Cara amica donna

urlo

 

Cara amica donna,

Oggi è la nostra giornata. Da 17 anni è la nostra giornata.  Ma oggi non può essere la solita giornata. Una giornata per scendere in piazza tutte agghindate, sfilare come un gregge di belle pupattole per giungere, sotto gli sguardi crucciati da ipocrisia, davanti a un palco infiocchettato per ascoltare questo o quello che snocciola una sequela di insulse parole su noi, la violenza, i diritti violati e altre castronerie di genere. Parole che ogni anno s’abbarbicano a migliaia ai fissi lampioni di strade e piazze, ma li rimangono e li rinsecchite muoiono, a noi nulla cambiano. Nulla cambiano, o pochissimo cambiano, se ogni giorno, ciò che ieri, oggi spiattellano con tanta foga di far questo e quello, per far sparire dal nostro quotidiano vivere oltraggi e violenze, oggi, domani, succede, risuccede e risuccede. Oggi o domani, allo stesso modo di ieri risuccederà a donne di tutte le età, in tutti i posti, in tutte le culture, in tutte le case. Risuccederà perché son parole sterili di celebrazione tanto per e non per. Risuccederà finché noi cara amica donna, leccandoci le ferite fisiche, morali e psicologiche, ci accoderemo alle parate manifestaiole su violenze e diritti sperando che ci cambino il nostro pesante violato quotidiano. Cara amica donna, oggi è la nostra giornata internazionale, rendiamola veramente internazionale. Vestiamoci, agghindiamoci, facciamoci belle e splendenti di femminilità, usciamo dai nostri recinti, andiamo in mezzo a una piazza, un parco, una stazione, una metropolitana o in qualunque luogo non a sfilare, a urlare, a urlare, a urlare a squarciagola tutta la rabbia in corpo di secoli di disparità. Ascoltare non è servito e non ci serve se non a farci considerare delle porine che muoiono a grappoli in ogni parte del mondo senza una benché minima ragione che non sia quella dell’uso e abuso della nostra esistenza. È ora di opporsi a queste giornate inflazionate  salva coscienze, improduttive, a volte pure farsesche con quei feticci rossi che danno visibilità a scarpe e scarpette ma evaporano corpi e anime di chi le indossava. Donne. Donne come me e te cara amica ammazzate, stuprate, seviziate. Donne che non potranno più indossare ne quelle ne altre scarpe. È ora di urlare, urlare tanto forte affinché l’urlo ovunque rimbombi e l’onda del suo eco provochi uno tsunami così potente da sommergere i discorsi sterili e faccia sorgere un altissimo pilastro di fermezza e forza femminile interagente. Nello zoo di una società contemporanea iper tesa a globalizzare tutto e tutti depauperando senza alcuna remora contenuti, pensiero, valori, costumi, storia, cara amica donna è assurdo andare alla ricerca di diritti davanti a un palco. Oggi ci rintronano di NO alla violenza. Di promesse e promesse. Domani ci ammazzano e con quattro paroline di circostanza e una statistica ci liquidano.

Per camminare libere amica donna  bisogna estirpare le gramigne d’ogni tipo, quelle del:pregiudizio immoralità, indifferenza, menefreghismo sociale, schiavismo psicologico, uso e abuso del corpo, ricatto economico, credenze religiose, asservimento al potere, ignoranza, sottosviluppo culturale, e potrei continuare con una infinità di altre specie molto più subdole. Cara amica donna comprendo che non è facile estirpare la violenza che cresce più veloce della gramigna, specie se nel mentre si cerca di estirparla con unghie e denti altri la ripiantano e altri le cambiano parvenza. È difficile, faticoso e può essere pure molto doloroso ma…Ma dobbiamo farlo, almeno provarci. Solo noi possiamo svellere le erbacce cresciute in ogni contesto e in ogni civiltà, anche nella più evoluta, e che da secoli ci subordinano a uno status quo di ingiustizia più o meno mascherata. Non siamo pupattole allocche, reggiamo il mondo, da sfruttate ma lo reggiamo. Cara amica donna sembra sia il maschio a reggerlo, in realtà ci usa e abusa a suo tornaconto e se ci scrutiamo fino in fondo, dobbiamo ammettere che lo abbiamo e lo lasciamo fare, talvolta pure con compiacimento. Oggi non basta più denunciare un abuso, è giusto farlo e bisognerebbe incrementarlo ma il tam tam mediatico e la vergogna che ne conseguono, è cronaca, uccidono quanto una mano violenta. Oggi dobbiamo scrollarci paure e remore urlare e urlare per far crollare le resistenze che ci tengono schiave di gramigne. Francamente però cara amica donna dobbiamo anche decidere se vogliamo essere delle ruspe conquista diritti o delle ruspette che si limitano a rivoltare qualche zolla senza rovinare il giardino in cui prosperano violenza e antidiritto. Decidersi se vogliamo la dignità, il rispetto, la parità, la libertà di camminare, amare, procreare, lavorare, essere donne autonome, consapevoli portatrici di valori millenari. Decidersi se vogliamo cambiare il mondo della donna, almeno sferrare un duro colpo a tutte le violenze e le violazioni alle donne o seguitare a sperare che il mondo cambi l’uomo per toglierci la violenza che ci inchioda destini e futuro. Non succederà mai e lo sperare continuerà a uccidere, donne su donne. Decidersi cara amica significa però decidersi a estirpare dalla nostra testa qualche debolezza, legittima ma dannosa. Significa rifiutare un modo sbagliato di farsi stimare, amare, considerare puntando sul genere e non sul valore intrinseco del genere. Quindi cara amica significa rifiutare l’uso del corpo, dell’anima e della mente per una carezza, un obolo, una visibilità, una poltroncina. Perché amica mia la violenza fisica è tragica, ti uccide, ti rompe le ossa, ti deturpa il viso, ti strappa la pelle ma quella psicologica ti annulla, ti rende una zombie vivente. Ma ciò che è peggio ti fa vittima e complice, sponsor di quel sistema che oggi vuoi, speri di combattere ascoltando prolissi davanti a un cinciallegro palco, una TV e in qualunque altro approntamento evocativo.

Per concludere, cara amica donna oggi è il nostro giorno per iniziare a mettere in soffitta tutte l’anti : No violenza, basta violenza, fermiamo la violenza ecc ecc. che non fermano la mano della violenza e non concedono eguaglianza di diritti. É il giorno di uscire a urlare, urlare, urlare a squarciagola finché una gragnola di pietroni non si stacca dalla montagna dell’ipocrisia e abbatte chi della violenza ne fa una bandiera ideologica, chi un business, chi un fregio corporativo, chi un uso per mantenere tradizioni, chi un sottopotere per aumentare il proprio potere. Ovvio cara amica donna non è da me la prepotenza, non sei obbligata a uscire e urlare. Se preferisci resta pure in casa, ma nel leccarti le ferite in silenzio, pensa a quanto è liberatorio un urlo. Chiudo questa mia, lasciandoti un interrogativo: come farai a sopprimere la violenza che ti rende “schiava” se non inizi a fare squadra?

Ciao, comunque hai un amica che per te prega.

dif

 

La “monoprintvagina”

-vagina_painting In una società sempre più spersonalizzante e privativa di contenuti intimi di certo non può mancare l’esibizionismo sfrenato del proprio corpo. Basta dare un occhiata in giro per trovare “offerte” di nudi maschili e femminili in tutte le salse. A volte gustose. Altre indigeste. Non tanto per una questione di pudicizia o moralità, quanto per la vacuità dell’offerta, volta all’accaparramento di un “social obolo”. Un mostrare “come mamma m’ha fatto” (i più dopo interventini estetici con bisturi, palestre, photoritocchi..) per incettare: quel like che pavoneggia l’umore se piove a catinelle ma anche lo sotterra se resta secco; quella follower stalker cortigianeria che più ti tampina e più voli sui sentieri..(sic) dell’autostima; quell’ipocrita consenso che alza l’ attenzione e mette i culetti, weee.. ben vestiti, in poltroncine di media talk che tutti definiscono trash ma chissà perché in tantissimi ci rovistano come se fossero cassonetti  d’aromatica immondizia beatizzante le moltitudini.

E l’arte? L’arte sempre un passo avanti nella società che fa? L’arte che nel corso storiografico ha magnificato il nudo sta alla porta o?…Assolutamente no. Neanche per delirio collettivo l’arte rimane al palo! Non può screditare se stessa, deve mantenere la sua nomea avanguardista. Infatti, daje qua cerca la,, dopo i nudi classici, quelli eterei, smembrati, cubettati, moltiplicati, la merda, il piscio, la macchina fabbrica stronzi, la “plogegg”- l’uovodonnagallina-, la “mirror box” -masturbeperformance-, i fotonudisessomassa, gli scrittovestiti, Shit and die,, tanto per esiguo  rinfreschio mnemonico, che te escogita il mondo artistico? Che te elucubra per surclassare l’inflanzioname socialnudo? ..Ovvio come il sole che sorge, l’uso delle parti intime! Sarebbe ??? …Sarebbe il corpopennello! Boooh non afferro…afferra afferra… È semplice, afferra capelli, falli, tette, capezzoli e…intingili nel colore poi spennella chi, dove e come ti pare e..e..voilà un bel colorcorpopaints hai al mondo  da sfoggià! Dici?. Dico e funziona a… dollaroni ! L’australiano “penepaints” pare che per ogni ritrattino ci becca minimo un millino di $. Anzi la sai l’ultima? Tanto per non fasse mancà nulla e per aggiustà la parità  pene-vulva il contemporaneo giardino artistico sfoggia nelle sue recinte aiuole un nuovo esemplare: la “paintsvagina”! Sgunz, vuoi di’ la “passerinacolorata”? Yes! Sgunz arcisgunz…col pene capisco ma, perbaccolina me pare impossibile creare un opera “d’arte” con la vulvetta. Niente affatto. Prendi un bel pennellone, meglio se di pelo di visone sennò te urtichi, lo intingi in un bel colore, che so vermiglio, te spennelli ben bene l’inguine e l’intorno, il dentro e fuori de la tua dolce femminilità, te sdrai a pancino in giù su una tela colorata, che so di nero per aumentà l’effetto, te strusci e te ristrusci, te giri a cerchiello o te manovelli in alto e in basso, sempre premendo ben bene neh, e te stampi la tu bandierina genitale  ovvero te realizzi un “monoprintsvaginale”. Sgunz! Puoi ben dirlo Sgunz si, ma lontano più della galassia ancor da scoprire da quella vagina “origine del mondo” di un certo G. Courbet. Anzi non te meraviglià se quella era una passera  che mirava all’alto, te apriva “un mondo” di spiritualità e te faceva pensà a un miliardo de cose nobili e questa invece che mira alla materia, al basso te fa solo domandà: ma sta monovaginaprints che te vol significà che è arte, voglia de usarla e fattela usà, mostrà al mondo la propria pisellina quant’è bella, escogitamento per esorcizzà il proprio strumento riproduttivo, un modo per asessuà l’erotismo, esaltare l’appartenenza a un genere o vattelapesca. Struscia, struscia, stampa e ristampa, a parte il colore, la monostampaspasserina, – monostampa che niente a che spartì con quelle di Dùrer, Rembrandt e Goya molto con la sindrome de Courbet- non so a te, a me fa venì na noia mentale che se ho voglia di usarla me passa. Oh, manco un pizzico de perfida sessualità me suscita! Al massimo me fa sgranà gli occhi. Vero che la creatività è infinita e in arte non è ammesso il pregiudizio e nulla vi è di così astruso da respingere a priori tuttavia la paroletta creatività non me risulta che è sinonimo di arte. Almeno non a me. Per altri può essere ma.. me dissocio, anche perchè “l’eccitazione collettiva” in qualunque forma me fa scattà la paintsreticenzaestemporanea con brufoli gratterecci.. Non voglio però  spartì sentenze affrettate ma.. o so così matusa nel pensiero che non so vedè l’arte dove c’è, o l’arte è così miserrima di talenti da pescare nelle fogne per tirarne fuori uno, o è tanto stufa dell’estetica che ha delegato all’estrabiliamento guardone la sua nobiltà espressiva per non dire la sua mestria tecnica Tuttavia…tuttavia non mi stupisce l’artista, – artista? si fa per dire -, porina, ce ricava e ce  magna, semmai mi stupisce chi l’ascrive tale e classifica le monotele con su stampata una casuale passerottina opera d’arte. L’è pur vero che  in una società mostraiola di un bello rifatto, ritoccato e taroccato, incline al culto litania massifico del tutto è bellezza se lo metto in vetrina, bensì ciò che offre nelle sue “vetrine” il più delle volte tutto è o può essere tranne che bellezza  perché le manca quel connubio di raffinata armonia tra materia e spirito, quella virtù di elegante purezza estetica e quel senso proprio di visibile unicità dell’essere per essere che penetra nell’anima, che pure un fallo o un vagina paints può trovar ragione espositiva. Però, però è assiomatico non basta un corpo, un genitale per elevar lo spirito del bello, quello che te malia e fa salire alle stelle l’emozione, trascina nel fantastico mondo dell’arte immortale. Te po’ incuriosì, fa’ tappà gli occhi e a volte pure il naso, solleticà la pruderie  ma non te fa mai esclamà con gaudio che arte, che artista!

paint vagina

bydif

le immagini le ho prese dal web: in alto una “monovagina paintg”, in basso un “artista” in fase realizzativa della sua intimamonoopera.

Inganno

 

vero falsoLa realtà non ha una logica univoca, muta da percezione a percezione, da criterio a criterio. Talora è visione così soggettiva da gabbare il senso effettivo e trasformare l’inganno ottico in comoda verità. Certo, la realtà adulterata è meno aspra e più gradevole da alloggiare ma scardina i confini tra obiettività e illusione facendo perdere l’orientamento all’evidenza con il rischio che alla fine la sovverte e… e nel ribaltamento può essere che….

La Montagna Balla Al Sole

Il Cielo Smarrisce Nel Fiore

La Luna Allaga Il Mare

Il Buio Froda La Luce

L’ombra Inghiotte La Strada

La Verità Si Tuffa Nella Nebbia

L’ozio Trastulla Il Vizio

Il Senno Abbraccia Il Capriccio

L’imbecillità Veste Il Sapere

La Giustizia Sposa Il Potere

L’ Onore Gratifica La Corruzione

L’ingordigia Dirige La Fame

La Guerra Si Traveste Da Pace

La Democrazia Nutre L’arroganza

La Miseria Soccorre La Banca

La Società Stringe Indifferenza

Il Denaro Compra Apparenza

Il Cinismo Domina L’esistenza

Il Cuore Mitraglia L’amore

L’operaio Premia Il Padrone

Il Parassita Tracanna L’errore

L’imbroglio Frega La Convinzione

L’unione Spaccia Emarginazione

L’occhio Valora L’interpretazione

L’ Informazione Sposta Visione

L’occasione Cavalca il Bidone

La Dignità Monta Il Barcone

Il Cacciatore Si Fonde Nel Fango

La Lealtà Fugge Nel Capanno

Il Coraggio Sublima La Fuga

La Cosca Infernale Avanza

L’egoismo Suicida La Speranza

La Morte Inneggia Alla Vita

L’oratore Gli Cambia Filosofia

La Paura Arruola La Follia

L’assente Spare Nell’evidente

L’evidente Mistura L’inesistente

La Truffa È Pratica Ricorrente

L’assurdo Insacca L’innocente

L’idiota Si Immola Per Niente

Il Presente Cassa Il Seguente

L’orecchio Sussurra Al Sordo

Al Mondo Si Quadra In Tondo

La Vista Cattura L’inganno

La Gente Lo Mira E Rimira

Conclude È Solo Percezione

Il Vero È Mera Interpretazione

Muta Da Opinione A Opinione

bydif

Auguro a chi passa un ottima settimana di  lavoro e relax  e… 

….e di non scordare che:

” per essere ingannati basta ospitare chi inganna”  

 

 

 

Una luna piena extra large

luna extra

 

Eh si,  stasera, alzare gli occhi al cielo per guardare il bel faccione della luna al perigeo non sarà come al solito. Perché? Perché la “signora” della notte dalle 21,09 si offrirà alle viste di romanticoni, astrofili studiosi o appassionati, semplici curiosi in un modo eccezionale: più grande e splendente. Ebbene si, quella di stasera sarà una luna piena extra large e extra lucentezza! Perdere la sua esibizione è perdersi una cosa straordinaria, poichè non è un evento di plenilunio di routine, è più raro, tant’è che l’ultima volta che s’è potuta osservare la luna in siffatta veste risale al 26 gennaio del 1948, ben 68 anni fa e il prossimo fenomeno atipico lo esibirà nel 2034, tra 18 anni. Quindi meglio godersi lo spettacolo di questa luna super super moon tanto più che è gratis, infatti basterà stare col naso all’aria sul terrazzo di casa o andare in qualche posticino buio un po’ elevato per goderselo e per freddolosi e pigri c’è pure la possibilità di ammirarla in streaming. Ovviamente data l’eccezionalità in cui la luna stasera si fa contemplare, ha già suscitato negli apocalittici, catastrofisti o burloni allarmisti svariate pronosticate di eventi avversi a uomo e natura. Chiaramente non hanno valide fondamenta scientifiche, servono solo ad alimentare chimere nei creduloni. Nondimeno è innegabile che la luna un qualche influsso sulla terra ce l’ha e questa luna, con la sua maggiore vicinanza al nostro pianeta, qualche effetto in più su maree, ciclotimia e..lo farà sentire, ma nulla può avvalorare ipotesi di ripercussioni pessimiste o scenari di avvenimenti mondiali da far rizzare i capelli a un calvo. Benché… benché se proprio proprio voglio rischiare di accomunarmi ai tanti visionari con qualche ipotetico azzardo che con questa splendida luna piena in anno bisestile, come nel 1948, oggi nel segno del toro, piuttosto emotivo e testardo, qualcosina andrà storta allora.. Allora posso pensare alla carta costituente e alla chiamata alle urne del ’48 e alla lotta all’ultima scheda; a Togliatti che nel ’48 viene colpito e ferito; al pacifista Gandhi, assassinato; al Gaitàn e al Bogotazo e ai 10 anni di violencia in Colombia; alla Manciuria e alla fine di 6000 persone; all’uccisione del conte F. Bernadotte mediatore delle nazioni unite tra Israele e nazioni arabe; al terremoto nelle filippine. Se invece non azzardo e  penso a qualcosina di positivo successa nel ’48…allora penso a Truman e alla fine della segregazione razziale; ai giovani e alla conferenza per la libertà di Calcutta; a Margaret Smith, prima donna eletta al senato USA; al primo 33 giri e alla evoluzione commerciale in campo fonografico; all’istituzione dell’ OMS. Però mi par che  faccio pari e patta! Quindi? Quindi alla fine deduco… come il mondo gira coi pregi e difetti, anche la luna gli gira attorno allo stesso modo per cui quella extra large semmai dilaterà un po’ pregi e difetti ma non cambierà, al solito farà girare un po le cose positive e un po’ quelle negative. Dal mio canto sono ottimista perciò auspico che la luna insolita influirà in modo insolito, magari rovesciando in positivo l’eccezionale negativo. Oh, sarebbe già una manna del cielo se solo illuminasse le zucche impostore e ingrandisse la vista ai cecarelli di mestiere.  Andrà come andrà. Son quasi convinta che la luna extra large non provocherà come si dice un quarantotto, semmai un 48ottino. Comunque, tempo permettendo, fra poco la scruterò bene, non vorrei che sotto quell’enorme facciotto illuminato da frittatona strabiliante nascondesse una sorpresina.

luna

Buona visione e felice notte di  sogni …lunari!

Bydif

Filiastrocca de Sagno Martinjo

Simone_Martini basilica inferiore

Tre iorni e un pezzettino iè l’estate de’ San Martinjo
Lo primo, stua la botte e saggia lo vino
‘mazza lo porco e spartisci co’ io vijino
coci lo pane e lo dolcino piccia el lume e lo camino
‘loggia e sfama lu poverino poia la zucca sol cuscino
dormi e sogna e no’ pensà el demane ci’è sarà
Lu secondo, ‘sloca l’oio da’ mulino solca lu campo co’ vijno
da semenza a ugellino poia lu mosto ne’ io bottino
copri moie e bambino diidi pane co’io  miserino
scruta lu monte se ha cappeio e lu fosco lu pianello
piccia foco e lumino pe’ vede lu cammino
Mangna e bei a cor felice ballotta e spagnotta
Spranga l’uscio alu diavolaccio ricoera lu poieraccio
Poia la zucca sol ganciale dormi e sogna el demane
Lu terzo, mungni vacca spraia l’aia pilja ascia e canestra
va a macchia a fa’ la frasca la fastella a fascina
mucchia grano e sfarina aggrega mogjie e vijina
marita fija zitellina scampana donna biricchina
tira lo vijino pe’ fondello pe’ scampà da l’onferno
piccia foco ne’io camino metti tizzo no’ scaldino
cuccia lo caldaro pe’ faiolo mesta e rimesta co’ ramaiolo
brustola pane salsiccia e costacina sgreppia fino a mattina
lu pezzetto chie rimmane te serve pe’ demane
tizza carbone carica schioppo va’ a salà lu maiale
rimpinza la pansa e sona campane no scordà lo salame
ringrazia San Martinjo chie l’inverno iè vicino

Non conosco l’autore di questa canzoncina dialettale che  da ragazzini insieme ai grandi si cantava correndo a cerchio intorno ai  falò accesi in onore di San Martino mentre qualcuno suonava l’armonica a bocca e qualcun altro cuoceva le castagne. Quello che ricordo come fosse oggi è l’allegria, l’aria festosa che lo stare tutti  insieme crea, il profumo delle caldarroste che ti penetra nelle narici e ti rimane per giorni, le grandi bicchierate di vino rosso  dei grandi e il un gran ridere collettivo per qualche strafalcione, le guance arrossate dalle fiammate dei falò, l’aria pungente che ti frizza in viso come  l’alcaselser,  gli sguardi timidi  delle ragazze puntati sui giovanotti in ghingheri e le  occhiate furbesche  delle donne sposate, le barzellette non proprio per ragazzini, talvolta tanto osè da subbugliare mamme e nonne ma per il gran ciarlare da noi neppure ben comprese. Oggi  la baraccata è sparita. Fra  vicini è già tanto se si scambia una parola. Al massimo, in queste zone per San Martino si va al ristorante, però separati,  le donne con le amiche,  gli uomini con gli amici, i bambini coi nonni, ma i più  soli in casa con gli occhi fissi su smartphone,  pc ….Non rimpiango quei tempi, sarebbe come disprezzare il progresso, le conquiste, le esperienze, le sfide  la vita,  tuttavia non posso fare a meno di pensare a quanto la società sia cambiata e nel suo frenetico cambiare abbia triturato, messo al bando, escluso la bellezza, la gioia, il valore dello stare veramente tutti insieme con semplicità ma tanta voglia di trovarsi per condividere un momento aggregativo scacciapensieri  e non per farsi un social selfie tanto per….

Beh, si sa, ogni tempo ha le sue magagne però  festeggio alla vecchia maniera, con vino novello, castagne, falò e tanta, tanta allegria in compagnia!

san martino

Buon San Martino e …occhio al novello vino!

bydif

…l’immagine in alto di San Martino col povero con cui sparte il mantello è  un affresco opera di S. Martini.

L’autunno

autunno

L’autunno avanza e con il suo policromo inoltrarsi offre uno spettacolo della natura ricco di sfumati tinteggi che passando dal rosso vivo, all’arancio, al giallo, all’ocra ai bruni si spengono in ossidi grigio-ruggine che attirano la vista e allo stesso tempo, almeno a me, insediano una variegatura di sensazioni emotive nell’anima, però non di malinconia ma di meditazione sulla vita, i suoi cicli, le metamorfosi, le chance. Occhieggiando all’intorno, mi par quasi che quel fogliame pigmentato col suo frullo in aria, quel suo accatastarsi pittoresco a macchia, quel suo cci ciac che suona sotto i piedi, sinfonizza più una celebrazione d’inizio di vita piuttosto che di fine di esistenza. È come se nello scenario che m’attornia affiori un che di eccitante, una coralità della natura di esulto e non di mesto avvizzo. A tal punto che ogni foglia arrugginita, sia che giace accartocciata o mulinella al vento sferzante, mi par esprima una briosa contentezza; che ogni albero spoglio una energia carica di fermenti e non di annichiliti desoli; il cielo fulgore e non spento grigiore; la nebbia visibilità e non oblio; le montagne movimento e non rigida staticità; in definitiva assorbo un che nel tutto di rosea metamorfosi che oltrepassa la logica del processo di declino. Intuisco che questa percezione sensoria che ho dell’autunno è po’ inusuale tanto più se considero che sono “figlia” dell’estate, stagione di vero animato rigoglio e solarità. Però la sensazione concettuale che l’autunno mi instaura col suo taciturno linguaggio di saccheggio è di accadimento positivo, di elargizione di auspicate nuove opportunità esistenziali e non di desertica espoliazione di curriculum vitae! Il che, ammetto, mi elabora anche un pensiero alquanto interrogativo dei percorsi esistenziali delle diverse “nature” nel creato. In effetti, vagabondare tra i vialetti del parco stracolmi di “creature” spopolate dal vento dai rami di alberi maestosi e piccoli cespugli mi scatena un subbuglio di meditazioni, in parte di umana invidia per un fato che alla natura concede di scambiarlo e all’uomo no, in parte per introspettiva ricerca di risposte a quesiti che mi affollano coscio e inconscio. Frequentemente in questo periodo mi ritrovo seduta nel parco a fissare i confini fra cielo e terra, come se in quel fissio ci fosse da captare una risposta risolutiva ai tanti sfuggenti perché, oppure istigata dai sensi ispeziono accuratamente l’intorno per capire se a quella progressiva sottrazione di vitalità in natura c’è ribellione o rassegnazione. A volte, l’occhio mi si immobilizza su un punto, come se li ci fosse da escavare, escavare per far uscire dal terreno la luce dell’ intelletto che schiara i rompicapo intimi sulla sorte spartita dal creato alle varie essenze. Il più delle volte però avverto una necessità di uscire per camminare in quella natura, tanto abbondante di sfumature policrome quanto disinteressata al frugare nella sua bellezza, per inspirare e assorbire tutti i suoi sinfonici effluvi,  perdermi in ore di silenziosi meditii che scorrono come attimi fuggevoli di spensierata leggerezza che esiliano gravami e riaccordano umori. Fatto è che immergermi senza reticenze in tutto quel tripudio di colori e aromi  poi, nel rientrare nel tran tran, mi fa sentire in uno stato di grazia come se in quella marea spumeggiante oro e ambra invece che camminare avessi fatto un bagno catartico.

Per concludere, non so il perché da sempre nell’autunno trovo un qualcosa di profondo e stimolante per sensi e pensiero e un atmosfera che mi energizza più della fiorita primavera e più della sfavillante estate. Se l’immagine istintiva che immagazzino è di esuberante vivezza e mai cupezza, forse è per affinità interiore o …forse perché mi par che una foglia cadendo a terra sa che non finisce li. Quel macero che subisce non è desolazione determinante è la possibilità eterna per ricontattare il destino. Mentre l’umana foglia… L’umana foglia non ha la stessa chance di duplicare la sua sorte, almeno non l’ha certa. É il mistero della sua esistenza che tanto, ma proprio tanto su questa terra vorrebbe tradurre in concretezza invece…. Invece se potrà tradurlo in realtà… potrà dopo. Quando il gelido vento spirerà e…e la sua foglia mulinando… mulinando…o si dissolve o…o si riclona!

Comunque sia intanto mi accomuno al pensiero di Soren Kierkegaard:

”preferisco di gran lunga l’autunno alla primavera, perché in autunno si guarda al cielo. In primavera alla terra. “

E guardando il cielo che in questo momento è sgombro di nubi  auguro tranquille e riconcilianti giornate autunnali!

by dif

Ognissanti

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Il giorno di tutti i Santi mi suscita sempre grandi emozioni. Gesti, sapori, volti, tradizioni tra il mistico e il profano affiorano con vivezza nella memoria, e mi riconducono a quello spirito di festa gioioso e al tempo stesso carico di significati spirituali. Quest’anno poi è stato molto molto intenso l’impatto dei ricordi ceebrativi dei Santi. E come poteva essere diversamente con le immagini scioccanti di una parte della mia terra devastata dal terremoto? Terra di grandi Santi, umili e carichi di fede che hanno lasciato segni tangibili della loro umana storia di uomini e donne, volta si al cielo ma soprattutto aperta all’amore, alla carità, alla pace, alla tolleranza, alla reciprocità nell’ascolto e al rispetto nella convivenza civile. Penso a Francesco, Chiara e Damiano di Assisi, a Rita da Cascia, Ubaldo da Gubbio, Feliciano di Foligno, Costanzo e Ercolano da Perugia, ma penso più che altro a Benedetto e Scolastica da Norcia. Già Norcia, con quella facciata della basiica rimasta ancora in piedi che sembra comunicare guarda oltre, non fermare lo sguardo su me, è dietro che mi porto macerie e macerie, non le materiali fatte di pietre, quelle son fronzoli secolari più o meno preziosi che si possono riassemblare, ma quelle dello spirito benedettino fatto di silenzio operoso, di cultura sacra dal volto umano, dell'”ora et labora” . Già, Norcia, per alcuni , paesello sperso sui monti che passa e ripassa su ogni tv a testimone di evento sismico che mi squarcia il petto. Paesello? NO, Una megalopoli! Si una megalopoli per me. Una megalopoli non di pietre, di insegnamenti. Riflettendoci mi si allarga il cuore di speranza. Una speranza che viene dal grido silenzioso di quella facciata. Le pietre crollano gli uomini che sanno guardare oltre no. Gli uomini che hanno fede indomita nel cuore sanno silenziosamente, pazientemente, coscientemente riedificare “imperi”. Benedetto e i suoi monaci ne sono esempio. Cosa sarebbe stato dell’Europa dopo il crollo dell’impero romano d’occidente senza i benedettini? Una poltiglia di staterelli in conflitto probabilmente, basta osservare quanto sta succedendo oggi col problema migratorio. Invece…invece con i benedettini “armati” di croce, libro, aratro, dai monasteri sparsi su tutto il territorio europeo, non solo partì la ricostruzione del tessuto civile europeo ma si fortificò, allargò il suo ruolo guida, arrivò a scelte di unificazione. Per questo San benedetto è il patrono d’Europa e l’Europa farebbe bene a ricordarselo oggi e anche domani per non dire sempre. Perchè? Semplice e chiaro come l’acque cristalline che scorrono nelle valli fra i monti. Non è con l’egoismo e le regole antiumane che si esce dalle tenebre e si progredisce è con l’impegno, la cultura, regole giuste.
Personalmento credo che la santità dei santi è frutto di fede che fa operare senza tante chiacchiere per un fine comune e che tutti si può esser piccoli Santi. Basterebbe applicare un po’ del pensiero di san Francesco: “Dove è odio, fa’ che io porti l’amore. Dove è offesa, che io porti il perdono. Dove è discordia, che io porti l’unione. Dove è dubbio, che io porti la fede. Dove è errore, che io porti la verità. Dove è disperazione, che io porti la speranza. Dove è tristezza, che io porti la gioia. Dove sono le tenebre, che io porti la luce” Non è facile ma ci si può provare. Nel mondo celeste ce ne debbono essere tanti di Santi a noi sconosciuti ma non a Dio che hanno e continuano a operare nell’umano. Quello che mi auguro che Tutti i Santi celebri e anonimi aiutino la gente della mia terra a trovare la strada della luce positiva che non aspetta le promesse dei politicanti per camminare e risollevarsi dal dolore immane che oggi li attanaglia in una morsa che polverizza i sogni, il lavoro di una vita, il futuro di figli, uomini, donne. Credo che i Santi lo faranno, ma credo anche che non dovranno faticare molto perchè in quei volti sconvolti vedo tanti “piccoli e grandi santi e sante” nel cui cuore intrepido alberga forza, coraggio, fede e attaccamento a quei valori radicati che nessun sisma può distruggere, magari temporaneamente scompigliare, disorientare, ma sempre lì ben saldi, radicati come sono in mente, mani, cuore.
Ho un po’ divagato e forse mescolato emozioni e pensieri, tuttavia in me ognissanti resta un giorno speciale da celebrare con profonda spiritualità. Concludendo, mi piace ricordare che la festa di Tutti i Santi ha origini molto antiche. Nata come festa pagana agricola, sembra celtica, per celebrare la separazione della natura dal periodo di crescita e rigoglio a quello di stallo e inerzia, nel tempo ha subito un processo storico-culturale- religioso passando nel 1475 in tutto l’occidente da ricorrenza profana a sacra. Tuttavia mai si sono spente le sue origini pagane. Negli ultimi anni in tanti paesi di cultura prevalente anglosassone da sotto le sue ceneri è scaturita l’usanza di halloween che con le sue “mostruosità” è tutt’altro che celebrativa di vite e testimoni santifichi. Purtroppo sta prendendo piede anche nelle nostre tradizioni cancellando tanti valori legati non solo alla fede religiosa ma a quella etica e sociale. Capisco di arricchire le usanze originarie di Ognissanti con qualche tocco di “modernità” quello che non comprendo è sostituirle con zucche vuote, o cancellarle con vampiri, feticci e mascheramenti horror. Non sarà che con le zucche svuotate si cerca di svuotare pure la sapienza e con i mascheramenti orripilanti di creare un mondo di mostri. Sarebbe uno scherzetto tutt’altro che dolcetto per la civiltà !

Con la certezza che il nostro  Santo ci aiuterà a mantenere un saggio equilibrio tra sacro e profano auguro a chi passa un all saints’ day di sano e tradizionale benessere fisico e spirituale.

bydif

…. In rappresentanza di tutti i Santi ho messo l’immagine di San Francesco, di Assisi. Spero che insieme a tutti gli altri suoi amici Santi aiuti la gente, della sua e mia terra e  quella di tutti i paesi martoriati dal terremoto, a resistere  a  angoscie e paure e a superare tutte le difficoltà materiali per ricostruirsi un futuro sereno.