CURA SOLARE

Ho avuto un po’ di giorni movimentati e mentre andavo su e giù spesso, il sole mi feriva le pupille infastidendo l’attenzione, però dopo un po’ avvertivo una sensazione positiva. Caldo vigore penetrava nelle mie ossa togliendo quell’umidiccio appiccicoso del lungo inverno padano.  Mi sembrava che spirito e corpo sotto quei raggi acquistassero una particolare energia tanto da far sparire dal mio orizzonte stanchezza e dubbi e rendermi ardita come non mai.

Così mi son messa a fantasticare, a parlare con il sole  chiedendogli di curare certi miei mali reconditi Mi bastava un attimo  vicino a lui per “guarire”. Con il suo calore avrei sciolto la mia essenza da quelle soggezioni che m’impediscono di varcare i miei recinti e di agire in sintonia con ciò che sono e sento. Le ho detto:

 

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SOLE

 SE PER UN ISTANTE
MI PRENDI A  FIANCO
FINALMENTE
INGHIOTTITE DA LUCE VIBRANTE 

VEDREI SPARIR  LE RITROSIE

SENTIREI

 SGORGAR L’ENERGIA STELLARE
CONTENUTA

 NEL PROFONDO DEL CUORE
COMPRESSA

 DA FORMALISMI BANALI

SAREI IO
IN TUTTA LA MIA COMPLESSITÀ’
CONCATENATA A CIELO E TERRA

PERPENDICOLARE E TRASVERSALE

SU TERRENO  MODULARE

VIADANTE

UNITA IN SPIRITO E MATERIA

A FREQUENZE  SEQUENZIALI

 RISPONDENTI A TEMPI

INTERCAMBIABILI E SCOMPONIBILI

D’INCROCI ESTEMPORANEI

SAREI IO

VIAGGEREI NEL FLUIRE SPAZIALE DI MAREE

              SUBLIMALI               
SENZA L’ANGOSCIA DI COZZARE
CONTRO L’ORDINE  STABILITO
CONCETTO IMPALATO

DI CRONO REGOLATO

DA  TEORIE ABBARBICATE

A BRANDELLI D’INFINITO

SOLE

SE…

PER UN ISTANTE
POTESSI

ARDIRE DI STARTI A FIANCO
RIUSCIREI A LIBERARE
L’ENERGIA CHE C’E’ IN ME
SENZA DOMANDARMI IL PERCHÉ’
TRASVOLEREI  IL SEGMENTO

BIDIMENSIONALE

INFILANDOMI IN ALTRO MOVIMENTO

FAREI RISPLENDERE  L’AURA

PER ACCERCHIAR LA VITA

DI COLORE ECCITANTE

DANZEREI VELOCE

INGLOBANDO IL TEMPO

DI PARALLELE EQUIVALENTI

SENZA SMARRIRE L’ESSENZIALE

DEL BRANO DI VITA REALE

 

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?….forse ho esagerato……..!!

IPOCRISIA MEDIATICA

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Nell’ascoltare, ieri sera su la 7, l’infedele condotto da Gad Lerner le solite  analisi sull’utilizzo della donna come merce di scambio in politica, negli affari, in una certa società legata al malaffare o in talune trasmissioni televisive, mi si è rivoltato lo stomaco. Di quali donne  parlavano? Quelle che conosco io non vendono il loro corpo per qualche favorino, lottano con unghie e denti per farsi rispettare. Non  mostrano tette e culi per fare carriera, studiano, si informano, si specializzano, fanno faticosamente carriera per merito. Non nego che ci sono donne che cercano scorciatoie ma sono una minoranza. Perché mettere tutte nello stesso calderone. Perché far passare  le escort per vittime e non dire che hanno scelto liberamente di  vendere  il proprio corpo a caro prezzo piuttosto che impegnarsi in settori meno renumerativi e di maggiore responsabilità. Ovviamente non parlo delle migliaia di ragazze obbligate dalla criminalità a prostituirsi.  Perché ridurre il mondo femminile solo materia da utilizzare a scopi sessuali. Dove lo mettiamo il cervello delle donne, di tutte quelle scienziate ricercatrici ecc. che si fanno onore nel mondo. Mica provengono da un altro pianeta o sono mostri che debbono starsene in antri bui. Al solito strumentalizzazione politica per dire altro. Sono stanca di sentire la stessa manfrina sulle veline per ricamarci su sermoni di falso puritanesimo. Chi vi aspira è giusto lo faccia, se poi per arrivare prima all’obiettivo concede le sue beltà saranno cavoli suoi. Perché non si rispetta chi fa un lavoro dove conta anche il corpo e si presenta come una volgarità. Fare la velina, la soubrette, la ragazza immagine o quant’altro di simile non è mica sommatoria di due più due per dire uguale scarsa etica o  mignotta.  Perché non parlare di tutte quelle giovani ragazze belle, intelligenti e professionalmente preparate che fanno scelte diverse, ragazze che hanno sogni ed obiettivi meno eclatanti, lontani dall’apparire in un contenitore vuoto o su qualche copertina. Forse perché non producono scandalo, forse perché per farsi apprezzare devono lavorare il doppio degli uomini. Forse perché preferiscono conservare la loro dignità e non usano il loro corpo per scambi immorali. Forse perché non si lasciano corrompere dal miraggio di arrivare in vetta senza guardare dove mettono i piedi, preferiscono salire osservando bene gradino dopo gradino dove li poggiano. Ragazze che sanno distinguere il bene dal male, non temono il sacrificio, non hanno fretta perché sanno che il successo si conquista progressivamente, preferiscono assaporarlo lotta dopo lotta, impegnandosi con   determinazione, volontà e costanza per arrivare vittoriose al traguardo, e poi continuare, senza adagiarsi sugli allori, un nulla può far franare il risultato  conquistato in anni di sforzi. Donne che  preferiscono realizzarsi in settori meno provocanti, quelli  imprenditoriali, artigianali, professionali, quelle che sognano di fare il medico, le educatrici, le mamme a tempo pieno o le bariste, le fioraie, le stiliste, le coltivatrici. Vi sono  milioni di donne che fanno altre professioni,  differenti da quelle di veline,  escort o starlet, si impegnano onestamente nel lavoro, nella società, nel volontariato, nell’assistenza, in famiglia e non se ne parla mai, solo in casi di disgrazie, di cronaca nera o per motivi commiserativi. Perché? Perché queste donne non alzano gli ascolti, non producono pruriti ai cervelli ottusi e faziosi, non suscitano clamore per ore di trasmissioni televisive, non sono stuzzicanti per gossip salottieri e rivistaioli, non richiamano titoloni di mesi e mesi sui quotidiani.  Ancor più ributtante  è stato  ascoltare il modo riduttivo di trattare la donna come un oggetto ad uso e consumo del mondo mediatico, come se non avesse un’anima, una sensibilità, una qualsiasi reazione e ribellione a lasciarsi adoperare dal primo imbecille che apre la bocca o gli promette soldi, potere, visibilità, carriera  in virtù del corpo.   Perché ridurre il mondo femminile solo pettegolezzo facendolo passare per analisi della realtà, informazione, divulgazione sociologica, diritto di presentare la verità. Perché fare tante trasmissioni per deprecare l’uso del corpo femminile e usarlo nel modo peggiore ? Soprattutto non dire esplicitamente che ci sono donne che acconsentono liberamente di usare quanto madre natura le ha fornito per facilitarsi la carriera e altre che invece neanche obbligate lo fanno e spesso ci rimettono tutto anche la pelle. E gli uomini che usano il corpo e altri mezzucci allo stesso scopo dove li mettiamo, nel paradiso perché sono maschi.

Ipocrisia mediatica. Per grazia Deus era l’ultima puntata.

Ah!.. BLA BLA

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giorni veloci

 chiacchiere veloci

corse, spinte, urti, fare, disfare

sommare,  accantonare, serrare

separare, martoriare, osannare

osannare chi?…

Noi

Voi

Io

Tu

Per cosa?

NOI  VOI  IO  TU

Ah!

 

spinte, gare,  celerità,  velleità

correre, battere, sommare, assommare,

viaggiare, perpetrare, incensare, sventare

arrivare, salire, salire, salire…………..

Salire?

Si

Chi sale?

Noi

Voi

Io

Tu

……Ah!

Dove si sale?

……boh

Ah !

 

elevarsi, scendere, oscillare,

trottare, arrivare, spintonare

capovolgersi, cadere, esultare

buttare, ritrovare, arringare

arrivare, sbeffeggiare, arraffare

arraffare?

Si

Chi?

Noi

Voi

Io

Tu

…..ah!

 

 giorni veloci

chiacchiere veloci

vite bruciate

cervelli inguainati

Inventiva massificata del potere

ah….

bla bla

 

 bydif

 

 

L’atmosfera di Fatima

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Questo 13 maggio, è il 93° anniversario della prima apparizione di Fatima. 

Di solito ogni anniversario richiama una moltitudine di pellegrini provenienti da tutto il mondo, principalmente spinti da desideri di devozione verso la Vergine Maria, secondariamente da aspirazioni intime di ottenere grazie e intercessioni per problemi di umana sofferenza, in minima parte approda per curiosità escursionistica. Quest’anno anche papa Benedetto 16° è andato pellegrino a Fatima per ricordare: la prima apparizione dell’Immacolata ai tre pastorelli avvenuta il 13 maggio del 1917;  l’attentato mortale subito il 13 maggio del 1981 da Paolo Giovanni 2° in piazza S. Pietro al quale scampò, per l’intervento della Vergine Maria che deviò la traiettoria del proiettile, poi incastonato nella corona della Madonna per suo volere; soprattutto per pregare la Vergine di intercedere per i mali interni e esterni che attualmente affliggono la chiesa e il mondo intero. In particolare, dopo i fatti di pedofilia che coinvolgono numerosi prelati e che stanno riversando cumuli di “sporcizia morale” su tutta la chiesa cattolica mettendo in crisi la sua credibilità e il suo ruolo nel mondo, a consacrare sacerdoti  e laici al cuore Immacolato di Maria Sembra che il “ marcio”  venuto a galla e suscita reazioni che allontanano i credenti dalla chiesa e dai suoi ministri fosse contenuto nel terzo segreto di Fatima in forma indiretta. Ho letto la lettera, almeno quella resa nota, mi è parso di cogliere un monito verso ogni forma di comportamento umano ingiusto e scorretto che ricade e danneggia l’umanità più che un  riferimento specifico.

Qualche anno, fa anch’io mi son ritrovata pellegrina in quella folla immensa, non per una decisione partita da un desiderio personale di conoscenza o da un’esigenza religiosa incalzante, semplicemente come hostess di una persona cara, quindi per sentimenti di affetto e solidarietà.  Però  quando  il destino vuole,  trova tutte le strade per farti arrivare dove ti è necessario per migliorarti o semplicemente per prepararti ad affrontare situazioni future imprevedibili,  assai dolorose  che richiedono sangue freddo per superarle con razionale lucidità,  saldezza spirituale per viverle senza cadere nel baratro nero dello disperazione.

 Così è stato per me.

Quando approdai sul suolo di Fatima insieme al gruppo pellegrino  e  mia sorella, < si era accodata all’ultimo minuto con mio grande stupore, infatti non le avevo neanche chiesto se voleva venire sapendo benissimo il suo pensiero in proposito> mi sentivo staccata da quel contesto, solo una accompagnatrice di sostegno affettivo a chi mi era caro. Anzi, tanto io quanto mia sorella sembravamo due pesciolotte fuor d’acqua,  due note stonate che stridevano col gruppo pellegrino di padre Mauro;  risalta anche nella prima foto scattata  a ricordo dell’arrivo del gruppo. Per dirla tutta, gli altri partecipanti già alla Malpensa ci percepirono come due intruse, due snob signore ammazza tempo preoccupate del loro aspetto esteriore e non di quello intrinseco. Come dargli torto, in fondo avevano le loro ragioni di sentirci avulse, lontane da loro mai nessuno ci aveva sentito nominare o ci aveva visto partecipare ai loro raduni di preghiera a venerazione di Maria e riflessione sul mistero del santo rosario. Persino padre Mauro era perplesso tuttavia nel suo ruolo di guida spirituale ci accolse come sue fedeli, cercò poi di coinvolgerci alle attività previste senza forzarci, a suo onore devo dire che fu molto intelligente e anche spiritoso. A distanza di anni, quasi otto, era ancora viva suor Lucia, una delle principali depositarie dell’evento e dei famosi “segreti” legati alle sei apparizioni di Fatima,< avvenute ogni 13 del mese, da maggio a ottobre del 1917> avemmo anche  la rara fortuna di intravederla mentre pregava nel monastero di Coimbra. Dicevo,  a distanza di anni,  quei pochi  giorni di luglio  passati a Fatima e nei luoghi legati alle apparizioni si sono palesati più di un semplice gesto di cortesia compiuto per amore profondo verso qualcuno. Sono stati l’inizio di un cammino, non di fede e preghiera come verrebbe subito da pensare ma di accettazione di ferite e sofferenze passate e future. Difficile esporre  i meccanismi concreti agli altri essendo impercettibili anche a me stessa.   Mi spiego, prima  ho afferrato  la “guarigione” del passato, quello nascosto nel profondo, nessuno sapeva  e distingueva  ma  a me  causava enorme disagio, a volte era  un peso insopportabile in quanto lo ritenevo ingiusto, di fatto lo era ma impossibile da eliminare con un colpo di spugna o attraverso i tribunali  per vari motivi che non posso trasporre.  Un malessere che non riuscivo a superare con la ragione, stava diventando intollerabile, mi toglieva scioltezza  intima,  serenità, impediva di affrontare con filosofia le sgradevolezze della vita. In parole povere respirare allora  quella atmosfera ricca di astrattezza mi ha  liberata poi di  una spada di Damocle  che mi irritava da mattina a sera.

Sì, a Fatima s’immagazzina senza volere un’atmosfera particolare che ti scende nelle viscere, anche se non vuoi respiri qualcosa che ti serve, non sei neppure consapevole che ti è necessaria, quindi non la respiri volutamente o sei lì  per assimilarla, ti arriva da sola attraverso i pori della pelle, mentre cammini nei luoghi delle apparizioni, avverti zaffate che scambi per ventate. Direi di più, sei così distaccata che neppure preghi con devozione, come ho visto fare e che lì per li ho anche invidiato, per non esserne capace, sono credente ma sempre un po’ critica, come tanti ho paura di lasciarmi coinvolgere e diventare un’acquasantiera che prega, prega per paura di “castighi” o ingraziarsi i favori di “lassù” piuttosto che per instaurare un filo diretto con Dio.  Non sto dicendo che a Fatima basta respirare o camminare per  ricevere “miracoli”, può darsi, sto affermando che in quei luoghi spira un qualcosa di particolare inafferrabile e potente che t’invade, si insinua in te,  lo accogli senza domande e con naturalezza vedi sparire ciò che ti infastidiva e  ti ritrovi ad agire in modo totalmente diverso. Alla cappellina delle apparizioni di quella immensa  piazza, quasi senza confini e senza tempo, dico non ci arrivi a caso, neppure quando vai per curiosità, ci arrivi perché  ti è essenziale assimilare quello che non è spiegabile e comprendi in seguito.  Razionalmente inammissibile e da tacere per non passare per citrulla imbevuta di miti spirituali ma nell’intimo  costretta a riconoscerlo, almeno a porti qualche dubbio che”non tutto è come pare”e non tutto è identificabile attraverso i sensi mortali. Di sicuro arrivi di fronte a  quella minuscola statua, posta tra fiori e  protetta da vetri, per un motivo che non sai, sul momento la guardi e basta, non riesci a formulare un pensiero, a chiedere qualcosa, almeno io non ci sono riuscita, m’è parso superfluo, mi arrivava un tale profumo trascente che da solo bastava a colmare vuoti e dubbi. 

In quei giorni pellegrini, non posso dire che ho visto cose strabilianti, vissuto esperienze particolari da farmi asserire quanto sopra. Ho solo vissuto una moltitudine impressionante di gente d’ogni razza e colore che andava e veniva,  pregava notte e giorno,  stava in silenzio,  in adorazione per ore e ore , accendeva candele, cantava inni a Maria, piangeva, rideva, rimproverava i figli, scattava a ripetizione foto per avere un ricordo del vissuto. L’unica  reminiscenza speciale che ho  è il suono delle campane a festa, si propagava con festosità in quel clima venerale di spazio e tempo indecifrabile arrivando come ovattato, quasi fosse messaggio esclusivo diretto ad ognuno per lasciargli un ricordo insolito, suscitare una emozione, risvegliare un sentimento sopito.  Entrava dentro e  veniva voglia di trasporlo e condividerlo con gioia. A dire il vero c’è un altro particolare che  mi sorprese, mia sorella, allorquando tutta compassata nel suo impeccabile abito la vidi armeggiare nella ressa, poi telefonò a nostra madre ancora tra noi per farle ascoltare quel suono gioioso di campane  sventolando un  fazzoletto bianco. Ancora oggi mi chiedo a chi lo sventolava o perché, lei che da scienziata non si sbilancia mai e riesce  a mantenere in ogni situazione logica freddezza mi apparve un controsenso.

Come ho sopra accennato l’essere arrivata a Fatima aveva una sua logica d’inizio di nuovo cammino.

Il motivo di quel pellegrinaggio non premeditato infatti mi è apparso chiaro in seguito, attraverso eventi non proprio gradevoli che in passato mi avrebbero mandato in tilt, < tralascio per non annoiare> Precisamente nel momento della necessità temporale, ho appurato di essere mutata, non dal punto di vista dell’attaccamento a pratiche religiose, neppure in quelle di recita giornaliera del rosario purtroppo, nel modo di accettare pragmaticamente situazioni difficili e dolorose. Scoprendo che quel clima creato da tutto un contesto rimescolato di mistico e profano,  inconsapevolmente  mi aveva dotato di forza interiore, trasfuso energie e doti insospettabili di reattività alle difficoltà che prima non riuscivo a utilizzare, in parte perché  soffocata  da esperienze negative, in parte per sconoscenza di me stessa.  Ho dovuto ammettere che quell’esperienza aveva modificato il mio modo di essere e affrontare razionalmente le grane turbinose, principalmente  quanto, se fossi rimasta con quelle zavorre attaccate al mio spirito e al mio cervello, non fossi “guarita dalle ferite passate”, avrei procastinato il futuro, non saputo sostenere sofferenze e superare eventi senza crollare psicologicamente e anche fisicamente.

In quei cinque sei giorni  passati a Fatima, ripercorrendo  quei luoghi legati alle apparizioni, senza niente in testa di fervente o particolarmente attaccato al culto mariano che non fosse altro che spirito di solidarietà e affetto verso chi accompagnavo, avevo inalato energie positive straordinarie che mi  avevano  preparato a camminare nelle difficoltà, senza timori e cedimenti. Oserei dire avviato a un processo di  metamorfosi filosofica che mi  instradava  verso  la mia vera essenza. Non posso dire che  spiritualmente ho subito un “ tocco di grazia divina” da indurmi a pratiche religiose assidue, neppure che ho  trovato la fede perché l’ho sempre avuta, posso solo  attestare  che  senza l’intervento del caso  che mi ha portato a contatto con il mistero mariano di Fatima  ero destinata a  entrare nei gorghi del disfattismo che rendono arida, acida, intollerante ai bisogni altrui, oggi  sarei  una specie di brodo ristretto umano egoista, con il cuore colmo di acredine, niente  mi sembrerebbe tanto bello quanto la vita anche se ti chiede costantemente di accettare cose sgradite, quelle che non augureresti neppure al tuo peggior nemico. 

In conclusione, sento che ancora la mia metamorfosi non è completa, avverto che quel cammino iniziato a Fatima, il giorno del mio compleanno, < il pellegrinaggio era per l’apparizione del 13 luglio e io sono nata il 14> è ancora irto di diffocoltà, mi ha  chiarito solo una parte, altro mi aspetta.

 

 

 

UN BACIO A TUTTE LE MAMME

  Domenica 9 maggio è la festa della mamma 
 Dedico a tutte le mamme le parole che mi ha scritto, su una rudimentale tavoletta, il mio bimbo più piccolo in terza elementare e che conservo come un tesoro prezioso:
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Io non avrei saputo scrivere di meglio per definire l’amore che ogni figlio maschio o femmina ha verso il suo bene più profondo, soprattutto come la mamma risulta sempre bellissima agli occhi di ogni bambino poichè la vede attraverso quelli del cuore. 
*
   UN BACIO A TUTTE LE MAMME
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 Un abbraccio caloroso a quelle che per vari motivi sono sole, a quelle che soffrono o sono in apprensione per la salute, il lavoro, la felicità e il futuro dei loro figli.
*
BUON WEEK END DI FESTA
e
non dimentichiamo
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di regalare una bella azalea.
*

QUALCUNO SA DARLE UNA RISPOSTA?

Questa vicenda  non è fiaba, non è fantasia di una monella, un racconto concepito da una mente spaesata,  è uno dei tanti eventi capitati nella vita di una normalissima donna che alle fiabe neanche crede, il trascendente non lo esclude bensì lo prende con le molle, è  più  scettica incallita che credula. La poverina da anni si arrovella a trovare una risposta, ha cercato, scartabellato, domandato qua e la ma o l’han guardata di traverso o gli han semplicemente risposto: “Ma va l’ha, non può essere, son vaneggi di un’immaginazione  fervida, fatti vedere da uno psicopatologo!”  La poverina disperata  c’è andata, quello l’ha visitata e rivisitata ma strana non l’ha trovata, semmai un tantino  suscettibile e irritata le è sembrata al momento di  pagare l’onerosa parcella. Fatto sta, risposta non l’ha trovata e da anni  la cerca affannata per porre fine a  dilemmi che ogni tanto la catapultano ai confini dell’assurdo, costringendola fra se e  se a raccontarsi cose come questa che or posto:

< Creatura iridescente, bianca come lattea luce un giorno ti vidi. C’era l’alluvione, sospesa sopra il fiume, seguivi il mesto procedere di una famigliola alluvionata. Scivolavi al  fianco degli scampati che si erano appollaiati su una barchetta stringendo al petto i loro fagotti di cose raffazzonate alla rinfusa. Eran padre, madre, due figlioletti e una vecchia nonna, remavano lentamente, gli occhi fissi sull’acqua limacciosa, i volti muti, rassegnati all’ineluttabile si allontanavano da averi e casa sommersi dalle acque trasbordate dagli argini del Po senza accorgersi di te che li seguivi passo, passo.

Dove ti ho visto? Precisamente tra Brescello e Guastalla, lungo una biforcatura disegnata dalle acque fuoruscite dal letto principale del fiume, nel silenzio assoluto che lascia una tragedia appena consumata, seguivi il lento andare degli sventurati con atteggiamento protettivo e carezzevole.  Stavi a loro fianco, li scortavi con l’ansia curiosa di sorte  avversa che ha trafitto ingiustamente, il timore apprensivo di un pericolo vitale ancora non scampato dai poverini.

 Eri tutta di luce, un essere sottile e leggiadro fasciato di luce, braccia e gambe affusolate, non eri trasparente o informe macchia ma un corpo fatto di materia luminescente dalle proporzioni simili a quelle umane che camminava sospesa a un pelo dall’acqua.  Non ho visto occhi ma dall’atteggiamento del volto rivolto verso la famigliola ti comportavi come se vedevi, giravi il volto per guardare innanzi,  quasi a voler essere timone di quella piccola barchetta stracarica per condurla in salvo. Mi sei apparsa trepida e sorridente materia iridescente, un neon vivente con una ciambella sopra il capo, fatta della stessa sostanza, se così posso definirla, uguale al corpo, se così posso chiamarlo, staccata di circa dieci centimetri non ruotava almeno a me sembrava, non ti sorreggeva ma in qualche modo che io non posso definire, da umana, ti serviva.   Non so chi eri da dove venivi come facevi a essere li, perché io ti vedevo e gli altri no almeno credo perché non battevan ciglio di meraviglia.

 Flessuosa e agile creatura sconosciuta a questo mondo, almeno da me, nell’aria camminavi, ti muovevi, con le mani carezzavi quelle creature umane meste e silenziose pressate da pensieri per l’indomani incerto.  Scivolavi, quasi ti meravigliavi che fossero afflitti, osservavi acque e visi, esortavi ad andar sicuri innanzi, forse sussurravi parole di conforto, che io non potevo afferrare, ero spettatrice e non fruitrice delle tue preoccupazioni.  

Impietrita senza una risposta precisa con lo sguardo, ti ho seguito, con la testa scombussolata dalla tua vista mille domande mi hanno assalito, nessuna risposta certa è scaturita, solo stupore. Ancora nel mio occhio sei impressa,  nella mia mente mulinelli come un rompicapo affascinante e infinito.  Da allora un succedersi di  domande mi son posta,  senza senso  l’alternarsi di risposte.  Eri santo protettore, eri angelo, eri creatura sorta dalle acque, d’altro pianeta venuta, eri uomo, eri donna, eri  androgino asessuato.   Chi eri  e  dove  posso trovare  la soluzione al mio cercare?  Chi  osa darmi una  risposta se creatura  nessuno che io conosca ti ha vista.  Mi prendono per matta solo ad accennarlo, figurarsi a  dirlo! Lo sussurro piano,   mi arrovello nel ginepraio dell’assurdo, studio e seguo l’informale, l’astruso paranormale, non ti trovo descritta nemmeno sognata e vagheggiata da una logica umana rappresentata da una  scienza concordata su nozioni  che ti  escludono a priori.

Perché  ti sei palesata, concessa alla mia vista, quali riflessioni vuoi che faccia  per arrivare a conclusioni che reggono al senno razionale senza arenare o ribaltare nel marasma delle tesi  infondate di realtà soprannaturali.  Di sicuro ti ho estrapolata, involontariamente captata filtrandoti in un attimo di luce sbagliata  che correva a  velocità rallentata, afferrabile da mio occhio mortale  ma nessuno che io conosca, creatura iridescente, crederà che quel mercoledì  ti abbia vista mentre il campanile della chiesa, mezzo sommersa dalle acque del Po,  rintoccava per tredici volte quasi a dirmi sei  desta, non stai sognando o sei caduta in stato ipnotico in mezzo alle acque, hai le traveggole   per uno scherzo  burlone. 

Chi può credere a una storia  simile non so.  Comunque da qualche parte esiste chi conosce la risposta o può almeno dirmi è raro ma  possibile che tu, creatura iridescente bianca come la via lattea, con una ciambella  sopra la testa,  quel giorno fossi lì a sostenere una famigliola, guidarla  nel pantano delle acque, esortarla a non perdere coraggio  ed io, per fortuna o più per  scarogna giacché mi pesa come un macigno,  ti ho vista come vedo una casa, un albero, una qualunque cosa fatta di materia che si vede e si  tocca.

Accidenti, e riaccidenti perché queste cose particolari capitano a me che non le voglio e non le cerco non so proprio. So solamente che  devo accettarle tanto non saprei  a chi  e dove contestarle.  Non posso gridarle al mondo, mi manca il coraggio  di come poi gli altri ti guardano. Non avrei paura di affermarle a uno scienziato purché non sia prevenuto e limitato, consideri vero tutto  quello che è comprovato e fasullo tutto il resto,  sol perché ancora non documentato. Se proprio, proprio devo essere sincera, vorrei alquanto spiegare ste cose all’apparenza astruse  e scientificamente sconosciute a chi sa poi trarne conclusioni, magari  avere quel tassello che gli manca  a un sapere umano limitato al vedere.

Di certo quel che mi racconto so che è tutto vero ma per ora posso sussurrarlo piano, piano. >

***

 

Qualcuno sa darle una risposta che non sia la solita ovvia: ma va l’ha l’è una fola bella e buona?????

 

 ***

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