Cara amica donna

urlo

 

Cara amica donna,

Oggi è la nostra giornata. Da 17 anni è la nostra giornata.  Ma oggi non può essere la solita giornata. Una giornata per scendere in piazza tutte agghindate, sfilare come un gregge di belle pupattole per giungere, sotto gli sguardi crucciati da ipocrisia, davanti a un palco infiocchettato per ascoltare questo o quello che snocciola una sequela di insulse parole su noi, la violenza, i diritti violati e altre castronerie di genere. Parole che ogni anno s’abbarbicano a migliaia ai fissi lampioni di strade e piazze, ma li rimangono e li rinsecchite muoiono, a noi nulla cambiano. Nulla cambiano, o pochissimo cambiano, se ogni giorno, ciò che ieri, oggi spiattellano con tanta foga di far questo e quello, per far sparire dal nostro quotidiano vivere oltraggi e violenze, oggi, domani, succede, risuccede e risuccede. Oggi o domani, allo stesso modo di ieri risuccederà a donne di tutte le età, in tutti i posti, in tutte le culture, in tutte le case. Risuccederà perché son parole sterili di celebrazione tanto per e non per. Risuccederà finché noi cara amica donna, leccandoci le ferite fisiche, morali e psicologiche, ci accoderemo alle parate manifestaiole su violenze e diritti sperando che ci cambino il nostro pesante violato quotidiano. Cara amica donna, oggi è la nostra giornata internazionale, rendiamola veramente internazionale. Vestiamoci, agghindiamoci, facciamoci belle e splendenti di femminilità, usciamo dai nostri recinti, andiamo in mezzo a una piazza, un parco, una stazione, una metropolitana o in qualunque luogo non a sfilare, a urlare, a urlare, a urlare a squarciagola tutta la rabbia in corpo di secoli di disparità. Ascoltare non è servito e non ci serve se non a farci considerare delle porine che muoiono a grappoli in ogni parte del mondo senza una benché minima ragione che non sia quella dell’uso e abuso della nostra esistenza. È ora di opporsi a queste giornate inflazionate  salva coscienze, improduttive, a volte pure farsesche con quei feticci rossi che danno visibilità a scarpe e scarpette ma evaporano corpi e anime di chi le indossava. Donne. Donne come me e te cara amica ammazzate, stuprate, seviziate. Donne che non potranno più indossare ne quelle ne altre scarpe. È ora di urlare, urlare tanto forte affinché l’urlo ovunque rimbombi e l’onda del suo eco provochi uno tsunami così potente da sommergere i discorsi sterili e faccia sorgere un altissimo pilastro di fermezza e forza femminile interagente. Nello zoo di una società contemporanea iper tesa a globalizzare tutto e tutti depauperando senza alcuna remora contenuti, pensiero, valori, costumi, storia, cara amica donna è assurdo andare alla ricerca di diritti davanti a un palco. Oggi ci rintronano di NO alla violenza. Di promesse e promesse. Domani ci ammazzano e con quattro paroline di circostanza e una statistica ci liquidano.

Per camminare libere amica donna  bisogna estirpare le gramigne d’ogni tipo, quelle del:pregiudizio immoralità, indifferenza, menefreghismo sociale, schiavismo psicologico, uso e abuso del corpo, ricatto economico, credenze religiose, asservimento al potere, ignoranza, sottosviluppo culturale, e potrei continuare con una infinità di altre specie molto più subdole. Cara amica donna comprendo che non è facile estirpare la violenza che cresce più veloce della gramigna, specie se nel mentre si cerca di estirparla con unghie e denti altri la ripiantano e altri le cambiano parvenza. È difficile, faticoso e può essere pure molto doloroso ma…Ma dobbiamo farlo, almeno provarci. Solo noi possiamo svellere le erbacce cresciute in ogni contesto e in ogni civiltà, anche nella più evoluta, e che da secoli ci subordinano a uno status quo di ingiustizia più o meno mascherata. Non siamo pupattole allocche, reggiamo il mondo, da sfruttate ma lo reggiamo. Cara amica donna sembra sia il maschio a reggerlo, in realtà ci usa e abusa a suo tornaconto e se ci scrutiamo fino in fondo, dobbiamo ammettere che lo abbiamo e lo lasciamo fare, talvolta pure con compiacimento. Oggi non basta più denunciare un abuso, è giusto farlo e bisognerebbe incrementarlo ma il tam tam mediatico e la vergogna che ne conseguono, è cronaca, uccidono quanto una mano violenta. Oggi dobbiamo scrollarci paure e remore urlare e urlare per far crollare le resistenze che ci tengono schiave di gramigne. Francamente però cara amica donna dobbiamo anche decidere se vogliamo essere delle ruspe conquista diritti o delle ruspette che si limitano a rivoltare qualche zolla senza rovinare il giardino in cui prosperano violenza e antidiritto. Decidersi se vogliamo la dignità, il rispetto, la parità, la libertà di camminare, amare, procreare, lavorare, essere donne autonome, consapevoli portatrici di valori millenari. Decidersi se vogliamo cambiare il mondo della donna, almeno sferrare un duro colpo a tutte le violenze e le violazioni alle donne o seguitare a sperare che il mondo cambi l’uomo per toglierci la violenza che ci inchioda destini e futuro. Non succederà mai e lo sperare continuerà a uccidere, donne su donne. Decidersi cara amica significa però decidersi a estirpare dalla nostra testa qualche debolezza, legittima ma dannosa. Significa rifiutare un modo sbagliato di farsi stimare, amare, considerare puntando sul genere e non sul valore intrinseco del genere. Quindi cara amica significa rifiutare l’uso del corpo, dell’anima e della mente per una carezza, un obolo, una visibilità, una poltroncina. Perché amica mia la violenza fisica è tragica, ti uccide, ti rompe le ossa, ti deturpa il viso, ti strappa la pelle ma quella psicologica ti annulla, ti rende una zombie vivente. Ma ciò che è peggio ti fa vittima e complice, sponsor di quel sistema che oggi vuoi, speri di combattere ascoltando prolissi davanti a un cinciallegro palco, una TV e in qualunque altro approntamento evocativo.

Per concludere, cara amica donna oggi è il nostro giorno per iniziare a mettere in soffitta tutte l’anti : No violenza, basta violenza, fermiamo la violenza ecc ecc. che non fermano la mano della violenza e non concedono eguaglianza di diritti. É il giorno di uscire a urlare, urlare, urlare a squarciagola finché una gragnola di pietroni non si stacca dalla montagna dell’ipocrisia e abbatte chi della violenza ne fa una bandiera ideologica, chi un business, chi un fregio corporativo, chi un uso per mantenere tradizioni, chi un sottopotere per aumentare il proprio potere. Ovvio cara amica donna non è da me la prepotenza, non sei obbligata a uscire e urlare. Se preferisci resta pure in casa, ma nel leccarti le ferite in silenzio, pensa a quanto è liberatorio un urlo. Chiudo questa mia, lasciandoti un interrogativo: come farai a sopprimere la violenza che ti rende “schiava” se non inizi a fare squadra?

Ciao, comunque hai un amica che per te prega.

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