L’ottusità che uccide

Negli occhi di R. Saviano si legge tanta amarezza e tanto dolore. Non un amarezza dovuta alle minacce che lo costringono ad una vita da ” esule” nella sua terra, guardato a vista e senza la possibilità di assaporare il piacere di fare ciò che gli passa per la testa, come sarebbe giusto. Un’amarezza viscerale dovuta allo sconcerto, al non riuscire a giustificare l’atteggiamento dei propri conterranei, specialmente giovani, che vedono in lui un impiccione, uno che ha fatto i soldi “sputtanando” gente che in fondo si fa i propri affari e da lavoro a tanti, giovani che subiscono e si adeguano al contorto modo di pensare del territorio senza la minima voglia di dire basta. E’ un dolore forte quello che gli occhi di Saviano esprimono, stilla da tutta la sua persona, anche se cerca di camuffarlo con dei piccoli gesti irrequieti, un dolore rabbioso dovuto all’incapacità di accettare come i giovani conterranei contestino lui e siano solidali con chi abusa di loro attraverso l’imposizione delle loro leggi, ammazza chi sgarra, rovina chi cerca di sganciarsi dalle loro grinfie. Giovani infastiditi dal fatto che si parli del loro paese, giovani che preferiscono essere gestiti da gente senza scrupoli perchè li ritiene “eroi” che combattono il sistema dello stato causa dei loro mali, quasi fossero vittime e non profittatori senza umanità che hanno costruito i loro imperi economici attraverso l’estorsione, la paura, il terrore, lo sterminio di chi contravviene alle loro regole. Un dolore quello di R. Saviano simile a quello di una madre nel vedere i propri figli intrappolati in una condizione degradante senza volontà di riscatto, senza coraggio, rassegnati e al tempo stesso contenti di condurre un’esistenza  impropria, figli che non prendono coscienza per ammettere la realtà, preferiscono rimanere ciechi e sordi di fronte all’evidenza.

Ammiro Saviano, non tanto per il coraggio di denunciare a quanti sapevano ma facevano finta di non sapere per comodità,  -mi riferisco a certi strati sociali della popolazione, del potere politico locale e non solo,- lo ammiro perchè da ogni cellula del suo corpo traspira un amore profondo per la sua terra e la sua gente, più forte di qualsiasi altro affetto e considerazione, un amore per il quale è pronto al sacrificio pur di vederla libera, unita, critica per ribellarsi ai ” pochi” lottare per riacquistare la dignità in modo da spezzare quelle catene  che da tanto rendono consenzienti a vivere dentro un territorio circoscritto, chiuso da ” malviventi” camuffati da ” salvatori”

Un amore che invita giovani come lui a dissociarsi da coloro che li rendono strumenti di violenza privandoli del bene più prezioso dell’essere umano il LIBERO ARBITRIO. Tanti come me gli sono  vicini, comprendono  la sua rabbia impotente  di fronte all’ottusità e all’ostinazione di ragazzi che si uniscono per conservare un modo di vivere inconcepibile piuttosto che aggregarsi per combattere lo strapotere che li condanna a vincoli che strozzano qualsiasi libera idea.

Voglio dirgli grazie, spero che i suoi occhi un giorno  siano pieni di luce, vorrà dire che qualcuno avrà afferrato il suo messaggio.