“America” quando l’arte è gabinetto

golden water

Vi pare assurdo che  l’arte sia gabinetto? Macchè! In arte contemporanea nulla vi è di assurdo e scontato. Neppure quello di dover  far pipì anche se non scappa. Eh si, chi vuole contemplare l’opera d’arte, (???) “America” istallata dal 16 settembre al Guggenheim Museum di New York deve rassegnarsi a farsela scappare. Anche un sol filino di acquetta deve farselo uscire per gustare l’ebrezza dell’ultima “fatica” dell’artista padovano Maurizio Cattelan!  Beh, va detto che non è un grattacapo. L’ attesa in piedi è lunga. Ma giunti al cospetto di “America”, il gabinetto d’oro,  la svuotatura è così urgente da essere una grande liquida estrinsecazione corporale, tanto gradevole e liberatoria che il buco nero di “America” pare una fossetta celestiale. Tant’è che appena fatta hai una sensazione di esaustività che esci dal gabinetto unisex emozionata e convinta che quel solitario water a 18 carati sia la meraviglia delle meraviglie più ammaliante che ti sia capitato di rimirare su questa terra. Vero che l’idea non è nuovissima, penso alle “fontane” ovvero agli orinatoi, di Marcel Duchamp e alle “scatole di merda” di Piero Manzoni… Tuttavia, sarà per l’intontimento del fuso orario, il posto prestigioso, la curiosità pressante, l’eccitazione del privilegio d’esser in quella fila, tanto silenziosa quanto assurda, il luccichio che abbaglia l’attesa, i mille pensieri che frullano nell’aria dei “compagni” in coda che  si appiccicano come pece, al cospetto di “America” ovvero sua maestà il gabinetto, ti pare che mai genio artistico abbia “partorito” una visione estetica così straordinaria da star lì, a fissare qella “tazza d’oro,” con lo stesso sbalordimento di una apparizione soprannaturale. Anche se…Anche se, una volta uscita dalla “cappella” santificatrice di necessità umane naturali, mentre dall’occhio scema lo stordimento di tanto “ capolavoro” il cervello inizia a rimuginare pensierini domandini sull’istallazione di Cattelan: “America” è una provocazione? È arte? È libera espressione di un concetto? È sintesi catartica? È un simbolismo estremo dei tempi? É apoteosi della ricchezza? È degenerazione artistica? È richiamo plateale all’umano? È, è, è…Laddove è, da quanto affermato dall’artista padovano: “ qualunque cosa mangi , da un pranzo di duemila dollari a un hot dog da due, alla fine il risultato è lo stesso, parlando di water”. Come dire, la “tazza d’oro” è estrinsecazione dell’eguaglianza, la realtà umana che accomuna ricco e povero, io, concludo che quel water è anche il resto. Benché…Mentre bighellono tra i “giganti” di vetro e cemento della grande mela, con ancora negli occhi la visione di tanto celestiale manufatto, qualcosa mi rosicchia, non per l’oggetto esposto, in fondo se si espone un mucchio di spazzatura perché no un water, quanto per  l’appellativo scelto dall’artista. Battezzare la sua “creatura” America, non mi torna con quel che ha esteriorizzato. Vero è che in tutto il mondo, se mangi da ricco e da misero,  ti necessita il gabinetto ma in quell’America ravviso una marcatura concettuale dell’artista. Più giro senza meta, più i pensieri mi s’attorcigliano su quel water “America”. Qual’è la chiave di lettura? America sta: per American Dream, quel sogno enfatico di raggiungibile prosperità economica in cui tutti fan pipi e popò sull’oro; per fenomeno artificioso dei bisogni dell’apparire; per consumismo dissoluto che divora i valori dell’umanità; per eletta icona redentiva dei cessi? A pensar male potrei dire che sta per irriverente considerazione dell’america.. a pensar bene che è solo un cesso-gioiello firmato. Mah…forse è meglio che lascio ai posteri e ai critici i dubbi shakespeariani e considero il nome “America” solo il capriccio di un idea creativa trasgressiva, l’abile espressione provocatoria di un artista. Però, un rosicchio mi rimane. La funzionante“ golden toilet”  al 5 piano del Guggenheim Museum di New York è arte o non è arte? Certo, oggi come oggi c’è una tal selva di arte e schifezza da far venir il mal di pancia e un gabinetto pronto all’occorrenza… Ma una schifezza  esposta al  Guggenheim Museum di New York… no, è impossibile.  Allora è arte!  Secondo l’autore si e no. Infatti, Cattelan ha specificato che il “water diventa opera d’arte solo quando la natura chiama e qualcuno ci si piazza sopra o davanti”. Quindi da solo il water è nient’altro che un cesso, d’oro, ma cesso. L’arte la fa la presenza umana mentre fa pipì o popò. A ben considerare è realistico. L’essere umano di per se è indubbiamente il capolavoro dei capolavori. Mi sconfifera.  Parola mia La “tazza d’oro” di Maurizio Cattelan è arte, arte intima.  Anzi, concordo con quanto affermato da qualcuno sulla golden toilet: “accesso senza precedenti a qualcosa di indiscutibile valore.” Tanto più che qualunque sia il concetto ispiratorio di “america” l’ebbrezza di sentir scivolare la pipì su quell’oro è davvero un godimento eccezionale. Se volete provare…basta  un voletto a New York. Ah, dimenticavo, come Cattelan  potete pure fare uno spuntino, “America” è un gabinetto fruibile al 100 x100. 

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la foto dell’artista  Cattelan,  l’ho recuperata dal web.