI GENERE QUANTO ASSURDE NELLE MOTIVAZIONI E ANCOR PIÙ NELLE RICETTE IPOTETICHE DI DEBELLAMENTO. O DI ANDARE CON LE AMICHE IN UNA DELLE INNUMEROVOLI FRIVOLE E STUPIDISSIME FESTE APPARECCHIATE CON FREGOLE EROTIC ZOTICHE LONTANE ANNI LUCE DAL MODO DI ESSERE DELLE DONNE NELLA VITA REALE.

UN NO GRAZIE DA TUTTE LE DONNE CHE MUIONO, SOFFRONO E SUBISCONO A UNA GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA DONNA AVARIATA DALL’ENFASI ENCOMIASTICA.

PER MEMORIA DI UN FU 8 MARZO ANDRÒ A DEPORRE AI PIEDI DELLA MATER DEL PIANTO, UN CESTO DI FIORI, TANTI QUANTI LE DONNE UCCISE.

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 Una stretta di mano a tutti

dif

 

UCCEL DI BOSCO….

Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Già da alcuni giorni i mezzi di informazione cartacei e visivi si sono sprecati a dire la loro, a snocciolare una serie di dati, formulare ipotetici scenari delle cause di violenza sulle donne a volte così ridicoli da tramutare un atroce problema in un pour parler salottiero da ingrassa polli , dire tanto cambiare niente. Riflettendo lo stomaco mi si rivolta e mi vien da piangere. Si, da piangere rabbiosamente. Perchè? Perchè donna. Domani tutti sti opinionisti, analisti, politicanti e chi ne ha più ne metta – sfrutta occasione del giorno per promuovere il suo tornaconto- saranno uccel di bosco. Come al solito il gran dire cesserà e nessuno di quelli mi salverà! Nessuno eviterà a me o un’altra mia amica, sorella di questo pianeta da pugni, schiaffi, bastonate, calci, sevizie, mutilazioni, umiliazioni, privazioni, dileggi, persecuzioni, abusi di ogni genere che una volta su due conducono all’obitorio.

Purtroppo la violenza definita impersonalmete di genere, come se chi la subisce non avesse un volto, un nome, una storia, è l’unica pecularietà che accomuna il destino globale delle donne. Sbagliato pensare che sia un problema di oscurantismo culturale o sia espressione di ceti emarginati. La violenza sulle donne non ha confini e non conosce differenze di condizione religiosa economica sociale. Si abbatte sia sulla donna per così dire che vive ai piani bassi sia su quella che vive ai piani alti della società. Essa sale e scende dalle trombe delle scale notte e giorno e come una piovra famelica ghermisce, martoria, ingoia la sua preda. Donne inermi e indifese per lo più tra i 16 e i 49 anni. Solo nel nostro paese quest’anno ne ha già ingoiate 116 e nessuna celebrazione o disquisizione una tantum annuale le ha strappate dai suoi micidiali tentacoli.

L”adrenalina mi sale a mille, se ci penso! Tanto parlare per niente mutare!

Oggi si parla, si sfila, si appella e ci si scartabella e domani un’altra finirà al creatore, altre subiranno sevizie morali e corporali, altre avranno la loro razione giornaliera di percosse che frantumano la loro anima, spinano il loro corpo, poltigliano la loro volontà! Che facciamo per evitarlo? Celebriamo!

Sarebbe ora di passare da una giornata mercifera a qualcosa di concreto. Almeno iniziando a ratificare la convenzione di Istambul che si articola in tre punti fondamentali :Prevenzione, Protezione, Perseguibilità. Al momento dei 10 paesi che servono per farla entrare in vigore solo uno l’ha fatto, ironia dell’ironia un paese a maggioranza islamico : la Turchia. Gli altri 9 paesi? Uccel di bosco

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Un abbraccio senza confini

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