L’isola dei f …

A volte capita che anche a guardare un reality ci ricavi un “insegnamento” utile alla convivenza nel mondo reale! È proprio il caso, per quanto successo nella puntata di lunedì, a #l’isola dei famosi. Famosi? Mi pare troppo!!! A parte Simona Ventura di autentico famoso sull’isola non c’è proprio nessun altro. Semmai c’è qualche notarello di provenienza variegata, tipo programmi soapinciucianti, schooltalentuosi, cuor intronettanti, quizzisti giocherelli, o per nomea genitoriale ma nessuno ha una notorietà paragonabile a quella della Ventura. È SuperSimo la punta di diamante illustre nel reality isolano ecuadoregno! Tutti gli altri sono una composito di anonimi sbracciatori di tettinchie, lati b, pencoli inguinali, muscolitartarugati, lingueviperaie e ovvietà paracule in cerca di visibilità. Ma, proprio per questa sua indiscussa celebrità, conquistata sul campo in 30 anni di carriera che la rende regina dei partecipanti, la Simo è finita nel mirino della misconosciuta frotta spiaggiata sull’ isola di fetenzia . Così la definisco. Mi pare più appropiato a una fetenzia palese e occulta che già dalla prima puntata ha mirato ad assestargli un colpo mortale. Che tutti, a parte qualche eccezione, mirassero a far fuori la Simo era prevedibile, che  pure la conduttrice, col suo modo furbastro dell’infiorettare e dell’incensare al contrario, talpeggiasse per togliersela dai piedi… non lo era affatto.  Malgrado i sorrisini, gli incitamenti, gli aggettivi superlativi, le paroline caramellose di convenienza, si percepisce chiaramente un non so che di artificioso, un costruito ad hoc da far apparire Simona dittatrice, dominatrice e manipolatora in modo da aizzare e scatenare contro di lei un putiferio di reazioni, alcune veramente abominevoli. Tanto accanimento forse è una strategia della produzione per alzare lo share? Si sa che in questi tempi complicati le liti furibonde e le strappalacrime attizzano l’ascolto più dei conviviali paciosi.  Tuttavia, dai mari isolani spunta un ciarlare che puzza più d’un pesce morto. C’è un qualcosa di gonfiato denigratorio che boccaccia la resistenza della Ventura agli assalti, pericolandole un imparziale percorso di partecipante nel reality. Ovvio che in tale programma ci sta che i concorrenti ricorrano anche a mezzucci poco edificanti per eliminare i rivali forti, che spropositi e sproloqui balzino fuori dai carnet per la gioia di fans intrighini, che ognuno usi e abusi di lacrimucce, ipocrisie e telecamere per accattivarsi simpatie pro pietosi televoti, per arrivare all’impallinamento dei competitors. Quello che non è per nulla ovvio e non ci sta è l’occulto menzognero. Anzi è inammissibile. In questo e in ogni altro programma televisivo, che si arrivi ad attaccare una partecipante per offendere in modo grave la persona, si giunga a dire velenosità mascherate da un pour parler interrogativo per sobillare al dubbio, per indirizzare il pubblico a dubitare della sincerità, dell’onestà di una persona..beh…è …. Soprattutto è indegno che qualcuno si erga a giudice soggettivo di una personaproclamando verdetti insinuanti comportamenti scorretti nella sua vita, specialmente senza avere una minimissima oggettività provante e  sia rivale per la vittoria. E, guarda il caso… è proprio la Ventura a subire una sentenza pesante senza che a chi la pronuncia sia sollecitata almeno un formale: scusa Simona.  Difatti, a nessuno è sfuggita l’affermazione gravissima di una concorrente, giovane di età, ma vecchia per malignità di lingua: “Non sono certa che la Ventura sia una brava persona nella vita reale”. Asserzione gratuita e quanto mai spregevole su qualunque bocca ma fuoruscita da quella di una giovane ragazzotta, riconoscibile solo per interposta notorietà, è veramente sconcertante. Come le è spuntata dal cervello una simile frase? C’è proprio da domandarsi se è scaturita da un modo di pensare insito, un metro valutativo per vissuto personale, da mire atte a scalfire l’onorabilità della Ventura per boicottarla e farla cacciare dall’isola, per incoscienza o per malaccorta strategia di farsi notare, perché, se è frutto di sue deduzioni allora….  è veramente grave! E lei, è una brava persona nella vita reale? Può dimostrare concretamente di poter dire una roba simile perché è migliore, più onesta e perbene della Simona ? Mi guardo bene dal dare una risposta ai miei interrogativi. Non conosco la ragazza. Bensì, da quello che è venuto fuori dai vari spezzoni messi in onda… una idea.. ce l’ho. Mi pare proprio che l’incoscienza giovanile centri poco, invece c’entra molto una scelta. Sebbene non so quanto strategica e spontanea, quanto dovuta a un astio viperino covato con molti stratagemmi, una antipatia generazionale, un malanimo verso Simona, esagerato e fuori luogo anche in un reality,  è una scelta intenzionale  finalizzata  a  metterla in cattiva luce per sbarazzarsene a tutti i costi.  Da ciò che ho appreso nei daytime  l’accusanda di falsità e complotti della Ventura mi pare che è la vera falsa e complottista dell’isola fetenzia. Che è una celata manipolista antiSimona, che con succubi aspiranti alla fama al seguito, ha fatto e fa di tutto per apparire sua vittima. L’ascoltare mi è stato esplicativo di come senza un minimo ritegno sa intrappolare i vari concorrenti dell’isola di fetenzia nella sua campagna antiSimona! Tant’è che pure una bonacciona, quanto imbarazzata, fanciulla dell’isola ha dovuto precisare che le era amica fedele, ma non voleva più parlare con lei di Simona. Insomma gira che tirigira i detti e i fatti isolani, fra sorrisini, strattagemmi e verità manipolate, lunedì scorso, alla SuperSimo è stata data una stoccata mortale che con “gracia” l’ha mandata nel tritatoio della nomination. Il fatto di per se sarebbe normale se non fosse per il suggerimento che ho colto, dato al leader settimanale, di mandarla all’altro mondo e l’appaiamento, a un televoto, con un ragazzotto insignificante d’aspetto quanto ignoto ma che pare, in virtù d’un “segreto” goda di chissà quali poteri da far defungere la vera famosa ingaggiata dal biscione, lasciando nell’isola campo libero a una frottiglia di smortaccini infamosi. Una fetenzia. Una grande fetenzia! Però ci ho ricavato un insegnamento utile: “mai pensare che ciò che ti sei conquistata con fatica e onore ti renda invulnerabile all’invidia, alla cattiveria, alla insulsaggine mentale, a una mortifera macchinazione velata da sorrisi trasbordanti e parolone di elogio al coraggio. Ci ho ricavato che il mettersi in gioco con la propria faccia e il proprio glorioso curriculum è da evitare perchè è un trabocchetto per farti cadere nel pozzo nero. Mentre il mettersi in gioco con una maschera e un curriculum straccivendolo è una pedana per farti orbitare senza un merito comprensibile. Seppoi perdi l’orbita e finisci spiaccicato chissenefrega, l’audience è salvo e fino alla prossima puntata a playa Uva dell’#isola fetenzia il caos falsino procede. Naturalmente quasi tutto volto a svalutare La SuperSimo! Perché è ingombrante e oscura l’altrui visibilità, perché è se stessa e non si nasconde dietro il paravento dell’accattivante autocommiserazione, o perché è star di classe e si ha paura ? Credo perché è super! Infatti anche se è rimasta assai colpita dai veleni sputatogli addosso ha dimostrato di saperli incastonare nella sua corona con una aplomb invidiabile! Altri avrebbero cercato di farne un boomerang da rispedire ai mittenti e magari intenerire il pubblico più ingenuo.

Riusciranno gli “abitanti” di  fetenzia a buttare giù dalla vetta scogliera  la vera gagliarda the Quinn dell’isola ecuadoregna? Spero di no sennò sarà noia soporifera!

In ogni caso, molti dei spiaggiati di fetenzie sono e resteranno meteore. Mentre La Simona è, resta, e resterà l’intrepida lady popular. La sua è una notorietà da albo d’oro delle stelle televisive. Altro che passeggero reality…infestato da viperette, pinelle e strane compiacenze. 

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Forza Simo,

meriti di restare fino all’ultimo solo per il coraggio di andare sull’isola, che per anni hai magnificamente condotto e portato alla ribalta,  da concorrente!

by dif

Auguro a tutti una S. Pasqua speciale

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La Resurrezione di Cristo non è mai stato un giorno qualunque nella mia vita ma sempre specialissimo e di grande riflessione. Sarà per l’atmosfera più pacifica del solito, sarà per l’eccitazione di usi e tradizioni, sarà per quello scampanio festoso che m’accoglie al risveglio, ma è un giorno che mi fa ritrovare quella parte di spiritualità confusa dalle vicissitudini. Avviene in me una specie di “ritorno alla vita”che mi riallinea sui sentieri della fede dove posso dialogare con l’Infinito,  trovare nel silenzio risposte ai perché delle incongruenze umane, accettare senza troppe ribellioni le sofferenze. È come una terapia d’urto che prima  sconquassa il mio ego, per toglierle gli orpelli che l’inchiodano a una quotidianità ripetitiva e incompatibile alle esigenze delle aspirazioni animiche, quelle che soffoco e durante il via vai quotidiano non ascolto e a volte per comodo rinnego. Poi, mi ricompone e mi apre verso orizzonti nuovi, in cui posso trovare nuove sfide e nuove “verità” per affrontare e vivere la normalità terrena, emozionarmi e trasformare il vedere e l’agire in proficua empatia con gli altri. Forse ciò che la S. Pasqua produce in me non sarà proprio in perfetta sintonia col messaggio di Salvezza del Cristo, tuttavia credo che ciò che mi profude nell’animo è ciò che a me serve per migliorarmi e essere utile agli altri.

Confido nel Cristo Risorto, e visto come vanno oggigiorno le cose nel mondo, quindi spero che Lui saprà portare in ogni cuore che l’accoglie amore e gioia togliendogli odi, rancori, contrapposizioni, aberrazioni idealistiche, pessimismi e paure. Spero fervidamente che a chiunque e in qualunque parte del globo doni saggezza, slancio rinnovativo e energia per combattere morte e ingiustizie. Soprattutto spero che pacifichi gli animi tormentati, sollevi lo spirito ai sofferenti, dia vigore ai deboli. Tolga la croce a tutti coloro che per iniquità umane non ce la fanno più a portarla. Insieme a Lui faccia Risorgere quell’umanità opaca, distratta, serrata dal proprio egoismo, chiusa alla solidarietà, all’ascolto e alla misericordia,  ingenerosa e assente ai valori altruistici.

Auguro a tutti una S. Pasqua speciale, di risveglio e concordanza con se stessi e gli altri, di cammino nella vita libero da ogni tipo di  angoscia e sfiducia nei propri mezzi, pieno di entusiasmo, sorriso e  tolleranza all’imperfezione umana.

 Ovunque sia un giorno festoso, di amicizia e di letizia.

Agli amici un augurissimo affettuoso.

Dif

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Le foto le ho scattate a Gerusalemme

Quanti morti ci vogliono

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Ci risiamo. Ma quanti morti ci vogliono per farli svegliare? Parole, supposizioni, analisi, proclami a bizzeffe. Fatti concreti? Zero assoluto! Questi vecchi ostinati individualisti, sterili di idee e di contenuti compartecipi, ripiegati come fogli scoloriti sul proprio tornaconto, imbottiti di centralismo finanziario e assurde attenzioni a dettagli furbeschi inutili alla società, se non si danno una svegliata tempestiva, sono un pericolo fatale al nostro futuro. Se continuano con la solita zolfa del dire tanto e concludere poco o niente, se rimangono chiusi ermeticamente nei propri armadi di convinzioni antiquate e anche molto, molto egemoniche, cattedratiche e escludenti non riusciranno a comprendere fino in fondo il perché i loro “ figli” ammazzino altri loro figli. Ne il perché si armano e si fanno esplodere con assoluta impassibilità rivelando una indifferenza allucinante del valore della vita propria e altrui. O il perché i “loro figli” finiscono nelle fauci di qualche imbonitore psicologico che da vicino o lontano li manipola al punto da farli diventare distruttori di nazioni, culture, valori liberali. Gli entra o no nella zucca che se non capiscono le cause scatenanti della insofferenza dei tanti “figli” aderenti a seminare panico e morte, a votarsi a morire e far morire, non sconfiggeranno neanche il moscerino che gli ballonzola sul naso. Che Terrore e terrorismo, islamista o pseudo tale prolificherà, e come gramigna ci ridurrà una globale erbacea poltiglia  se non scoprono chi e perché muove come burattini “alcuni figli”. L’hanno compreso gli stracotti burocrati dei maneggi-conteggi che se tutti insieme non si battono il petto con un mea culpa mea culpa per dare una virata di rotta, i mostriciattoli assassini che, ormai quasi a frequenza giornaliera escono dal ventre delle nostre deteriorate società, materializzeranno a tutti noi un lungo periodo di precariato quotidiano e, ben che vada sera e mattino ci comporteremo solo da fortunati sopravvissuti. L’hanno compreso che tutti gli stragisti violentatori della nostra libertà, delle nostre abitudini e delle nostre certezze democratiche pasciono beati nelle budella di una collettività monotona,ingrassano nella cretineria paladina del vuoto assoluto, sguazzano nel mare del disconoscimento di un modello di civiltà atrofizzato, espropriato di valori umani. L’hanno capito che questi figli detonanti su strade, piazze, aeroporti, stadi li hanno lasciati crogiolare nell’ozio della disoccupazione, li hanno massacrati con false speranze di annessione a una organizzazione sociale equa, li hanno parcheggiati in ghetti e quartieri privi di ogni diritto alla dignità, abbandonati a una sorte negletta, quanto mai nutrice di smarrimento e profondo allontanamento da valori etici comunitari. L’hanno compreso oppure, orrore dopo orrore, sangue dopo sangue, lacrime dopo lacrime, i capoccioni ottusati dal potere ci costringeranno ad assistere inerti allo sfacelo della sicurezza collettiva. Alla luce dei vecchi e nuovi accaduti terroristici e stando a quanto sparlottano,  razionalmente credo che ancora sono distanti. Quindi non mi accodo a sbracciare la mia impotente rabbia qui o là, preferisco pregare per le vittime e riflettere su un pensiero: “ la violenza è la levatrice di ogni vecchia società, gravida di una nuova società”. Mi pare illuminante più dei loro ceri! Anzi, penso che tutti dovremmo rifletterci su. Non perché è pensiero di ideologia marxista  perché esprime in parole la realtà. Una inconfutabile tristissima realtà di violenza che sta terrorizzando il mondo. Quindi, stavolta non manifesto solidarietà con un addolorato Je suisse…A un sistema logoro e moribondo urge ben altro che un debole corale sdegno o quattro chiacchiere salottiere di conformista circostanza. Per arginare una deviazione di valori singoli e comunitari, smantellare occulti proselitismi, urge meditare sugli abbagli di salvaguardia del nulla. Urge scovare le falle e i difetti. Identificare modi e appeal con cui abusivi ideologi di futuro collettivo comprano nel presente teste e vite “di figli”, li eccitano alla follia devastante, istigano a immolare e immolarsi scioccando democrazie e inchiodando il quotidiano vivere globale. Insomma per tutelare la nostra sicurezza urge linfa nuova con idee e contenuti rivitalizzanti. Servono persone capaci di cogliere quei fermenti sotterranei di “figli” disgustati del se e degli altri, che non si perdono in ovvietà “partorendo” per abili malfattori del persuadere figli da reclutare per ribaltare libertà culturali, trasformare popoli  in un ammasso di sgomenti megalitici  becchini .

by dif

 megalitici

E dire che in un  post di febbraio 2011 scrissi  che dovevano svegliarsi.

Non lo fecero. Lo faranno?

Dovranno!!!

Le “Palme” .

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Nel calendario liturgico, oggi, è la Domenica “de Passione Domine” più nota come ” Domenica delle Palme”. Tantissimi i riti celebrativi con processioni, benedizione di rametti di olivo,  palme intrecciate e ricostruzioni storiche del simbolismo in essa contenuto.

Con questa Domenica, perchì ha fede in Cristo, giunge quasi a conclusione il periodo quaresimale, iniziato con il Mercoledì delle Ceneri e che per cinque liturgie ha preparato, agli eventi drammatici della Settimana Santa, con riflessioni sui fatti dolorosi subiti, nell’ultima settimana passata su questa terra, dal Salvatore del mondo. Riflessioni e meditazioni però sempre improntate a speranza e certezza della Risurrezione di Cristo e della vittoria della vita sulla morte. Quindi è una festività importante per i credenti cattolici ma anche per ortodossi e protestanti. Storicamente, con solenne celebrazione, nella Domenica delle Palme si ricorda l’ arrivo di Gesù, in sella a un asinello, a Gerusalemme,  giorno in cui venne accolto trionfalmente da una folla osannante che lo esaltava e salutava festosamente, agitando rami di palme e olivo. La stessa folla che pochi giorni dopo lo avrebbe tradito, rinnegato e fatto crocifiggere! Si sa che secondo le scritture così doveva essere e che Gesù era stato mandato dal Padre per la salvezza umana. Tuttavia, quando ci rifletto, questo episodio della vita di Cristo mi fa sempre specie. Perché? Beh.. perché è veramente triste rendersi conto come rispecchia una realtà umana, quella in cui in un attimo tutti sian pronti a onorarti e portarti in trionfo e un attimo dopo, gli stessi, per dabbenaggine, invidia, assurdità pretestuose son pronti a spellarti! Pertanto, è inutile meravigliarsi se l’amore, il sacrificio totale, la dedizione verso il prossimo, oggi come ieri, spesso per non dire sempre, viene ricambiato con la falsità, l’odio, l’ingordigia egoista, il martirio, l’immolazione. Cristo insegna!!! Vero è che l’umano è imperfetto ma pure vero è che gli torna comodo rimanerlo per autoscusarsi. Comunque, nel cuore della gente, di ogni razza e condizione, c’è sempre una ricerca di pace e salvezza. Anche quando si fa la guerra, ogni essere umano parte dal presupposto che la fa per conquistare la pace e la tranquillità e non per altro. Per questo, nella contraddizione umana, la Domenica delle Palme è una festività molto sentita e oggi è raro che chi è credente non si rechi in chiesa, non fossaltro per portarsi a casa un piccolo rametto di olivo benedetto, da tenere fra le pareti domestiche in segno scaramantico, come augurio che vi regni pace e serenità per se, gli amici, tutta la famiglia.

Nei miei ricordi, questa festività occupa un posto importante, sia come devozione di fede, di una settimana da vivere all’insegna della partecipazione attiva ai riti sacri, legati alla morte e resurrezione di Gesù; sia come tradizioni con tutta una serie di preparativi attinenti allo spirito della Santa Pasqua ma dal sapore un po’ più laico, che nella mia famiglia, avevano e hanno un significato di profonda osservanza di gestualità partecipativa a usanze che, nel loro gusto feticcio profano, simbolicamente tendono a esaltare il significato sacrale cioè: accogliere poi con tutti gli onori, la gioia e la convinzione di fede, il Cristo Risorto.

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                                Buona domenica delle palme amici e passanti!
                                                                     bydif

…..

.in alto: ingresso di Gesù di Duccio da Boninsegna

in basso: foto scattata nell’orto degli ulivi a Gerusalemme

Caro Papà

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Caro papà, un tempo oggi era la tua festa,

e noi figlie correvamo a te con un pensierino

fatto con le nostre mani, insieme alla maestra.

A noi bambini non importava quanto fosse bello

perfetto e originale, importava farlo giocando

e pasticciando in allegria con i nostri compagni

per poterti dire:

ecco papà, noi ci siamo e ti amiamo.

Con tutto il cuore ti ringraziamo

di essere il nostro papà

premuroso, affettuoso, sincero.

Sempre presente al nostro occorrere,

sempre attento alla nostra educazione,

sempre equilibrato nel rimproverare sghiribizzi e capricci,

regalare con entusiasmo  approvazione.

Con un bigliettino, un disegno, o un gingillo

correvamo a te con il viso raggiante di  amore e orgoglio

per abbracciarti e farti sentire il nostro calore di figlie.

Era bello papà

vederti sorridere con negli occhi la sorpresa

e un tantino d’imbarazzo dovuto alla tua riservatezza.

Era bello guardarti con quanta attenzione leggevi

i pensierini, rimiravi i nostri imperfetti oggettini,

e poi ridere insieme come fossimo tutti bambini

sentire la tua carezza sfiorarci il viso,

annusare il profumo di mani indurite dal lavoro.

Era bello fare festa papà allora!

Oggi ho una grande confusione in testa.

Dicono papà che non dovremmo festeggiarti,

crea discriminazione, io non capisco

a chi papà

festeggiandoti per ringraziarti di esserci

e di averci dato la vita

facciamo un torto o produciamo una divisione.

Tutti abbiamo un papà

o qualcuno non ce l’ha?

Mi gira la testa papà mentre mi arrovello a pensà:

come han fatto a nascere i bambini che sento vociare nel vicolo 

se non c’è un seme di papà?

Spiegamelo tu papà  che sei nel luogo di verità!

Fammi questo favore, per togliermi dalla confusione.

Sarò diventata tarda di mente con l’adulta età o

son finita sul pianeta dell’assurdo ma io

non comprendo papà, i negazionisti educatori

di una festa tanto amena per un figlio e una figlia.

Per favore fammi capire perché vogliono togliermi il nome papà

dal mio cuore,

farti diventare un indistinguo individuo genitore.

Lo so da sempre che sei mio genitore e

insieme alla mamma formiamo una famiglia

se sia colorata o neutra non lo so e non mi domando

perché

non cambia quello che so.

So che papà è una parola dolce, insostituibile

alla mia mente e al mio cuore.

Pronunciarla dona una certezza di tenerezza che viene dall’amore;

scriverla diffonde un profumo inesauribile che inonda le giornate di calore;

guardarla in viso riempe di un piacere rasserenante ineguagliabile.

Papà,

per me, ha un sapore buono di onesto lavoratore,

di insegnamento, di volontà, di sacrificio, di sofferenza,

di appartenenza, di legame indissolubile al tempo e alle scelleratezze umane.

Toglierlo dalla bocca di un bambino è estirpargli l’essenza della vita,

rimuoverlo dal cuore di un adulto è distruggetegli le origini identitarie.

Papà. Sei e resti papà. Nessuno ha il diritto di cancellarti.

Non sei tu che discrimini, dividi, confondi.

È la grande stupidità umana che in tutti i modi nega l’innegabile.

Ti usa e abusa per egoismo, per disconoscere i valori protettivi,

per spersonalizzare la società, riducendola un ammasso informe,

aspecifico di contenuti che armonizzano il creato.

Ti guardo papà. La foto è un po’ scolorita ma il tuo sorriso no.

Quello è vivo, carico di infiniti momenti navigati insieme,

che hanno fatto e fanno la nostra storia di papà e figlia,

oggi proseguono in dimensioni diverse ma sono altrettanto belli,

pieni di affetto, riconoscenza, significati di radici inestirpabili.

Guardarti, papà mi trasmette una gioia immensa.

Sento la tua mano stringere la mia con la stessa intensità di quand’ero bambina,

con lo sguardo darmi fiducia e sicurezza,

con la parola infondermi vicinanza spirituale in ogni frangente.

Nessuno ha il diritto di togliermi dalla bocca, dalla genesi, dalla mia storia

umana la paroletta papà.

É una violenza assurda, menzognera, culturalmente imbecille.

Gli “educatori” farciti di finta umanità antidiscriminatoria, di teorie ugualitarie,

pusillanimi e diseducativi violentatori delle origini della vita di un bambino

che vadano a farsi friggere nel crogiolo del qualunquismo creativo.

Vogliono abolire la festa del papà? e chissene frega.

Che “ammazzino” ripudino, cancellino il loro papà.

Io me lo tengo, lo coccolo, lo onoro

e se anche lo abbraccio con l’anima, oggi lo festeggio,

lo festeggio come continuità di una stirpe, di una cultura, di un valore saggio

di discendenza di sangue identificabile.

Nel bene e nel male, tu sei il mio papà e resti papà.

Io e mia sorella, siamo e restiamo per sempre tue figlie.

Un grazie amorevole papà e

tantissimi auguri di celestiali delizie.

Tua figlia generata, alla quale hai dato un volto, un nome,

un grandissimo enorme affetto

dedicato tempo, fatica intelletto.

trasmesso rispetto, sacralità della vita,

consolato in avverse occasioni esistenziali,

insegnato a difendere diritti e valori comunitari

e

fossanche non ti avessi mai potuto vederti e corporeamente conoscerti

a mai  rinnegare il nome papà

per un ideale fasullo di umano progresso.

festa

Dif

Voglio dire grazie a …

“giornata della donna”.

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“giornata internazionale  della donna”.

Non starò a dissertare con mie opinioni su questa “giornata” dedicata alla donna. Tanto, nella realtà, all’indomani della giornata-festa, alla donna, purtroppo resterà solo il profumo delle mimose e qualche stucchevole “chiacchiera” celebrativa. Infatti, in più di un secolo, poco ha fruttato alla donna in termini di riconoscimenti, dignità umana e pari condizioni di diritti, in nessuna società. Nemmeno in quella che si definisce, evoluta, democratica e civile. Anzi, in certi casi, le ha pure peggiorate. Piuttosto voglio dire grazie tutte quei milioni di donne senza rinomanza che in silenzio, senza chiedere nulla in cambio, in ogni angolo, anche il più sperduto e sconosciuto  si prodigano, si sacrificano e donano indiscriminatamente intelligenza, braccia e cuore per rendere migliore la permanenza agli esseri  di questo variegato pianeta umano. Voglio dire grazie a tutte quei milioni di donne che non mollano mai la speranza, il sorriso, la gentilezza, l’entusiasmo. Voglio dire grazie a tutte quei milioni di donne che sanno ascoltare con tolleranza, dialogare con giustizia, donare tempo e esperienza con gioia, battersi contro ricatti, ipocrisie e soprusi con estrema coscienza, essere stoiche nel pericolo, perdonare senza condannare, essere libere senza perdere rispettabilità, obiettività, essenza femminile. Grazie, milioni di donne amiche, colleghe, sorelle in sangue e spirito del vostro invisibile sostegno morale. È attraverso il vostro altruismo, ingegno e coraggioso impegno quotidiano che il vivere, su questo pianeta da donna, mi appare un miracolo. A tutte voi  dedico questo sonetto di W. Shakespeare:

Dovrò paragonarti ad una giornata estiva?

Tu sei incantevole e mite:

cari bocci scossi da vento eversivo

e il nolo estivo presto è consumato.

L’occhio del cielo è spesso troppo caldo

e la sua faccia sovente s’oscura,

e il Bello al Bello non è sempre saldo,

per caso o per corso della natura.

Ma la tua eterna Estate mai svanirà,

nè perderai la bellezza ch’ora hai,

né la Morte di averti si vanterà

quando in questi versi eterni crescerai.

Finché uomo respira o occhio vedrà,

fin lì vive Poesia che vita a te dà.

.

Credo che in questi versi di Shakespeare c’è quel qualcosa di singolarità che va oltre le solite melense ossequiose da riservare alle donne!

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Felicissimo 8 marzo a tutte le mie simili e pure ai miei contrari perchè  spero sappiamo cogliere quello che noi donne ci aspettiamo , cioè egualitari diritti senza favoritismi.

Bydif

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..Per la cronaca: i sonetti furono pubblicati nel 1609, in tutto sono 154. è un enigma a chi furono dedicati. In molti dicono che 116 a un amico i restanti all’amata. Io ho scelto il 18 simo, perché credo che la poetica di Shakespeare esprime ben aldilà di quanto uno vi ravvisa. Poichè la traduzione potrebbe discostarsi un tantino metto anche il testo del sonetto in inglese:

Shall I compare thee to a summer’s day? Thou art more lovely and more temperate: Rough winds do shake the darling buds of May, And summer’s lease hath all too short a date:Sometime too hot the eye of heaven shines,And often is his gold complexion dimm’d; And every fair from fair sometime declines, By chance or nature’s changing course untrimm’d; But thy eternal summer shall not fade Nor lose possession of that fair thou owest; Nor shall Death brag thou wander’st in his shade,When in eternal lines to time thou growest: So long as men can breathe or eyes can see,So long lives this and this gives life to thee. W. S.

 

 

 

 

Un gioioso aggregato policromo.

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Quando penso all’arcobaleno, subito mi balza in mente uno spettacolo della natura affascinante i cui coloratissimi attori, sono messaggeri di luce, bellezza e speranza. Se poi, dopo una tempesta burrascosa, mi capita la fortuna di vederlo sbucare all’improvviso in cielo, la vista mi scatena così tante sensazioni che resto a guardarlo come se fosse una visione paranormale, che so di un angelo, della Madonna o d’una divinità iridescente dai poteri resurtivi. So bene che l’apparir dell’arcobaleno è dovuto a un fenomeno ottico e non a un “miracolo” Tuttavia quei sette colori, che magicamente si stagliano ad arco, sempre e comunque mi suscitano fantasticherie belle, gioiose, corroboranti. Mi par quasi che con il loro cromatismo che si compenetra, delicatamente sfuma e riemerge mutato, siano annunciatori di presagi benefici,di attese a lungo covate che presto si faranno realtà. Si faranno realtà non per sola tua volontà fattibile, anche per quella invisibile a cui saldamente sei agganciata in fiducia. Seppoi il mio occhio ne recepisce più d’uno, nitidi e compiuti, come è già capitato, in gita sulle Alpi ne ho visti 3, in Portogallo ne ho avvistati ben 4 di questi fenomeni rarissimi, beh…l’incanto che assaporo e la marea sensitiva che immagazzino è roba da farmi stare imbambolata per una settimana! Comprendo che a qualcuno parrà una baggiana emotiva ma ci sono sensazioni che non controlli con la logica, t’investono a valanga e magneticamente agiscono sui tuoi riflessi razionali. D’altro canto succede la stessa cosa in un innamoramento fulmineo. In un istante sei “cotto”. Non sai perché, sai solo che appena t’è apparsa/o t’ha completamente conquistato in ogni poro della pelle. Certo, è pazzesco ritrovarsi eccitati e infiammati da perdere la bussola in un nano secondo. Però succede e l’imbambolamento a volte dura anche più d’una settimana. A ben considerare, i due “fenomeni” non sono poi così estranei. Emozionarsi alla percezione di un arcobaleno o a quella di un uomo o una donna, è la stessa cosa. In entrambi i casi il turbamento parte da uno “spettacolo” visivo straordinario che ti cattura l’occhio e ti scatena l’immaginazione. Irresistibilmente capti oltre l’apparenza quel qualcosa che attrae, stupisce, avvince e vivifica. Unica differenza: l’arcobaleno lo “catturi”, se riesci solo con un flash, poi si dissolve nell’etere; l’altro,lo catturi con le tue sembianze, se ti riesce lo vivi realmente, diversamente ignoto/a svanisce nel nulla.

Per tornare all’arcobaleno, non è poi strano se quando appare più o meno tutti alziamo affascinati lo sguardo. Ci sono fotografi che girano il mondo per poterlo immortalare. Non so se perché maniaci del riprendere o sognatori. Evidente che in quel multicolore arco c’è una ragione tale da fargli affrontare ogni sorta di sfida pur di eternarlo in uno scatto. Ciononostante, mi piace pensare che sia per l’ispirazione ammaliatrice di un “soggetto” che non sai se si presenta davanti all’obbiettivo, sai esclusivamente che se si esibisce è suggestivo, ti regala sensazioni eccezionali dacché mai l’uno che cogli sarà uguale a un altro, mai l’habitat in cui si manifesta sarà identico. Un po’ di quello che nel tempo ha stupefatto, a volte impressionato, altre terrorizzato, suggerito profezie, ispirato tante leggende. Non v’è cultura infatti che non abbia una narrazione su questa policroma meraviglia che appare e scompare in cielo. Per i cinesi era una fessura nel cielo sigillata da una divinità con pietre di sette colori diversi, mentre per i greci era il sentiero del messaggero degli Dei inviato agli uomini. Per i vichinghi e certi indiani d’America, un ponte che collegava la dimora eterea degli dei a quella terrestre degli uomini, invece per gli indù l’arco di Indra, dio del fulmine e tuono. Per gli irlandesi i suoi colori erano folletti e l’origine il punto di un tesoro nascosto, un pentolone colmo d’oro, mentre per gli aborigeni australiani era un serpente in cerca di antenati che irato dal buio sospirò così forte da far sgorgare acqua che si trasformò in arcobaleno. in Genesi è l’ arco iridato inviato dopo il diluvio a sigillo del patto tra Dio e l’umanità, laddove per il buddhismo tibetano tout court è un concetto importante od lus, un “corpo di luce”. Più terra a terra c’è la credenza che se un bambino passa sotto un arcobaleno cambia sesso, mentre la prevalenza di un colore è un indizio rivelatore di presagi benefici: rosso, buona annata di vino; giallo, frumento in abbondanza; verde quantità eccezionale di olive e olio;arancio,aumento di denaro; blu, pesca feconda; indaco, buona salute; violetto contatto spirituale. Ma se per 40 anni un arcobaleno non compare la fine del mondo è vicina. Ovviamente le convinzioni più antiche dovute all’inspiegabilità del suo apparire, le recenti all’inscindibile  rapporto fra essere e natura.

Ultimamente si avvista spesso l’arcobaleno,  non come fenomeno naturale di bellezza sorprendente, ma come simbolismo cromatico accomunato al “diverso” e assunto, universalmente da certi gruppi, tipo LGBT ovvero “ le persone arcobaleno”. Questo accostamento mi ha fatto molto riflettere per la metafora che vi colgo, o se vogliamo un certo parallelismo. Mi son detta, l’arcobaleno non è altro che la scomposizione della luce, cioè riusciamo a vedere la luce com’è quando trova una barriera che interrompe la sua velocità di molto superiore a quella della nostra vista. Dunque se il nostro occhio avesse la stessa velocità capterebbe non una luce bianca ma sempre quella arcobalenata. In definitiva, eguagliando la velocità, cielo stabilmente iridescente. Un arcobaleno a vita però perderebbe tutta la sua magia, non sarebbe più una attrazione straordinaria ma una normalità. Quindi…quindi anche se “scomponiamo” l’umanità perdiamo una magia, l’eccezionale diventa il normale? E poi? Cosa succede. Conviviamo nella diversità “cromatica” o diventiamo un agglomerato “bianco” anodino? Non ho trovato una risposta precisa. L’illusorio è una visione soggettiva, varia da pensiero a pensiero, da vista a vista, talvolta anche da scienza a scienza. Comunque, ribaltando il concetto, se conosco il “fenomeno visivo” abbatto credenze, di conseguenza non subisco il panico dell’apparenza. Ergo, se conosco il diverso non mi spavento. In fondo la conoscenza è la base dell’evoluzione di una civiltà! Credo di aver trovato un buon senso al simbolismo del differente. Mi aiuterà a “vedere” le persone in una luce a velocità rallentata. Benchè, c’è una profezia dei Red Sticks War – i bastoni rossi- cioè i Nativi Americani Creek, o Muskogee, che dice “ quando il mondo sarà malato e morente la gente si alzerà come guerrieri dell’arcobaleno”. Con tutti i cimenti imperversanti degli arcobaleni, mi incute un po’ d’ansia. Ma no!!! Che vado mai a pensare. Quell’arco luminoso che segue i temporali è talmente incantevole che può profetizzare solo un gioioso aggregato policromo. Tant’è che a volte si mostra rovesciato, come un enorme smaile. Un sorriso tracciato dall’artista del cielo per rallegrare e rassicurare la terra e i suoi abitanti che tutto ha una  ragione. Anche un arcobaleno. 

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   Coloratissimo week end!

                                                                       bydif

Da sbullonarsi i denti!

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Mai come ai nostri tempi l’arte culinaria è stata dispensatrice di gusti, raffinatezze, segreti cucino-operativi tanto che non c’è un angolo libero, in cui spaziare con la fantasia gastronomica, senza subirne ossessive aggressioni. Ovunque lo sguardo posi, immagini appetitose ti circuiscono stomaco e cervello da farti venire la prudarella gustativa, così angustiosa da ridurti uno stufatino stracotto che ti spedisce digiuna a grattinare sul primo divano che incespichi. Se il baillamericettario, troneggiante su riviste, pagine web, canali tv, non basta a tener desto il tuo interesse masticatorio giornaliero, ci pensa una montagna di pubblicità cartacea. A tutte l’ore trasborda dalla cassetta postale che, quando la svuoti, ti manda di traverso la giuggiola creativa dei manicaretti, da servir, poi, ai tuoi cari, un anonimo pastone che quelli ti guardano come fossi una intrusa citrulla approdata da una inidentificabile cosmonave. Come dargli torto. Da ogni parte piovono aspiranti e ispiranti cucinieri, cuoche, chef stellati e improvvisati, di tutte le età e etnie che cibo-inculturiscono, imboniscono e riempono la pancia, con ingredienti leccorniosi e spezio-vivande ipo-iper-caloriche; gli occhi con impiattamenti artistico-visivi, da esposizione museale avanguardista, che al momento di cuocere qualcosa, da mettere sotto i denti, hai una sorta di ossequiente sacro fuoco imitatore di cotanta bravura culi-visivo-gastronomia che ti spedisce dritto, dritto nella balera rumbocibo dell’invidia, per cui aritmicamente metti assieme gli ingredienti proposti. Risultato? Servi piatti, di gusto indescrivibile e panoramica visiva antiappetito che tornano a palla sulla cucina-pista. E, dopo tanta fatica, alla fine sfami la truppa con miserrimi tramezzini.

Senza essere esagerata, l’onnipresenza di talk-accademie, talent concorsi, chef cucinieri, che spiattellano una sequela di architettoniche vivande, mi pare una armata Brancaleone che stordisce stomaco e palato! Se poi, alla miriade di cotti, stracotti e ribolliti di ogni specie vi aggiungo tutte quelle sigle food circolanti, slow, junk, good, top, finger, fast, soul, ecc. ecc. Mi par un assalto bellicista di un manipolo di armigeri, maniaci dell’ autonomia del: cucina come ti pare quel che ti va. Tanto più che spesso il bellissimo da vedere è orribile da inghiottire.

A chi piace cucinare, creare li per li ricette con sapori singolari, come a me, tutti ‘sti richiami mangerecci più che ispirazioni di variata sana alimentazione sembrano attrazioni porno-nutritive. Una sorta di seduttivi allettamenti boccacceschi, elargiti a casalinghe senza immaginazione, per approntare, in tempi rapidi, oscene abbuffate mangiatorie di cibi senza fascino e personalità. A tal punto insopportabili, da mutare lo stimolo della fame in nausea rigettatoria.

Sarà per questo che non ho mai copiato una ricetta e sto alla larga da visive immagini di pornografici impiattamenti? Un po’ si. Maggiormente perché trovo libidinoso stare davanti ai fornelli senza condizionamenti. Il fai questo, tritura l’altro, pesa quell’altro…uhhh…  come fare all’amore seguendo le istruzioni! Sai che piacere. Da sbullonarsi i denti. 

Oltre a ciò, l’enorme marea di messaggistica, da grottesco volantinaggio propagandistico, sul cibo, oltre che invasiva mi sembra controproducente. Crea, uno stato pressoché di sazietà visiva che, quando vai ai fornelli, il cucinare sembra superfluo, una fatica inutile che blocca cervello e perizia, anche perché, una sorta di vocina dice che mai si riesce a mettere in tavola affascinanti visioni di portate artistiche poiché artisti si nasce. Il Talento è talento. E’ personale e rimproponibile. In più mi situa due domande. La prima: affiancare, a sollecitazioni orgiastiche di cuoci-e-gustomangia-manicaretti, diete, consigli antingrassamento e obesità bulimica non è un controsenso? A me, appare come una mostruosa ipocrisia, anzi una umiliante presa per i fondelli a chi mangia e al cibo stesso.! La seconda: con cotanta abbondanza cibaria quotidiana morir di fame è sicuramente paradossale? No. Purtroppo c’è chi di fame muore, si legge e si constata tutti i giorni. E allora… 

Per deduzione tutta ‘sta mania ricettaria,  non ha lo scopo di acculturare e migliorare la sazietà globale ma quello di “sfamare” la fama di narcisi star!

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  Sono polemica? Forse. Comunque a tutti un buon appetito!

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