Capodanno lunare: è arrivato il draghetto di legno!

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Metà del mondo, al quale mi accomuno, senza rimpianto con la luna nuova di oggi ha dato l’addio al piccolo coniglio d’acqua per accogliere a braccia spalancate il favoloso drago di legno, suo successore che in base al calendario cinese reggerà la sorte umana dal 10 febbraio 2024 fino al 28 gennaio 2025. Naturalmente come credenza vuole ognuno al solito si è già procurato un suo consimile, anche a prezzi stellari, per avere al fianco il suo potere positivo o, in alternativa, per attirarsi tutta la fortuna che racchiude, si è camuffato da drago, vestito riccamente nei colori oro-nero scatenato in danze al limite dell’ipnosi, reso la casa un emporio di fiammeggianti lanterne rosse. Con il drago, poiché detesta la mediocrità e la passività l’importante è esagerare in tutto! Eh si, a differenza dello schivo coniglio che preferisce i toni moderati e agire nell’ombra senza mai mostrare apertamente intenti e mire, il drago esuberante e ambizioso ama i toni plateali, gli piace essere onnipresente, manifestarsi in tutto il suo lucente splendore di creatura composita, sebbene in modo fulmineo per ricordare che la fortuna è un bene dispensato al volo che afferra solo chi è veloce, da sparire alla vista in una frazione di secondo. Eh, eh a buon intenditore….non servono parole ma azione!!!

Chiaramente è nel rispetto ciclico di una millenaria cultura che il solare, maschile draghetto ha preso il posto del lunare, femminile coniglio. Di per se è già un ottimo segno di influenza positiva ma in oriente è qualcosa in più e necessita di un grande sforzo per non fraintendere la sua creativa positività. L’anno del drago, infatti è considerato un vero portatore di fortuna, rappresenta il potere benigno delle forze naturali, la possibilità che queste si armonizzino con la vita umana facendo rifiorire tutto, comprese le speranze più azzardate, per cui il suo arrivo è sempre salutato con maggiore enfasi e ottimismo. Ovviamente questa fiammeggiante creatura mitica in tutti evoca passionalità, forza, coraggio, determinazione, imperiosità, anche terrore e pericolo, ma nel mondo orientale la sua valenza si arricchisce di qualità protettrici generose e benevole. Rappresenta un vero toccasana della ruota del destino comune, risolutore dei guai in corso, un vero portatore di quella prospera fertilità che garantisce raccolti abbondanti, amori, prole, benessere fisico, progresso economico e culturale espansione politico-territoriale. Tant’è che molti rassicurati dalla tradizione che lo vuole garantista dell’esito positivo di ogni iniziativa intrapresa sotto il suo dominio lo scelgono per sposarsi, iniziare una attività, lanciarsi in ambiziosi progetti.

Logicamente, come è nell’ordine che regola il mondo, anche questo carismatico e magnetico rappresentante dello zodiaco cinese nasconde valenze contrarie. Pertanto è dotato di numerose virtù come: nobiltà, dignità, generosità, saggezza, potenza, schiettezza. Come di altrettante latenze pericolose quali: crudeltà, imperiosità, arroganza, dispotismo, intolleranza che possono improvvisamente emergere e generare grandi tensioni, scatenare sconvolgimenti di ogni tipo nel singolo e nel collettivo. A tal proposito non va dimenticato che il drago vive nascosto negli abissi marini, nelle viscere della terra o nelle nubi vaganti, ha sembianze miste, è associato alla folgore, e che il simbolismo dei due opposti per antonomasia, acqua e fuoco, gli è proprio. Si può definire un fantastico e strano amico, molto generoso, magnanimo e leale purché si mantenga una prudente lucidità razionale che evita di sottovalutarne le potenzialità letali.

Per intenderci, l’anno di questo draghetto di legno per i suoi modi di interagire nel vissuto quotidiano, sarà completamente diverso da quello del coniglio o lepre, gatto e sicuramente sorprendente in quello universale specie in primavera e in autunno quando spalancherà le sue fauci!!! Come potrebbe essere diverso data la leggendaria natura misteriosa, regale, focosa, temeraria e impulsiva incarnata in questa straordinaria creatura? Di fatto il drago è contemporaneamente la possibilità e il pericolo per cui, a livello generico non v’è altro d’aspettarsi singolari balzi migliorativi della situazione attuale ma pure improvvise fiammate che possono ridurre il globo in una ardente fornace. Senza ombra di dubbio in molti risveglierà i sopiti entusiasmi dovuti a una situazione ingarbugliata e quanto mai precaria sotto il profilo della stabilità professionale-economica, farà ritrovare vigore ed energia utile a reagire positivamente a uno status quo insoddisfacente, favorirà idee e creatività anche insolite, donerà quell’entusiasmo e quel coraggio essenziale ai grandi progetti. Bensì in cambio chiederà di fare piazza pulita di schemi antiquati che impediscono al nuovo di avanzare e vedere la realtà nel suo complesso per come è e non per come sembra, spingerà a trovare soluzioni solide, costruttive, talvolta per arginare tracolli del sistema personale e generale. Fulminee. Il drago nella sua grandiosa temerarietà indubbiamente stimolerà ad agire con determinazione, soprattutto se per difendere i grandi ideali libertari, ma com’è nella sua natura favorirà solo quelli chiari e onesti, mentre, anche in malo modo, con un colpo di coda inaspettatamente affonderà quelli basati sull’intrigo e la mistificazione. A tal proposito ne vedremo delle belle in giro! Basta pensare alle guerre in corso,ai bordi d’europa e in medio oriente, al marasma politico-diplomatico che vi gira attorno, a qualche sollevazione scaturita da motivi feticci o quantomeno oscuri, alle tante pressioni fatte da “statisti”-si fa per dire- per piegare status sovrani, alle tante “ verità ” fatte circolare per piombare esclusivamente determinati popoli, le economie, alle spropositate altalene dei mercenari finanziari, a spaventapasseri che si sono alleati con i passeri per devastare il campo del vicino, ecc,ecc. Effettivamente, come la saggezza cinese aveva previsto, il coniglietto, non avendo una connotazione precisa, nel 2023 ha rimescolato assai le carte nell’ombra e confuso alquanto la realtà. Da gatto ha fatto cadere in trappola i topolini sprovveduti, da lepre ha fatto correre in tondo i cacciatori allocchi, da coniglio affarista ha rosicato le teste e fatto girare voci che svuotavano le casse e riempivano le “pance, proliferato ipocrisie egoiste, lasciando al draghetto un bel guazzabuglio che fino ai primi di aprile lo terranno impegnato e non avrà molto tempo per farsi sentire con tutta la sua potenza ma dopo…Dopo…si salvi chi può. Quando inizierà a sputare fiamme tutto può succedere.. insieme sputerà pure fatti e misfatti e chi cercherà di impedirglielo non avrà scampo. Altro che fortuna!!! In un lampo gli scaricherà addosso tanto di quel fuoco che non farà in tempo a schivarlo e in men che non si dica si ritroverà un tizzone. Da parte mia non vedo l’ora che ciò avvenga. Preferisco un drago vigoroso a un coniglio ibrido… che mi ha costretto a inseguirlo sui “monti” per una pioggerella mentre senza sfiatarmi mi bastava aprire l’ombrello.

Ci sarebbe tanto da aggiungere su quest’ultimo punto, non lo farò per non annoiare. Mi rimetto al gagliardo e saggio draghetto che intelligentemente nell’alternanza aliterà le sue fiamme per distruggere ciò che va dovuto e impiegherà la sua vivace forza da eroe dello zodiaco per costruire migliori opportunità all’ uman essere. Direi che i mesi nei quali eserciterà la sua maggiore influenza saranno: maggio, in particolare la sua potenza sarà eccezionale e in certe parti del globo al posto delle rose potrebbe far fiorire un mucchio di spine; a settembre invece,  si prodigherà per separare e anche i “matrimoni” diplomaticamente più consolidati possono in un lampo naufragare,  e sul finire aliterà una fiammata così potente per difendere da egoisti invasori i territori più sperduti; a dicembre sarà alquanto mobile, tutto il mese come un monello si sbizzarrirà apparendo qua e la, in certe zone, per ribadire che il fuoco brucia le sterpaglie ma pure gli alberi verdi e chi l’appicca spesso finisce in cenere. In altre per far sapere che se dal cielo cade pioggia questa fertilizza i campi e da raccolti, ma se vien giù una gragnola di bombe li distrugge per lungo tempo, in altre ancora per far comprendere che solidi argini ai fiumi servono solo a evitare straripamenti e non a impedire di attraversarlo, infine, con la sua schietta eccentricità si ritirerà lanciando nell’etere un misterioso pulviscolo che ricadendo ci lascerà a bocca aperta.

Concludendo, si può dire che questo anno sarà fortunato per tutti, più favorevole all’uomo che alla donna comunque spingerà ad osare e non intopperà gli sforzi costruttivi di nessuno. Va aggiunto che nel il suo concetto la fortuna va ben oltre la materialità e il tempo, ha sfaccettature che sul momento più che fortune possono apparire sciagure, quindi prepariamoci sarà un anno karmico sia negli eventi climatici che in quelli social-politico-economici. Prima di lasciarci e consegnare il regno al serpente tramuterà la sua filosofia in una pioggia di eventi repentini da mandare in tilt anche le certezze più ovvie.

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Un saluto fiammeggiante  e un grandissimo augurio

di luminosa positività a tutti

ByDif

continua…

a presto le previsioni dei vari segni

Per la cronaca:

-Tradizionalmente il capodanno cinese, detto anche “festa di primavera” è una vera esplosione di colori e festeggiamenti nei quali la popolazione omaggia sì l’anno nascente ma soprattutto “il simbolo zodiacale” che lo rappresenta per accattivarsene simpatie e favori. Il suo ingresso non è mai lo stesso, varia da anno a anno, cade nel giorno della seconda luna nuova dopo il solstizio invernale

-Come è noto, nella filosofia orientale l’assetto del creato si mantiene in base all’alternanza ciclica di nature polari opposte – yin e yang – l’una scura, passiva, femminile e lunare, l’altra chiara attiva, maschile e solare e la sua armonia ad uno degli elementi primitivi essenziali: fuoco, acqua legno, terra, metallo che di volta in volta lo compongono. Iconograficamente le nature sono incarnate in 12 animali nell’ordine: topo- bufalo- tigre- coniglio-drago- serpente-cavallo- pecora-scimmia- gallo-cane- cinghiale- cosicchè la ciclicità binaria- elemento yin yang si completa in 60 anni -12×5=60-

-Il drago di questo ciclo fa parte dell’elemento acqua, è di polarità yang, positivo, nero, benigno collegato all’ariete, al sagittario, a mercurio, protegge mari e fiumi, la famiglia e i suoi discendenti, Viene invocato dai contadini per la pioggia, dalle donne per la maternità; il suo simbolo è la svastica, il suo colore l’oro e il nero; correlativo della femminile fenice si muove da est -nord est; armonizza con il topo, serpente, gallo, scimmia, poco con bue e cane, agisce dalle 7 alle 9; la sua pietra per gli affari è l’ametista, l’ambra per la salute; i territori in cui spazia liberamente e progetta i cambiamenti sono:cina, inghilterra, iran, danimarca, giappone,ungheria, corea del nord.

Orazione contadina a santa Lucia

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O luce dell’eterna bellezza del creato, splendente martire di fede, dono incondizionato d’amore a Cristo, aiuta questa umanità smarrita, brancolante nel buio spiralidoso della violenza, dell’odio, della vendetta, disorientata dai richiami della fugacità del se annaspa nei meandri dell’illusione temporale.
O beatissima luce virtuosa dello sconfinato, illumina il cammino di ogni esssere umano confuso, debole, incerto, vagante nei mille e mille rivoli oscuri, solleticanti la vanità, l’egoismo, l’inganno, la sopraffazione, la voluttà dei beni transitori da vedere la strada chiara del bene supremo.
O iridescente fiore del giardino celeste, fulgido esempio di volontà , supporta questa umanità a trovare la via della nobiltà del cuore che allontana la mente dalle debolezze nefande e inonda lo spirito di lodevoli positive qualità.
O glorificata fanciulla luce viva del cielo che non conosce calar del sole volgi i tuoi occhi fulgidi e belli sul mondo e guida ognuno che vi coesiste a vedere il sentiero della verità, dell’equa comunanza, del reciproco rispetto, del pacifico dialogo.
O amatissima Santa lucia innocente vergine di altruismo, i cui occhi oltrepassano l’usura del tempo, dona all’umano la saggezza di saper guardare oltre il proprio naso da scorgere gli spiragli per abbattere i muri, i fili spinati, le intolleranze, gli estremismi, i malversi ispiratori di stoltezze antiumane, soprattutto a riconoscere i negatori dei valori del Cristo a cui Tu donasti la vita.

O Santissima lampada universale del Cristo Salvatore,  con cuore de fiamma e  spirito de fede  alla Tua divina luce el popolo de campi, de semina e de fatica ora, ringrazia e se raccomanda ”  Santa Lucia mia apre la porta de casa mia faie entrà luce pane e cortesia ma siccome el fredo strussia, la neve è pla via, prima di chioviri sui campi e la capa mia lampìa” empiù cunserva la vista, chè a smia  l’aptit no  manca mia”

santalucia

per la cronaca:Si narra che a Siracusa viveva con la madre una nobile fanciulla di nome Lucia, cristiana di fede profonda, già da piccola, in segreto, in cuor suo votò la  vita a seguire e amare Gesù. Bellissima e amorevole verso tutti e caritatevole con i meno fortunati attrasse un giovane pagano al quale fu promessa . Però, Lucia, essendosi consacrata totalmente al Signore, prima rinuncia al patrimonio donandolo tutto ai poveri poi nell’anno 304 al matrimonio. Al che il promesso sposo irato e furente per il rifiuto la denuncia. Cosicchè per le leggi imposte da Diocleziano il governatore Pascasio la fa arrestare proponendole in cambio della libertà di rinnegare il suo credo e omaggiare gli dei pagani. Bensì Lucia forte di fede, volontà e coraggio senza esitazioni gli rispose:” Sono la serva del Dio eterno, il quale ha detto: quando sarete trascinati dai giudici, non preoccupatevi di cosa dire, perché non sarete voi a parlare, ma parlerà in voi lo Spirito Santo”. Acciò di tanta temerareità Pascasio la condanna ad essere esposta nel lupanare, cioè essere rinchiusa nel bordello. Un oltraggio gravissimo per una vergine. Ma si racconta che quando i soldati arrivano alla sua casa e provano a portarla in quel luogo della vergogna, l’esile e delicata fanciulla sprigiona una forza miracolosa e né uomini, né buoi, né il fuoco, né la pece bollente riescono a smuoverla. Così Lucia condannata a morte dai soldati viene brutalmente sfregiata e oltraggiata nel corpo e nello spirito, sgozzata e cavati i bellissimi occhi al che si dice che il Signore subito glielì rimise a posto. é da questo atto barbaro che nelle tante iconografie scaturisce l’immagine della santa con in mano un piattino su cui mostra gli occhi. Ciò detto si memora che durante il martirio predisse la fine di Diocleziano. Nella tradizione popolare è leggendaria una frase da lei pronunciata durante le torture: “Farò vedere ai credenti in Cristo la virtù del martirio e ai non credenti toglierò l’accecamento della loro superbia”.

Il nome Lucia  deriva dal greco lyke e dal latino lux, lucis, che significano entrambi luce.Simbolicamente luce estesa anche al valore di via Lucis, cioè cammino di luce.

Santa Lucia morì martire perchè cristiana sotto la persecuzione di Diocleziano il 13 dicembre del 304 a Siracusa per ordine del console Pascasio.

Le fonti più antiche e attendibili su Santa Lucia sono gli atti greci e latini degli inizi del V secolo.
Le sue spoglie riposano nella chiesa dei SS. Geremia a Venezia.
Il culto a Santa Lucia si diffuse quasi subito in tutta la Sicilia, poi nel Nord Italia in particolar modo Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, e paesi nordici.
In Svezia, la festa di Santa Lucia è tra le più attese del periodo natalizio. Le ragazze si vestono di bianco e si adornano il capo con una corona di sette candele.
Da generazioni i bambini le scrivono una letterina poichè è tradizione che ogni 13 dicembre la lucente e dolce fanciulla, coperta da un candido velo, accompagnata da un asinello e dal suono di una campanella viaggi in terra e lasci loro caramelle, dolci e giocattoli.

La santa é molto venerata anche nell’Oriente ortodosso

Santa Lucia è patrona di Siracusa e di Venezia insieme a San Marco; dei fidanzati, dell’Amore Vero, quello che resiste e supera le prove della convivenza esistenziale, degli oculisti, ciechi, elettricisti e tutte le malattie degli occhi.
Per tradizione nella mia terra chi cerca qualcosa e non la vede, pur avendola davanti, esclama: “Santa Lucia mia dammi li occhi pe vedè chaccè in su la via!”

II 13 dicembre molti fedeli si recano nelle chiese dedicate a santa Lucia per chiederle di vegliare sulla loro vista.

In Sicilia la si invoca in diverse pratiche magiche, accompagnate dalla recita di particolari scongiuri.

Secondo la sapienza popolare il 13 dicembre festa celebrativa della sua morte è “lo giorno più curto che ce sia”. La scienza lo smentisce ma il detto resiste.

Tanti i proverbi dedicati a Santa Lucia: “Santa Lucia, sàlveme j’occhi!”;“Da Santa Lucia il freddo si mette in via”; “Per Santa Lucia il giorno corre via”; “Santa Lucia con il fango, Natale all’asciutto”; “Per Santa Lucia e per Natale, il contadino ammazza il maiale”; “Santa Lucia vorrei del pane ma pane non ho, digiuno mi sto”;Santa Lucia, cu l’ucchji pizzuti fami truvà ‘na cosa pirduta””Pe’ Santa Luzì la fira i fa, e al ragàzi ai raghéz la piè a gli dà; “santa Lucia fami artruvà ‘na cosa mia”; “Pe santa lux cui ti accarezza cchiù di quantu soli o t’ha ‘ngannatu o ngannari ti voli.”

Bydif

ps:l‘orazione non l’ho scritta in gerco antico delle campagne umbro per facilitare la lettura a chi passa.

I Santi

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Il giorno di Ognissanti mi suscita sempre grandi emozioni, in quanto nel diario mnemonico si è cristallizzato in quello spirito di festa gioioso e al tempo stesso carico di significati mistici che né il tempo né le vicissitudini mondane scardinano. Quest’anno però l’impatto emotivo è molto, molto, molto intenso poiché, considerate le cronache horror, il mondo, sembra più stimare i “diavoli” che i Santi. Tuttavia e per fortuna mi basta richiamare il pensiero alla mia terra di origine, terra di grandi Santi, umili e carichi di fede che hanno lasciato segni tangibili della loro umana storia di uomini e donne, volta si al cielo ma soprattutto aperta all’amore, alla carità, alla pace, alla indulgenza, alla reciprocità nell’ascolto e al rispetto nella coesistenza civile. Particolarmente a quel santo poverello di Assisi, che mai perse la convinzione che fosse possibile mutare il sentimento di violenta intolleranza fra uomini di opposte fedi in pacifica convivenza. Infatti, basterebbe applicare un po’ del pensiero di san Francesco per annientare tanti satanassi scatenati in guerre e guerriglie e imbecilli contrapposizioni del nulla : “Dove è odio, fa’ che io porti l’amore. Dove è offesa, che io porti il perdono. Dove è discordia, che io porti l’unione. Dove è dubbio, che io porti la fede. Dove è errore, che io porti la verità. Dove è disperazione, che io porti la speranza. Dove è tristezza, che io porti la gioia. Dove sono le tenebre, che io porti la luce” . Comanche a san Benedetto da Norcia per ritrovare una speranza che viene dal grido silenzioso delle macerie prodotte da infernali aggressività inumane camuffate da difesa di diritti e altre discolpe. E si, perchè san Benedetto mi porta il pensiero a cosa sarebbe stato dell’Europa, dopo il crollo dell’impero romano d’occidente senza di Lui, se “armato” di croce, libro, aratro non fosse partito e  al motto di “ora et labora” insieme ai suoi confratelli dedicare la sua vita  a ricostruire il tessuto civile europeo da far rifiorire, fortificare e ampliare il suo ruolo valoriale nel mondo. Già, proprio  quell’Europa che lo ha eletto protettore che  smemorata nega le radici cristiane. A parte questi due santi che per ovvie ragioni di conterraneità, insieme a san Antonio da Padova per altre più intime, sono nel mio cuore, nel mondo celeste ci sono tanti altri Santi esempio di elevazione nel trascente, alcuni a noi sconosciuti però non a Dio. Persone semplici e virtuose o complesse e tormentose che non si sono comunque adagiate, arrese, assuefatte all’evidente del male terreno ma hanno cercato chi prima chi dopo di volgere lo sguardo in alto, all’altrove, meditare, ascoltare, sacrificarsi e mettere in pratica gli insegnamenti etici silenziosi del mondo trascente. Talvolta che hanno scelto il martirio piuttosto che l’adattarsi alla doppiezza, all’odio, al rinnegamento degli ideali; altra  cercato e trovato risposte a un esigenza di spirito ascetico, seminato integrità, giustizia, misericordia; altra ancora errato ma in silenzio trovato animo e forza e umilmente riscattarsi attraverso la dedizione al sollievo del prossimo. In ogni caso tutta quell’umanità che nella società del materiale egoismo temporale fittizio, ieri come oggi, appare una nullità perdente e invece nel trascendente è vincente. Per cui credo fermamente che onorare almeno col pensiero quella schiera di umani che o per elezione divina, per fede indomita nel cuore, equità di ispirazionesilenziosa dedizione altruisticasopportazione coraggiosa di oltraggi, volontà perfezionistica, coscienza di mettere al centro di tutto il celestiale, sia un mezzo efficace per ritrovare un tanto di mistico di quell’immensità eccezionale che ci sovrasta. Altresì intimamente  che la santità è frutto di lealtà a un ideale perfetto che fa operare senza tante chiacchiere per un fine comune e che tutti si può superare le debolezze e esser piccoli Santi. 

 Quello che oggi mi auguro che i Santi celebri e anonimi tutti che hanno e continuano a operare nell’umano ancor più contribuiscano. In particolare li scongiuro di aiutare la gente di questo mondo a trovare la strada della luce positiva che va oltre nel confrontarsi, dona saggezza per convivere pacificamente nelle diversitàscarta l’odio, esula la bassezza profittatrice degli egoismi nonchè le premesse dei funamboli guerrafondai, sfratta dagli animi l’indifferenza a procurare abomini ai propri simili. Soprattutto, pregandoli con fede, aiutino a risollevarsi dal dolore, la sofferenza alle tante tragedie con cause naturali e non che costellano il pianeta e ogni giorno fanno inorridire, impaurire, disorientare, da poi, consapevoli delle fragilità, camminare, nel giusto, rispettoso sempre e comunque della natura e dell’altro. Penso che dai cieli nessun santo mancherà di farlo. Anche che dovranno mettercela tutta per riallineare questo pianeta al senso del reciproco coesistere  perché in quei tanti volti sconvolti che oltrepassano schermi di tv , forano pagine di giornali e media da cui affiora un grido di pacificazione ma con un se di equivoco che pericola ogni futuro. Benché noto anche tanti “piccoli e grandi santi e sante” nel cui cuore intrepido alberga forza, coraggio, fede e attaccamento a quei valori umani radicati capaci di scavalcare qualunque marchingegno o qualsiasi rancore  impedisca di elevare mente e spirito al bene affratellante che un po mi rincuora.

Per Concludere, per me il giorno che glorifica la  Santità umana  è portatore di gioia, di fiducia, di auspicio, di insegnamento che non è mai troppo tardi e impossibile intraprendere un luminoso cammino verso l’oltre, che anche se non porta a essere Santificati di sicuro evita di precipitare negli abissi infernali. Dunque, un giorno rischiaratore, illuminante da vivere in sintonia animica con ciò che vibra nell’ultra. 

i santiCon la certezza che i già Santi e Beati  aiutino a mantenere un saggio equilibrio tra sacro e profano, tra bene e male,  auguro a tutti attraverso protezione e soccorso nelle necessità di godere dbenessere fisico e spirituale.

By dif

per la cronaca:

La festa di Ognissanti, ha origini molto antiche. Nata come festa pagana agricola, sembra celtica, per celebrare la separazione della natura dal periodo di crescita e rigoglio a quello di stallo e inerzia, nel tempo ha subito un processo storico-culturale- religioso passando nel 1475 in tutto l’occidente da ricorrenza profana a sacra. Tuttavia mai si sono spente le sue origini pagane. Negli ultimi anni in tanti paesi di cultura prevalente anglosassone da sotto le sue ceneri è scaturita l’usanza di halloween che con le sue “mostruosità” è tutt’altro che celebrativa di vite e testimoni santifichi. Purtroppo ha preso  piede anche nelle nostre tradizioni cancellando tanti valori legati non solo alla fede religiosa ma a quella etica e sociale. Capisco di arricchire le usanze originarie di Ognissanti con qualche tocco di “modernità” quello che non comprendo è sostituirle con zucche vuote, o cancellarle con vampiri, feticci e mascheramenti horror. Non sarà che con le zucche svuotate si cerca di svuotare pure la sapienza e con i mascheramenti orripilanti di creare un mondo di mostri.? Sarebbe uno scherzetto tutt’altro che dolcetto per la civiltà.

La mitica storia del principe etrusco e la ninfa del lago.

principe e agilla

La storia è legata a un lago della mia terra, la cui visione ti sorprende, incanta e riempe gli occhi di meraviglia. Da qualunque parti arrivi, quella distesa verdeazzurra che sbuca all’improvviso da dietro le verdi colline coperte da viti e olivi o frammezzo le chiome dei pini e degli alti cipressi ti da la sensazione di una apparizione fatata. In qualsiasi periodo, con quei suoi luccicori abbaglianti, perlacei riflessi danzanti, trasparenze cromatiche esclusive che si accavallano e si dileguano, ti strega l’occhio, seduce e traina l’anima in lussureggianti rive amene in cui distendersi e godere di brezze e profumi fluttuanti carichi di magico carisma. Ed è forse per queste sue caratteristiche ammalianti che tante narrazioni fiabesche son fiorite attorno a questo specchio di acqua. A cominciare proprio dal suo nome: Trasimeno. Una leggenda di amore tra un principe etrusco e una ninfa che varia da sponda a sponda. Da quella che guarda a est si narra che in tempi lontanissimi gli argini del lago fossero popolate dalle ninfe, cioè leggiadre creature divine di rara bellezza, prediligenti habitat boschivi nei pressi di sorgenti, fiumi, laghetti per lo più dedite a guazzare spensierate e gioiose tra le acque cristalline. Popolarmente erano considerate fanciulle misteriose, prive di gravami esistenziali dei comuni mortali, dalla bellezza rara, riservate ma di modus vivendi liberi tanto che a volte il biancore della nuda silhouette balzava agli occhi di chi riusciva a scorgerle, protettrici della natura e dell’acqua, apportatrici di fertilità alla terra, ispiratrici di delicati sentimenti umani, attrazione amorosa e per chi si bagnava nelle acque da loro frequentate dispensatrici di coronamento dei sogni di maternità e matrimonio, nonché magiche guarigioni da ogni male fisico e incorporeo. Per cui aggraziati esseri femminili dotate di poteri e virtù benigne all’ambiente e genere umano . Tra le ninfe che risiedevano nei pressi del lago, allora senza un nome preciso, ve ne era una bellissima che spiccava su tutte per grazia, leggiadria e incomparabile fascino da incantare  chiunque incrociasse il suo sguardo. Un giorno, mentre in tutta la sua avvenente bellezza se ne stava appartata sulla riva del lago a guardare il lento ondeggiare di quelle acque trasparenti, dai cromatismi cangianti, ad un tratto intravvide riflessa la sagoma di un aitante e magnifico cavaliere che in sella al suo bianco cavallo sembrava correre sfrenato sulle acque del lago. Incredula si stropicciò gli occhi, riguardò la superficie dell’acqua e in quel tremulo effetto ondeggiante il volto di un giovane bello e sorridente balzò veemente fin al suo cuore da istantaneamente innamorarsene. Si racconta essere il principe Trasimeno, rampollo di un re etrusco, capitato sulle sponde del lago nel suo ozioso vagare nelle terre del regno del padre. Il bel principe, ignaro di ciò, alla vista di quella limpida distesa verdeazzurra affascinato e accaldato dal suo galoppare sotto i raggi di un sole sfavillante, decise di fermarsi per rinfrescarsi in quello specchio d’acqua contornato da un verde lucente. Nel mentre si ritemprava guazzando in quelle limpide acque gli sembrò di scorgere tra il canneto una bellissima fanciulla. Incuriosito si diresse verso il punto dell’avvistamento della giovane donna. Avanzando tra le acque Il fato volle che incrociò lo sguardo della ninfa al che sentì come penetrarsi da un fulmine rovente da perdere l’equilibrio e andare sott’acqua. La ninfa, di nome Agilla, già perdutamente invaghita, accorse in suo aiuto e lo trasse a riva. Il principe ferito nell’orgoglio, ma con un tanto di fierezza del suo rango regale nell’espressione alla sua vista sbalordì dalla rara bellezza e grazia da rimanerne ammaliato e non volerne più distaccarsene. Meditò di conquistarla e diede l’ordine alla sua scorta di approntare un accampamento per sostare. La ninfa, già innamorata, capì che era l’occasione per sedurlo con il suo melodioso canto per cui rimase nei paraggi. Per due giorni si guardarono l’uno in silenzio l’altra melodiando, al terzo si avvicinarono per conversare, ma siccome l’attrazione già infiammava il voler di entrambi, neanche passò un minuto che tra i due irruppe una passione travolgente tanto che il principe Trasimeno mandò il suo scudiero a informare il padre che finalmente aveva trovato la fanciulla dei sogni e desiderava farne subito la sua sposa. Il re, informato della decisione dell’erede rimase perplesso. Da tempo desiderava che si accasasse ma, dacché, in tutte le fanciulle che gli aveva proposto, a suo parere degne d’ essere sua sposa, di solito aveva trovato una manchevolezza per scartarle e rimandare le nozze, si disse: “che mai avrà questa per averlo conquistato in un baleno”? Voglio proprio andare a vedere cos’ha di speciale” e partì con tutto il suo regale seguito. Giunto al lago, nel vederla accanto al figlio capì. Insieme erano talmente belli e radiosi di felicità che ne rimase stupefatto e acconsentì alle nozze. Fatto sta che in quattro e quattrotto la corte al suo seguito approntò tutti i preparativi degni di un erede al trono e Trasimeno e Agilla furono uniti dal re nel vincolo sponsale. Celebrate le nozze, la loro felicità di innamorati follemente l’uno dell’altro era indescrivibile tanto che la voce si propagò nel regno e contagiò tutti a rallegrarsene con canti, balli e tripudi inneggianti al loro principe che aveva trovato la sposa ideale, l’amore della sua vita. Il re, esultante di aver finalmente accasato l’erede, dopo aver fatto dono del lago e tutte  terre costeggianti  e lasciata al figlio la decisione di dove stabilirsi con la sua adorabile sposa, ripartì con tutto il seguito per la sua regale dimora. Trasimeno e Agilla al settimo cielo per aver subito coronato la loro passione decisero di rimanere almeno per un po nei luoghi dell’incontro fatidico. L’idillio dei due proseguiva a gonfie vele e per i sudditi delle vicinanze vederli abbracciati e raggianti passeggiare nei boschi, cavalcare sfrenati o bagnarsi e divertirsi sulle sponde del lago era un piacere. Ognuno però auspicava da quel connubio tra un mortale principe etrusco e una avvenente creatura semidivina, di loro memoria mai accaduto, di presto festeggiare l’ arrivo di un principino da appagare la curiosità che tanto animava le loro serate chiacchierecce. Passò del tempo, non si sa quanto. In una serata di luglio, Agilla sempre più incantevole, sotto un cielo stellato col volto radioso sussurrò a Trasimeno di essere in dolce attesa. Il principe, esultò di gioia, la circondò di tenerezze e inviò all’istante un messaggero a informare il re, suo padre, al che la lieta novella si sparse velocemente e tutti se ne rallegrarono. I più facoltosi inviarono immediatamente doni favolosi, i meno iniziarono a costruire tutto ciò che reputavano esser benaccetto dagli sposi per quell’arrivo speciale, le ninfe a darsi da fare a migliorare l’habitat da renderlo ancor più prospero, ameno e sano. Nel fermento dell’attesa, benché la calura non dava tregua e in tutto il reame si ansava, i giorni sembravano volare. I due felicissimi sposi, colmati da ogni attenzione dalle ninfe e dai fedeli servitori del principe, passavan le giornate di canicola coccolandosi all’ombra di pini, querce e olivi, tra il canneto del lago, a riva spruzzandosi le fresche acque e ogni tanto appaiati nuotando, per lo più senza mai allontanarsi dalla costa per timore di compromettere la lieta attesa. Un pomeriggio mentre se ne stavan seduti e trasognanti con i piedi a mollo in quelle limpide acque, Trasimeno assorbì un tale benessere di refrigerio che lo eccitava a tuffarsi per ancor più goderne l’effetto benefico in una lunga nuotata. Tuttavia, pensando alla sua dolce sposa per un po resistette all’impulso, bensì la magia attrattiva di quel limpido specchio d’acqua invase la sua volontà e ad un certo punto abbracciò e baciò Agilla, sussurrò di amarla tanto tanto e si tuffò in quel placido acqueo verdeazzurro. Con l’irruenza della sua gagliardia regale nuotò e nuotò a tutta forza arrivando al centro del lago. Come fu come non fu lì il bellissimo principe sparì alla vista di Agilla che lo seguiva con l’occhio. Li per li pensò che volesse farle uno scherzo e nuotava sott’acqua. Ma il tempo passava Trasimeno non riaffiorava, l’’ansia saliva, la bellissima moglie-ninfa comprese che qualcosa non andava e all’istante si gettò per andare a soccorrer l’amato. Nuotò e nuotò, si tuffò e rituffò, cercò e cercò, in quell’acqueo trasparente il suo sublime principe non trovò. Per giorni e giorni, per notti e notti continuò a cercare, a invocare “Trasimeno, Trasimeno, Trasimeno”. Esplorò in lungo e in largo senza sosta il lago. Si appellò, fino allo sfinimento, alle potenze divine tutelari delle acque di restituirgli l’adorato marito finché la vana faticosa ricerca esaurì le sue energie e anch’ella sparì. Con immenso struggimento del re degli abitanti e delle ninfe l’idillio finì. Non la storia. Si riporta che i dimoranti di quei luoghi nel fruscio degli alberi che costeggiavano gli argini e delle canne che ne delineavano i confini iniziarono a percepire il lamento straziato di Agilla; nell’incresparsi improvviso delle acque i movimenti angosciosi della sua vana ricerca dello sposo; nel brillio delle onde i lucciconi delle lacrime e nel silenzio della notte la sua voce ripetere continuamente Trasimeno, Trasimeno. Siccome lo scandire il nome del principe, bello e innamorato inghiottito dalle acque, tutti lo distinguevano chiaramente, pian piano fece spander la convinzione  che era un segno degli dei, quel lago  doveva mantenere viva la storia e l’immagine del principe. Poichè  il lago in cui era sparito era proprietà del principe,  venne da se farne sua memoria. Fu così che quel magnifico specchio d’acqua umbro, fin allora senza un nome preciso,  venne tramandato al tempo come il lago del Trasimeno.  L’epilogo dell’amore tra il principe etrusco e della bellissima ninfa come era prevedibile  diffuse varie narrazioni. Certa narrazione riporta che il principe non era etrusco, si chiamava si  Trasimeno  ma era figlio del re Tirreno. Altra  un destino di coppia completamente diverso.  Alcuna sostiene che il principe Trasimeno da aitante guerriero riuscì a salvarsi dalla furia delle acque, mai più lasciò sola la sposa e alla nascita dell’erede si trasferì nellentroterra umbro e li vive e continua la sua stirpe.  Altra che fu rapito da un semidio invaghito di Agilla, fatto schiavo riuscì a liberarsi e tornare a casa ma giunto lo informarono che Agilla dopo aver dato alla luce un meraviglioso principino era svanita. Annichilito inveì contro tutti gli dei e per settimane ne mangiò ne dormì, poi  con l’aiuto delle ninfe superò lo choc, si dedicò al figlio che diventò un valoroso guerriero etrusco e a sua volta sposò una ninfa. altra ancora che la coppia sparita nelle acque, fu salvata dagli dei ma diventò invisibile  e ancor oggi vive vicino al lago  e in certe notti estive di luna splendente alcuni li vedono camminare  sulla riva  abbracciati e felici. Se li vede una coppia è benaugurante al futuro, se un solitario alla prossima luna incontrerà l’anima gemella.Tra le tante, varianti della mitica leggenda, una narra  che al centro di quello specchio d’acqua di origine misteriosa v’è una cavità segreta che ha  un potere di attrazione che spinge chiunque vi capita sopra a inabissarsi senza alcuna possibilità di riemergere. C’è da dire che tale ipotesi fiabesca  resiste al tempo tanto che nella tradizione nel bagnarsi in quelle acque ancor oggi si raccomanda prudenza, mai spingersi oltre i limiti dei paletti o in gommone, pattino o barca mai sostare al centro del lago. In relazione  va anche detto  che chi abita nei paesi prospicienti le sponde considera il lago infido e traditore, più la superficie si manifesta quieta più è pericolosa, invoglia a scartare la cautela per poi all’improvviso scatenarsi in un moto ondoso da trascinarti giù o ribaltarti e mai più farti riaffiorare. Tant’è che i pescatori prima di uscire in barca son soliti scrutarlo attentamente. Affermano che solo chi lo conosce bene riesce ad intercettare i segnali allarmanti che se vai  ti fregano.  Una convinzione che ho potuto costatare in vari episodi che è più di una popolar tradizione verbale. Diverse volte, in momenti di relax, con amici o parenti, a riva di una delle spiaggette del lago liscio come l’olio, da specchiare l’azzurro del cielo e tutta la vegetazione intorno senza il benché minimo tremolio, in pochi attimi abbiam visto la superficie del lago cambiar colore, sollevarsi, rimescolarsi in un moto ondoso violento e tra le sue acque sparire anche esperti e gagliardi giovani nuotatori, o gommoni al largo con coppie e amici, specie di forestieri, alzarsi, frullare e rovesciarsi i cui corpi poi cercati e ricercati mai recuperati. Solo in una circostanza e si gridò al miracolo. Il giorno dell’Assunta, una famiglia che stazionava nel campeggio vicino, attratta da quello specchio calmo e augurante a passare una giornata di acqua e sole tranquilla, uscita in canotto fu travolta dai flutti improvvisi e scomparve alla vista. Considerati i casi precedenti, tutti immaginarono il peggio, ma dopo tre giorni fu ritrovata tra le canne del lato opposto. Dopo esser stata soccorsa dai medici per qualche escoriazione, e rifocillata da acqua e cibo, assaltata di domande da giornalisti e curiosi non riuscì a spiegare il come si era salvata. Uno dei figli però disse che aveva visto una mano afferrare il canotto e depositarli nel canneto. Tutti l’archiviarono pensando a una fola fantastica del ragazzino. Mah…??? Ma fatto sta che la loro avventura finita bene suscitò una serie di deduzioni, tutte geniali, nessuna dimostrabile. Dopo mesi fu definita un mistero.

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Come sia nata la leggenda dell’amore tra il principe e la ninfa non si sa, di certo nella storia c’è il lago Trasimeno che per la amenità che ispira il luogo e la bellezza cromatica cattura l’attenzione di chiunque vi capita.

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per la cronacail lago Trasimeno è situato a nord-ovest dell’Umbria, nella parte al confine con la Val d’Orcia della provincia di Perugia.

È noto per la peculiarità di essere tettonico, vale a dire plasmato dal riempimento di una cavità della crosta terrestre; come lago più esteso di tutta l’Italia centrale, nonché per una famosa battaglia tra le legioni del cartaginese Annibale e quelle del console romano.

Il nome trasimeno secondo gli storici deriva dal nome della montagna a nord del lago, in tempi lontani definita – oltre il monte imeno- per cui nella realtà le origini del nome nulla hanno a vedere con la leggenda del principe e la ninfa.

Il lago, prima di essere identificato in modo univoco come lago Trasimeno, ha subito una serie di nomi, Clitonio, Agillino, Umbrio, Plestina , Lago di Perugia, acqueo dolce…

A volte è definito il lago del verde cuore d’Italia.

Ospita tre isole: Polvese, Maggiore, l’unica con abitanti , Minore.

É ricco di pesci d’acqua dolce, carpe , tinche lucci, persici reali, anguille.

Le colline che l’attorniano sono l’anfiteatro della produzione vinicola e dell’olio extraveergine.

Dal 1996 ogni anno a luglio grazie al festival trasimeno blues attira da tutto il mondo turisti appassionati di musica blues.

 

Un pensiero per te

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Un pensiero per te non manca mai e non può mancare. Anche se i giorni si succedono uno dopo l’altro, a volte a una velocità impressionante da frastornare, altri lenti da snervare, in tutti prima o poi il pensiero trova uno spiraglio per collegarsi a te. Lo trova perché non c’è nulla di questo mondo che lo può occupare al 100% . Né c’è dell’altro che può ammaliarlo, impadronirsi dell’anima, inaridire la sua sorgente vitale e scollegarsi da te. Il tempo passa, in bene e in male si accumula sul mio vissuto, segna il mio volto ma non esaurisce ciò che ho nel cuore. Sempre intenso e profondo il sentimento. Sempre viva è la tua presenza, mamma. Forse sei stupita di come il mio pensiero rimane abbarbicato a te. Lo sono anche io. Non più di tanto però. Sapevo che ciò che ci legava era molto più di quel che era manifesto, più di quel che comunicava nei gesti e nelle parole, quel che appariva l’una dall’altra all’esterno. Almeno da parte mia. Un tanto per carattere un po’ silenzioso, un tanto per inabilità a trasferire nel visibile ciò che realmente è il sentire interiore. Un po mi cruccia non aver corrisposto con la stessa esuberanza che emergeva da te. Quasi certamente ti avrei reso felice. Ma chi meglio di te poteva già sapere che quel che si agitava in me non era uguale a quel che affiorava in superficie.  Poteva intuire quanto ami illimitatamente. Che mai e poi mai per nessuna ragione mi distacco. Che l’affetto, l’attaccamento, ciò che ci univa era inscindibile al pensiero.

Oggi più che mai quel pensiero che in ventanni mai è mancato vola a te e ti abbraccia.Ti abbraccia come mai è riuscito a fare.  Con tutto il calore, la tenerezza, la gratitudine del dono della vita, la gioia del tuo sorriso che serba in cuore  e fa risplendere anche la giornata più grigia.

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Day Repubblica Italiana

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Oggi, a Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica e delle alte cariche dello Stato, si solennizza il 77° anniversario della Repubblica Italiana. Ovviamente è una celebrazione assai importante per tutta la nazione in quanto la ricorrenza suggella l’inizio di un nuovo cammino storico-politico di vita comunitaria. Di pari passo ricorda a tutti gli italiani che ciò non è scaturito dal nulla ma dalla volontà del popolo di iniziare un percorso nuovo libero e repubblicano dopo averne subito uno assai doloroso e travagliato. Naturalmente i festeggiamenti per l’anniversario della Repubblica non si fermano a Roma ma coinvolgono tutto il resto del paese , dai capoluoghi di provincia ai paesini più piccoli e anche isolati , magari in forma meno pomposa, tuttavia in ogni lugo con grande riguardo partecipativo all’essenziale peculiare di un giorno che ha cambiato il futuro istituzionale della collettività.

Il 2 giugno è e rimane un giorno fondamentale, ed è l’’occasione speciale da festeggiare con gioia di spirito e mente da tutti gli italiani, soprattutto per rimembrare, a destra sinistra centro, che la Repubblica, di cui da 77 anni beneficiamo di pregi e difetti, è regolata dalla carta Costituzionale. Carta Costituzionale che discende da una eroica resistenza, e che nei suoi primi punti non può che ribadire i concetti che l’hanno motivata:

L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. -Art. 1,1-

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. -Art. 3-

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. -Art. 4-

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo. -Art. 11-

Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. -Art. 36,2-

Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico. -Art. 48,3-

Per concludere…Oggi come oggi, con tutto ciò che ci circonda e ci sommerge di fatti non proprio tranquillizzanti, solennizzare l’anniversario della nascita della Repubblica Italiana è più che indispensabile è estremamente incisivo per giovani e meno, particolarmente per non commettere errori di valutazione e disperdere un patrimonio di valori fondanti, di vita libera e socialmente paritaria in diritti e doveri. Quindi, come ha detto un giorno il nostro Presidente il 2 giugno…

2 giugno -

Quindi…Felicissimo day repubblicano a noi tutti! Perché, come in  altro giorno un po più remoto disse il mai scordato presidente S. Pertini: “È meglio la peggiore delle democrazie della migliore di tutte le dittature.”

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per la cronaca…

si potrebbe dire che La Repubblica Italiana ha tre date di nascita: la prima, il 25 aprile del 1945, giorno della liberazione d’Italia dall’ oppressione nazifascista. La seconda, il 2 giugno del 1946, day del referendum , repubblica o monarchia? Naturalment il 54,3%, degli italiani, con 12.718.641 voti contro 10.718.502, dopo 85 anni di regno, optò per la repubblica, tuttavia la Corte di Cassazione solo il 18 giugno ne confermò la vittoria. La terza, il 1 gennaio del 1948 allorquando venne promulgata la Costituzione.
-Il referendum ,repubblica o monarchia? fu la prima votazione a suffragio universale.
– passata da monarchia a repubblica ai regnanti di casa Savoia non restò altro che andarsene dall’italia. di fatto furono costretti a esiliare e da allora tutti i discendenti vivono in altre terre .
-anche se la vittoria della scelta della forma istituzionale venne confermata dalla Corte di Cassazione il 18 giugno, i festeggiamenti per il nuovo assetto del paese sono stati fissati al 2 giugno.
-di solito le cerimonie per l’anniversario della repubblica prendono avvio alla presenza del Presidente della Repubblica con la deposizione di una corona all’Altare della Patria, per poi proseguire , con la partecipazione di istituzioni e popolo ai fori imperiali per assistere alla tradizionale sfilata di tutte le componenti delle forze difensive e in attinenza, nonchòè lo spettacolare passaggio acrobatico delle frecce tricolori .

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Pentecoste: il sigillo di fuoco

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La Solennità di Pentecoste è una delle feste più importanti del calendario liturgico in quanto con la discesa dello Spirito Santo su Maria e gli apostoli, riuniti insieme nel Cenacolo, Dio mette il sigillo di fuoco nei  fedeli, uniti nel Nome di Gesù. 

Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi» (At 2, 1-4).

In un certo qual modo la discesa dello Spirito Santo sotto forma di lingue  di fuococompleta l’incarnazione, gloria la promessa di Gesù: Io pregherò il Padre, ed Egli vi darà un altro Paraclito, un altro Consolatore, che rimarrà eternamente con voi “e segna l’avvio della chiamata missionaria della Chiesa. Chiesa come universalità del Risorto in cui gli Apostoli sono rivestiti di Spirito Santo per annunciare al mondo quel Verbo eterno, crocifisso e risorto.

Cos’è lo spirito Santo? E’ la luce di verità, il sigillo di fuoco che  guida nel cammino dell’amore in Cristo, pastori e agnelli.  
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Si può dire che La Pentecoste è una solennità che ricorre nel 50° g. dopo Pasqua esalta quell’operare misterioso di Dio Uno e Trino!

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…..per la cronaca

Inizialmente lo scopo primitivo della festa di Pentecoste era agricolo. Una lieta festa chiamata “festa della mietitura”o “dei primi frutti”. Si celebrava il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua in ringraziamento a Dio per i frutti della terra. In altri passi era nota come “festa dello Shavuot, cioè delle Settimane poiché cadeva sette settimane dopo la Pasqua. Presso gli ebrei indicava anche l’inizio della mietitura del grano. Ma, a poco a poco , gli Ebrei le diedero un significato nuovo tant’è che la Pentecoste divenne “il giorno del dono della Legge” e alla vigilia della festa a ogni israelita era fatto obbligo di passarlo a leggere la Legge. Tuttavia, la Pentecoste era una delle tre festività, dette Shalosh regalim, feste del pellegrinaggio a Gerusalemme di tutti gli uomini. Comportava l’astensione totale da qualsiasi lavoro, un pellegrinaggio a Gerusalemme di tutti gli uomini, un’adunanza sacra ‘asereth o ‘asartha e particolari sacrifici.

La Pentecoste cristiana viene celebrata già nel periodo apostolico .Tertulliano è il primo a parlarne, come di una festa ben definita, in onore dello Spirito Santo. Nell’iconografia descrittiva difficilmente Lo Spirito Santo è stato raffigurato sotto forma umana. Nell’Annunciazione e nel Battesimo di Gesù è presente sotto forma di colomba e nella Trasfigurazione come nube luminosa. Sebbene più volte preannunciato nei Vangeli da Gesù, è nel Nuovo Testamento che viene rivelata la personalità della divinità dello Spirito Santo.

 

 

 

 

invocazione per la pace a S. Rita

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Oh ammirabile Santa
perla rara del cuore di Gesù
tenerissima madre e sposa
votata a servire e soccorrere
e da dio eletta avvocata
delle cause impossibili
afflitti e disperati
da odi e discordie
che impediscono la pace
a Voi oggi con devozione
preghiamo e ci affidiamo
per intercedere grazia
di liberarci dall’incubo
di guerre e oppressioni.
Oh, Gloriosa santa Rita
dal cuore colmo di amore
serva fedele di Cristo
avvovcata della nostra speranza
umilmente Vi imploriamo
che nessuno in terra abbia più
da soffrire e spargere lacrime
per inimicizia e guerra.
Beatissima Santa della spina e della rosa
delle cause perse e disperate
ma a Voi rese da Dio possibili
onorandovi vi preghiamo
elargite a questa umanità
armonia e sollievo.
Oh, prodigiosa Santa
angelo di concordia
ricolma di virtù
intercedi per noi clemenza
da far rifiorire la pace in ogni angolo della terra.

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Grazie amatissima Santa della mia terra. Di certo so che ascolti chi a te si rivolge con mente e spirito  fiduciosi.

L’artigiano, simbolo della dignità del lavoro

Chi è L’artigiano simbolo della dignità del lavoro? È SAN GIUSEPPE!

Eh si, proprio Lui, sposo di Maria vergine e padre putativo di Gesù. Il Giuseppe la cui celebrazione solenne come pater familia ricorre il 19 marzo ? Si! Allora? Allora la cui festività è anche il 1° maggio! Com’è? Com’è com’è… è per celebrare l’artigiano Giuseppe! Da quando? Da quando papa Pio XII nel 1955 , scelse il primo maggio, festa del lavoro, per ufficialmente eleggerlo patrono degli artigiani e degli operai! Lo scopo? Beh, lo scopo di commemorare san Giuseppe in questo giorno in primis è identificare la dignità dell’uomo nel lavoro, quindi funzionale alla sua rispettabilità nel contesto sociale nonché di completezza al suo essere. Per cui riconoscere il lavoro partner essenziale dell’esistenza umana, ma anche sottolineare che la necessità di dover svolgere un lavoro per dovere di sussistenza di se e di chi convive non è affatto degradabile, anzi come esplica l’esempio di Giuseppe è traino di elevatezza gratificante. Sinteticamente? Per sintesi dare un senso pieno alla vita e al viverla! O, ritenere la fatica un valore primario complementare alla soddisfazione umana, in qualità distinzione, proprietà , beneficio . Perché l’artigiano simbolo della dignità del lavoro è san Giuseppe? Intanto perché sembra appurato che era un artigiano del legno, un falegname, che all’occasione sapeva sbrigarsela anche come fabbro e carpentiere. Tant’è che nel Vangelo viene chiamato fabbro. Mentre Gesù chiamato “il figlio del carpentiere” e quando lo udirono insegnare nella sinagoga, dissero di lui: “Non è Egli il figlio del legnaiolo?”o in altra occasione con stupore e disprezzo: “ Non è costui il falegname?.” Quindi un lavoratore vero. Un instancabile operaio in proprio, che tutti i giorni, nella sua bottega artigiana, dal mattino alla sera guarnito dei suoi strumenti, pialla, martello scalpello …creava oggetti di legno, riparava, faticava, sudava. Poi perché pur essendo di nobili origini ma squattrinato non ha avuto nessuna difficoltà a chinare la testa, mettere a frutto mani e capacità. Per così dire ne sentirsi sminuito in dignità, ne del suo valore di uomo, marito e padre a lavorare sodo. Il che è assai per qualificarlo a immagine simbolica del mondo operaio. Poi per la funzione fondamentale che attribuisce al lavoro nella esistenza umana: sia come senso di responsabilità; come mezzo indispensabile qualificante l’individuo, sia all’adeguarsi alla sua dura legge, identica per tutti, per garantire un minimo status di agio ai propri cari in relazione alla comunità. In un certo qual modo per essere esempio concreto che l’occupazione è un impegno personale essenziale per gratificare l’esistenza propria e altrui per cui di rimando il lavoro è un diritto umano e sociale che non può essere eluso o precluso a nessuno da nessuna civiltà.

Detto ciò è facilmente intuibile il perché tra tanti santi proprio S. Giuseppe e non un altro è stato scelto a esprimere simbolicamente la dignità del lavoro. Inoltre il suo svolgere un tipo di operosità artigiana, quindi abile nel fabbricare oggetti utili alla collettività avvalora il simbolismo. Per quale motivo? Lo avvalora come modello onorario di piccola impresa che nella storia del progresso è sapere che diventa cultura del lavoro, fonte di conoscenza da trasmettere, radice di ogni piccola industria o grande imprenditoria e parte fondamentale della produzione. È da una “bottega” come quella di san Giuseppe che si acquisisce maestria per evolverla e trasformarla in industria. Purtroppo, oggi come oggi, per imbecillità, speculazione, profitto, globalizzazione, mancanza di stima in attività manuali e sottovalutazione della competenza, eccessiva ricerca nel sudare poco e guadagnare molto se non farsi pagare per starsene in ozio, queste preziose botteghe stanno scomparendo.

Per concludere, non c’è che dire, con papa Francesco suo grande devoto “Celebriamo san Giuseppe lavoratore ricordandoci sempre che il lavoro è un elemento fondamentale per la dignità della persona”. “ preghiamo che nessuno resti senza lavoro” “Chi lavora è degno, ha una dignità speciale, una dignità di persona: l’uomo e la donna che lavorano sono degni” ci sono tante persone “che vogliono lavorare e non possono». E questo “è un peso per la nostra coscienza, perché quando la società è organizzata in tal modo” e “non tutti hanno la possibilità di lavorare, di essere “unti” dalla dignità del lavoro, quella società non va bene: non è giusta! Va contro lo stesso Dio, che ha voluto che la nostra dignità incominci di qua.

Magari nell’invocare questo santo protettore di falegnami, ebanisti e carpentieri, senzatetto e persino dei Monti di Pietà e relativi prestiti su pegno, immagine significativa della nobiltà del lavoro e di chi lo esercita, non fa male rammentare che anche la nostra costituzione lo ribadisce.

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Con l’immagine iconografica di san Giuseppe* , auguro a tutti di avere già una degna occupazione oltreché una notte di sereno riposo.

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per la cronaca:

Giuseppe era, come Maria, discendente della casa di Davide e di stirpe regale.

– Di lui non si sanno molte cose sicure, se non quelle riferite dagli evangelisti Matteo e Luca. Tuttavia nei cosiddetti vangeli apocrifi i narratori, intorno alla sua figura si sono alquanto sbizzarriti in notizie e storie leggendarie ma per lo più a cominciare da s. Agostino e San Girolamo ritenute inattendibili. Comunque quella che riporta del suo bastone prodigiosamente fiorito determinando nella “gara”tra contendenti la sua scelta a sposo di Maria popolarmente si è piuttosto divulgata e accreditata. Benché a tale leggenda si potrebbe anche dare un significato allegorico di passaggio tra il Vecchio e il nuovo testamento.

-In Oriente san Giuseppe è venerato dal IV secolo, in Occidente da verso l’ XI.

Nei secoli, la sua devozione ha raggiunto grande popolarità. Prova ne è la presenza di reliquie in vari luoghi : Notre-Dame di Parigi custodirebbe i due i anelli di fidanzamento, suo e di Maria; la chiesa parigina dei Foglianti i frammenti di una sua cintura; Perugia il suo anello nuziale; la chiesa di S. Maria degli Angeli in Firenze dei camaldolesi il suo bastone; Aquisgrana le fasce o calzari che avrebbero avvolto le sue gambe.

il nome Giuseppe, di origine ebraica sta a significare “Dio aggiunga”, tra i cristiani iniziò a diffondersi già agli albori del suo culto e si accrebbe assai nel tempo, in Europa soprattutto nell’800 e 900.

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* di s. Giuseppe, già Pio IX aveva in qualche modo riconosciuto la sua importanza come lavoratore quando, l’8 dicembre 1870, lo proclamò santo patrono universale della Chiesa.

*frammento di un opera di Gerrit- van- honthorst esposta all’ermitage di san pietroburgo.

Giovedì Santo

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Il giovedì santo è il giorno della Settimana Santa che conclude la quaresima e da avvio al cerimoniale basilare del mistero di Cristo, il Truido Pasquale. Ossia dei tre giorni conclusivi della vita terrena di Gesù Cristo. Per meglio dire richiama alla memoria tutti gli avvenimenti legati a Gesù, dalla cena con gli apostoli alla passione crocifissione, morte, fino alla resurrezione tre giorni dopo.

Il Triduo,  si può dire, il memoriale, cuore pulsante  dell’essenza della fede cristologica. Secondo il Rito Cattolico Romano inizia proprio ai Vespri del Giovedì Santo con la Messa in Coena Domini o Cena del Signore o del Crisma, poiché si consacrano gli oli santi, e si conclude con i Vespri del giorno di Pasqua.

Il rituale evocativo del Giovedì Santo, in primis ricorda l’istituzione dell’Eucarestia. Quel “cibosacramentale simbolo della consegna totale della vita di Gesù, di una nuova alleanza tra Dio e gli uomini, attraverso un pane spezzato e del vino versato durante l’ultima cena con gli apostoli. E preso un calice, rese grazie e disse: “Prendetelo e distribuitelo tra voi, poiché vi dico: da questo momento non berrò più del frutto della vite, finché non venga il regno di Dio”. Poi, preso un pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me”. Allo stesso modo dopo aver cenato, prese il calice dicendo: “Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi”.

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Cena nella quale col cerimoniale della lavanda dei piedi memora l’amore che si fa servizio e dono. Eh, si, Cristo lo afferma nel momento in cui Lui, il Signore, il figlio di Dio, generosamente fattosi umano, con grande umiltà si inginocchia davanti agli uomini, suoi discepoli, per lavare loro i piedi. Durante la cena, …., Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani e che era venuto da Dio e a Dio ritornava, si alzò da tavola, depose le vesti, prese un asciugamano e se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell’acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l’asciugamano di cui si era cinto. Venne dunque da Simon Pietro e questi gli disse: “Signore, tu lavi i piedi a me?”….Gli rispose Gesù: “Se non ti laverò, non avrai parte con me”. …..”Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese le sue vesti, sedette di nuovo e disse loro: “… Voi mi chiamate il Maestro e il Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri.”

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Di seguito rammenta quella del ministero sacerdotale ” Andate e diffondente nel mondo la Parola in verità”

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e del comandamento dell’amore fraterno.”  Amatevi l’un l’altro come Io ho amato voi”

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La Messa in Coena Domini del  giovedì Santo non termina con l’ite missa est ”la Messa è finita” bensì con un momento di raccoglimento  che in silenzio vivifica l’agonia di Gesù, raccolto  in preghiera col Padre, nell’orto dei Getsemani.

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