Rita da Cascia: santa dell’impossibile

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Se Maggio è il mese di Maria è anche il mese di Rita da Cascia. La Santa dell’amore e del perdono, invocata e venerata in moltissime parti del mondo per le sue qualità taumaturgiche, le indiscutibili doti di avvocata paciera delle cause ultradifficili dell’uman andare. Tant’è che è detta la “santa degli impossibili” e popolarmente è diffusa opinione che fin dal giorno della sua salita al cielo Rita si è schierata dalla parte dei più bisognosi, per soccorrerli e realizzare per loro quei miracoli prodigiosi considerati dalla logica comune irrealizzabili.

Nel firmamento dei santi e delle sante della Chiesa, Rita è certamente una stella di prima grandezza. Ma quale è il messaggio che questa santa ci ha lasciato? Beh, come disse durante il Giubileo del 2000, davanti ad una grande folla di devoti della santa in Piazza San Pietro, Giovanni Paolo II “È un messaggio che emerge dalla sua vita: umiltà e obbedienza sono state la via sulla quale Rita ha camminato verso un’assimilazione sempre più perfetta al Crocefisso. La stigmate che brilla sulla sua fronte è l’autenticazione della sua maturità cristiana. Sulla Croce con Gesù, ella si è in un certo senso laureata in quell’amore, che aveva già conosciuto ed espresso in modo eroico tra le mura di casa e nella partecipazione alle vicende della sua città”cioè cercando di portare pace fra le varie fazioni contrapposte e in lotta fra loro”

Sebbene il tempo logora tutto come mai non ha logorato il ricordo di questa santa italiana, vissuta ben sei secoli fa e ancora oggi è ricordata, invocata, pregata nei casi più disperati da migliaia di devoti in tutto il mondo? Per Giovanni Paolo II poichè: “La santa di Cascia appartiene alla grande schiera delle donne cristiane che “hanno avuto significativa incidenza sulla vita della Chiesa, come anche su quella della società”. Rita ha bene interpretato il “genio femminile”: l’ha vissuto intensamente sia nella maternità fisica che in quella spirituale”. Per la gente comune invece perchè Rita è la santa capace di capire e interpretare le necessità e l’ ama invoca perchè la sente simile, viva e vicina in ogni difficoltà della vita. Come dire che per ciascuno Rita è soprattutto il segno d’amore vivifico che nelle crisi della vita può dare coraggio e forza per ricominciare, ed oggi come ieri è l’esempio per ciascuno della sollecitudine al perdono pacificante e al rigetto incondizionato della violenza sanguinaria che non porta mai a nessuno nulla di proficuo.

Tante le leggende, i racconti, le meraviglie prodigiose fiorite intorno alla Santa come il diffondersi di un profumo intenso di rose nelle vie del paese e in quelli confinanti e lo scampanio improvviso e spontaneo di tutte le campane del circondario nella notte del 22 Maggio al momento della sua salita al cielo, o della vite morta che fruttificò e ancora oggi è presente all’interno del monastero, della rosa fiorita in pieno inverno sotto la neve e due fichi maturi chiesti e trovati dalla cugina nell’orto della casa paterna e interpretati come la salvezza ed il candore dell’anima di suo marito e dei suoi figli.

Come mai Rita, santa, più amata, dopo san Francesco e sant’Antonio, sia per la quantità di miracoli attribuitole, sia per la sua storia umana è conosciuta anche come: Santa delle Api”;Santa della Rosa” ; “Santa della Spina”.?

Come:

Santa della RosaTradizionalmente la rosa piccola e rossa è simbolo per eccellenza, di questa esile ed umile donna diventata santa super venerata. Ancora oggi si dice che ogni qualvolta Rita interceda per un miracolo il suo corpo, conservato all’interno della basilica emana un intenso profumo di rose e le rose benedette ogni 22 maggio, per la sua festa, oltre che essere fonte di protezione per la famiglia per mali e pericoli conservano tutta la fragranza di una rosa fresca.

Santa della Spina” – Unica santa nella storia cristiana a ricevere in fronte la stigma spina che le produsse una profonda piaga purulenta e fetida che la costrinse alla segregazione. Si narra che durante la vita clustrale, Rita alternava ore di preghiera, contemplazione, dedizione totale a Gesù con ore di visite a malati, lebbrosi e spesso per pacificare le fazioni che si combattevano nella cittadina umbra. Sempre umile e obbediente alle regole mai scansò fatiche o prove vessatorie, tuttavia nel suo cuore la giornata era un intensa meditazione della Passione di Cristo tanto che un giorno del 1432, mentre era in estasi davanti al Crocefisso, una spina si staccò dalla corona del Cristo e si conficcò nella sua fronte. La stimmata accentuò ancor più l’adesione animica di Rita alla croce di cristo e l’amore per gesù e fatta eccezione per trasferimento a Roma per la canonizzazione di san Nicola da Tolentino in cui la ferita si rimarginò per riapparire al suo ritorno a cascia, visse gli ultimi 15 anni di vita in una totale immedesimazione della passione di Cristo. Per questo, forse la migliore definizione della santità di Rita da Cascia la troviamo nella iscrizione che è stata posta sull’urna contenente i suoi resti mortali: “Tucta allui se diete”. “Si diede tutta a Lui” cioè a Cristo, anche nel momento della crocifissione, che è la cosa umana più difficile.

Santa delle Api”- Si racconta che già a 5 giorni operò il suo primo miracolo, conosciuto come delle Api Bianche guarendo un contadino, feritosi gravemente con la falce a una mano. Questi, passandole vicino, per andare a medicarsi, nel vedere delle api che ronzavano sul suo volto cercò di scacciarle proprio con la mano ferita che guarì immediatamente. Mentre il giorno della morte venne avvistato uno sciame di api nere, dette murarie, che ancora oggi hanno dei nidi nel convento.

Inoltre “santa della misericordia e del soccorso” in molti paesi è venerata anche come santa della misericordia e del soccorso per il racconto della donna di Spoleto che fuggita per maltrattamenti dal marito, derubata e aggredita curò, rivestì, e tranquillizzò assicurandole che tornata dal marito questi convertito non avrebbe più abusato di lei con violenze e ingiustizie, inoltre per essere stimata come migliore avvocata e confidente delle donne in difficoltà.

Tante le leggende, i racconti, le meraviglie prodigiose fiorite intorno alla Santa come il diffondersi di un profumo intenso di rose nelle vie del paese e in quelli confinanti e lo scampanio improvviso e spontaneo di tutte le campane del circondario nella notte del 22 Maggio al momento della sua salita al cielo, o della vite morta che fruttificò e ancora oggi è presente all’interno del monastero; della rosa fiorita in pieno inverno sotto la neve e due fichi maturi chiesti e trovati dalla cugina nell’orto della casa paterna e interpretati come la salvezza ed il candore dell’anima di suo marito e dei suoi figli. O come il primo miracolo della santa, quello al falegname Cicco Barbari. Da poco diventato invalido alle mani e non potendo più lavorare vedendo la salma di Rita, esclamò:“Oh, se non fossi ‘struppiato’, la farei io questa cassa!” inspiegabilmente guarì immediatamente, e le suore lo incaricarono della costruzione dell’umile cassa.

La venerazione di Rita iniziò subito dopo la morte, e fu caratterizzata dall’alto numero e qualità degli eventi prodigiosi, dovuti alla sua intercessione. Tuttavia fu proclamata beata 180 anni dopo la sua morte, nel 1627 sotto il pontificato di Urbano VII, e venne canonizzata da Leone XIII durante il Giubileo del 1900.

Rita da Cascia, santa “dell’impossibile”della terra umbra, a me cara , alla quale mi sono rivolta in ogni momento difficilissimo. Oggi con tutto il cuore prego di aiutare tutti a venir fuori da questa situazione pandemica tragica.

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per la cronaca:

Non è facile tracciare un profilo storico di santa Rita. Ci sono molti punti oscuri, e spesso le notizie di una certa attendibilità si mescolano alle leggende, che si formarono durante i secoli in diverse stratificazioni. Detto ciò, Rita, ovvero Margherita Lotti, nacque  a Roccaporena, una frazione dell’umbro comune di Cascia, in provincia di Perugia, presumibilmente nel 1381 da Antonio Lotti ed Amata Ferri, due anziani benestanti “pacieri di Cristo”, per meglio dire conciliatori nelle lotte tra guelfi e ghibellini, oggi si direbbe che svolgevano il ruolo di “mediatori civili”. Margherita, chiamata da tutti Rita, amatissima dai genitori crebbe nella campagna umbra in serenità e bellezza. Da ragazza mite, umile, ubbidiente e ben educata anche nel leggere e scrivere, fin da giovanissima assai credente e devota di San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino, si appassionò alla famiglia Agostiniana, da frequentare assiduamente il monastero Santa Maria Maddalena di Cascia tanto da manifestare il desiderio di voler prendere i voti. Ma come usanza dell’epoca, i genitori, a 13 anni la promisero sposa a Paolo di Ferdinando, della potente famiglia Mancini, uomo piuttosto irruente, dal carattere violento che sposò 3 anni dopo. Dal matrimonio nacquero Giangiacomo Antonio e Paolo Maria. L’unione, piuttosto burrascosa per le differenze caratteriali e spirituali, dopo 18 anni e proprio nel momento, che dopo tante sofferenze, preghiere e sopportazioni di Rita, con la conversione di Paolo a una vita di pace e fede, sembrava aver trovato una serenità di convivenza venne brutalmente interrotta dall’assassinio di Paolo da parte di ex compagni di odi, vendette, scontri e violenze partitiche. Come ovvio la famiglia Mancini voleva vendetta. Rita donna per eccellenza votata al perdono si rifiutò di rivelare i nomi degli assassini di Paolo alla sua famiglia. Supplicò anche i figli di non aderire al sentimento di odio e onorare la memoria del padre con il perdono e l’onestà e non con la spirale del sangue. Ma, Rita comprese che invano era il suo supplicare, i suoi 2 figli seguivano le orme dell’odio vendicativo. disperata e sofferente pregò e chiese a Dio di interrompere i loro scopi sanguinari. Come voce popolare riporta da lì a poco i due fratelli si ammalarono e morirono. Rita distrutta dal dolore come moglie e madre, rimasta sola, risentì forte il desiderio che giovanissima agognava di votarsi alla vita claustrale e chiese di entrare nel Monastero Agostiniano Santa Maria Maddalena di Cascia. Ma, per la sua condizione civile e poichè nel monastero c’era una suora parente della famiglia Mancini, offesa per la reticenza di Rita di non rivelare i colpevoli, per ben 3 volte venne rifiutata. Al che, secondo la leggenda, i suoi 3 santi protettori Sant’Agostino, San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino la portarono, dallo scoglio di Roccaporena dove Rita si recava per pregare, direttamente dentro al Coro del monastero imponendo alle suore incredule la sua accoglienza. In realtà sembra che dopo aver pacificato le due famiglie duellanti Rita nel 1407 ottiene di entrare nel Monastero in cui vi rimarrà per ben 40 anni, fino al 22 maggio del 1457, giorno del suo ritorno al padre.

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