BUON PRIMO MAGGIO A TUTTI

Quando ero bambina, la festa dell’1 maggio era veramente una festa di partecipazione e di allegria del popolo operaio o di quanti credevano nel valore fondato sull’equo diritto di avere un’occupazione che garantisse una vita dignitosa alla propria famiglia. Ho dei bei ricordi legati alla mia famiglia e all’atmosfera che si respirava durante la giornata.  La gente, col vestito della festa e un immancabile fazzoletto rosso legato al collo, si dava appuntamento in piazza verso le 10 del mattino dove sul palco allestito per l’occasione, si alternavano a parlare personalità legate al mondo sindacale e politico. Veramente questa parte mi piaceva poco perché mio padre voleva che si ascoltasse in religioso silenzio mentre io e mia sorella sbuffavamo e ci raccomandavamo al santo protettore dei bambini che i relatori la facessero corta. Anche mia madre sbuffava, vi partecipava per amore di mio padre, non le interessava per niente la politica e riteneva che nei discorsi venisse fuori, inoltre era timorata di Dio, le sembrava di fare un piccolo torto al suo parroco don Sestilio. C’è da tener presente che la festa allora era considerata un po’ come il simbolo di fomentazione delle sinistre per avversare chiesa e clero, tantè che in fondo alla navata principale della parrocchia  era facile vedere appesi  in bella mostra elenchi di scomunicati, cioè liste di  coloro che osteggiavano i sacramenti, e di preti e robe varie non volevano saperne nulla, in modo che tutti entrando potevano leggerli. Anzi mi torna alla memoria qualche mio compagno di scuola, si vergognava come un verme quando o padre o madre erano in quegli elenchi e devo dire che con la solita cattiveria dell’innocenza bambina venivano un po’ guardati come dei diversi, una specie di rinnegati, talvolta padri e madri di opposte fazioni non volevano che i propri figli si mescolassero nel gioco, gli uni e gli altri temevano “cattive influenze”. Per nostra fortuna noi abbiamo avuto due genitori aperti, per niente ancorati a meschinerie faziose, non ci hanno mai detto di non frequentare questo o quello e pur essendo fra loro politicamente di pareri discordanti l’uno ha sempre rispettato l’altro e trovato un punto d’incontro nell’educarci libere, senza imporci il loro credo o le loro opinioni. Certo allora noi bimbe avevamo un’età in cui era lecito non comprendere appieno certe cose, per noi la politica era una cosa da grandi, se c’erano attriti, ritenevamo se la dovessero sbrigare fra loro, alla festa essere disinteressate alla parte oratoria era normale, a noi interessava avere i dolcetti, i palloncini che erano in bella mostra, ridere e scherzare con gli altri bambini, partecipare ai cori festosi e alle danze che finivano la serata. A pensarci bene anche per mia madre era il momento più bello della giornata, le piaceva ballare ma essendo una donna avvenente mio  padre gelosissimo difficilmente ce la portava. Oggi la festa dell’1 maggio è tutta un’altra cosa, ha perso sicuramente quel fascino festaiolo di partecipazione familiare e di ritrovo comunitario per una causa o un’idea, nessuno va più in piazza col fazzoletto rosso legato al collo come se fosse un trofeo da mostrare con orgoglio o un simbolo d’identificazione del mondo operaio, si direbbe che per le famiglie è un’occasione per un week end da tintarella.  Infatti, son più quelli che la festeggiano  in luoghi di mare che in raduni in piazza. D’altra parte nelle piazze di paesi e città si respira un’atmosfera d’indifferenza verso il valore contenuto in questa celebrazione, probabilmente dovuta in parte al cambiamento di costume e in parte a un diverso modo di dialogare sui contenuti espressi dal lavoro come conquista di diritti, progresso ed evoluzione sociale. Oggi, infatti, tutti i giorni si è subissati da prediche e predicozzi sull’essere flessibili negli orari e disponibili a considerare l’occupazione, un transito mediato dalle esigenze tra offerta e domanda.  Il lavoro non è più un bene sacrosanto conquistato in conformità di abilità specifiche, acquisite attraverso studi, formazione professionale o semplicemente un progetto di vita futura da difendere e mantenere, sembra diventato una specie di contorno del vivere, se l’hai bene se non l’hai, ti arrangi, gli stessi sindacati non hanno più il potere delegante delle masse e la stessa incidenza nel difendere lavoro e lavoratori. Per me quella del primo maggio resta una festa importante da tramandare ai figli come monito da non dimenticare di lotte sostenute da tanti lavoratori del passato per vedersi riconosciuti benefici  minimi ma pur sempre migliorativi, oltre che un ricordo dì infanzia di buoni sapori e odori di gente con delle facce zigrinate, le mani rudi e callose, piena di vigore e ottimismo, orgogliosa di avere un’occupazione onesta  solennizzata   con tutto l’ardore dato dalla consapevolezza cosciente che il lavoro è il pilastro del progresso delle  famiglie e della società.

Mi piace ricordare questa giornata  con la gioia e l’allegria  di quando ero bambina attraverso l’evoluzione delle mitiche frecce tricolori

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Per la memoria:

La festa dell’1 maggio è celebrata in quasi tutto il mondo a ricordo di battaglie operaie sostenute per ottenere un minimo diritto legislativo che fissasse un orario  lavorativo giornaliero dignitoso quantificato in otto ore. Le sue origini risalgono a una manifestazione del 5 settembre 1882 a New York organizzata dai cavalieri del lavoro e ripetuta nel 1884 dove fu deciso che l’evento avesse una cadenza annuale, tuttavia a determinare la data rievocativa dell’1 maggio furono i gravi incidenti accaduti a Chicago e conosciuti come rivolta di Haymarket quando vi furono numerosi morti provocati dalla polizia che sparò sui dimostranti per disperderli. In Europa la festa fu formalizzata dai delegati socialisti a Parigi nel 1889 durante l’internazionale.  In Italia fu adottata nel 1991, sospesa durante il periodo fascista e ristabilita nel 1945 dopo i due conflitti mondiali.  Nel 1947 purtroppo la sua ricorrenza in Sicilia fu macchiata dal bandito Giuliano che non si sa ancora bene per quale motivo o per ordine di chi sparò su un corteo di lavoratori che sfilava in località Portella della Ginestra causando morti e feriti. Dal 1991 le confederazioni sindacali per celebrare la festività organizzano a Roma un concerto maratona cui partecipano artisti e gruppi famosi che richiamano una folla enorme

 Buon Primo Maggio a tutti

  Con l’augurio di una giornata favolosa e un week end ristoratore.

A chi è senza lavoro auguro con tutto il cuore di trovarlo al più presto.

CONTATTI

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Ieri, mentre sfrecciavo con la mia geppa sull’autostrada accaldata dalla tensione e dai primi raggi caldi di questa capricciosa primavera, mi è venuto spontaneo notare che a destra e sinistra, rombando come un fiume in piena, mi passavano accanto volti dei quali a malapena intravedevo la sagoma. Tornata a casa stanca, dopo una bella doccia, una passata di essenza di sandalo sulla pelle per inondarmi di fragranza rilassante,  indossata la  lunga veste di seta bluette, raccolti i capelli con un nastro color oro, a piedi nudi,  per agevolare l’apertura dei canalini di scarico,  sono scesa giù e mi sono acchiocciolata sul mio comodo divano per l’ora di meditazione quotidiana  ” sgombra negatività”. La faccio tutte le sere, mi serve a svuotare la mente dai pensieri inutili, l’aggressività  accumulata nei momenti topici della giornata, analizzare  razionalmente i risultati e soprattutto garantirmi una notte di beati sogni. Infatti, quando per qualche motivo estraneo al volere non riesco a farla, il sonno è tempestoso, ho degli incubi orrendi, le immagini della giornata mi diventano mostri che cercano di ingoiarmi o trasportarmi in antri bui, freddi, zeppi d’insetti che vengono a passeggiare sul mio corpo, una vera schifignezza, il solo pensarci …brrr….. Sulle prime tutto sembrava funzionare al solito, la fragranza del sandalo arrivava alle mie narici, piano, piano inspirandola allentava la tensione al plesso solare, punto cruciale per me, vi accumulo i malumori ansiogeni della giornata, i pensieri si scavallavano dalla mente, come nuvolette sfumavano svuotandola. Sentivo salire dai piedi una sensazione di benefica estensione muscolare che stirava le rughette del viso, ridava luce all’occhio affumicato dal nervosismo, apriva il sorriso e pompava il mio sangue con un ritmo sincronizzato sulla dolce melodia gradita al cuore. In sostanza mi sembrava che il solito irradiamento d’energia positiva invadeva il mio essere predisponendolo al ristoro essenziale ad affrontare la notte con tranquillità in modo che sonno e sogni abbracciati avrebbero corso nell’etere magico senza quegli intoppi, “attira” visioni mostruose.  Diversamente, dopo un po’ nella mia mente scorrevano sagome confuse, nelle orecchie rimbombavano i ronzii dei suoni caotici dei motori, il mio corpo sussultava e vibrava scomposto dalla pressione di avvallamenti e cunette, negli occhi appariva e scompariva la lunga striscia nera dell’asfalto.  Ho cercato di estraniarmi e di concentrarmi su un punto bianco della parete per eliminare il disordine che m’impediva di sgombrare la mente e rilassarmi. Niente da fare.  Nonostante i miei sforzi, anche ricorrendo alla saggezza popolare di “chiodo, scaccia chiodo” invece che affievolirsi l’insieme di suoni e immagini, accumulati nel percorso autostradale, continuava a saltellare e come spiritello importuno rimbalzava incessante dal pavimento alla parete e viceversa.

Afferrato che non sarei riuscita nel mio intento di rimuovere il contenuto snervante di una lunga e movimentata giornata, mi sono chiesta il perché ero subissata da queste immagini e una strana sensazione aleggiava nell’aria pilotando la mia attenzione da un raccoglimento interiore a una riflessione cosciente. Nessuna risposta mi è sovvenuta, così ho abbandonato la mia aspirazione meditativa pro sonno beato e mi sono predisposta, senza riserve, ad accogliere l’intrusione percettiva. A  occhi  chiusi, respirando con cadenze lente e regolari, immobile ho lasciato che il frullio contorto che aleggiava sgorgasse libero e diventasse un messaggio rischiaratore delle mie perplessità.

All’inizio avvertivo solo un fastidio, poi, aspettando, la risposta è stata lampante.

Tutto quello scorrere di sagome informi fra rombi e luccichii metallici, apparentemente senza nessuna incidenza in realtà si era impresso con forza nel mio occhio e trasferito con il suo bagaglio nella memoria intuitiva senza una precisa volontà.  Semplicemente mentre mi sfrecciavano a destra e sinistra, mi ero posta il problema chi fossero tutti quegli esseri umani che non riuscivo a vedere, perché si trovavano in quel preciso momento li, quali pensieri li agitavano, che progetti, speranze macinavano, erano felici, oppressi, innamorati, delusi, in cerca di lavoro, in gita, in fuga, giovani, onesti, ladri, spacciatori, filosofi, soli o accompagnati ecc. Ponendomi tante domande involontariamente li avevo risucchiati nel mio inconscio immaginario, resi tangibili per poterne decifrarne l’aspetto, carpire l’umore, sofferenze, delusioni, sospiri, brame, rimuginii elucubrativi, oserei dire cercato con ogni mezzo di stabilire un contatto telepatico per meglio individuare sentimenti e azioni che li accomunasse con il mio snocciolare frettoloso su quel grigio asfalto.

Mi succede spesso, anzi comunemente, di lasciarmi trasportare dalla mia voglia di contatto umano e convertire un informe andirivieni in volti espressivi, in storie, in persone che hanno sentimenti profondi, affinità e bisogno di analogia. L’idea di lasciarle semplici sagome sfumate dalla velocità è qualcosa che mi sconcerta e mi trasmette sensazioni di rifiuto del mio essere a rimanere indifferente, mi spinge a interagire con il circostante e il prossimo in modo attivo.  In genere aborrisco la fuggevolezza, mi appare uno sminuire il valore degli esseri umani ridurli zombi viaggianti, un modo sbrigativo per eliminare i richiami empatici di conoscenza reciproca che varcano le porte dell’ordinario per entrare in quegli spazi metafisici di globale comunanza. Mi è chiaro che posso sembrare assurda, assai bislacca e rasentare la follia allucinata, tuttavia è insito in me questo modo di compenetrare poiché fin da bambina mi piaceva stare in mezzo alla folla per scrutarla, cogliere le sfumature celate dietro l’apparenza ostentata in pubblico.

Per farla breve ho compreso che erano troppi i visi che avevo cercato di intercettare mnemonicamente e troppe le cose negative che avevo captato in quella fiumana sfrecciante sotto un caldo sole primaverile, non potevo smaltirli in un’oretta di meditazione, in più li avevo assimilati così profondamente da penetrate nei miei sensi più di quanto avessi potuto fare standoci in contatto diretto, scambiando con loro una frase di convenienza o un sorriso veloce. Alcuni visi pur essendo anonimi dal punto di vista di nome o residenza nella proiezione immaginifica mi erano apparsi familiari, certuni più di quelli di amici o parenti, quasi come se ci avessi vissuto condividendo esperienze, giorni belli e grigi, desideri sentimenti per cui non avevo incrociato sfumature viaggianti su un lucido nastro d’asfalto ma energie pure.  

 

La prossima volta che mi troverò sola sull’autostrada tuttavia eviterò di mettere in moto la mia fantasia, lascerò che quelle sagome scorrano informi senza pormi domande, tanto le risposte sono supposizioni e non certezze concrete, appagano l’innato bisogno di contatto spirituale con i miei simili qualunque sia la loro condizione ma disturbano l’oretta serale di meditazione “sgombra negatività” che mi permette sonni beati tra le braccia di morfeo.

 

Al momento ho esorcizzato il tutto con queste parole:

 

Scorre la vita

Sul  nero asfalto

Ammorbidito

Da incandescenti

Raggi  solari

Solchi profondi

Balenii gommosi

Chiazze  indefinite

Adombrano

Il lucido nastro

Spezzano il filo

Blocchi enormi

Rotolano grignando

Bolle  colorate

Sfrecciano lampando

Movimenti balzellano

Fiumi  scoppiettanti

Nebbie

 Piogge

 Arsure

Scandiscono tempi

Ribaltano visuali

Accorciano vite

Cartocciano figure

Funesti giostrai

Allentano

 Stringono

Lasciano

 Prendono

Anime sensibili

 Piccanti desideri

Cieli metafisici

Specchi aperti

Rullii

  Riflessi

Sarabande

Volti sfumati

Occhi assonnati

Gambe grevi

Mani nervose

Lembi di terra nera

Serpeggi coseni

Mete caduche

Note stridenti

Girandole  fallaci

Frenesie

 Ebbrezze

Marce massacranti

Contatti della vita

Fugaci

Rotti da bagliore

 Fragore

Lamiere  luccicanti

Incoscienze torte

 Ossessive carambole

Contatti

 Sfiorati

In velocità smodate 

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la foto in alto è del principe ge-gè

PORTA LA SPORTAAAAA…..!!!!

 

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Il 17 aprile si è aperta la settimana  nazionale  di “Porta la Sporta” e  proseguirà fino al 24 aprile.

Lanciata nel marzo 2009 dal WWF, da Italia Nostra, dal FAI e da Adiconsum, costituisce il secondo evento, dopo la giornata internazionale “Plastic Bag Free” dello scorso 12 settembre, promosso per  sensibilizzare  consumatori, commercianti, istituzioni  locali e non  a divulgare la cultura del non uso del sacchetto di plastica.

L’intento degli organizzatori è quello di rendere consapevole il cittadino  sulla relazione esistente tra “abitudine quotidiana negativa e danni ambientali

Ritengono,  partendo dall’uso del sacchetto di plastica, all’apparenza trascurabile e innocua azione  quotidiana, dimostrare quanto l’abitudine scorretta  può essere lesiva all’ambiente e alla salute, e, in base al principio “ informare per educare” diventa  inevitabile per chiunque successivamente eliminare l’ uso dei sacchetti di plastica  e acquisire corrette consuetudini a  tutela del futuro dell’ambiente e della salute degli esseri viventi.

Se si pensa che  in un solo anno, in Europa, vengono consumati e gettati nell’ambiente circa 100 miliardi di sacchetti di plastica usa e getta diventa palese a tutti l’importanza di questa campagna anti sacchetto. E’ nota a molti la difficoltà per  smaltirli e  quali ripercussioni  subisce il territorio e quanto la loro eliminazione  sia indispensabile. Seppoi si ha la consapevolezza  che i sacchetti uccidono ogni anno oltre centomila esseri viventi diventa  urgente dovere sociale  modificare la mentalità  di utilizzare i sacchetti di plastica, sostituendoli con   sacche di tela. Riprendere la buona abitudine delle vecchie nonne di usare la sporta di tessuto, rafia, cotone o carta  come metodo per trasportare le nostre provviste dal supermercato a casa è  auspicabile  diventi  norma  legislativa,  non rimanga un fatto sporadico evocativo,  come sovente avviene per altre questioni, e lasciata al senso di responsabilità del singolo.

L’opinione pubblica, talvolta  si chiede qual è il rifiuto plastico più dannoso all’ambiente, tutta la plastica è dannosa a causa della sua indistruttibilità e permanenza quando dispersa nell’ambiente. E’ stato dimostrato che gli additivi chimici impiegati  nella sua lavorazione   oltreché inquinanti possono migrare nei cibi, specialmente quelli grassi o contenenti alcool; denominati “distruttori endocrini  sono un cocktail velenoso devastante, con il passare degli anni si accumulano  nei tessuti degli organismi viventi alterandone il sistema ormonale, causando tumori, danni a fegato,  reni, disfunzioni al sistema riproduttivo, a quello nervoso e immunitario.

La plastica non essendo biodegradabile non si dissolve ma si sminuzza molto lentamente in parti sempre più piccole, sminuzzandosi raggiunge formati sempre più minuti così da poter essere ingerita da ogni organismo che abita nel territorio e non solo, infatti  attraverso gli scarichi e i fiumi  defluisce  nei mari e diventa distruttiva per l’eco sistema di flora e fauna marina. La plastica in mare agisce come una spugna attirando tutte quelle sostanze chimiche idrorepellenti come quelle raggruppate nella categoria chiamata inquinanti organici persistenti – Persistent Organic Pollutants- Effettuando prelievi di acqua a vari livelli di profondità e analizzando il contenuto si è riscontrato  che la quantità di  micro particelle plastiche supera la percentuale di zoo plancton presente in acqua,  inoltre, c’è convinzione che l’ammorbamento  potrebbe aumentare del 100% ogni 4 anni poichè negli ultimi 10 anni è aumentata in modo esponenziale  la  produzione annuale di oggetti di plastica, si stima sia arrivata a più di 200 milioni di tonnellate e circa la metà viene usata per produrre articoli monouso o imballaggi che vengono buttati entro l’anno.

A livello mondiale sono più di 143 le specie marine morte soffocate o di fame perché rimaste  imbrigliate in sacchetti, reti o altri rifiuti plastici. Quasi la totalità delle specie di tartarughe marine  inghiottendo i sacchetti scambiandoli per meduse! Le specie che inghiottono plastica sono stimate in 180 di cui il 94% è costituito da uccelli, in più ciò che ha causato la morte dell’animale torna libero di fare altri danni una volta che l’organismo si è decomposto.

Naturalmente le famose sportine non sono le uniche responsabili dell’inquinamento di suolo e  acque ma abolendole si da un  segnale educativo importante, quasi sempre è partendo dalle piccole cose che si ottengono i risultati  migliori nel processo di abitudini corrette,  una volta entrate nella memoria difficilmente si scardinano, talvolta sono lo stimolo essenziale per correggere altri comportamenti e abitudini nocive al benessere proprio e altrui, oltreché della natura.

“Porta la Sporta” vuol essere un invito educativo   all’utilizzo della borsa riutilizzabile in sostituzione dei sacchetti di plastica e dei sacchetti monouso in generale, si prefigge di coinvolgere durante la settimana quanti più  possibile all’adozione della sporta di tela e spera che ognuno di noi si renda promotore e divulgatore  dell’iniziativa che ha ottenuto anche il patrocinio di enti come la Regione Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Marche, Emilia Romagna, e adesioni da associazioni nazionali.

 Concludendo, “Portare la sporta” può diventare qualcosa di più di una semplice abitudine, può rappresentare il “primo” atto di consapevolezza ecologica che apre un percorso di atti ulteriori di rispetto verso l’ambiente, iniziando da noi si può fare molto per la salute,  il futuro dei nostri figli e degli esseri viventi in generale.

Forza ragazze, diamo l’addio ai sacchetti di plastica,  rispolveriamo le sacche di tela da soffitte e bauli, le nostre mamme e nonne ne avevano di bellissime fatte all’uncinetto!

Ci guadagneremo in salute e passeggiando nei boschi, prati,lungo le rive dei fiumi e mari i nostri occhi non rischieranno di rimanere offesi da spettacoli indecenti!

 

 

 

Ehilà Sandrina..te l’ho fatta!!!!

“Ehilà, Sandrina…te l’ho fatta!!!!!”

 Ho immaginato che il grandissimo Raimondo Vianello ha salutato la sua compagna con una battuta, quindi non voglio essere irriverente al dolore né al grande maestro comico.

La sua scomparsa addolora tutti colro che hanno apprezzato la sua umanità, spesso espressa in battute ironiche e autoironiche, sempre con eleganza, mai volgare, offensivo  e inopportuno. Immagino la sofferenza della sua amatissima compagna Sandra Mondaini, con la quale ha condiviso vita e professionalità. A lei dedico queste parole che vogliono essere un omaggio alla bravura irripetibile di Raimondo e un ringraziamento ai tanti momenti solari che ha portato nel mio  cuore e  di tanti italiani rallegrando serate grigie e spesso appesantite dai problemi esistenziali, oltrechè un saluto nel momento che ci ha lasciato.

 

Al sole mattutino

il cuor si dilata

alla  sorpresa

gli occhi si empiono

di  bellezza

splendono  adamantini

gioia  e emozione

singhiozzano pentiti

coccolano

sull’ali magnetiche

sogno 

                          e fantasia                           

respirano

ai frizzi di primavera

reminiscenza vestale

guizza nel pensiero

un  tuffo d ’energia

lo sguardo amabile

sprofonda negli abissi

scioglie 

la burrasca  in agguato

al nostro appuntamento

agognato

carezza  schiuma

violenta la passione

al sole mattutino

s’oscura da distanza

 la vista fino a sera

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la foto l’ho scaricata dal webb

ALITO DI BREZZA

 

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Madre,

non ti ricordo tanto bianca e silenziosa

eppur su quel letto d’ospedale, sparso tra monti

Il tuo volto incorniciato da ovatta spumeggiante

 come raggi lunari che scivolan serpentini mi  rifrange

sull’acque calme del nostro lago sciabordoso

ombreggiato da riflesse colline e argentei filari d’olivo.

Non ricordo madre di averti visto supina

stesa a riposare senza quel faccendio di mani,

quel riso cristallino e  dirompente che m’invade

al risveglio, fugando nel chiarore del mattino

le ombre portate da deliri  onirici molesti.

Madre,

non vedo lo sguardo malizioso  migrar tra le pareti

cercare aloni  di volti amati e passati dolorosi,

né il tuo petto ansima nella fretta

di districar gli affanni della vita,

non sento il ticchettio de’ passi andanti

di figlia in figlia per allievar crucci fumigosi   

e il ritmo del tuo canto stornellato perdersi nella via.

Madre,

sento il battito dell’orologio

 rintocca dal campanile della tua chiesa

mi sembra un canto accorato che svolazza

tra un olezzo di fiori sparsi e grani di  litanie

recitate da un coro di voci  frastornato

una brezza all’improvviso ti carezza

passa tra cuori affranti di stupore

sfiora ginocchia piegate e mani inquiete,

ti solleva, ti porta via come piuma leggera

si perde tra le nubi di occhi lacrimosi.

Madre,

 così bianca e indifesa mi sembri

una bimba spersa tra  braccia vigorose

con  lento dondolio la cullan amorose

sul ritmo d’una nenia a batter  d’ umido ciglio

chiude a finestre spalancate sul mondo

 squarcia  orizzonti discosti fra  luci e stelle

e suoni misteriosi come ali di colombi

Madre,

non ti ricordo tanto bianca e silenziosa,

ti ricordo allegra e maliziosa, con l’occhio luminoso

spalancato sull’alito di brezza della vita

nel giorno che ci sei entrata. 

 

 

 

 

 la foto l’ho scattata  sul monte crizna

LA “MAMMANA” EVOLUTA

In questi giorni di polemiche pro contro la ru 486, day hospital o no, mi  è venuto su un profondo disgusto contro ogni tesi poiché mi sembra che sono tante ”mammane” che parlano di zuccheretti da far degustare alle donne  per renderle felici e spensierate   mentre si fanno una passeggiata nella selva urbana e non di un farmaco abortivo che seppur lecito, dal punto di vista legale, tralasciando ogni considerazione etica, implica  una decisione lacerante che lascia una ferita indelebile  nell’animo di  ogni donna, atea o credente, costretta a ricorrervi per sua o altrui scelta

Così ieri, mentre me ne stavo beatamente sdraiata al sole per scrollarmi di dosso il lungo e grigio  inverno, nel vedere delle splendide cavalle  che scorrazzavano libere nei prati verdi  le ho invidiate. Si, per un attimo avrei voluto trasformarmi  in cavalla per  unirmi al gruppo e galoppare spensierata assaporando, in quella cornice incantata, i profumi che arrivavano dal bosco, magari uscire dal branco per inerpicarmi sul sentiero,  oltre la radura, e  arrivare alle cime innevate della Carnia  staccando da un sistema vociante, fastidioso per le orecchie e lo spirito. Un sistema che vuole venderti concetti balordi  dicendo che ti libera da schiavitù ma in sostanza ti intrappola in altre peggiori e cerca di  assuefarti alle sue regole senza pietà, in più se tenti di avere un opinione diversa ti taccia di arretratezza e ti prende per i fondelli portando a sostegno altri paesi dove la pilloletta suggestiva sembra che giri indisturbata deliziando le donne di quei paesi, come in altri per uno sguardo sono deliziate da sassate  finché non crepano.  Chissà poi perché  non dicono mai i rischi che ogni donna corre, e chissà poi perché ritengono che questa ru 486 sia la panacea di maternità resa  indesiderata quasi sempre da ignoranza, degrado, egoismo maschile e da mancanza di solidarietà sociale. A parte maternità dovute a violenza, per il resto difficilmente una donna se ha sostegno morale e materiale ricorre all’aborto. Inoltre tutto questo gran vociare sulla sua bontà risolutoria di dilemmi vecchi quanto il mondo mi sembra un marchingegno  per risolvere velocemente un problema educativo sessuale  e minimizzare il rispetto verso l’ indole femminile, oltreché un pensiero corrente di disvalore morale  istigatore. Vale a dire che la sua prospettata soavità deglutoria in tutta sicurezza mi suona come un invito:  fate pure quel che vi pare tanto ci pensa  la mammana ru 486  a liberarvi dal dilemma figlio si figlio no” Una volta essa aveva le sembianze d’una vecchia scorbutica e bitorzoluta del paese o dell’ostetrica  compiacente, oggi, col progresso si è evoluta e modernizzata riuscendo a trasformarsi in sigla. Di certo non dimentico le migliaia di donne costrette per motivi vari ad abortire con pratiche disumane tipo infilzamenti di ferri da calza vecchi e arrugginiti nell’utero, decotti concentrati di prezzemolo velenosi più di un morso di vipera ecc. ecc.. che ci hanno lasciato la pelle fra atroci strazi. Dico che prima di tutto non dovrebbe succedere,  bisogna educare a prevenire il problema non  escogitare mezzi e mezzucci  che convalidano i comportamenti superficiali e irresponsabili, rendono l’aborto un intervallo fra un rapporto e un altro, piacevole quasi quanto gustarsi un gelato in piena estate.

Invidio proprio quelle cavalle allo stato brado, libere da catene menzognere. Quantomeno a chi vorrà  piegarle al proprio intento, con la scusa che dentro una stalla saranno più felici di quanto possono esserlo scorrazzando  in una vallata verde prima di farsi imbrigliare gli  molleranno tanti calci, ma tanti calci  da farglieli ricordare in eterno.

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Snelle cavalle bianche

Macchie mobili

Di galoppanti consonanze

Su  verdi praterie

 Superbe confluenze

Di criniere provocanti

Espressioni di bellezza

E armonia fugace

Inesauribili energie

Mobili sensazioni

D’Impossibili imbrigliamenti

Su verdi praterie 

Eccitanti

 Cavalle bianche

Frenetiche masse

nature perfette

Con volontà potenti

Molteplici battiti

Eleganti movimenti

Cavalle libere

Senza catene

Senza padroni

Espressioni viventi

Di scalpitii furenti

Cavalle bianche

Macchie mobili su verdi praterie

Concerti galoppanti

In sintonia con gli elementi

 Spettatrici di schiavitù

 infingarde

diE.P.F.

dedicata a tutte le donne che non hanno il coraggio di reagire ad un progresso schiavizzante della femminilità

DELIZIA PASQUALE

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A tutti gli amici e passanti in segno di affetto e riguardo offro  questa delizia di cioccolato

la cui  forma morbida , senza principio e fine, da sempre è simbolo di vita, e mistero sacrale

 con l’augurio  sincero che al suo interno  ognuno  trovi un dono, non un dono  qualsiasi, quello che è nascosto nei desideri segreti, nella profondità  dello spirito.

La sua dolcezza possa  trasformare la vostra vita rendendola feconda, luminosa, leggera, colma di amore.

La sua rotondità vi conceda una vita  senza spigoli.

Il suo simbolismo vi faccia trovare la fede  in Cristo

La sua bontà vi renda la vita un piacere da assaporare ogni giorno.

Il suo guscio schiuda tutte  le speranze per esaudirle

La sua perfezione sia auspicio di rinnovamento e di cammino  sereno

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Vi abbraccio fortissimamente con il cuore e il pensiero

e auguro ancora a tutti una felice S. Pasqua di rinascita

DIF

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SOLO PER OGGI

 

Questo venerdì Santo coincide con l’anniversario  della morte di papa Paolo  II mi piace ricordarlo con le parole di un’altro grande papa

 

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 Solo per oggi cercherò di vivere alla giornata senza voler risolvere i problemi
della mia vita tutti in una volta.
Solo per oggi avrò la massima cura del mio aspetto: vestirò con sobrietà, non alzerò la voce, sarò cortese nei modi, non criticherò nessuno, non cercherò di migliorare o disciplinare nessuno tranne me stesso/a.
 Solo per oggi sarò felice nella certezza che sono stato/a creato/a per essere felice non solo nell’altro mondo, ma anche in questo.
 Solo per oggi mi adatterò alle circostanze, senza pretendere che le circostanze si adattino ai miei desideri.
 Solo per oggi dedicherò dieci minuti del mio tempo a sedere in silenzio ascoltando Dio, ricordando che come il cibo è necessario alla vita del corpo, così il silenzio e l’ascolto sono necessari alla vita dell’anima.
 Solo per oggi, compirò una buona azione e non lo dirò a nessuno.
Solo per oggi mi farò un programma: forse non lo seguirò perfettamente, ma lo farò. E mi guarderò dai due malanni: la fretta e l’indecisione.
 Solo per oggi saprò dal profondo del cuore, nonostante le apparenze, che l’esistenza si prende cura di me come nessun altro al mondo.
 Solo per oggi non avrò timori. In modo particolare non avrò paura di godere di ciò che è bello e di credere nell’Amore.
 Posso ben fare per 12 ore ciò che mi sgomenterebbe se pensassi di doverlo
fare tutta la vita.

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Giovanni XXIII

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la foto è stata scattata da me a Medjugorie