Juve my love!

juve
Da cindarella a regina. Sembrava impossibile my love.  Invece.. una bellissima realtà. E chissà quanto rosicano le tue sorellastre. Vorrei proprio essere un fantasmino per poter vedere le loro facce e quelle dei loro tionfalistici  banditori. Non c’è che dire Juve my dear love la tua avventura in campionato quest’anno  è stata più intrigante di una soap, più coinvolgente di un reality, più entusiasmante di una regatata nell’oceano procelloso. Oggi, però la fiaba a lieto fine è una vera goduria per chi ti ama  e nel bene e nel male ha vissuto da sempre con te  ascese e discese. Questo scudetto non è piovuto dal cielo o regalato da magnanimi arbitri anzi, anzi.. è l’ennesima dimostrazione di una qualità radicata che fa la differenza. Una qualità composita in cui credo, combattività, fiducia, costanza, scelte e intelligenza singola e collettiva sanno interagire dentro e fuori dal campo. Come non è stato un abito pomposo a trasformare cindarella in regina ma la regalità innata che traspariva da sotto vesti modeste, così non è stato un momento traballante a relegarti nel ruolo di cindarella, ma a  farti prevalere sulle ” sorellastre” salire sul trono e rimanere regina di questo sport tanto amato e bisticciato è stata  la tua indiscussa regalità di cuore ardito e generoso. Eh, eh, si sa.., .la classe non è acqua!  Campioni si è e si resta aldilà delle critiche e degli iatturi salottieri. Tifosi si è e si resta aldilà di alti e bassi, sconfitte e vittorie. Juve my love sei grandeeeee. Il tuo scudetto con 24 vittorie su 25 partite è pazzescamente eccitante.. infiamma la passione più di un amante…s’intende di fede sportiva. Un  bravi, bravissimi a tutti, a quelli che ci hanno creduto da subito e anche a quelli che han dovuto crederci partita dopo partita, sofferenza dopo sofferenza, esultanza dopo esultanza. I tifosi ringraziano tutti, ma proprio tutti,tutti.
Complimentissimi..ma..  Campioni d’Italia e campioni del cuore per noi la fiaba continua neh!!! 

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bydif

 

Il valore del ricordo

liberazione

L’altro giorno, passando in piazza con mio nipote, mi ha chiesto come mai era tutta agghindata di bandierine italiane. Ho risposto che era per le celebrazioni della liberazione dell’Italia che ricorre il 25 Aprile. Mi ha guardato come fossi un ufo e dopo qualche minuto ha domandato:  cos’è la liberazione?. Ho risposto: Dovresti saperlo. A scuola devono avertelo spiegato. No, ha risposto, mai. (come ???) Mi è venuto un brivido di rabbia e un sapore amaro in bocca. Non è un ragazzino superficiale, è bravo, studioso e per nulla bugiardo per cui ho dedotto una triste verità, quella che nella “buona scuola” (buona…? puiff..ho seri dubbi..) c’è una inammissibile lacuna formativa storica che non solo  annulla il valore di tante vite ma depriva la memoria del passato indispensabile a costruire il libero futuro in consapevolezza   Naturalmente gli ho spiegato il motivo e l’importanza di questa celebrazione cercando di trasmettergli il valore del ricordo, come simbolo di gratitudine e  che la libertà che oggi ( ancora ) godiamo non è una cosa ovvia e scontata ma è una continua conquista collettiva, e necessita di essere “curata” giorno dopo giorno, anche da lui per mantenerla sana. Soprattutto che tutte quelle bandiere  libere e festose che infiocchettavano la piazza avevano un costo salatissimo. Un costo di sangue, lacrime, enormi sofferenze di bambini, donne, uomini italiani e stranieri. Naturalmente dopo essere stato un attimo in silenzio, mi ha fatto un mucchio di domande, anche piuttosto inaspettate e profonde per un ragazzino; per sintesi non starò qui a riportarle, tuttavia vi dirò che hanno fatto bene alla mia memoria. Inoltre, senza ombra di dubbio ho afferrato che parole come guerra, dittatura, deportazione, resistenza, democrazia, libertà ecc. vanno dette ai ragazzi e bisogna spiegarle senza timore e pregiudizi . I ragazzi, non solo sanno ascoltare, sanno anche rielaborare e trarre conclusioni dell’importanza di guardare alla libertà di movimento e pensiero come un bene irrinunciabile. In più domani sarebbero preparati ad affrontare consapevolmente i rischi di regimi totalitari, le trappole del potere autoritario, riconoscere i falsi miraggi egalitari, i pericoli di valori ideologici rivoluzionari tirannici e antidemocratici. Il che non mi pare poco, specialmente in tempi in cui soffiano venti assai, assai furiosi e alquanto allarmanti.

                                              Felice giornata.di memoria e libertà.

By dif

Un pomeriggio libero.

f. rossi

C’è silenzio in questo pomeriggio.

Seduta sul tronco d’un vecchio albero, guardo il cielo. Le macchie di azzurro intenso, fra le chiome degli olivi, sembrano oblò da cui poter carpire la visione di un scenario sconosciuto da fissare nella mente. All’intorno, un silenzio avvolgente crea una atmosfera senza tempo ma non irreale. Piuttosto di estraniamento da quel tic tac che ti scandisce e condiziona, t’incalza continuamente al fare senza sosta. Un profumo particolare, energico sale alle narici, prepotentemente invade ogni fibra, scuote e poi, come balsamo magico, sgombra dal cervello qualsiasi cosa lo molesta. Fisso lo sguardo su le merlature delle mura antiche. Le cupole, l’oro, i cipressi, i sassi, i fiori, le stradine, la piazza dei bus in sosta, i soldati in gruppo m’apparono tutti statici. Poltriscono nell’afa pomeridiana come in migliaia di altre città sparse nel mondo in attesa di brezza che li mobiliti. Nessun pensiero mi si affolla. Non prego. Muto lo sguardo vaga per comprendere come in un posto tanto carico di tensioni ataviche tutto si mostri così pacato, flemmatico, distaccato. Perché non avverto divisioni, discordie, rivendicazioni, turbamenti? Eppure dovrei percepirle. Invece è come se una forza millenaria mi ricordasse che i secoli, gli anni qui non circolano come nel resto del pianeta. Qui tutto defluisce senza angustiare e pressare. Qui tutto è predisposto per ascoltare, aspirare, immagazzinare senza preconcetti. Silenzio e placidezza mi distraggono l’occhio. Una lieve brezza mi accarezza. Un fiore rosso porpora mi sfiora. Quassù,la vista è magnifica. Ho avuto fortuna. Inoltrarmi tra cactus, palme e rosmarino posto migliore di questo non potevo trovare per gustarmi questo pomeriggio libero. Tutto sembra magico e perfino il tronco su cui son seduta assomiglia a un morbido divano. É proprio vero che basta aprire gli occhi al mondo per trasfigurare l’intorno! Intanto, una silenziosità trascendente impregna l’aria e rende ogni cosa coinvolgente, voluttuosamente morbida come una coperta di cachemire. Che sensazione! Un brivido sprofonda, risale, divide e mi esplora l’anima. In quest’angolino di terra, popolato da olivi, fiori, arbusti e aromatiche il silenzio arcano e al tempo stesso vocifero scollega dal guardare sentire e recepire consueto; invita esclusivamente a stare in propria compagnia e a dialogare con quel tu che zittisci, trascuri, deformi, modelli sui frastorni dei mille extra richiami fuggevoli. Il tutto diventa impercettibile, privo di ordinarie esigenze vincolate ai sensi, al conveniente, al moto. Resto immobile. Ascolto. A poco a poco avverto un grattio, sembra carta vetrata che scrosta, liscia e polverizza da un vecchio legno indurimenti e magagne. Un batter d’ali, si associa al grattio, assomiglia a uno spruzzo antiparassitario che volatilizza infestanti desideri e aspirazioni promossi da una società apparentata con l’emergere ed esclusivamente aggregante a valori merciferi, discriminatori dell’essere.  Aspiro. Un sentore di essenze riposanti virginea l’inutile fastidioso di azioni e pensieri. É bello questo immobilismo fisico e mentale. Nessun rumore umano mi perviene a disincantarmi. Ascolto. Ascolto il silenzio. Immobile ascolto fuori e dentro l’ armonia sinfonica del silenzio. É entusiasmante. Più vivo e palpitante di una folla al mercato. Accordi di note sconosciute riempono le stanze intime di vibrazioni che soppiantano il silenzio con una esplosiva concertazione. Una concertazione in cui musicalità mai credute possibili inondano e fanno straripare qualsiasi argine edificato a scudo. Suoni, acusticamente mai voluti afferrare per non andare oltre il proprio mediocre recinto, rimbombano massacrando lo scontato congetturale melodico dell’ego. Una subbugliante gamma sonora, spiazza le frequenze ricettorie e trasforma all’inverosimile i ritmi assimilativi. Tutto il se diventa una trasparente partitura che decontestualizza l’impersonale uditivo. L’intimo si fa spartito concertale di un luogo strabiliante per alloggiare raffinatezze sonore. Rifisso lo sguardo sulla collina, sui tetti, le cupole dorate, le strade, gli alberi, i sassi, i fiori, i colori che sbucano dai recinti dei giardini privati. Tutto è vivo e palpitante; ha un anima. In ogni cosa, anche nella polvere, sento un respiro che contagia, avverto un passo lieve che catalizza, colgo echi di parole avvincenti. Nulla più poltrisce. Come è avvenuto? Non so spiegarlo. È avvenuto. D’altronde non è un luogo insignificante. Tanti sono i motivi che portano ad approdarvi e altrettanti quelli che inducono a evitarlo. Alla fine capisco. Qui tutto ha un direzione, un accezione, un apprendere senza veli. Quando ci capiti, sia per caso che per volere, instauri un rapporto tanto intenso e inusitato col magistrale concertatore che esatura pesi e orpelli rendendoti vibrante uditore e interprete dell’ascolto. Oh, oh, com’è.. Uno scoppio mi fiocina le orecchie. Un fuoco divampa. Sirene bucano l’aria. Sono tante. Militari ovunque macchiano il panorama togliendogli la magia statica. L’ovattato silenzio si dissolve. Confusi suoni di voci rimbalzano. Non saprei dire da dove.  Come pietroni stupore e grida rotolano giù dalla collina, invadono l’angolino eremo pomeridiano nel quale estasiata da ore sosto. Alzo lo sguardo. L’azzurro è sparito. Cielo e terra somigliano a brace ardente. Non è brace. É sangue. Arrossa il silenzio. Tambura il cuore. Improvvisamente il cellulare squilla. La voce preoccupata di mio figlio mi giunge remota. Concitato mi chiede dove sono e come sto. Non comprendo la sua apprensione. Qui tutto ok  gli dico. Insiste e chiede se sono al sicuro. Certo che sono al sicuro, anzi al sicurissimo. Gli mando un bacio. Poco convinto della mia sicurezza mi saluta con  un sacco di raccomandazioni. Di che ha paura. Bah..mitraglie e uomini  tacciono. Tace anche il silenzio di quest’angolo. La normalità ringhiotte case, strade, animosità umane, dissidenze etniche, politiche e ideologiche.

In questo pomeriggio libero, itinerando oltreil recinto,  tra i profumi e il  tepore d’un sole imprterrito tanto ha parlato, tanto ho ascoltato.  Rimarrà impresso?   Rimarrà.  Il rosso è un colore tenace. Il mitra un oratore persuasivo. Il filo spinato un pluralista efficiente!

PA200467

bay dif

Ops…dimenticavo d’esser  o… ero in un triangolo di terra secolarmente accidentata da

 muri e fili strappa pelle, interessi contrapposti, rivendicazioni territoriali, credo antagonisti.