Un successo prevedibile

Sanremo Italian Song Festival 2015

Con la vittoria canora dei tre giovanissimi tenorini “ Il Volo”, peraltro auspicata dai più del popolo e poco dalle “intellighenzie”, e l’incoronazione a reuccio dell’audience di Carlo Conti per uno share medio del 50%, pare  record degli ultimi 10 anni, si archivia la settimana maratoneta di San Remo, ovvero il 65° festival della canzone italiana. Non starò qui a commentare la classifica dei big in gara, dovuta alla sommatoria delle preferenze espresse dalle giurie, il 30% demoscopica e esperti, 40% popolare, tanto, ogni anno, il verdetto lascia sul campo feriti e morti, polemiche e rammarichi. Piuttosto vorrei dire che non c’è da meravigliarsi se Conti ha fatto “il botto” di ascolti, era nell’aria, quindi prevedibile. Per voglia impellente della gente di musica, parole, emozioni, risate, piacevoli sorprese? Un po’ si, più per altro. Non so se per intuito o fortuna ma l’ormai Carlo nazionale ha fatto il pienone perché ha intercettato la chiave che apriva la porta a ascolti da recordman. Se anch’io mi sono insolitamente incollata ogni sera al TV per seguire l’evento che da sempre non è mai stato appetibile alle mie convinzioni, in fatto di programmi televisivi, ne mai la manifestazione, per eccellenza simbolo di tradizione popolare, ha suscitato voglia e passione da sorbirla ore e ore ma solo stuzzicato qualche sporadica occhiatina tanto per poter dire la mia con gli amici, una inconscia ragione c’era. Considerando l’aria greve e incerta che ogni giorno respiro, il marasma di notizie orribili che leggo e ascolto. i venti di guerra che su vari fronti allarmano le mie sensibili antenne, la ragione sta in quella di essere tranquillizzata che i punti fermi sono intoccabili.  Di certo l’impulso che mi ha spinto ogni sera a restare per 5 ore davanti al video come fossi ipnotizzata da una misteriosa creatura non è stato per vedere la faccia abbronzata del bravo conduttore Carlo Conti, le simpatiche e belle Emma, Arisa, Rocio, gli ospiti più o meno importanti, i comici tanto più che neppure han fatto ridere, i cantanti, gli abiti e tutto l’ambaradan scenografico, seppur bello. È stata la voglia matta di respirare qualcosa dal sapore familiare vecchio ma sempre nuovo, qualcosa che unisce e disunisce, accalora per questo o per quello, vivacizza e crea una sana atmosfera festaiola fra parenti e amici. La voglia di qualcosa che rinfranca il subconscio che seppur il tempo corre, le cose cambiano e il mondo si evolve nulla minaccia le certezze acquisite. La voglia di esorcizzare i timori che qualcuno o qualcosa di anomalo mi depreda di quel che tradizionalmente è mio anche se lo snobbo e lo critico. Soprattutto lo strano bisogno di partecipare a un qualcosa di collettivo che, aldilà delle canzoni, che vivano per sempre o muoiano velocemente a seconda di quanto entrano nella memoria emozionale individuale, anno dopo anno fa la mia e l’altrui storia. Ammetto, di aver sentito un esigenza velata, un bussio che mi ripeteva che quest’anno proprio non potevo fregarmene del festival, dovevo aggregarmi ai miei conterranei. Come dire dovevo rispondere a una chiamata telepatica di far muro, unirmi per trasmettere via etere che ero pronta a far muro. Considerato lo share come me tanti altri hanno aderito al tam tam empatico ovviamente consegnando a Conti  un successo  trionfale.

A parte la retorica, la gente comune ha un fiuto sopraffino e a suo modo  anche stavolta l’ha dimostrato. Con la massiccia presenza alla maratona sanremese ha inteso lanciare un messaggio preciso. Un messaggio ribadito  anche attraverso la canzone, “grande amore”, che ha incoronato regina, sebbene qualcuno l’ha considerata retro, eccessiva, fuori tempo.  Con ciò non voglio sminuire il merito di un professionista eccellente, a cui faccio i complimenti, al contrario sottolineare che con le sue scelte e i suoi modi di fare il messaggio l’ha captato appieno. Anzi, in anticipo ha colto il sentore e il sentire della massa. Infatti, si è costruito il successo  con la tradizione, il garbo, la familiarità, tutti o quasi quei valori sframmentati, talvolta denigrati che la gente ceca e rivuole a garanzia del presente e del futuro. Magari ci arrivassero certi nostri arroganti e presuntuosi politici! Per inciso, se il giovanissimo trio lirico “il volo” ha vinto, ha vinto in primis per il bel canto all’italiana, quello apprezzato dalla gente e contestato dagli addetti ai lavori ma anche per il loro modo di essere e presentarsi. Confesso che i ragazzi mi piacciono e sono ben lieta che hanno vinto, non fosse altro per far rosicare certi spocchiosi esperti, però debbo dire che la canzone ” io sono una finestra” arrivata ultima ha contenuti di alta qualità che mi hanno emozionato. In fondo siamo tutti finestre vive sul mondo malgrado il “pregiudizio che scortica cattivo” dalle finestre desideriamo ammirare panorami umani senza ombre di ipocrisia, contraddizioni, deserti incolori. 

Sanremo 2015 - Serata finale

Un saluto  e un augurio di   buona settimana a chi passa

bydif

le foto le ho prese dal web