Le cavallette

Anche se la primavera stenta a farsi sentire in giro si vede già qualche farfalla, si sente qualche grillo frinire ma sono le cavallette  che mi preoccupano  perchè quelle rosicchiano le foglie tenere che spuntano ai miei gerani e mi resta difficile allontanarle. Anche quando mi sembra che sono riuscita a mandarle a pascolare altrove rispuntano imperterrite fregandosene degli  sforzi e dell’impegno che metto nel coltivare  le piantine per avere un terrazzo rigoglioso e fiorito. Proprio in questi giorni ne ho avvistate alcune che gironzolavano da un terrazzo all’altro pronte a divorare le foglioline appena spuntate, sembra che vogliono farmi un dispetto, privarmi della gioia di coltivare in pace le mie piantine. Sono proprio una calamità specie quelle che vanno all’assalto di quanto trovano senza un briciolo di discernimento, però loro sono furbe ma anch’io nel tempo sono diventata scaltra. Infatti ho letto un sacco su come farle fuori senza usare violenza perchè mi ripugna sbarazzarmi d’una creatura, in fondo fa parte del grande mistero del mondo ed ha tutto il diritto di starci, procurarsi il cibo e dire la sua ma non voglio certo dargli la soddisfazione di mangiarsi le gemme e rovinare i miei fiori, fiori che mi rendono orgogliosa e i miei vicini guardano sempre con invidia, rumoreggiando fra loro su come faccio a coltivarli meglio di loro che sono più avvezzi di me a trafficare con concimi, innesti e trapianti.

 

Semplice, i miei vicini non hanno capito  che ai fiori bisogna parlare con modi gentili, garbati, magari canticchiando qualche motivetto, farli sentire partecipi e non semplici mezzi d’abbellimento, fargli comprendere che il misero fiorellino è importante quanto la rosa prestigiosa, stare in mezzo a loro annusarli non per portar via il profumo ma per assaporare la fragranza che esprimono eppoi miscelarli nelle varietà senza che un colore prevalga su un’altro.  Loro invece li trattano come strumento  estetico  fine a se stesso non ci mettono amore, dedizione, passione e perchè no anche furbizia nel proteggerle dalle cavallette, nell’allontanare tutti quegli insetti fastidiosi che li attaccano non con pesticidi puzzolenti ma attraverso elementi naturali, insomma dandosi da fare comprendendo le esigenze senza frastornarli. I fiori sono belli ma durano poco se chi li coltiva li bistratta, non li annaffia con giudizio, non li protegge dal sole che abbaglia o dalla tempesta che imperversa, se ne occupa  quando gli fa comodo e solo per soddisfare i lati egoistici. La natura si vendica e si ribella a chi la tratta male, un po’ come gli elettori, si vendicano sempre di quelli che li coltivano disparatamente o vogliono a tutti i costi ficcargli in testa cose che rappresentano i loro sogni e le loro manie come se fossero dei robottini al loro servizio. I miei vicini invidiosi mi ricordano il PD di questi giorni che invece di fare il mea culpa su come ha deluso tanti fiori sbocciati l’anno scorso  lasciandoli avvizzire frastornandoli con ciance e continui rosicchiamenti da cavalletta antiberlusconiana, spara ronzate fastidiose e non capisce che la gente è stufa, di ducetti rossi, bianchi, neri o di qualunque colore.

QUATTRO FURBETTE DI PERIFERIA

Per un caso fortuito, evito di raccontarlo per non tediarvi, alcuni giorni fa mi son trovata a far parte di un gruppo completamente diverso dalla mia realtà. L’innato spirito anticonvenzionale, a dire il vero accentuato negli anni dalla professione svolta, mi ha permesso di relazionarmi senza pregiudizi, d’impostare un dialogo che andava ben aldilà del buongiorno con quattro ragazze piuttosto appariscenti, per intenderci ragazze che fino allora avevo visto dal parrucchiere sfogliando le pagine patinate di qualche rivista di gossip. Riconosco che dal punto di vista umano mi hanno sorpreso, mi ero fatta l’idea che ragazze simili erano forti, sicure di se, felici e fortunate, invece colloquiando in forma confidenziale con loro, ho riscontrato che hanno un sacco di fisime, vivono perennemente in ansia,  hanno la sindrome dell’oscuramento, vagano da un posto all’altro al solo fine di esserci, comunque ragazze determinatissime a sfruttare la loro proprietà privata. Di sicuro fanno una vita stressante, per niente libera, ossessiva e ossessionata da tutta una serie di considerazioni che riguardano lo stare in vetrina, come capi d’abbigliamento che passano di moda in fretta e finiscono in soffitta nel fondo di polverosi bauli. La cosa che mi ha impressionato è come parlano del loro corpo, sembra di ascoltare uno scaltro architetto mentre illustra come in un progetto volumi e masse diversamente distribuiti trasformano una insignificante casa in una splendida villa, come specchi e pareti mobili un monolocale in trilocale. Ecco queste ragazze mi sono apparse delle furbette che hanno trasformato il loro quartierino di periferia in attico del centro storico aumentando notevolmente il valore patrimoniale. Tutte avevano calcolato linee, masse e volumi, trasformando il misero terrazzino in ampio balcone, la parte retro in ampio giardino, ridisegnato l’ala est e ovest per aggiustare il profilo, chiuso finestre, verniciato, smerigliato, ingrossato, l’unico tabù rimasto alzare un piano per vedere gli altri dall’alto, per altro supplito da trampoli vertiginosi. A guardarle il risultato era eccellente, in più davano l’impressione che la loro impresa andava a gonfie vele, non risentiva della recessione. Allora ho associato il loro modo di gestirsi all’idea del piano casa, che da un po’ circola in quasi tutte le bocche, in un baleno ho compreso che ci vuole la stessa strategia per salvare capra e cavoli, portare vantaggi all’economia rilanciando il consumo senza deturpare e impegnare nuovi territori. Il risultato sarà pari a quello delle quattro ragazze se ognuno potrà sbizzarrirsi a migliorare aggiungendo qualche volume al bene posseduto, ingengnandosi a trovare soluzioni estetiche entro il suo recinto e se il tabù insuperabile delle quattro ragazze non sarà ovviato da quattro furbetti con trampoli da vertigini. Davvero interessanti le ragazze belloccie, adesso quando sfoglio una rivista, se vedo il loro volto penso a quanto poverine si stressano per mantenere la loro quotazione abitativa con la concorrenza che gira.  In fondo una casa per non perdere di valore ha bisogno di continua manutenzione e questo costa  sacrifici, o no !

AMICI DI MARIA

Ieri sera tra urla, schiamazzi d’una platea straripante di fan arrivati da tutta Italia a sostenere i loro beniamini, compresa una mia vicina che s’è presa tre giorni di ferie per andare a fare un tifo sfegatato per Luca, si è conclusa l’8 edizione del programma Amici della De Filippi. Personalmente non sono un’accanita ma  seguo il programma dai tempi di Ambeta, la ballerina che il televoto non premiò a causa di certi ” sapientoni” insipidi che confusero la danza per un calorifero. A dir il vero anche ieri sera ho sentito affermare delle cose idiote, con assoluta mancanza di sensibilità umana, oltreché di rispetto e decenza se si dice ad un concorrente, in un momento per lui delicato, precisamente a Valerio: Hai una faccia antipatica, canti solo l’amore, non sei radiofonico e così via. Vero che in democrazia ognuno può esprimere l’opinione che vuole ma il buon gusto pone dei limiti. Certe bocche al mattino dovrebbero specchiarsi ben bene, forse riuscirebbero a vedere la loro pochezza e, forse imparerebbero a sparare critiche intelligenti, meglio ancora a cucirsele. Non ho televotato, non avevo preferenze, ognuno dei quattro ragazzi era lì per concludere un sogno, portare avanti una speranza, oggi molto importante considerando quanto tutti i giorni si legge e si sente su altri giovani che bruciano le loro vite ingurgitando ogni sorta di porcheria, si imbottiscono di sballo perchè non hanno un ideale preciso, vivono consumando la vita sull’onda dell’effimero, sugli errori di una società che non sa offrire  alternative. Questo programma per certi versi discutibile e può darsi taroccato nel televoto di sicuro ha il pregio di dare a qualche giovane un’opportunità per farsi conoscere, forgiandolo almeno in parte per districarsi in una realtà difficile, spietata e cinica. Ha vinto l’edizione stravincendo Alessandra, una ragazza brava e gioiosa, alla quale auguro, come agli altri, di realizzare tutti i sogni. La sua vittoria era nell’aria, si recepiva dal suo modo di starsene seduta a gambe incrociate con quel viso pienotto e sorridente, come  un piccolo ” buddha” in attesa di consacrazione. Si, un piccolo buddha ottimista, distensivo, rassicurante che attirava voti e simpatie. Mi ha richiamato alla mente certe espressioni di Berlusconi, i suoi continui appelli ad essere ottimisti, a pensare in grande, a non gufare il futuro con facce meste, ad attirarsi la buona sorte spendendo e spandendo senza tante fisime di recessione. La vittoria di Alessandra mi ha messo un tarlo nel cervello: magari Berlusconi L’azzecca! Un bel viso gaio, paciocco, nutrito e sereno infonde buon umore, suscita pensieri frivoli allontana quelli cupi. Da oggi voglio attenermi a questa filosofia, ho appiccicato sul frigo una enorme faccia tonda e sorridente, sicuramente nell’aprirlo non mi verrà più l’ansia se il contenuto è scarso!

UN GIRO IN PIAZZA

Ieri mattina mentre ancora arruffata di sonno cercavo di mettere in fila i pensieri per organizzare la giornata, uno squillo di campanello mi ha creato panico. Chi sarà a quest’ora, apro o faccio finta di non essere in casa? ho pensato, visto che ero in vestaglia e ciabatte. Poi , spiando dalla finestra ho visto la russa, una vicina di casa alta, bella  e bionda, insieme a quella della casa accanto, una tipa striminzita e spigolosa, già agghindate. Cosa ci fanno ste due insieme che non si sopportano! Incuriosita mi sono affacciata per sentire che novità portavano. Dai pigrona, mi fa la russa, vieni con noi a fare un giro in piazza, andiamo a vedere se al mercato troviamo qualcosa di carino, festeggiamo la primavera e facciamo quattro chiacchiere. Veramente andare in piazza era l’ultimo dei miei desideri ma presa alla sprovvista ho risposto: vengo se avete la pazienza di aspettare, in tanto salite su. Di certo non volevo uscire con loro che hanno 10 anni in meno senza essermi tirata un po’ su. Finito il restauro sono scesa a recuperarle annunciando che avrei preso la mia auto tanto ch’erano lì, in realtà non mi fido di loro, una è spericolata e l’altra sbadata, sarei arrivata in piazza con i nervi tesi, meglio di no. Quando siamo approdate al mercato c’era già un gran  via vai di gente, soprattutto donne, intorno alle bancarelle una calca che non si vedeva un accidenti. Dopo un’oretta di strattoni stanche e stufe di girare senza vedere nulla  abbiam deciso di andare al bar sotto i portici a prenderci un bel cappuccio bollente, una scusa per sederci. Mentre ciarlavamo beate, l’occhio ci è caduto su uno strano tipo seduto sullo scalino della vetrina di fronte, porgeva un bigliettino a chi gli passava accanto. La vicina striminzita incuriosita ha iniziato a fare delle congetture: darà i numeri del lotto, farà della pubblicità….intanto la russa con un balzo felino si era avvicinata per prendere un fogliettino , almeno avremmo saputo… Tornata a sedersi è scoppiata in una fragorosa risata che ci ha attirato addosso tutti gli occhi del bar, non la finiva più di ridere, non capivamo un accidenti. Gli ho tolto di mano il fogliettino per capire, c’era scritto un numero di cellulare e sotto la frase: NO carità, un SMS di solidarietà! Veramente più che ridere c’era da riflettere, cosa significava?Al mio solito volevo comprendere bene, così mi sono avvicinata allo strano uomo, ho preso il biglietto che m’allungava in silenzio, poi con l’aria tonta le ho detto: non capisco perchè ti stai congelando per distribuire sti foglietti. Prima mi ha scrutato ben bene, poi mi ha risposto: di certo non sei una volpe se mi fai una domanda così stupida, non vedi il numero, devi mandare un SMS! A chi?ho ribattuto Tu mandalo,avrai gratitudine e potrai guadagnarti il paradiso!  Non ho mollato l’osso, a favore di chi lo mando? Scuotendo la testa mi ha risposto: che t’importa? tu invia un sms qualche pancia la riempi di sicuro, di questi tempi ognuno deve ingegnarsi come può! In che modo, non capisco? Dai, non puoi essere tanto cretina, ma formando una catena solidale, come altro sennò! Allibita sono tornata dalle mie vicine che intanto stavano cianciando con due tipi niente male. Allora ho chiesto cosa si fa ? Si va o no! è l’ora di fare il pranzo. Mentre cucinavo le pennette al limone riflettevo che l’idea di quel giro in piazza era stata proprio buona, mi aveva confermato che i vicini sono più utili di quel che si pensa e che la mia vicina russa è proprio un’astuta, rideva a crepapelle perchè al volo aveva capito che ormai la tecnologia l’usano tutti. In che modo e per quali scopi resta un mistero.