Non è tempo di margherite

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Non è tempo di margherite eppur in quel giardino, sfitto di verde e alquanto tristo d’incuria, sono sbucate numerose. Son li, ritte tra fili grigiastri, con il bianco capoccino al sole ancor stinto dai rigori dell’inverno, che mi guardano. Immobili, mi guardano. Non so se impietrite dal gelo o per contegno riverente a qualche spirito celeste che ha concesso loro il privilegio di goder dell’esistenza tra brina e pioggia. Neanche mi è chiaro se son loro a guardarmi impalate fisse o son io invece a fissarle irrigidita dallo stupore. Mentre le osservo mi domando: perché son cresciute e fiorite ancor prima delle primule selvagge,le violette,i narcisi? Han forse in serbo qualche misterioso messaggio di sfida al tempo o son solo uno spuntato involontario parto di un clima contraddittorio? Non c’è così caldo però da giustificare un precoce anticipo sbocciare e nemmeno il tempo è maturo per accoglierle senza scompigliare il naturale criterio del risveglio arboreo. Allora chi o che cosa le ha fatte sbucare, in quel pezzetto di terra afflitta, tra i maceri delle foglie, sterpi e cocci? È stata la forza misteriosa del ventre di madre terra o l’ aggressività vanitosa di mostrar il loro capoccino bianco. Perfino la forsizia ancor spoglia e miserina di pigmento le guarda fisse con un so interrogativo. Un po’ la comprendo. Le parrà d’esser stata frodata perché di solito, in quel pezzetto di prato disordinato per non dire senza un minimo di armonia compositiva, è la prima a creare una macchia d’allegria che risveglia il rosmarino, la siepe di bosso, l’alloro,l’albicocco, la salvia e le rose spinose avvolticchiate da imprecisati arbusti venuti su di prepotenza. É lei la regina ambasciatrice di tepori. È lei a dare il via ai bisbigli delle gemme per farle ricoprire di tenero verde i rami stecchiti dei mandorli, peschi e ciliegi. Più osservo quelle impalate pratoline e più son perplessa. Poi, all’improvviso il sole si fa imperioso, esce dal grigio nuvolaio e mi investe gli occhi. Per un attimo il bagliore mi impedisce di mettere a fuoco ogni visione. Non distinguo più le cose. Solo una grande macchia aranciata veste quanto mi sta intorno. Che sensazione straordinaria di energia e calore! Chiudo gli occhi e lascio che quel sole inaspettato mi riscaldi e metta un po’ di rossore sulle gote. Mentre faccio la lucertola comprendo il perché delle margherite che non è tempo ma ci sono. Ci sono perché vogliono esserci. È una sfida. Un forte desiderio di crescere anche in quel guazzabuglio di piccolissimo terreno che non sa di giardino per mostrare alla vista il bianco capoccino e godersi il tepore del sole, perché anche quando non si vede c’è. Riapro gli occhi e le osservo, non mi sembran più fuori stagione. Anzi, evocano alla memoria che non esiste una condizione esterna ideale per sgelarsi. Sole o non sole uscire dall’impalamento letargico si può sempre. Una margherita volta la corolla aperta, mi ammalia il suo biancore. Sa di candore intrasferibile che nulla può violare. Mi pervade il buon umore. Con semplicità, quelle margherite, tra i fili grigiastri d’un prato cincischiato,  mi han concesso il privilegio di scorrere con gli occhi la magica meraviglia chiusa nell’amare la vita.

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. Amando la vita è sempre tempo di margherite!

Nel salutarvi spero che anche per voi sia così

by dif.