BOLLA DI SAPONE

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Bolla

Soffice schiuma

turgida d’alito

Aleggi nel blu

Un soffio un sospiro

Un lieve puff

Scivoli giù

Ti perdi

Svanisci

Non ti vedo più

dif
Quando l’amore  mi spalanca le sue porte, mi sembra di scorgere un mondo composto da  una miriade di punti colorati con i quali posso andare a giocare all’infinito. Sono talmente convinta  che ciò che  percepisco e vedo  non è effetto di fantasia che varco la soglia  con la stessa impazienza, slancio  e  incanto di quando bambina avevo un dono da scartare. Mi lascio esaltare da tutti quei meravigliosi puntolini impalpabili, credendoli eterni e incorruttibili. Abbandono senza remore ogni freno inibitorio. Esco dal cono d’ombra fosco e anonimo che imbrigliava  vivacità e  creatività, ardita, spericolata, libera. Desidero solo correre, emozionarmi, tuffarmi leggera  e ariosa in mezzo a quei puntolini variopinti, acchiapparli, stringerli, ruzzolare, esultare di gioia, inebriarmi della loro luce. Carpire con anima e corpo ogni sfumatura, svolazzare, fluttuare. Entrare in quello spazio tempo dove tutto ti è possibile,  anche credere che  una bolla di sapone sia indistruttibile.

Quando l’amore mi spalanca le porte,  scorgo una miriade di  puntolini luccicanti, son bolle di sapone sperse dal vento

BASTA VIOLENZA ALLE DONNE

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Domani, 25 è la Giornata Mondiale per l’Eliminazione della Violenza sulle donne.

Quasi ogni giorno, i mezzi d’informazione riferiscono fatti cruenti a danno di donne, giovani e meno giovani per motivazioni insensate come nel caso di Hiina sgozzata dal padre padrone, o Lorena soffocata, bruciata e gettata in un pozzo da tre coetanei. – Per questo  l’ANFORA della staffetta  è partita da Niscemi per concludersi a Brescia..Riflettendo bene è pressoché un bollettino di guerra.

 Infatti, i casi che approdano alla ribalta sono quelli eclatanti, di violenze tragiche quali assassinio, lesioni gravissime, stupri di gruppo, non contemplano i misfatti che si consumano fra le pareti domestiche, nei luoghi di lavoro, nei rapporti interpersonali, nella vita sociale e comunitaria sulle donne. Tante, troppe, una su tre dicono le statistiche, sono le donne picchiate, perseguitate, oppresse, oltraggiate, vendute, schiavizzate, discriminate, ricattate, utilizzate malversamente, uccise, violate fisicamente, moralmente, psicologicamente solo perché nate donne. Non esiste parte del mondo, più o meno democraticamente avanzata, nella quale le donne usufruiscono di leggi e regole di diritto paritario e di tutela. In tutte le culture coesiste un fattore discriminante che ingloba aspetti dispregiativi verso la donna, talora la si considera inferiore, uno strumento sessuale riproduttivo insignificante da tenere lontana dall’interazione attiva nelle scelte centrali della vita collettiva, talaltra un elemento di disturbo al predominio dell’orgoglio virile tanto da subire mutilazioni e sfregi legati alla sua natura femminea, altre ancora viene sottoposta a consuetudini tramandate da culti pseudo religiosi o principi barbari e anacronistici radicati nel territorio e mantenuti per viltà e comodo. Veramente sconcertante. Imbarazzante per chiunque abbia un minimo di concretezza l’andazzo che traspira da tante opinioni sulle donne, da tanti gesti compiuti a loro danno quotidianamente, denota una mancanza di volontà di combattere il fenomeno della brutalità verso le donne, insensibilità e indifferenza al problema degli abusi, disonestà intellettuale verso un conflitto sottile e perverso che nega, ritarda, ostacola i diritti, prima di tutto umani e poi di non violenza da parte di un padre, un marito, un governo, un datore di lavoro, di chicchessia si autodefinisca umano evoluto.

Va anche detto che la donna in primis deve ribellarsi, non soggiacere a compiacenze familiari per paura di ritorsioni e ricatti economici, deve denunciare le violenze senza aspettare augurandosi che le cose cambiano, non può solo appoggiarsi e sperare che le varie iniziative di organizzazioni internazionali femminili riescono a risolvere il suo problema. Per estirpare il malcostume dei maltrattamenti è necessario l’impegno di tutti, comprendere che il seme negativo germina nell’educazione dei figli maschi, perciò deve farsi portatrice di idee antiviolente, inculcare da subito in loro il valore e il rispetto verso la madre, la futura compagna, la figlia.

Purtroppo, c’è da riconoscere che è difficile per qualsiasi donna demolire i pregiudizi che allignano nei suoi confronti, spesso quando denuncia è sottoposta a una pressione morale giudicante inquisitoria e dubitativa vale a dire, la strisciante convinzione, “se la nefandezza è stata compiuta, tu donna, in qualche modo l’hai provocata, con la condotta allusiva, il modo di vestire e così via. “ Esempio lampante è lo stupro degli otto ragazzi di Montalto di Castro, su una ragazzina tredicenne, rimessi in libertà perché “ bravi ragazzi”, Cancelleranno tutto con due anni di lavori utili. E che dire poi sui commenti dei paesani, circolati nelle varie interviste ? Da brividi, peggio, da rimanere di stucco perché al coro 

maschile dubbioso sulla moralità della fanciulla, hanno fatto eco alcune mamme. Mi è stato e mi è difficilissimo, come madre, comprendere un atteggiamento così lucidamente cinico, non ci riuscirò mai più di tutto rimuginando: se fosse accaduto a una loro figlia avrebbero reagito con lo stesso spietato cinismo ? Le statistiche quindi sulla violenza alle donne, fra le pareti domestiche, non sono una fola ma un dato oggettivo specchio della realtà.

La giornata, mondiale della NON VIOLENZA SULLE DONNE fu stabilita ufficialmente nel dicembre 1999, dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per sensibilizzare i governi, le organizzazioni internazionali e quelle operanti sul territorio di tutti i paesi del mondo a impegnarsi concretamente per porre fine, alla discriminazione d’ogni genere perpetuata sulle donne.

Invero, c’è da ricordare che furono le donne, nel luglio 1981 a Bogotà, Columbia, nel primo ECUENTRO FEMINISTA DE LATINOAMERICA EL CARIBE a gridare no alla profanazione e alla negazione dei diritti alle donne, pertanto la presa di posizione verso i diritti umani al genere femminile e la data celebrativa scelta dall’ONU non è casuale, è rievocativa dell’assassinio incivile, per modalità e logica, delle tre eroiche sorelle domenicane Mirabal. Le sorelle, Minerva, Patria e Maria Teresa Mirabal, soprannominate le “farfalle” furono assassinate il 25 novembre 1960 per ordine del dittatore Trujillo in quanto ispiratrici del “movimento democratico del 14 giugno”, movimento che rappresentava una forte voce dissidente al suo potere. La loro brutale morte però non fu invana, scosse le coscienze della popolazione e impressionò a tal punto l’opinione pubblica mondiale che in breve tempo il dittatore fu epurato (con un colpo di fucile) e conseguentemente anche il suo malgoverno politico- finanziario. Nel 1995 Julia Alvarez ha pubblicato “IL TEMPO DELLE FARFALLE “ un libro dedicato alle sorelle che poi ha ispirato a M. Barroso il film: “ In the Time of the Butterfilies”

Son passati dieci anni, da quando è stata istituita la giornata per l’eliminazione della violenza sulle donne, non mi sembra che nel mondo le politiche di tanti governi hanno mutato le convinzioni assurde riconoscendo i diritti umani delle donne, variato gli atteggiamenti ostracisti, incrementato le prospettive di eguaglianza, giustizia, parità economica e sociale,. Neppure ho constatato che alla violenza sulle donne sia stata riservata una attenzione particolare di condanna, utile a migliorare i pregiudizi sociali, culturali ed educativi che stanno alla base di tanti comportamenti individuali violenti se non in forma sporadica, e incompleta. Nel frattempo, il genere umano ha elaborato congegni in grado di approdare su Marte o duplicare il fatidico big ben della vita ma è stato incapace di elaborare semplici progetti di politiche socio-economico-culturali per eliminare dalla forma mentis generale che una donna non è diversa dal suo opposto per cui di qualsiasi età e appartenenza etnica e religiosa deve godere di rispetto e libertà di scelta, degli stessi diritti indiscutibili e chiunque li viola deve essere condannato sotto ogni punto di vista.

Personalmente non credo che una giornata celebrativa rimuova i pregiudizi millenari verso le donne, o apra le “menti” ai governanti per affrontare radicalmente il problema della violenza femminea o come dicono alcuni femminicida, chi non ha subito una violenza, specie sessuale, non è in grado di comprendere le ferite invisibili che provoca, che nulla e nessuno riuscirà a cancellare lo schifo, la bestialità, il terrore, lo squarcio nell’animo, cagionato dall’oltraggio e dall’intrusione, che le resterà un marchio infuocato nel corpo e nello spirito corrosivo, in più dovrà tollerare gli sguardi dispregiativi e coloro che 

sottovalutando il “crimine” lo reputeranno lavabile alla prima fontanella d’acqua fresca.

Il guaio è …. le fontanelle non esistono più.

Un argomento sul quale ci sarebbero un’infinità di cose da dire, riflessioni e considerazioni da fare, milioni di testimonianze e prove documentali  da far emergere. Per concludere in breve, metto il mio bigliettino nell’ Anfora simbolo del “basta” violenza sulle donne”  prendendo a prestito le parole  del poeta Kahlil Gibran:

Chi prova pietà per la donna, la disprezza.

Chi le attribuisce la colpa dei mali della società, la opprime.

Chi crede che la bontà di lei dipenda solo dalla propria bontà e che la sua

malvagità dipenda solo dalla propria , è uno spudorato.

Ma colui che accetta la donna come Dio l’ha fatta, le rende giustizia.

 bydif

 

 

 

 

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FAME DI VITA

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                                                    ………..HO… FAME……………      
FAME DI PANE

FAME DI GIUSTIZIA

FAME DI LUCE

FAME DI TERRA

FAME DI CASA

IL MIO STOMACO

E’ VUOTO

LE MIE BRACCIA INERTI

I MIEI OCCHI CIECHI

I MIEI PIEDI SOSPESI

IL MIO TETTO DOV’E’?

LA MIA PELLE A BRANDELLI

LE MIE OSSA DEFORMI

IL VENTRE ENORME

….VUOTO DI CIBO

PIENO…DI PROMESSE

IL MIO PANE DOV’E’?

HO FAME…TU…INGOZZI

HO SETE… TU… TRACANNI

HO FREDDO… ACCAPARRI

HO SONNO…OZI

…NON SENTI…

NON VUOI SENTIRE

SPESSO.. TI VENGO VICINO

RIFUGGI…

TI CERCO..SCAPPI..

TI TOCCO..

MI CALPESTI…

E’ TRISTE

MI BASTA POCO

NON VUOI DARMI NULLA

NEPPURE UNA PILLOLA

PERCHE’?…

HO FAME

FAME DI VITA

*** 

Ogni cinque secondi un bambino muore di fame. La cantilena propinata dai vari tg in coincidenza del vertice FAO a Roma è durata meno del vertice. Finiranno così anche i cinque punti stilati nell’accordo? Quanti bambini ancora dovranno morire di fame, stenti, soprusi per passare dai bla bla bla ai fatti, vedere le promesse trasformate in realtà, cibo, medicine, assistenza, scolarità, giustizia etica e sociale. Quando si metterà fine a questo scempio che disonora qualunque paese si reputi civile, democratico, avanzato. Quando ci sarà la volontà di dare diritti e dignità a questi bambini e si smetterà di dire che ogni giorno ne muoiono 17mila e il giorno dopo non succede niente? Temo, purtroppo che faremo prima a vedere gli alieni girare sul pianeta piuttosto che sapere che nessun bambino muore per fame dovuta all’iniquità umana.

bydif

 

  

                                       

SCONQUASSO

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Sono rimasta fortemente colpita e rattristata  dal suicidio del portiere tedesco  Robert Enke, un ragazzone di 32 anni,  bello,  sportivo e con una famiglia, apparentemente premurosa e affettuosa. Se è arrivato ad un gesto così estremo, deliberatamente,  doveva avere in se una angoscia terribile, un senso di profondissimo sconforto che niente riusciva a lenire. Mi son detta: possibile che nessuno di quelli che gli stava intorno, lo amava, condivideva la quotidianità, lo curava non è riuscito a percepire lo strazio intimo, lo svuotamento di ogni speranza che lo corrodeva, la luce della  fiducia che ogni giorno si affievoliva, l’energia vitale che l’abbandonava. Plausibilmente no, perlomeno nessuno ha saputo raccogliere il messaggio segreto  della sua anima, distinguere ciò che lo lacerava. Oppure bleffava così bene da non far presagire l’autodistruzione e  il suo gesto è scaturito solo da un momento, un attimo  nel quale ha pensato che non aveva alternative, nulla che valesse la pena di resistere, andare avanti, si è  sentito così maciullato da lasciarsi schiacciare freddamente dalle ruote d’un treno senza opporre resistenza, gridare aiuto, oppure… aveva tanto urlato alla vita e a chi gli stava intorno  da essere  senza fiato, ha utilizzato l’ultimo guizzo per gridare silenziosamente dall’infinito che era stremato. Vicende simili sono sempre fonte di domande e di dolore, difficilmente comprensibili con il raziocinio. Si intende solo che queste essenze vitali che imboccano la via dell’autolesionismo hanno una sensibilità diversa che accumula ferite invisibili, non curabili solo con la scienza. Tutti siamo vulnerabili, poiché  tutti abbiamo momenti strazianti che indeboliscono le nostre difese istintuali e possono farci cadere nel buio greve d’un pozzo profondo, dal quale è difficile uscire senza  che qualcuno ci tiri fuori, ci getti una corda vigorosa  d’amore, comprensione, delicatezza, vicinanza, pazienza. Specialmente quando non si ha una fede radicata  e  l’aiuto di risorse sfuggenti alle regole terrene, è facile essere aggrediti dallo sconquasso, dalla paura, si smarrisce il bambino gioioso e coraggioso che alberga in noi. A lui dedico le parole di una mia amica, rivolgo una preghiera all’angelo della misericordia che l’accolga e gli faccia trovare la sua bambina. Cercherò di pregare perché nessuno coltivi in se un germe simile.

 bydif

Realtà e ingegno


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Noi siamo energie compenetrate e compenetrabili dell’universo ma sappiamo ben poco in relazione alla sua complessa vastità. Sosteniamo il certo e tendiamo ad escludere l’incerto così spesso annulliamo la possibilità di accedere a piani di conoscenze insolite negando a noi stessi l’opportunità di evolverci in modo naturale e in armonia con quanto ci lega al vicino e al lontano. Talvolta è solo un fatto banale o il caso ad allargare gli orizzonti , a mettere in moto i meccanismi di studi ed esperimenti scientifici che  portano a scoperte, conquiste e progressi eccezionali.

VINO, CASTAGNE E COMPAGNIA

Anche quest’anno è andata, come si suol dire  abbiamo fatto il nostro San Martino. Ci siamo radunati una trentina,  fra parenti e amici, a casa mia concordando una serata informale, da passare in allegria, senza tanti fronzoli,  intorno al camino a smangiucchiare,  cuocere castagne, brindare col novellino, scherzare, raccontare un po’ di fatterelli e anche  sbracare su questo e quello. Ognuno ha portato qualcosa da sgranocchiare e da bere. Alla fine ne è rimasto tanto che per tre giorni farò a meno di cucinare! E’ stata una serata rilassante, festosa e piena di sana letizia, i ragazzini si sono divertiti un sacco ad ascoltare i racconti rievocativi dei grandi, hanno voluto sapere un sacco di cose, così gli abbiamo raccontato la leggenda di San Martino, perché si chiama estate e si festeggia. Debbo dire che il racconto è stato un po’ pasticciato dai ricordi diversi che ognuno di noi si era fissato nella mente da bambino, ascoltando i racconti dei propri nonni o genitori, dalle risate e gli sfottò reciproci, perciò  non so quanto abbiano capito. Comunque i racconti hanno creato  un’atmosfera viva e familiare, un po’ retrò e con  qualche sfumatura  d’ antiche  situazioni vissute in passato, tuttavia senza eccessive nostalgie che facessero languire la serata, anzi tutto s’è concluso felicemente con cantilene  e filastrocche legate alle nostre diverse radici che andando nel solito ristorante o pizzeria sarebbero rimaste nei cassetti della memoria. Riporto una canzoncina  della mia terra, non per snobbare le altre, perché non le so:

 

Tre iorni e un pezzettino  iè l’estate de’ San Martijo

Lo primo, stua la botte e saggia lo vino

‘mazza lo porco e spartisci co’ io vicino

coci lo pane e lo dolcino  piccia el lume e lo camino

‘loggia e sfama lu poverino poia la zucca sol cuscino

dormi e sogna e  no’ pensà el demane ci’è sarà

Lu  secondo, ‘sloca l’oio da’ mulino solca lu campo co’ vijno

da semenza a ugellino poia lu mosto ne’ io bottino

copri moie e bambino diidi pane co’io  miserino

scruta lu monte se ha cappeio e lu fosco lu pianello

piccia foco e lumino pe’ vede lu cammino

Mangna e bei  a cor felice  ballotta e  spagnotta

Spranga l’uscio lu diavolaccio ricoera lu poieraccio

Poia la zucca sol ganciale dormi e sogna el demane

Lu  terzo,  mungni vacca spraia l’aia pilja ascia e canestra

va  a macchia a fa’ la frasca  la fastella a fascina

mucchia grano e sfarina aggrega moglie e vicina 

marita figlia zitellina scampana donna birichina

tira lo vicino pe’ fondello pe’ scampà da l’onferno

piccia foco ne’io camino metti tizzo no’ scaldino

cuccia  lo caldaro pe’ faiolo mesta e rimesta  co’ ramaiolo

brustola pane salsiccia e  costacina sgreppia fino a mattina

lu pezzetto chie rimane te serve pe’ demane

tizza carbone carica schioppo va’ a salà lu maiale

rimpinza la pansa e sona campane no scordà lo salame

ringrazia San Martijo chie l’inverno iè vicino

Non conosco l’autore.Da ragazzini si cantava la sera correndo a cerchio intorno ai  falò che si accendevano  in onore di San Martino, c’era sempre qualcuno che ci accompagnava suonando l’armonica a bocca.

Per la cronaca: San Martino era di Pannoia, un paese dell’attuale Ungheria, è il patrono dei poveri e dei mendicanti (dal significato simbolico della spartizione del mantello) dell’esercito e della fanteria (dal significato del suo nome che deriva da Ares, Marte, dio della guerra) da noi anche del fuoco, dell’amore non corrisposto, degli imprevisti nei viaggi. Le forme dei simboli associate al Santo sono: la palla di fuoco rotolante e il bastone pastorale. Il colore  rosso. I numeri 11 e  4, quest’anno anche il 33.

 

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MURA

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Il 9 novembre dell’89 cadeva sotto i colpi della forza disperata di uomini e donne il muro di Berlino e con esso crollava il sistema ideologico che l’aveva innalzato. A distanza di 20 anni il mondo intero ha celebrato e inneggiato compiaciuto allo storico fatto. Nei vari discorsi ognuno  ribadiva che niente di simile deve esser ripetuto,  mai più muri  innalzati a difesa di un apparato politico, una dottrina ideologica o qualsiasi filosofia nazionalistica. Per la verità non è così. Per motivazioni diverse muri, fili spinati, recinti micidiali con alta tensione, campi con barriere più o meno visibili che impediscono la libera espressione e la circolazione in questi anni sono stati innalzati. Ovviamente non  tranciano in due una città separando amici, parenti cittadini di una stessa stirpe,  tranciano indipendenza, emancipazione, aspettative, desideri, diritti, sono limitativi  e oppressivi, in nome di interessi variegati costringono popoli,  uomini e donne  a rimanere  ingabbiati nel “ proprio recinto”.

Oltre vedere gioia e plauso per un fatto di conquistata indipendenza, sarebbe stato sostanzioso udire parole di impegno concreto per eliminare altri muri coercitivi. Bastava che la simbologia storica espressa dai festeggiamenti non rimanesse una vicenda formale ma apriva spiragli a miraggi di poter picconare un po’ alla volta tutti i muri esistenti, specie quelli che  non sono di pietra.

Forse è stata l’ingenuità, forse l’utopia di credere ai fenomeni ottici a disilludere le mie aspettative o perchè ……

Dividiamo lo stesso cielo

La terra su cui ormeggiamo

Vaghiamo col pensiero

Ci immaginiamo

Ma ..non ci vediamo

 

Percepiamo il respiro

L’energia esaltante

La passione ardente

Ma…non ci vediamo

 

Sentiamo il vento

I bisbigli dei fiori

I granelli di sabbia

L’arsura del deserto

Il bollore del cuore

Ma..non ci vediamo

 

Avvertiamo i passi

Il fruscio dei sogni

Lo sciacquio del mare

L’eco dei sospiri

I gemiti del pianto

Il cigolio dell’altalena

Ma…non ci vediamo

……………………….

Cinto da mura è  lo sguardo

Solo  l’anima trasvola