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in attesa della prossima rappresentazione godiamoci il week end……
auguri a tutti di sereno relax
a chi parte
buoneeeeeeeeee vacanzeeeeeeeeeee !!!!!
dif
Legalità legalità legalità
ma quale legalità
bla bla bla
quella dei miei stivali
me so costati no occhio
de a testa da franchetta
li trovo a quattro lire
da na cinese
su na banchetta
bla bla bla
garantismo nu è legalità
legalità nu è faziosità
sopra le parti chi ce sta?
la luna le stelle i pianeti
che se ne possono fregà
tanto nu hanno da magnà
legalità legalità legalità
gracida la rana nel pantano
cra cra cra
da sto ramo nun me smovo
gli è responde lo furetto
se ribella lu grillo zighettino
gliene sona co lo vecchio
sviolino
tip tup tiptà
la cicala canterina
se sbraguglia la peppina
cic ci cic cia
il rospino ciuffolino
se sgranata il cuculino
bip bep bip ba
la civetta ribaltina
se sbrocchina la forcina
zigulì zigulà
lu pipistrello me vo fregà
lo mi futuro se vo ingoià
legalità legalità legalità
ma quale legalità
sbla sbla sbla
spaperacci e spaperocci
cantan notte e di
e nun me fan più durmì
legalità ligalitè ligalitù
bla bla blablu
34 24 17 chi sei tu?
so lu magico numeretto
che sbataccio zuccherino
a figlietto du cecchino
legalità ligalitì legalitù
si nu grandina o tira broglio
so boni pe lu lotto
va diciendo lo gigetto
nu bel terno mo te sbrocco
lega li lega là lega su
li ciancini me viengon iù
ora te schiatto e te matasso
li sonni te sciabatto
illibaraio sbarbascio
legalità ligalitì ligalitù
sblu sblu sblufufu
nu me po’ fregà de certo tu
la pultrona se sbullona
e te vien ghiù da sola
patapum patapam
legalità nu sta pe lealtà
lealtà nun fa legalità
sfarfuglia sfarfaglia
lu consenso lo ammetto
mi ce l’ho grande allocco
in quattruequattruotto
lo sgambetto te trombazzo
legalità legalità legalità
ma ndo sta sta legalità?
Ma fateme campà
sto tormentone ma proprio scuccià!
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UN FELICE E SERENO WEEK END A TUTTI
di legale riposo !!!!
per chi è in partenza buonissimeissime vacanzeeeeeeeeeeeeeee
dif
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La tiepida e assolata giornata invogliò Mulinella la fanciulla stonata ad uscir di casa, inforcò la bicicletta bianca da poco comperata per pochi spiccioli in uno stock fallato del discount e pedalando beata si inoltrò nel cerreto lasciando che il sole le accarezzasse la pelle ingrigita dal lungo inverno e da notti insonni, rotolate tra lenzuola troppo ruvide e un materasso deformato dal battipanni che ogni mattina usava per scacciar gli acari, a suo parere causa d’ogni tormento notturno, si infilavano tra le ciglia con i loro aguzzi tentacolini per impedirle di chiudere gli occhioni grigi azzurri sempre stralunati. Neanche spellata avrebbe ammesso che a tormentarla non erano gli invisibili parassiti ma i ghiribizzi che gli frullavano davanti agli occhi simili ad una specie umana erculea che si contorceva e sudava tanto da gocciare come i cenci del bucato appena stesi o come il vicino Rossicino quando si azzuffava col Nerino. Mulinella pedalava e pedalava inebriata dalle sensazioni che la sfioravano senza soffermarsi con lo sguardo su nulla e con la testa inaridita, come se all’improvviso il cervello si fosse fuso e sole e vento si fossero alleati per farla andare e andare all’infinito senza bagaglio e senza meta. Andando, andando superò il cerreto e si trovò in un luogo inbrullito dal gelo che ai suoi occhi sembrò il paradiso e si disse: “devo aver pedalato assai assai per anni.” Poi sfiorò i lunghi capelli, il viso le braccia, si toccò e ritoccò, frugò ogni angolo del corpo ma non trovò nulla di diverso.
Scese dalla bicicletta bianca fallata, si sdraiò in mezzo alla stradicciola sbalordendo un tordo in siesta sul ramo di un pioppo, guardò in alto raggiante d’essere arrivata nel giardino delle delizie senza sfacchinare e senza perdere l’aspetto suo. Con i suoi occhioni stralunati scrutò per vedere chi c’era lassù, vide una nuvoletta grigia che tentava d’oscurare tutto, le parve il facciotto d’un tale cassinista appiccicato all’angolo del paese che la braccava con telefonate, dispacci e preghierine blaterando che l’aspettava al centro. Chissà se della piazza o della rotonda. Stonata com’era non aveva afferrato. Intanto una cornacchia ballonzova sguaiata nel cielo d’un azzurro simile alla bandiera di Pupette. Ogni giorno la sventola per un cavallerizzo amico suo, un poveretto che bazzica tra Roma e Milano, stracotto da spioni sciamani, abachicchi fricchettoni, fattucchieri infiltrati nei capezzoli d’una mamma santona che per stupettare si son venduti pure la nonna. A Mulinella sembrò che la cornacchiona svolacchiante somigliava a un tale stogattato che aveva visto in un fumetto a casa della Nocciolina coperto da segnacci, le parve che tra gli unghioni teneva il povero Rossicino spelacchiato dal forzuto Nerino e gli crocidava che lo teneva stretto cosi insieme potevano ingozzarsi l’adone di Pupette buttando i resti nel fosso del castello in cima al colle e tanto che c’erano potevano incolpare l’ospite che vi soggiornava perchè cricchiava stonato. Il Rossicino intontito dal garbuglio degli sproloqui dell’ingorda annuiva, però non capiva perché s’era bardata con una sciarpa viola, uguale alla stola quaresimale di don Ugetto e non con quella rossa. Poveruomo pensò la Mulinella deliquiava se non capiva che l’insolente se l’era messa per aumentare la iella al cavallerizzo. Il tanto crocidare bilioso della cornacchiosa divenne per Mulinella un tormento peggiore dell’insonnia cronica da farle girare la capa. Tentò di scacciare l’uccellaccia fischiando, per ripicca quella scese rapida e la beccò sulla cosciotta, dal dolore Mulinella urlò con tutto il fiato. Urlò così forte che fece sussultare la terra, sparire la nuvoletta, impietrire la cornacchia e il Rossicino mezzo strozzato, accorrere tutti gli abitanti appresso che stavano spaparacchiati davanti alla tv a lustrarsi gli occhi con gli albergati della D’urso o di Giletti. Infatti, corsero fuori infastiditi, avrebbero perso gli insulti, i rinfacci i bisticci gonfiati ad arte. Al contrario i conservatori furono contenti di avere una scusa per squagliarsela, erano spappolati dallo zapping, giravano come palline i canali illudendosi di trovare un programma stile collegio per rilassarsi giacché erano inibiti litigi furiosi, pareri contrari, idee strane, tutto era pacioso e idilliaco e non faceva saltare i peli dell’inguine. Invece i dimoranti ibridi del paesucolo, intenti a sognare mete esotiche, non sentirono l’urlo scassa timpani e continuarono a dormirsela alla grande. Anche i paurosi rimasero appiccicati alla tv fregandosene degli affari altrui. Così solo i destrini e sinistrini stanziali del paese ancora scossi dall’urlo selvaggio arrivarono sfiatati e mezzo vestiti dove era partito l’urlo. Sulle prime, vedendo la Mulinella immobile in mezzo all’agro del Verdusso reso pantanoso dalla neve sciolta, si ammutolirono pensando al peggio e si fecero il segno della croce in segno di rispetto, la poveretta era di certo andata nel regno dei più cadendo dalla bicicletta, sapevano che era fallata e solo una brocca poteva comprarla. Poi avvicinandosi la videro contorcersi e arzigogolare con le mani sui capelli, tentava di togliersi una tacchetta sfuggita alla cornacchia impietrita, allora si rinfrancarono e l’assalirono di domande. Mulinella frastornata da tutte ste attenzioni insolite girò qua e la i suoi occhioni grigio azzurri, li guardò e li riguardò e poi disse: “che bello paisà essere tutti insieme in paradiso” Si guardarono muti come pesci, poi il piccoletto bruschino esplose: “ma quale paradiso e paradiso, questo è l’agro del Verdusso, sei proprio la solita stonata imballata !!!! Tutti capirono che avevan corso per una delle solite fole visionarie della Mulinella, le aveva da quando il suo bacarozzo era scappato con la bianchetta, inviperiti lasciarono la poverina e la sua bicicletta a terra, pronunciando un sacco di spropositi tornarono a imbottirsi di ciarlanerie davanti alla tv.
Qualche giorno fa, al mio paesello, è passato un ciclone che ha fatto un po’ di cocci. Come succede spesso, le brocche che avevamo messo in bella mostra per abbellir le nostre variopinte aiuole non hanno subito gli stessi danni. Quelle messe ai cantucci, dipinte di rosso, nero e ocra la furia turbinosa, chissà perchè, le ha ridotte in polvere. I proprietari poverini son costretti a ricomprarne una nuova di zecca per non ammattirsi una vita a riappiccicar le briciole. Riunitisi han deciso di andare insieme ad acquistarle. Tirando sul prezzo senza irritare il mercante pensano di concludere un bell’affare portandosi a casa un’anfora vistosa da far invidia ai vicini. Le brocche smaltate d’azzurrino c’abbelliscono la villa più grande del paese, il ciclone le ha sfiorate sbeccando solo il beccuccio. Una vera fortuna. Il proprietario con poco mastice può riappiccicarle e con un destro ritocchino farle sembrare appena sfornate evitando il pericolo d’ustioni cui va soggetto il terracottaio quando dimentica le presine o si distrae guardando le mosche che ronzano. Ad una cinquantina di brocche poste sul piazzale d’una spa multicolore, orgoglio dei soci, il ciclone gli ha dato una bella zaffata. Metà le ha sbriciolate, l’altra metà le ha crepate. Per gli azionisti un vero colpo. Adesso il loro destino è un’incognita legata ad un restaura brocche volubile che non si pronuncia se accetta o no l’incarico. I malcapitati han perso il sonno, temono che se quello ci mette secoli a decidere le anforette diventan cimeli per pochi estimatori. Infine per altri il ciclone è stato un dono della provvidenza, non solo non gli ha rotto le brocche, addirittura le ha riempite di foglietti gratta e vinci dei due tabaccai della piazza. I proprietari girano per il paesello sventagliandoli come un tesoro sottratto ai corsari. Han deciso di metter le brocche all’asta per comprarsi morbide chauffeuse per metterci le chiappe affaticate dalla contesa.
I compaesani che si dilettano di meteorologia però han detto di non stare tranquilli, le nostre anfore sono ancora in pericolo. La coda del ciclone fra qualche giorno scaricherà la sua furia e gli effetti non sono prevedibili tanto che l’han soprannominata refeballottadeum. Chi vuole salvare le brocche rimaste in ballo deve agire in fretta. Ci han suggerito di prendere delle precauzioni, ossia impacchettarle, porle in solide casse e andare a goderci il sole al mare. Quelli costretti a stare a casa per impegni inderogabili almeno mettano le preziose anfore in cantina dove la furia del tifone non arriva riducendole un mucchietto di rossa terracotta. A me son sembrati esagerati perciò non ho deciso quale opzione scegliere, sicuramente deciderò in base all’umore. Se la brocca si rompe mica è la fine del mondo … magari è l’occasione per comprarne un’altra d’un colore che si adatta meglio ai fiori del mio giardino, così la mia vicina russa la smetterà di dirmi che quella che ho a lei non piace.
Sono felice. la mia amica è stata eletta al primo turno. Un vero “miracolo” per il suo partito che ha perso tante guarnigioni e fortini. Sono felice pensando alla sua soddisfazione e ai gugni degli ” amici “ipocriti e scettici. L’aiutino della salvia ha funzionato alla grande. La piantina, giorno dopo giorno, divenuta un vero spettacolo di rigoglio ha portato abbondanza di preferenze scatenando un putiferio di ipotesi sul come una annunciata disfatta si è tramutata in vittoria!!!
Per me il risultato era scontato. Nel profondo ero convinta che il frutto dell’esperienza popolare non avrebbe tradito l’ottimismo e la fiducia che riponevo nei poteri della natura per aiutare un’amica in difficoltà, bersagliata da avversari e, cosa stupefacente, da manovre subdole e scorrette di persone della sua stessa “fede”. Ero certa che i mezzi poco ortodossi applicati mi avrebbero dato un riscontro oggettivo migliore di quelli consueti. Gli insegnamenti di mia nonna non potevano essere fasulli o frutto di fantasia perchè era una donna alquanto concreta, oserei dire materialista, per niente credulona e dedita a pratiche astruse, quindi ciò che mi aveva trasmesso doveva contenere un fondo di verità. Eppoi, la nonna, sempre pronta a rispondere a domande impertinenti o hai mille perchè di noi nipoti in modo semplice e diretto, mai ci aveva mentito ho raccontato frottole per ingraziarsi affetto o carpire l’attenzione, quindi il detto sulla salvia doveva funzionare. Per intenderci, nonna Gemma, non era usa ricorrere a favole e raccontini di carattere astratto e strabiliante, piuttosto ci ripeteva che dovevamo coltivare l’arte del fare, così un giorno eravamo pronti a comandare, (?) delegare, contestare….tantè che il gioco lo considerava un passatempo pericoloso perchè ci poteva abituare all’ozio, quindi ad essere fannulloni. Parole sacrosante, oggi… nessuno di noi appartiene alla categoria nel mirino di Brunetta….ma …allora assai pesanti, mentre i nostri coetanei correvano spensierati noi ragazzi, in base all’età, eravamo impegnati in qualcosa di serio utile all’avvenire…
Essermi ricordata della nonna e della salvia forse non è stato un caso, forse la mia voglia di aiutare sinceramente un’amica, a sua insaputa, ha tirato fuori un lontano vissuto per ricordarmi di non disperdere la saggezza della gente semplice e, di non sottovalutare le vibrazioni dell’energia che si nasconde nella natura che ci ingloba. Soprattutto mi ha fatto riflettere sul perchè tanti giovanissimi vanno a zonzo a commettere stupidaggini, tipo buttar giù sassi da un cavalcavia, ipotecando il loro futuro e mettendo a rischio la vita delle persone. Indirettamente mi ha confermato che quando agisco con tutta l’anima, credo fermamente in quello che faccio ottengo sempre un risultato proficuo, se poi i fini sono altruistici e implicano di mettere a tacere i sentimenti personali, campanilistici e faziosi, vi ricavo linfa rivitalizzante allo spirito e non è poco. Sono doppiamente felice, orgogliosa della mia piantina di salvia e per aver contribuito ad un successo che la mia amica riteneva difficile da raggiungere, ovviamente per la crisi di consensi che sta subendo il PD, invece è realtà. Da oggi farò il possibile per tramandare quella ricchezza di tradizioni popolari che conservo nella memoria, almeno eviterò che vengono ingoiate dal marasma imperante che rigetta forme di credenze ritenute assurde immagini di proiezioni fiabesche, ossia forme irrazionali prive di comprovato fondamento logico originate dalla superstizione e coltivate dall’ignoranza.