Orazione contadina a santa Lucia

s luce

O luce dell’eterna bellezza del creato, splendente martire di fede, dono incondizionato d’amore a Cristo, aiuta questa umanità smarrita, brancolante nel buio spiralidoso della violenza, dell’odio, della vendetta, disorientata dai richiami della fugacità del se annaspa nei meandri dell’illusione temporale.
O beatissima luce virtuosa dello sconfinato, illumina il cammino di ogni esssere umano confuso, debole, incerto, vagante nei mille e mille rivoli oscuri, solleticanti la vanità, l’egoismo, l’inganno, la sopraffazione, la voluttà dei beni transitori da vedere la strada chiara del bene supremo.
O iridescente fiore del giardino celeste, fulgido esempio di volontà , supporta questa umanità a trovare la via della nobiltà del cuore che allontana la mente dalle debolezze nefande e inonda lo spirito di lodevoli positive qualità.
O glorificata fanciulla luce viva del cielo che non conosce calar del sole volgi i tuoi occhi fulgidi e belli sul mondo e guida ognuno che vi coesiste a vedere il sentiero della verità, dell’equa comunanza, del reciproco rispetto, del pacifico dialogo.
O amatissima Santa lucia innocente vergine di altruismo, i cui occhi oltrepassano l’usura del tempo, dona all’umano la saggezza di saper guardare oltre il proprio naso da scorgere gli spiragli per abbattere i muri, i fili spinati, le intolleranze, gli estremismi, i malversi ispiratori di stoltezze antiumane, soprattutto a riconoscere i negatori dei valori del Cristo a cui Tu donasti la vita.

O Santissima lampada universale del Cristo Salvatore,  con cuore de fiamma e  spirito de fede  alla Tua divina luce el popolo de campi, de semina e de fatica ora, ringrazia e se raccomanda ”  Santa Lucia mia apre la porta de casa mia faie entrà luce pane e cortesia ma siccome el fredo strussia, la neve è pla via, prima di chioviri sui campi e la capa mia lampìa” empiù cunserva la vista, chè a smia  l’aptit no  manca mia”

santalucia

per la cronaca:Si narra che a Siracusa viveva con la madre una nobile fanciulla di nome Lucia, cristiana di fede profonda, già da piccola, in segreto, in cuor suo votò la  vita a seguire e amare Gesù. Bellissima e amorevole verso tutti e caritatevole con i meno fortunati attrasse un giovane pagano al quale fu promessa . Però, Lucia, essendosi consacrata totalmente al Signore, prima rinuncia al patrimonio donandolo tutto ai poveri poi nell’anno 304 al matrimonio. Al che il promesso sposo irato e furente per il rifiuto la denuncia. Cosicchè per le leggi imposte da Diocleziano il governatore Pascasio la fa arrestare proponendole in cambio della libertà di rinnegare il suo credo e omaggiare gli dei pagani. Bensì Lucia forte di fede, volontà e coraggio senza esitazioni gli rispose:” Sono la serva del Dio eterno, il quale ha detto: quando sarete trascinati dai giudici, non preoccupatevi di cosa dire, perché non sarete voi a parlare, ma parlerà in voi lo Spirito Santo”. Acciò di tanta temerareità Pascasio la condanna ad essere esposta nel lupanare, cioè essere rinchiusa nel bordello. Un oltraggio gravissimo per una vergine. Ma si racconta che quando i soldati arrivano alla sua casa e provano a portarla in quel luogo della vergogna, l’esile e delicata fanciulla sprigiona una forza miracolosa e né uomini, né buoi, né il fuoco, né la pece bollente riescono a smuoverla. Così Lucia condannata a morte dai soldati viene brutalmente sfregiata e oltraggiata nel corpo e nello spirito, sgozzata e cavati i bellissimi occhi al che si dice che il Signore subito glielì rimise a posto. é da questo atto barbaro che nelle tante iconografie scaturisce l’immagine della santa con in mano un piattino su cui mostra gli occhi. Ciò detto si memora che durante il martirio predisse la fine di Diocleziano. Nella tradizione popolare è leggendaria una frase da lei pronunciata durante le torture: “Farò vedere ai credenti in Cristo la virtù del martirio e ai non credenti toglierò l’accecamento della loro superbia”.

Il nome Lucia  deriva dal greco lyke e dal latino lux, lucis, che significano entrambi luce.Simbolicamente luce estesa anche al valore di via Lucis, cioè cammino di luce.

Santa Lucia morì martire perchè cristiana sotto la persecuzione di Diocleziano il 13 dicembre del 304 a Siracusa per ordine del console Pascasio.

Le fonti più antiche e attendibili su Santa Lucia sono gli atti greci e latini degli inizi del V secolo.
Le sue spoglie riposano nella chiesa dei SS. Geremia a Venezia.
Il culto a Santa Lucia si diffuse quasi subito in tutta la Sicilia, poi nel Nord Italia in particolar modo Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, e paesi nordici.
In Svezia, la festa di Santa Lucia è tra le più attese del periodo natalizio. Le ragazze si vestono di bianco e si adornano il capo con una corona di sette candele.
Da generazioni i bambini le scrivono una letterina poichè è tradizione che ogni 13 dicembre la lucente e dolce fanciulla, coperta da un candido velo, accompagnata da un asinello e dal suono di una campanella viaggi in terra e lasci loro caramelle, dolci e giocattoli.

La santa é molto venerata anche nell’Oriente ortodosso

Santa Lucia è patrona di Siracusa e di Venezia insieme a San Marco; dei fidanzati, dell’Amore Vero, quello che resiste e supera le prove della convivenza esistenziale, degli oculisti, ciechi, elettricisti e tutte le malattie degli occhi.
Per tradizione nella mia terra chi cerca qualcosa e non la vede, pur avendola davanti, esclama: “Santa Lucia mia dammi li occhi pe vedè chaccè in su la via!”

II 13 dicembre molti fedeli si recano nelle chiese dedicate a santa Lucia per chiederle di vegliare sulla loro vista.

In Sicilia la si invoca in diverse pratiche magiche, accompagnate dalla recita di particolari scongiuri.

Secondo la sapienza popolare il 13 dicembre festa celebrativa della sua morte è “lo giorno più curto che ce sia”. La scienza lo smentisce ma il detto resiste.

Tanti i proverbi dedicati a Santa Lucia: “Santa Lucia, sàlveme j’occhi!”;“Da Santa Lucia il freddo si mette in via”; “Per Santa Lucia il giorno corre via”; “Santa Lucia con il fango, Natale all’asciutto”; “Per Santa Lucia e per Natale, il contadino ammazza il maiale”; “Santa Lucia vorrei del pane ma pane non ho, digiuno mi sto”;Santa Lucia, cu l’ucchji pizzuti fami truvà ‘na cosa pirduta””Pe’ Santa Luzì la fira i fa, e al ragàzi ai raghéz la piè a gli dà; “santa Lucia fami artruvà ‘na cosa mia”; “Pe santa lux cui ti accarezza cchiù di quantu soli o t’ha ‘ngannatu o ngannari ti voli.”

Bydif

ps:l‘orazione non l’ho scritta in gerco antico delle campagne umbro per facilitare la lettura a chi passa.

I Santi

10

Il giorno di Ognissanti mi suscita sempre grandi emozioni, in quanto nel diario mnemonico si è cristallizzato in quello spirito di festa gioioso e al tempo stesso carico di significati mistici che né il tempo né le vicissitudini mondane scardinano. Quest’anno però l’impatto emotivo è molto, molto, molto intenso poiché, considerate le cronache horror, il mondo, sembra più stimare i “diavoli” che i Santi. Tuttavia e per fortuna mi basta richiamare il pensiero alla mia terra di origine, terra di grandi Santi, umili e carichi di fede che hanno lasciato segni tangibili della loro umana storia di uomini e donne, volta si al cielo ma soprattutto aperta all’amore, alla carità, alla pace, alla indulgenza, alla reciprocità nell’ascolto e al rispetto nella coesistenza civile. Particolarmente a quel santo poverello di Assisi, che mai perse la convinzione che fosse possibile mutare il sentimento di violenta intolleranza fra uomini di opposte fedi in pacifica convivenza. Infatti, basterebbe applicare un po’ del pensiero di san Francesco per annientare tanti satanassi scatenati in guerre e guerriglie e imbecilli contrapposizioni del nulla : “Dove è odio, fa’ che io porti l’amore. Dove è offesa, che io porti il perdono. Dove è discordia, che io porti l’unione. Dove è dubbio, che io porti la fede. Dove è errore, che io porti la verità. Dove è disperazione, che io porti la speranza. Dove è tristezza, che io porti la gioia. Dove sono le tenebre, che io porti la luce” . Comanche a san Benedetto da Norcia per ritrovare una speranza che viene dal grido silenzioso delle macerie prodotte da infernali aggressività inumane camuffate da difesa di diritti e altre discolpe. E si, perchè san Benedetto mi porta il pensiero a cosa sarebbe stato dell’Europa, dopo il crollo dell’impero romano d’occidente senza di Lui, se “armato” di croce, libro, aratro non fosse partito e  al motto di “ora et labora” insieme ai suoi confratelli dedicare la sua vita  a ricostruire il tessuto civile europeo da far rifiorire, fortificare e ampliare il suo ruolo valoriale nel mondo. Già, proprio  quell’Europa che lo ha eletto protettore che  smemorata nega le radici cristiane. A parte questi due santi che per ovvie ragioni di conterraneità, insieme a san Antonio da Padova per altre più intime, sono nel mio cuore, nel mondo celeste ci sono tanti altri Santi esempio di elevazione nel trascente, alcuni a noi sconosciuti però non a Dio. Persone semplici e virtuose o complesse e tormentose che non si sono comunque adagiate, arrese, assuefatte all’evidente del male terreno ma hanno cercato chi prima chi dopo di volgere lo sguardo in alto, all’altrove, meditare, ascoltare, sacrificarsi e mettere in pratica gli insegnamenti etici silenziosi del mondo trascente. Talvolta che hanno scelto il martirio piuttosto che l’adattarsi alla doppiezza, all’odio, al rinnegamento degli ideali; altra  cercato e trovato risposte a un esigenza di spirito ascetico, seminato integrità, giustizia, misericordia; altra ancora errato ma in silenzio trovato animo e forza e umilmente riscattarsi attraverso la dedizione al sollievo del prossimo. In ogni caso tutta quell’umanità che nella società del materiale egoismo temporale fittizio, ieri come oggi, appare una nullità perdente e invece nel trascendente è vincente. Per cui credo fermamente che onorare almeno col pensiero quella schiera di umani che o per elezione divina, per fede indomita nel cuore, equità di ispirazionesilenziosa dedizione altruisticasopportazione coraggiosa di oltraggi, volontà perfezionistica, coscienza di mettere al centro di tutto il celestiale, sia un mezzo efficace per ritrovare un tanto di mistico di quell’immensità eccezionale che ci sovrasta. Altresì intimamente  che la santità è frutto di lealtà a un ideale perfetto che fa operare senza tante chiacchiere per un fine comune e che tutti si può superare le debolezze e esser piccoli Santi. 

 Quello che oggi mi auguro che i Santi celebri e anonimi tutti che hanno e continuano a operare nell’umano ancor più contribuiscano. In particolare li scongiuro di aiutare la gente di questo mondo a trovare la strada della luce positiva che va oltre nel confrontarsi, dona saggezza per convivere pacificamente nelle diversitàscarta l’odio, esula la bassezza profittatrice degli egoismi nonchè le premesse dei funamboli guerrafondai, sfratta dagli animi l’indifferenza a procurare abomini ai propri simili. Soprattutto, pregandoli con fede, aiutino a risollevarsi dal dolore, la sofferenza alle tante tragedie con cause naturali e non che costellano il pianeta e ogni giorno fanno inorridire, impaurire, disorientare, da poi, consapevoli delle fragilità, camminare, nel giusto, rispettoso sempre e comunque della natura e dell’altro. Penso che dai cieli nessun santo mancherà di farlo. Anche che dovranno mettercela tutta per riallineare questo pianeta al senso del reciproco coesistere  perché in quei tanti volti sconvolti che oltrepassano schermi di tv , forano pagine di giornali e media da cui affiora un grido di pacificazione ma con un se di equivoco che pericola ogni futuro. Benché noto anche tanti “piccoli e grandi santi e sante” nel cui cuore intrepido alberga forza, coraggio, fede e attaccamento a quei valori umani radicati capaci di scavalcare qualunque marchingegno o qualsiasi rancore  impedisca di elevare mente e spirito al bene affratellante che un po mi rincuora.

Per Concludere, per me il giorno che glorifica la  Santità umana  è portatore di gioia, di fiducia, di auspicio, di insegnamento che non è mai troppo tardi e impossibile intraprendere un luminoso cammino verso l’oltre, che anche se non porta a essere Santificati di sicuro evita di precipitare negli abissi infernali. Dunque, un giorno rischiaratore, illuminante da vivere in sintonia animica con ciò che vibra nell’ultra. 

i santiCon la certezza che i già Santi e Beati  aiutino a mantenere un saggio equilibrio tra sacro e profano, tra bene e male,  auguro a tutti attraverso protezione e soccorso nelle necessità di godere dbenessere fisico e spirituale.

By dif

per la cronaca:

La festa di Ognissanti, ha origini molto antiche. Nata come festa pagana agricola, sembra celtica, per celebrare la separazione della natura dal periodo di crescita e rigoglio a quello di stallo e inerzia, nel tempo ha subito un processo storico-culturale- religioso passando nel 1475 in tutto l’occidente da ricorrenza profana a sacra. Tuttavia mai si sono spente le sue origini pagane. Negli ultimi anni in tanti paesi di cultura prevalente anglosassone da sotto le sue ceneri è scaturita l’usanza di halloween che con le sue “mostruosità” è tutt’altro che celebrativa di vite e testimoni santifichi. Purtroppo ha preso  piede anche nelle nostre tradizioni cancellando tanti valori legati non solo alla fede religiosa ma a quella etica e sociale. Capisco di arricchire le usanze originarie di Ognissanti con qualche tocco di “modernità” quello che non comprendo è sostituirle con zucche vuote, o cancellarle con vampiri, feticci e mascheramenti horror. Non sarà che con le zucche svuotate si cerca di svuotare pure la sapienza e con i mascheramenti orripilanti di creare un mondo di mostri.? Sarebbe uno scherzetto tutt’altro che dolcetto per la civiltà.

Vetrina

vetrina

Vita, vita, vita

dove m’hai sbalzata?

In vetrina

mi sento schiacciata

Apri

maledetta

la porta barrata

Fammi uscire

nel reame incantato

Dove

io possa giocare

beata

Abbandonarmi

all’abbraccio assolato

Altalenar

sulla falce lunata

Vagabondar

fra grattacieli e piedi

Dormire

vinghiata al marciapiede

Destarmi

ammaccata da pedata

Vita, vita, vita

sii generosa

Spalanca la porta

vetrosa

Lascia ch’io vada

leggera

Danzi e volteggi

rotoli sudata

tra i fili

ingarbugliati della strada

Vita, vita, vita

in vetrina mi sento fessa

Rompi i vetri

maledetta!

e.r.

vetrina

Forse per un bel sole che entrando dalla finestra spalancata stamattina mi è venuta una riflessione spontanea di un tipo di lavoro che obbliga alla visibilità esterna. Direi un parallelo costrittivo imposto dell’essere in vetrina che rende merce convincente per persuadere che il contenuto vale. Uno stereotipo trend efficiente privo di ariosa gaiezza e libertà al pari degli oggetti taroccati in mostra dietro dei lustri cristalli. È stancante e avvilente. Ogni tanto vien la voglia di battersela. Si resiste per necessità. Ma a un sole verace che ti entra dentro e mette in luce ciò che sei e non puoi essere, non si resiste. Senza tanti preamboli si frantuma il vetro e si corre a rotta di collo scapigliati, scalzi, struccati nel prato dietro casa ad assaporarsi la gioia di farsi apprezzare senza sovrastrutture che  regolate dal sistema dell’apparenza spiaccicano  l’anima.
... claretta 2

 Bydif

C’è amor e amor.

Immagine 1

Eh si, l’amore non ha una identità inconfondibile. Nemmeno ha un criterio unico, un grado di intensità livellato, un modus espansivo standard, una qualità uniforme o una modalità reattiva codificata. Neppure un tempo, una costante, una certezza ratificata, una attrattiva universalmente classificata, una esternazione prevedibile. Ha molteplici sembianze, si potrebbe dire quante sono le essenze umane a loro volta indescrivibili in modo inequivocabile. Quindi l’amore non è una corrispondenza univoca tra due insiemi ma una svariata estrinsecazione emozionale lusinghevole l’appagamento affettivo a volte di essenze complementari, talaltra opposte, altra di genere uguali, talvolta diverse, imprecisabili. Comunque sia essenze espressive di sensibilità sensoriali radicate nell’intimo, con più o meno armonia sincrona nel pensiero, passionalità, comunicativa, comportamento, genere. Il meglio che può capitare nella vita è quello indissolubile, leale, rispettoso, compartecipe,  solidale, gentile, comprensivo, sincero, disponibile, collaborativo, generoso, affettuoso, amichevole,  rasserenante, altruista, fraterno, consolante, onesto, paritario nelle idee e nel comportamento duale, gratificante il quotidiano, corroborante l’animo e il fisico. Il peggio  quello, infedele, lusingatore, scortese, aggressivo, egoista,  violento, ossessivo, animalesco, tirannico, vendicativo, avvilente, infernale nel comportamento, devastante la mente, usurpatore della vita stessa. A volte capita di incontrare quello che sta in mezzo, quell’amor che da e prende, ossia  che estriseca qualità un po dell’uno e dell’altro, se prevalgono le buone beh…è un altalena di sentimenti vivibile, se le cattive …abbè, ben che vada… amarezza  assicurata.

Ah l’amor l’amor se ti entra nel cuor son gioie e dolor!

bydif

 

 

poesia del cuore:

2-2

Autunno

Non è adesso estate, e non ritornano

i giorni indifferenti del passato.

La primavera errata si è nascosta

nelle pieghe del tempo stropicciato.

È tutto quel che ho, un frutto solo,

al caldo dell’autunno maturato.

José Saramago

sole 2

Autunno!  Il nostro umile giardino per intero si spoglia,
le foglie gialle se ne volano via, sospese nel vento,
solo laggiù, lontano, si scorgono, sul fondo della valle,
appassire i gonfi grappoli rosso-fiamma del sorbo.
Il mio cuore è triste e lieto insieme,
senza parlare stringo e riscaldo le tue piccole mani,
ti guardo negli occhi, piango in silenzio,
e non so dirti davvero quanto t’ami

Aleksej Nikolaevič Tolstoj

Ogni stagione ha il suo richiamo che fa affiorare il fascino di un autore letterario che ti è entrato nel cuore.

bydif ………………………………Per la cronaca:

José de Sousa Saramago, -16 novembre 1922, Azinhaga, Portogallo-18 giugno 2010, Tías, Spagna-. Poeta, scrittore, giornalista, drammaturgo, critico letterario e traduttore portoghese di fama internazionale. . Contraddistinto da una forte sensibilità, con un’originale produzione narrativa in cui rielaborazione storica , immaginazione allegorica , ironia, compassione, mistica , realtà e finzione si mescolano in un linguaggio orientativamente poetico e consimile allo stile della narrazione orale che permette di afferrare una realtà elusiva. Fine intellettuale impegnato e fregiato del Premio Nobel per la letteratura nel 1998, con i suoi racconti dissacranti che impattano sulla coscienza dei mali della società, spesso ha fatto discutere. .Tra i suoi libri, tutti interessanti e gradevoli da leggere, mi piace memorare: Zattera di pietra , Storia dell’assedio di Lisbona, Vangelo secondo Gesù Cristo, a cui non mancarono aspre critiche, l’Uomo,Saggio della lucidità, Caino, Memoriale del convento, Cecità, Sua la frase: “ Se puoi vedere, guarda. Se puoi guardare, osserva”

Lev Nikolàevič Tolstòj, Jàsnaja Poljàna, 9 settembre 1828 – Astàpovo, 20 novembre 1910- . Scrittore, filosofo, educatore e attivista sociale dal fascino intramontabile e dalla personalità eccentrica e complessa la cui fama ha valicato qualunque confine e reso uno dei padri fondatori del romanzo russo. Di famiglia nobile appresso gli studi universitari intraprese la carriera militare ed è proprio da tale esperienza che nacque dopo i “Racconti di Sebastopoli” nel 1869 il suo capolavoro “Guerra e pace”. Si può dire che passando da “Anna Karenina”, il suo maggiore successo letterario a cui seguì una profonda crisi spirituale da cui scaturì “Il Regno di Dio è in voi”, sintesi intensa e punto di maggior divario dall’ortodossia religiosa formale,“La sonata a Kreutzer, “La morte di Ivan Il’ic”, Resurrezione, La potenza delle tenebre, Il cadavere vivente…Tolstòj ha lasciato un segno indelebile nella società e cultura russa e non solo . Di fatto tra studi monografici, adattamenti cinematografici, traduzioni in centinaia di lingue è uno degli autori classici più apprezzati e conosciuti al mondo. Sua la frase: “Tutti pensano a cambiare l’umanità, e nessuno pensa a cambiare sé stesso”

La scala della speranza

la scal

Ogni giorno viene. Ti aggrappa. Tira. Tira forte. E,Tu… Tu Sali, Scendi Sali. A quale gradino Sei. Non sai. Ti affatichi. Ti affanni. Sempre in bilico Rimani. Di qua. Di la. Sembra facile Salire la scala Della speranza. Ma …Ma, Nell’orrida stanza Più la guardi Meno la vedi. Più la sali Meno arrivi. Più la cerchi Meno la trovi. Dicono : E’ luce. Non vedi? È Li! Non vedi? Accanto ai piedi! No, Vedo il muro, Il buio nero. Cerco, sbatto. Sanguino. Dicono, vai. Sanguino. Arranca, arranca, Dice la memoria stanca. Sanguino. Perché proseguo? Mi chiedo. Se mi fermo è fatta! Pronta la risposta. Vai, ce la farai! C ’è sangue. Tanto sangue. Arranca, arranca. Senza domanda. Sulla scala Della speranza Tanta gente È rimasta. Altra…Altra? È scivolata giù, Non si vede più. Poca in cima È approdata Superando l’orrore Gradino dopo gradino Del macigno oppressivo! Gradino dopo gradino, grido, balbetto, sanguino. Domando: Posso farcela? Prosegui. Suggerisce l’anima. Non lasciare la speranza Al deviato scalino. Nulla viene dal destino! Cammino, arranco, cammino. Arranco Non penso più. Guardo Chi è rimasto giù. Le sorrido dal blu. Dico : vieni su. Anche Tu Puoi farcela! e.r

scala

A volte la vita ti fa dei brutti scherzi e camminare diventa tanto faticoso. Specie se gli anni  non son più quelli dell’incoscienza ci si può smarrire e ritrovarsi nel buio pesto, soli, sconfitti e senza un barlume di speranza a cui appigliarsi di farcela a risalire da quel nero baratro. .Ma come dice Macchiavelli:   “non è mai alcuna cosa sì disperata che non vi sia qualche via da poter sperare” brancolando, brancolando,  si può trovare, iniziare a risalire, arrivare in cima al crostolo e rivedere un bel cielo blu, blu da lasciarti senza fiato.

bydif

Si riparte?

si riparte

Lo spirito c’è, la determinazione pure ma…Ma con il clima rovente che ti evapora l’energia uhm… Mi sa che sarà ‘na faticaccia! Indubbiamente pensare di ripartire non è facile. Tra la calura infernale che fa bollire senza tregua questa terra piatta, piatta e inaridisce ogni cosa d’attorno e già alle otto del mattino ti spiaccica di sudore e te allucina le forze che non incita all’azione, te ispira il desiderio di cincischià davanti al condizionatore. E menomale che me so decisa a vince la riottosità dei condizionamenti e fammeli istallà. I problemi che non mancano mai di piombare tra capo e collo da ridurti in marmellata. I giornalieri informativi de gradi, de bollini paonazzi, de estremi livelli che te zeppano de paura e te fanno impalà il minimo desiderio de movete dal fresco de casa. Tra tutto il resto che bolle e ribolle nel pentolone planetario e te subbissa de notizie de guerre, de persecuzioni, de stupri, che te capponano la pelle, de roghi, de ogni sorta de obbrobri e de indegnità umane che te flosciano l’anima e te fanno ammutinà l’encefalo. In conclusivo, la ripartenza se va? Se va… tra li bombardi continui de arroventi,  tutto un pot pourri de nefande che te tenaglia,  l’energia è bassa, le rotelle più che girare se intoppano, l’ispirazione s’ accartoccia sul palo secco,  la voglia del dire e fare se svapora in fretta… se va,  va lenta!

Eh si, non c’è agevolazione a ripartire, al contrario c’è tanto che stimola all’inerzia.

Bensì, abbisogna. La vita non è fatta de ferie e trastulli.

Beh, se abbisogna ripartì, sarà na faticaccia ma co sta capatosta se riparte. Anzi… Anzi l’è meglio che me la sgrullo dal panico e me sollevo da sto appiattimento senza nicchià. Tanto più che a medità de estate torride, de vicende intricate, de pressioni, de fatti orridi, de chiacchiere  esterne, ne ho passate assai. Dunque…sfiancarsi per rimettersi in moto non è una novità. Anzi, anzi l’è un consueto. Sennonché devo confessà na cosa. Stavolta a mandamme in tilt la centralina energetica che me fatica l’arripartì, non so’ stati i 40, 41 gradi. A tempi de solleone c’è da spettà. L’è stato lo schifio de notizie de cronaca. Però

Però sai che penso amico blog? Forse, condividere riflessioni, impressioni e qualche stravagante sfrizzettio fantasioso con te me aiuterà. Perlomeno a ritrovà un po de slancio comunicativo che me toglie de dosso l’uggia de stassene in ritirata per panico de abbrustolì al solleone, de esse rapinata, truffata, vituperata o presa a sassate durante una passeggiata.

Quindi? Quindi ci sarà da sudare sette camicie ma si riparte!

... dyf blog

By Dif

 

La mitica storia del principe etrusco e la ninfa del lago.

principe e agilla

La storia è legata a un lago della mia terra, la cui visione ti sorprende, incanta e riempe gli occhi di meraviglia. Da qualunque parti arrivi, quella distesa verdeazzurra che sbuca all’improvviso da dietro le verdi colline coperte da viti e olivi o frammezzo le chiome dei pini e degli alti cipressi ti da la sensazione di una apparizione fatata. In qualsiasi periodo, con quei suoi luccicori abbaglianti, perlacei riflessi danzanti, trasparenze cromatiche esclusive che si accavallano e si dileguano, ti strega l’occhio, seduce e traina l’anima in lussureggianti rive amene in cui distendersi e godere di brezze e profumi fluttuanti carichi di magico carisma. Ed è forse per queste sue caratteristiche ammalianti che tante narrazioni fiabesche son fiorite attorno a questo specchio di acqua. A cominciare proprio dal suo nome: Trasimeno. Una leggenda di amore tra un principe etrusco e una ninfa che varia da sponda a sponda. Da quella che guarda a est si narra che in tempi lontanissimi gli argini del lago fossero popolate dalle ninfe, cioè leggiadre creature divine di rara bellezza, prediligenti habitat boschivi nei pressi di sorgenti, fiumi, laghetti per lo più dedite a guazzare spensierate e gioiose tra le acque cristalline. Popolarmente erano considerate fanciulle misteriose, prive di gravami esistenziali dei comuni mortali, dalla bellezza rara, riservate ma di modus vivendi liberi tanto che a volte il biancore della nuda silhouette balzava agli occhi di chi riusciva a scorgerle, protettrici della natura e dell’acqua, apportatrici di fertilità alla terra, ispiratrici di delicati sentimenti umani, attrazione amorosa e per chi si bagnava nelle acque da loro frequentate dispensatrici di coronamento dei sogni di maternità e matrimonio, nonché magiche guarigioni da ogni male fisico e incorporeo. Per cui aggraziati esseri femminili dotate di poteri e virtù benigne all’ambiente e genere umano . Tra le ninfe che risiedevano nei pressi del lago, allora senza un nome preciso, ve ne era una bellissima che spiccava su tutte per grazia, leggiadria e incomparabile fascino da incantare  chiunque incrociasse il suo sguardo. Un giorno, mentre in tutta la sua avvenente bellezza se ne stava appartata sulla riva del lago a guardare il lento ondeggiare di quelle acque trasparenti, dai cromatismi cangianti, ad un tratto intravvide riflessa la sagoma di un aitante e magnifico cavaliere che in sella al suo bianco cavallo sembrava correre sfrenato sulle acque del lago. Incredula si stropicciò gli occhi, riguardò la superficie dell’acqua e in quel tremulo effetto ondeggiante il volto di un giovane bello e sorridente balzò veemente fin al suo cuore da istantaneamente innamorarsene. Si racconta essere il principe Trasimeno, rampollo di un re etrusco, capitato sulle sponde del lago nel suo ozioso vagare nelle terre del regno del padre. Il bel principe, ignaro di ciò, alla vista di quella limpida distesa verdeazzurra affascinato e accaldato dal suo galoppare sotto i raggi di un sole sfavillante, decise di fermarsi per rinfrescarsi in quello specchio d’acqua contornato da un verde lucente. Nel mentre si ritemprava guazzando in quelle limpide acque gli sembrò di scorgere tra il canneto una bellissima fanciulla. Incuriosito si diresse verso il punto dell’avvistamento della giovane donna. Avanzando tra le acque Il fato volle che incrociò lo sguardo della ninfa al che sentì come penetrarsi da un fulmine rovente da perdere l’equilibrio e andare sott’acqua. La ninfa, di nome Agilla, già perdutamente invaghita, accorse in suo aiuto e lo trasse a riva. Il principe ferito nell’orgoglio, ma con un tanto di fierezza del suo rango regale nell’espressione alla sua vista sbalordì dalla rara bellezza e grazia da rimanerne ammaliato e non volerne più distaccarsene. Meditò di conquistarla e diede l’ordine alla sua scorta di approntare un accampamento per sostare. La ninfa, già innamorata, capì che era l’occasione per sedurlo con il suo melodioso canto per cui rimase nei paraggi. Per due giorni si guardarono l’uno in silenzio l’altra melodiando, al terzo si avvicinarono per conversare, ma siccome l’attrazione già infiammava il voler di entrambi, neanche passò un minuto che tra i due irruppe una passione travolgente tanto che il principe Trasimeno mandò il suo scudiero a informare il padre che finalmente aveva trovato la fanciulla dei sogni e desiderava farne subito la sua sposa. Il re, informato della decisione dell’erede rimase perplesso. Da tempo desiderava che si accasasse ma, dacché, in tutte le fanciulle che gli aveva proposto, a suo parere degne d’ essere sua sposa, di solito aveva trovato una manchevolezza per scartarle e rimandare le nozze, si disse: “che mai avrà questa per averlo conquistato in un baleno”? Voglio proprio andare a vedere cos’ha di speciale” e partì con tutto il suo regale seguito. Giunto al lago, nel vederla accanto al figlio capì. Insieme erano talmente belli e radiosi di felicità che ne rimase stupefatto e acconsentì alle nozze. Fatto sta che in quattro e quattrotto la corte al suo seguito approntò tutti i preparativi degni di un erede al trono e Trasimeno e Agilla furono uniti dal re nel vincolo sponsale. Celebrate le nozze, la loro felicità di innamorati follemente l’uno dell’altro era indescrivibile tanto che la voce si propagò nel regno e contagiò tutti a rallegrarsene con canti, balli e tripudi inneggianti al loro principe che aveva trovato la sposa ideale, l’amore della sua vita. Il re, esultante di aver finalmente accasato l’erede, dopo aver fatto dono del lago e tutte  terre costeggianti  e lasciata al figlio la decisione di dove stabilirsi con la sua adorabile sposa, ripartì con tutto il seguito per la sua regale dimora. Trasimeno e Agilla al settimo cielo per aver subito coronato la loro passione decisero di rimanere almeno per un po nei luoghi dell’incontro fatidico. L’idillio dei due proseguiva a gonfie vele e per i sudditi delle vicinanze vederli abbracciati e raggianti passeggiare nei boschi, cavalcare sfrenati o bagnarsi e divertirsi sulle sponde del lago era un piacere. Ognuno però auspicava da quel connubio tra un mortale principe etrusco e una avvenente creatura semidivina, di loro memoria mai accaduto, di presto festeggiare l’ arrivo di un principino da appagare la curiosità che tanto animava le loro serate chiacchierecce. Passò del tempo, non si sa quanto. In una serata di luglio, Agilla sempre più incantevole, sotto un cielo stellato col volto radioso sussurrò a Trasimeno di essere in dolce attesa. Il principe, esultò di gioia, la circondò di tenerezze e inviò all’istante un messaggero a informare il re, suo padre, al che la lieta novella si sparse velocemente e tutti se ne rallegrarono. I più facoltosi inviarono immediatamente doni favolosi, i meno iniziarono a costruire tutto ciò che reputavano esser benaccetto dagli sposi per quell’arrivo speciale, le ninfe a darsi da fare a migliorare l’habitat da renderlo ancor più prospero, ameno e sano. Nel fermento dell’attesa, benché la calura non dava tregua e in tutto il reame si ansava, i giorni sembravano volare. I due felicissimi sposi, colmati da ogni attenzione dalle ninfe e dai fedeli servitori del principe, passavan le giornate di canicola coccolandosi all’ombra di pini, querce e olivi, tra il canneto del lago, a riva spruzzandosi le fresche acque e ogni tanto appaiati nuotando, per lo più senza mai allontanarsi dalla costa per timore di compromettere la lieta attesa. Un pomeriggio mentre se ne stavan seduti e trasognanti con i piedi a mollo in quelle limpide acque, Trasimeno assorbì un tale benessere di refrigerio che lo eccitava a tuffarsi per ancor più goderne l’effetto benefico in una lunga nuotata. Tuttavia, pensando alla sua dolce sposa per un po resistette all’impulso, bensì la magia attrattiva di quel limpido specchio d’acqua invase la sua volontà e ad un certo punto abbracciò e baciò Agilla, sussurrò di amarla tanto tanto e si tuffò in quel placido acqueo verdeazzurro. Con l’irruenza della sua gagliardia regale nuotò e nuotò a tutta forza arrivando al centro del lago. Come fu come non fu lì il bellissimo principe sparì alla vista di Agilla che lo seguiva con l’occhio. Li per li pensò che volesse farle uno scherzo e nuotava sott’acqua. Ma il tempo passava Trasimeno non riaffiorava, l’’ansia saliva, la bellissima moglie-ninfa comprese che qualcosa non andava e all’istante si gettò per andare a soccorrer l’amato. Nuotò e nuotò, si tuffò e rituffò, cercò e cercò, in quell’acqueo trasparente il suo sublime principe non trovò. Per giorni e giorni, per notti e notti continuò a cercare, a invocare “Trasimeno, Trasimeno, Trasimeno”. Esplorò in lungo e in largo senza sosta il lago. Si appellò, fino allo sfinimento, alle potenze divine tutelari delle acque di restituirgli l’adorato marito finché la vana faticosa ricerca esaurì le sue energie e anch’ella sparì. Con immenso struggimento del re degli abitanti e delle ninfe l’idillio finì. Non la storia. Si riporta che i dimoranti di quei luoghi nel fruscio degli alberi che costeggiavano gli argini e delle canne che ne delineavano i confini iniziarono a percepire il lamento straziato di Agilla; nell’incresparsi improvviso delle acque i movimenti angosciosi della sua vana ricerca dello sposo; nel brillio delle onde i lucciconi delle lacrime e nel silenzio della notte la sua voce ripetere continuamente Trasimeno, Trasimeno. Siccome lo scandire il nome del principe, bello e innamorato inghiottito dalle acque, tutti lo distinguevano chiaramente, pian piano fece spander la convinzione  che era un segno degli dei, quel lago  doveva mantenere viva la storia e l’immagine del principe. Poichè  il lago in cui era sparito era proprietà del principe,  venne da se farne sua memoria. Fu così che quel magnifico specchio d’acqua umbro, fin allora senza un nome preciso,  venne tramandato al tempo come il lago del Trasimeno.  L’epilogo dell’amore tra il principe etrusco e della bellissima ninfa come era prevedibile  diffuse varie narrazioni. Certa narrazione riporta che il principe non era etrusco, si chiamava si  Trasimeno  ma era figlio del re Tirreno. Altra  un destino di coppia completamente diverso.  Alcuna sostiene che il principe Trasimeno da aitante guerriero riuscì a salvarsi dalla furia delle acque, mai più lasciò sola la sposa e alla nascita dell’erede si trasferì nellentroterra umbro e li vive e continua la sua stirpe.  Altra che fu rapito da un semidio invaghito di Agilla, fatto schiavo riuscì a liberarsi e tornare a casa ma giunto lo informarono che Agilla dopo aver dato alla luce un meraviglioso principino era svanita. Annichilito inveì contro tutti gli dei e per settimane ne mangiò ne dormì, poi  con l’aiuto delle ninfe superò lo choc, si dedicò al figlio che diventò un valoroso guerriero etrusco e a sua volta sposò una ninfa. altra ancora che la coppia sparita nelle acque, fu salvata dagli dei ma diventò invisibile  e ancor oggi vive vicino al lago  e in certe notti estive di luna splendente alcuni li vedono camminare  sulla riva  abbracciati e felici. Se li vede una coppia è benaugurante al futuro, se un solitario alla prossima luna incontrerà l’anima gemella.Tra le tante, varianti della mitica leggenda, una narra  che al centro di quello specchio d’acqua di origine misteriosa v’è una cavità segreta che ha  un potere di attrazione che spinge chiunque vi capita sopra a inabissarsi senza alcuna possibilità di riemergere. C’è da dire che tale ipotesi fiabesca  resiste al tempo tanto che nella tradizione nel bagnarsi in quelle acque ancor oggi si raccomanda prudenza, mai spingersi oltre i limiti dei paletti o in gommone, pattino o barca mai sostare al centro del lago. In relazione  va anche detto  che chi abita nei paesi prospicienti le sponde considera il lago infido e traditore, più la superficie si manifesta quieta più è pericolosa, invoglia a scartare la cautela per poi all’improvviso scatenarsi in un moto ondoso da trascinarti giù o ribaltarti e mai più farti riaffiorare. Tant’è che i pescatori prima di uscire in barca son soliti scrutarlo attentamente. Affermano che solo chi lo conosce bene riesce ad intercettare i segnali allarmanti che se vai  ti fregano.  Una convinzione che ho potuto costatare in vari episodi che è più di una popolar tradizione verbale. Diverse volte, in momenti di relax, con amici o parenti, a riva di una delle spiaggette del lago liscio come l’olio, da specchiare l’azzurro del cielo e tutta la vegetazione intorno senza il benché minimo tremolio, in pochi attimi abbiam visto la superficie del lago cambiar colore, sollevarsi, rimescolarsi in un moto ondoso violento e tra le sue acque sparire anche esperti e gagliardi giovani nuotatori, o gommoni al largo con coppie e amici, specie di forestieri, alzarsi, frullare e rovesciarsi i cui corpi poi cercati e ricercati mai recuperati. Solo in una circostanza e si gridò al miracolo. Il giorno dell’Assunta, una famiglia che stazionava nel campeggio vicino, attratta da quello specchio calmo e augurante a passare una giornata di acqua e sole tranquilla, uscita in canotto fu travolta dai flutti improvvisi e scomparve alla vista. Considerati i casi precedenti, tutti immaginarono il peggio, ma dopo tre giorni fu ritrovata tra le canne del lato opposto. Dopo esser stata soccorsa dai medici per qualche escoriazione, e rifocillata da acqua e cibo, assaltata di domande da giornalisti e curiosi non riuscì a spiegare il come si era salvata. Uno dei figli però disse che aveva visto una mano afferrare il canotto e depositarli nel canneto. Tutti l’archiviarono pensando a una fola fantastica del ragazzino. Mah…??? Ma fatto sta che la loro avventura finita bene suscitò una serie di deduzioni, tutte geniali, nessuna dimostrabile. Dopo mesi fu definita un mistero.

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Come sia nata la leggenda dell’amore tra il principe e la ninfa non si sa, di certo nella storia c’è il lago Trasimeno che per la amenità che ispira il luogo e la bellezza cromatica cattura l’attenzione di chiunque vi capita.

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per la cronacail lago Trasimeno è situato a nord-ovest dell’Umbria, nella parte al confine con la Val d’Orcia della provincia di Perugia.

È noto per la peculiarità di essere tettonico, vale a dire plasmato dal riempimento di una cavità della crosta terrestre; come lago più esteso di tutta l’Italia centrale, nonché per una famosa battaglia tra le legioni del cartaginese Annibale e quelle del console romano.

Il nome trasimeno secondo gli storici deriva dal nome della montagna a nord del lago, in tempi lontani definita – oltre il monte imeno- per cui nella realtà le origini del nome nulla hanno a vedere con la leggenda del principe e la ninfa.

Il lago, prima di essere identificato in modo univoco come lago Trasimeno, ha subito una serie di nomi, Clitonio, Agillino, Umbrio, Plestina , Lago di Perugia, acqueo dolce…

A volte è definito il lago del verde cuore d’Italia.

Ospita tre isole: Polvese, Maggiore, l’unica con abitanti , Minore.

É ricco di pesci d’acqua dolce, carpe , tinche lucci, persici reali, anguille.

Le colline che l’attorniano sono l’anfiteatro della produzione vinicola e dell’olio extraveergine.

Dal 1996 ogni anno a luglio grazie al festival trasimeno blues attira da tutto il mondo turisti appassionati di musica blues.

 

Poesia dal mondo: Segno e destino

urlo

Hai parlato abbastanza e non sei contento
Non ti piace mostrare le tue viscere segrete
E invece ci caschi di nuovo
Potresti e ripeti il motivo che ti irrita

Parli ti fai notare ti laceri la carne
E consenti l’accesso a occhi estranei
Vuoi spezzare le corde che ti legano agli altri
E le riannodi
Catturi l’aria la fai tua e la regali
Conquisti orizzonti e li distribuisci
Fai luce nell’ombra e la offri
Come un pacchetto di solitudini pentite della propria forza
Che funerale è questo in cui ti seppellisci
Nei cuori stranieri?

Ti esalti e ti plachi
Ti plachi e diventi freccia nel cuore
Più cieco di qualsiasi tempesta
Parli e protesti
E di nuovo parli e protesti
Diventi albero e offri le tue foglie ai venti
Diventi pietra e offri la tua durezza ai fiumi
Diventi mondo e ti dissolvi nel mondo
Oh volontà contraria ad ogni istante
Beneficio della terra e grandi freddi e grandi caldi
Ogni chicco maledizione! reca segni futuri
Un destino d’onda che deve dare il suo rumore
E morire dolcemente
Hai molto parlato e sei triste
Vorresti un paese di sogno
Dove le lune nascono dalla terra
Dove gli alberi hanno luce propria
E ti salutano con voce così affettuosa che la tua schiena trema
Dove l’aquila ti manda segnali
E le montagne ti chiamano a gran voce
E poi vorresti confonderti nel tutto
E distenderti in un riposo di uccelli estatici
In un bel paese d’oblio
Fra i rami senza vento e senza memoria
Dimentico di tutto e che tutto ti dimentichi

Vicente Huidobro

Ogni volta che leggo questa poesia, così carica di richiamo a un mondo immaginario a misura del proprio desiderio e sentimento ma irrealizzabile, in parte per il destino e in parte dal proprio modo di essere e reagire, mi sovviene alla mente che rispecchia la gran parte del vivere reale degli esseri umani.

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per la cronaca :
Vicente Huidobro è poeta cileno tra i più rilevanti della poesia ispanoamericana del secolo XX. Nato nel 1893 da famiglia ricca e aristocratica ebbe la fortuna di viaggiare molto, conoscere varie culture, entrare in contatto con le avanguardie e stringere amicizia con artisti come Picasso e Gris. Autore di numerose opere poetico-letterarie ha attratto l’ attenzione di giovani e studiosi. è considerato il padre del creazionismo