Giallino e Verdino. Favoletta dal mondo di origine antica adattabile a ogni tempo

calabrone e serpente.

 Il calabrone Verdino e il serpentello Giallino:

Un giorno, un serpentello del quartiere onestino di nome Giallino, nomato saputo furbino, convinto d’esser er meglio che se potesse ammirà nel quartiere e col su fascino irresistibile de potè conquistà chiunque gli andasse a genialità, mentre si scrogiolava al sole avvistò un bel calabrone che in compagnia di amici frullettava pimpante e determinato da attirar l’attenzione de più spregiudicati concittadini. Ueh pensò Giallio: potrei farmelo amico. Col su ronzio potrei attirar più considerazione e simpatie e con il mio fascino irresistibile riuscì a fammè consacrà er serpente più audace che ce sia in tutto il paese. Giallino se stette un attimo a interrogà su l’ideuzza. La trovò geniale, anzi sorprendente per spiazzà i chiacchieroni e togliese lo sfizio de fa sgomitolà l’ invidiosi nei scantinati. Concluse che un insetto che ronzava ronzava niente accalappiava per cu era l’ amico ideale pe’ aumentà la su fama e fasse un cerchio de fan. Così si stese in tutta la su lunghezza da potè falle intuì che ce potesse guadagnà in prestigio e chiese al calabrone di diventà amici. Il calabrone sorpreso dalla richiesta, lo guardò perplesso e non rispose con prontezza. Continuò a ronzare nel quartiere come a vole glie dì ma che te salta in lingua. Un amicizia così non s’è mai vista. Intanto però scrutava il quartiere per fasse un idea se la richiesta era un tranello o un segno de intento fraterno. Non gli parve ravvisà nel quartiere onestino movimenti strani da fallo dubità che fosse un imbroglio e ritenne che l’interesse de fa comunella era inusuale ma sincero. Tuttavia glie parve sensato non agì d’impulso e consultà l’altri calabroni amici , se faceva bene a diventà amico del serpente Giallino del quartiere onestino. Sei pazzo amico gli risposero. Quello di sicuro ha una trama, minimo de sfruttà la tu bellezza ronzàrina per attirà l’ammirazione de sui compagnucci e conquistasse più potere nel su quartiere. Eppoi sentenziò il più saggio del villaggio, l’amicizia tra un calabrone e un serpente sa di strano, forse è meglio rifiutare e stargli lontano. Il calabrone che de nome faceva Verdino ma tutti lo chiamavano scalpitino per il su modo de ronzà e ronzà senza mai stancasse, ascoltò, pensò e ripensò ma stuzzicato e lusingato dalla richiesta si convinse che era ingiusto aver pregiudizi. Ronzò sul capetto de Giallino e glie disse: L’idea di stringere un patto d’amicizia mi piace assai. Però t’avverto e ricordati bene, caro serpente che io sono un soggetto corretto che ha un cuore solo, non due o tre come cert’altri. Quando parlo, dico ciò che ho dentro, non dico mai una cosa diversa da quella che penso, e non cambio mai ciò che ho detto. Tu mi capisci vero? Certo che si! Anch’io ho un solo un cuore e una sola parola, s’ affrettò a rispondere il serpente Giallino. Anzi, ti dirò di più, l’onestà di parola è la mia bandiera, la lealtà la mia integerrima stella, la correttezza etica la mia appaiata di vita e senza alcuna incertezza, se vuoi lo scrivo e sottoscrivo davanti a gufo notarino del villaggio vicino. Il calabrone, colpito da tanta sicurezza nell’affermare che aveva un solo cuore e dichiarava principi di tale qualità morale e civile d’esser pronto a metter per iscritto lo guardò compiaciuto. Persuaso con tanta generosa esposizione di parola di sua indubbia intenzione da offrire una carta che Verdino poteva esibire per rassicurare scettici e contrari, con un gran sorriso disse: mi hai soddisfatto. Poiché la pensi come me ok , da oggi Giallino sarò tuo amico e tra una folla incredula e perplessa gli porse la zampetta. Il Giallino gongolò e avrebbe fatto una piroetta da strabilià ma preferì di: te ringrazio. Tu si che s’è un insetto intelligente e senza pregiudizi. Strusciò su la zampetta in segno de affiatamento. Entrambi felici, festeggiarono l’avvenimento.

Dopo aver stretto amicizia, sebbene il fattaccio, come l’appellava un pavoncino contrariato per avé perso la su ruota, aveva sollevato un clamore ridondante in mezzo pianeta animale e suscitato tanti ambigui sorrisetti da una parte e dall’altra nei quartierini di appartenenza, sembrava che niente potesse turbare quell’insolito connubio tra il serpente Giallino e il calabrone Verdino.

Mentre il tempo scorreva in letizia reciproca, e tutto filava a meraviglia con scambio di cortesie, tante pubbliche manifestazioni di stima e rispetto da fa torciglià le budella di invidia, un giorno il serpente si accorse che il su proposito di amicizia per attirà ammirazione e aumentà i fan traballava tanto che era l’amico a spopolà sui social e ovunque a fasse applaudì dai fan. Allarmato se sussurrò: quell’insetto ronzante da stordì nun po piacé . Che brogli sta a fa mi danno?. Ben determinato a raggiungere i su fini disse al calabrone: amico caro, giacché abbiamo fatto amicizia dobbiamo stare più in compagnia, dirci tutto con sincerità e da oggi condividere, con i tuoi e i miei, il nostro rapporto. Son d’accordo rispose il calabrone. Ormai sai che la mia lealtà, di comprovata nomea in chi già mi conosceva, non verrà mai meno. Bene, bene si disse fra se il serpente Giallino, è proprio quello che me aspettavo de sentì da sfruttare a mio favore e siccome coi sui ronzii me sta oscurando me pare giunto il momento de neutraulizzalo. Poi gli fece la proposta di rafforzare l’accordo agli occhi del mondo offrendo un gran banchetto a casa sua. Il calabrone, prese la proposta come un atto di onore. Strafelice di tanta considerazione, accettò l’autoinvito di Giallino e subito volò al suo villaggio a preparare un ricevimento degno dell’amico. Poiché era orgoglioso e non voleva dar adito a malelingue impegnò tutti i calabroni del villaggio a lui affezionati a darsi da fare per accoglierlo. Sotto, sotto, non tutti i calabroni erano contenti di questa amicizia e consideravano di buon auspicio banchettare in compagnia del serpente, di un quartiere di cui sapevano poco o niente ma si vociferava fosse un covo di velenosi rettili scansafatiche camuffati da censori di costumatezza. Però, per rispetto a Verdino prepararono vivande d’ogni qualità, e tanti dolci che avevan saputo essere assai graditi al palato del serpente Giallino. Quando Giallino giunse in paese tutti i calabroni accolsero l’ospite con grande strombazzi e lo accompagnarono a casa di Verdino dove fino a sera fra canti, danze, rulli di tamburi banchettarono come fossero amici per la pelle da sempre. Quando il sole tramontò e il buio avanzazava il serpente chiese al calabrone: dove dormirò amico stanotte?. Weh, amico mio, ho preparato un letto soffice soffice proprio adatto a te! Un letto? Non mi piace nessun letto, voglio dormire nel tuo ventre, fece eco Giallino! Verdino stralunò gli occhi per lo stupore, dormire nel mio pancino, mi pare un tantino impossibile, vedi ben che io da insetto, son assai più piccolino di te! Su, su. Non mi contrariar. Non è poi tanto difficile amico mio entrar nel tuo pancino. Se non vuoi…me ne torno a casa! Macchè, macchè. Ti ho detto che io ho un cuore solo. Giammai per una simil cosuccia rovinerei la nostra amicizia. Dai proviamo! Ciò detto, Verdino spalancò la bocca a più non posso e il serpente con un sorprendente guizzo strisciò nel pancino del calabrone. Arrivato fino in fondo, si arrotolò, guardò da ogni parte e vide che aveva proprio un cuore solo. Soddisfatto s’addormentò. Giunto il mattino Verdino spalancò la bocca e Giallino pimpante e ben riposato uscì fuori e disse all’amico: Hai detto la verità. Hai proprio un cuore solo! Ti ringrazio per la magnifica accoglienza e l’ospitalità, ora torno dai miei ma tu verrai da me? Il calabrone, col morale alle stelle per le parole e l’invito promise subito a Giallino di contraccambiare la visita. Il giorno stabilito si recò al villaggio dell’amico, fu accolto con grande allegria. Ricevette cibi e bevande a volontà e passò ore veramente gaudenti da scordà ogni pena de dovè ronzà dalla mattina alla sera per agguadagnasse la pagnotta. Giunta la notte, stanco e un tantino sbronzello per i cin cin di buon auspicio profusi a volontà dall’amico, domandò : Dove posso dormire questa notte? Carissimo sii serenissimo. Ho preparato una stanza con un letto caldo che riposerai come un re, rispose il serpente. Eh no!. Obiettò il calabrone. Anch’io voglio dormire nel tuo pancino come tu hai fatto con me! Uhm… Tu, con quel pungiglione là, dormire nel mio pancino? Mi pare rischioso. Potresti ferirmi e farmi morire, disse il serpente accigliato. Ma che te vai a pensà Giallino, io ferirti. Siamo o non siamo amici?. Ribatté serio Verdino. Eppoi tu sei stato nella mia pancia e mica mi hai iniettato il tuo veleno! Il serpente a tanta puntuale esposizione dell’amichetto non trovò ragione da schivare la richiesta e si rassegnò a far dormì il calabrone nel pancino. Così spalancò le fauci e il calabrone ronzando entrò. Appena Verdino ebbe passata la gola di Giallino trovò un cuore. Bene pensò, è veritiero come credevo. Ma volando più giù ne incontrò un altro. Oilà esclamò che ce sta a fa quest’altro cuore? Scendendo più giù ne incontrò un altro e poi ancora un altro. Alla fine ne contò sette. Caspita, se disse il calabrone, sette cuori me paion davvero troppi. Spero d’aver avuto le traveggole altrimenti l’amichetto m’ha buggerato. Un tantino allarmato, si rifugiò in un angolo. Quando stava per addormentarsi vide i cuori del serpente radunarsi e poi iniziare a discutere. Sentì uno dir: Come mai quell’insetto è entrato qua?. Non mi piace, tagliamolo a fettine e mangiamolo! No, disse un altro. L’ insetto al momento è nostro amico. Non è giusto fare quel che dici. Aggiunse un terzo, ancor ci fa comodo. Bisogna lasciarlo stare. Intervenne un quarto, vabbò. Per ora lasciamo che l’insetto stia qua, se la dorma tranquillo e al sorger del sole esca incolume. Se torna però… con tale sospeso tutti in coro conclusero, tanto sta nei paraggi, avremo l’occasione di iniettargli assai veleno in corpo da papparcelo indisturbati! Il calabrone che di istinto s’era scrollato la sbornietta capì molto bene i loro discorsi e rabbrividì. Meravigliato e offeso, rimuginò: dunque, dunque, il mio amico Giallino ha mentito. Ha tanti cuori e quel che è grave ognuno la pensa in modo diverso e mira a toglieme de mezzo. Oibò temo assai che questi prima o poi troveranno un appiglio e mi uccideranno. Intanto il sole sorgeva. Il serpente Giallino spalancò la bocca e il calabrone ancor scosso dalla scoperta lesto uscì. Svolacchiando furibondo guardò il serpente dritto negli occhietti e disse: Caro serpente, ho scoperto che sei un bugiardo e i tuoi pensieri cambiano come il vento. Quando tu hai dormito nel mio ventre hai trovato un cuore solo Io invece nel tuo… altro che un solo cuore ne ho trovati assai più. Molti di più e tutti infingardi. Alcuni volevano ammazzarmi. Uno decise di lasciarmi vivacchiare ma col proposito di farmi fuori se sto nei paraggi. Un altro di stecchirmi comunque spruzzando di continuo veleno. E un altro di farmi a fettine appena metto un aluccia alla tua porta. La tua amicizia è una finzione. Sono più che triste a doverlo ammettere, stanotte ho afferrato che chi ha più cuori e cerca l’amicizia ha intenzioni fraudolente. Da questo momento è finita. Un amico sincero ha un cuore solo e una sola parola. Torno dai miei. Per sempre me ne guarderò da chi vuol esser amico mio! Il serpente Giallino, fattosi nero di rabbia, tentò con veemenza di negare che aveva più cuori e cercò di addossare a Verdino la menzogna alludendo che era tanto sbronzo da aver vista e testa in confusione e che la molteplicità cuori eran una sua invenzione, un pretesto per rompere l’amicizia. Tanto disse e tanto confutò a sua onesta intenzione che richiamò tutto il vicinato. Uscì pure il suo avvocato, ma a Giallino niuno valse. Il calabrone sicurissimo della falsità d’intenzione, non cambiò opinione. Infastidito della sua manfrina onestina onestina riconfermò al Giallino che l’amicizia era una finta, ben altri scopi nascondeva e uno era quello di accopparlo.

Detto ciò, con un ronzio ultrasonico e senza salutare lo abbandonò.

Rammiricato di essersi fidato volò al suo villaggio promettendosi che mai più sarebbe cascato in simil tranello, specie se certificato. Bensì la questione non finì li. Siccome gli amici del villaggio l’avevano sconsigliato di non fidarsi d’uno tanto diverso dal suo habitat naturale Verdino fu portato davanti agli anziani. Questi si consultarono e convocarono i due litiganti in tribunale. Il calabrone raccontò di come si era fidato della parola del serpente, di come avesse scoperto con tristezza che gli aveva mentito affermando di avere un solo cuore mentre invece ne aveva tanti, tutti tra loro diversi e in combutta per liquidarlo senza tanti preamboli. Il serpente strisciando da questo a quel giurato invece giurava che era onesto, onestissimo, lui aveva un solo cuore e mai ne aveva avuto un altro che la pensava diversamente, aveva chiesto d’esser amico di Verdino in modo disinteressato, attratto solo dalla sua bellezza. Il calabrone era una astuto, falso, prepotente e svergognato, camuffava la verità dei fatti per rompere un patto d’amicizia probabilmente per farsi gli affari suoi con altri insetti. A tutti giurava che quelli si che eran tanto infidi, facili a lasciarsi corrompere con qualche promessa di regalucci mentre lui era incorruttibile e mai e poi mai i suoi cuor avevan tramato di sfruttare l’amicizia per conquistare simpatie, allargare la popolarità per dominare nel su e altrui quartiere e poi distruggere il calabrone. Ma ascoltate le due versioni il calabrone, vinse la causa e il serpente fu dichiarato un essere infido e traditore dal quale ognun con senno era bene stesse lontano. Non contento della sentenza il Giallino se la prese col su avvocato che aveva profumatamente pagato per attestà che Verdino era un bullo impostore, s’appellò a giudici e stampa, si mise a sputà veleno da sembrà un vulcano in eruzione. Ma il popolino accorso per curiosità si mise a ridere e gli strillò che di grulli imbroglioni ce ne è pieno il mondo.

Nella foga il giallino s’era tradito, più volte aveva ripetuto che “ i suoi cuor mai avevan tramato a scopo raggiunto di distruggere il calabrone ” e tutti avevan ben capito che per convincere Verdino a diventar suo amico aveva con proposito mentito.

Nel chiudere la querelle il saggio più anziano sussurrò: il final della storia era assiomatico. L’amicizia così strana solo tra gli uomini funziona! Un coleottero giovincello che gli stava vicino sentì e rimuginò: se pure mio nonno ogni giorno lo ripete deve esser vero.

bydif

Si sa, le favole non hanno  tempo e realtà ma a leggerle …da ovunque provengono ..son sorprendenti!

A mamma che…

festa mamma

A mamma che lustri or sono, giovanissima donna, sentì il mio primo vagito, con quella semplice gioia che sgorga da un cuore protettivo subito mi fasciò con tenerezza, mi allattò con generosa amorevolezza, mi cullò con dolcezza e come una bimba che mai ebbe una bambola da stringere, carezzare, abbigliare, dedicare tempo, sbizzarrire fantasia e sogni, nel giorno della mamma vorrei tanto, ma proprio tanto farle arrivare un immenso mazzo di papaveri, margherite e fiordalisi. Un mazzo di quei fiori spontanei, dai profumi intensi e delicati dai colori allegri e al tempo stesso invitanti a una giocosità meditativa di candore, passione, celeste visione, tanto difficili da reperire da un fioraio quanto semplice trovar disseminati nei nostri prati, sulle colline, nei campi di grano, ai bordi delle strade e che tanto, in questo mese di maggio, a mamma che mi strinse forte a se Le piaceva raccogliere per abbellire la tavola e adornare la sua “adorata madonnina”, per dirle: grazie mamma. Un grazie mamma che non ho mai saputo esprimere con quella intensità, quella affettuosità profonda da lacerar le viscere, quel sentimento caloroso che penetra l’essenziale, abbraccia anima e cuore e trasmette amore e riconoscimento a anni e anni di dedizione, comprensione, soprattutto duri sacrifici, morali e materiali vissuti e fatti vivere con tantissima leggerezza di spirito da non inibire nel cammino della vita personale desideri, prospettive, scelte e convinzioni. Un grazie di fragranze genuine, come il suo animo rimasto sempre gentile un po’ bambino, gaio, aperto alla meraviglia, alla freschezza entusiastica, saporoso di coraggio, altruismo e un tantino di riserbo riflessivo. Un grazie mamma radioso come il suo amore incondizionato, abbagliante come il suo sorriso affascinante, prezioso come il suo abbraccio rasserenante.

Vorrei tanto, oggi, festa della mamma, riempire di fiori di campo l’infinito per esprimere alla mia che i suoi “fiori” d’amore, sbocciati tanti lustri fa, nel suo cuore, giammai sfioriscono e ogni giorno sempre più riempono  e profumano il mio.

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Grazie mamma!

Grazie a tutti i cuori di mamma che ti fanno compagnia! 

bydif tua figlia

La danza della vita

danza

Scatta

Nel trillo di un vagito

Lievita

Nell’atto e nel pensiero

Stravagante

Ruota e siesta

Nei gagli di un giglio

Sfreccia 

Ride e spuma

Nei battiti di un ciglio

Lussuriosa

Snoda e Volteggia

Nel sogno e nel sospiro

Fermenta 

 S’infoca e Frulla 

Esplode in un bisbiglio

Leggiadra

Si inarca e Vola

Con uno sbadiglio

Armoniosa

Si piega in una stella

bye.r.

danza vita

È il 1 Maggio

Oggi è il 1 Maggio festa del lavoro e dei lavoratori. In tanti hanno scritto inni e poetato su questo giorno di festa e riposo meritato da passare in allegra compagnia perché come scrisse il grande cantautore G. Gaber il 1 maggio, non è un qualunque giorno, ma è :“il nostro giorno

1 m

Un giorno per chi lotta con coraggio

è il nostro giorno è il primo maggio.

Un garofano è spuntato d’un sol colpo fra le dita

ma sicuro che sbadato oggi è maggio che ci invita

ad unirci fino a sera per la nostra primavera

forza amici in allegria questa nostra festa sia.

Un giorno per chi vive nel lavoro

un giorno per chi spera nel futuro

un giorno per chi lotta con coraggio

è il nostro giorno è il primo maggio.

Un giorno per chi lotta con coraggio

è il nostro giorno è il primo maggio.

Via di corsa tutti in piazza tutti fuori ad applaudire

c’è persin la mia ragazza sotto il sol dell’avvenire

Le officine oggi son vuote dorme il tram nel capannone

rosso maggio le tue note della strada son padrone.

Un giorno per chi vive nel lavoro

un giorno per chi spera nel futuro

un giorno per chi lotta con coraggio

è il nostro giorno è il primo maggio

Un giorno per chi lotta con coraggio

è il nostro giorno è il primo maggio.

Questo giorno è tutti i giorni tutto l’anno vi è racchiuso

primo maggio tu ritorni a dar forza a chi è deluso.

Questa festa è una gran festa non ce l’hanno regalata

su leviamo alta la testa noi l’abbiamo conquistata.

Un giorno per chi vive nel lavoro

un giorno per chi spera nel futuro

un giorno per chi lotta con coraggio

è il nostro giorno è il primo maggio

Un giorno per chi lotta ……..

….è il nostro giorno è il primo maggio.

G. Gaber

Quando Gaber scrisse “il nostro giorno” era il 1965. Da allora molte cose son cambiate in tema di lavoro e lavoratori. Alcune in meglio certe altre in peggio. Quel che trovo stupefacente nel leggere i suoi versi è l’attualità. Vero che era un geniale poeta e come tutti i poeti elargitore di emozioni senza scadenza ma in questa composizione è un cantautore  lungimirante!

il nostro giorno

In questi giorni ovunque locandine di invito  a incontri, raduni,  concertoni per festeggiare il 1 maggio come emblema di conquista, di stato sociale, diritti, lavoro e lavoratori ma…Ma da quando questa festa è stata istituita in Italia, 1891, è passato più di un secolo, purtroppo non sembra passato un giorno se quel che qualcuno poetava in “stornelli d’esilio”per tanti “giovani cervelli” o tante giovani braccia e gambe che non si rassegnano all’ozio vale ancor oggi:

O profughi d’Italia a la ventura

Si va senza rimpianti né paura

Nostra patria è il mondo intero

Nostra legge è la libertà

Ed un pensiero

Ribelle in cor ci sta

Dei miseri le turbe sollevando

Fummo d’ogni, nazione messi al bando,

Nostra patria è il mondo intero

Nostra legge è la libertà

Ed un pensiero

Ribelle in cor ci sta…

Dovunque uno sfruttato si ribelli

Noi troveremo schiere di fratelli.

Nostra patria è il mondo intero…

Nostra legge è la libertà

Ed un pensiero

Ribelle in cor ci sta

Raminghi per le terre e per i mari

Per un’idea lasciammo i nostri cari.

Nostra patria è il mondo intero…

Nostra legge è la libertà

Ed un pensiero

Ribelle in cor ci sta

Passiam di plebi varie fra i dolor

De la nazione umana precursori.

Nostra patria è il mondo intero…

Nostra legge è la libertà

Ed un pensiero

Ribelle in cor ci sta

Ma torneranno, o Italia, i tuoi proscritti

Ad agitar la face dei diritti,

Nostra patria è il mondo intero…

Nostra legge è la libertà

Ed un pensiero

Ribelle in cor ci sta.

Vale ancor perché… quei giovani di ieri  “andati senza rimpianti ne paura” lontano, obbligati a lasciare casa, amici e cari per dignità. Dignità di un lavoro, dignità di guadagnarsi da vivere, avere un autonomia economica, avere la possibilità di sfruttare capacità, competenze professionali, estro, manualità. Sono come quelli di oggi che non si sono adattati a stare a “morire” di inedia nel recinto del paesanello. Giovani che han guardato più in la, e han visto nel globo opportunità se non un destino migliore almeno di poter lavorar. Oggi, se quei giovani nel festeggiar in altro suolo la lor fatica hanno in “cor un pensiero ribelle “ come quelli di ieri ci sta. Eccome se ci sta.

39 1maggio

1 maggio, un giorno emblematico di festa e di riposo ma…Ma per come è nata la festa del lavoro e per come vanno le cose in tema di lavoro sul suolo nazionale, con tanti precari, sottopagati, costretti a inadeguati o umilianti lavori, o a “esiliare”,  per avere una occupazione inerente la competenza, o permetta di essere economicamente autosufficienti, è lecito domandarsi : ha senso festeggiare ? Forse ha senso per non arrendersi, sperare che il lavoro a corrente alternata diventi a flusso continuo, l’ectoplasma si materializzi prima di morire da barbone sotto un ponte o tra le lamiere d’un capannone. Forse non ha senso se precipiti da un ponteggio abusivo, l’ autosufficienza è un sogno, la dignità un delirio, la libertà di costruire il futuro un opzione. Forse… festeggiare il diritto costituzionale al lavoro ha sempre senso però… se ogni giorno per mangiare il lavoro te lo devi inventare…forse il 1 maggio è fuori tempo! l

lavoro

A parte le considerazioni auguro a tutti di festeggiare il 1 maggio in letizia. Soprattutto auguro di avere sempre un lavoro. Se poi è adeguato alle competenze, capacità, aspettative e idealità è ancor meglio ma più di tutto auguro un occupazione che  permetta di vivere, soli o in compagnia, con dignità!

bydif

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