Poesia amica dal mondo

Ernesto che Guevara: Cammino senza meta

12 silenzio

Cammino senza meta
nemmeno questo sole caldo
così bello,
penetra,
non riesce a spalancare
le finestre socchiuse .
Forse sei tu che chiudi,
che mi manchi, tu
con quel tuo tanto da fare
così simile
al mio impigrirmi,
malessere di una comune fratellanza,
figli di anime in disordine.
Non mi risolleva
l’amore donatomi da altri
e il tiepido ricambio,
perché mi manca ancora
quel sogno interrotto,
quelle rughe
dove inserire ultime note.
Ansioso in similsguardi scruto
in altrui occhi ricerco
quella luce soffocata,
quel dolore gemello.
Nostalgico è il ricordo
del tuo “riempirti di me”
della mia essenza,
di quel desiderio così strano
di tenerti per mano
e nella stretta,
trovare il coraggio
nell’atto finale.

 screenshot va

Una bellissima poesia che mi sovviene a memoria ogni volta che nella vita mi trovo in circostanze in cui non so bene in che direzione andare, soprattutto non trovo in ciò e in chi mi circonda quel calore essenziale  che risolleva  l’animo e infonde ad andare avanti soli.

By dif

Mai avrei supposto che…

2Come succede a tutti i mortali anche la regina dei due secoli Elisabetta II sovrana del Regno Unito e del Commonwealth l’8 settembre ha concluso il suo percorso di vita terreno per trasferirsi in quello ultra. Come era ipotizzabile il suo andarsene non poteva ne passare inosservato ne senza un cerimoniale di saluto conclusivo adeguato al suo rango. Debbo dire che diluito in 11 giorni e studiato nei minimi particolari è risultato alquanto aderente, sia come tributo d’onore a una sovrana che per 70 anni è stata intelligente guida cardine del suo popolo, indiscutibilmente ferrigna nello svolgere il suo dovere con dedizione, sia di omaggio a una donna, di stile, coraggio, fede, com’anco di spettacolare sublimazione comunicativa di un passaggio di regno. Tuttavia nell’ultimo viaggio “mondano” di Elisabetta II a stupirmi imprevedibilmente non sono stati i rituali cadenzati, cavalli e cavalieri della Royal Navy, le giubbe rosse, i grandi colbacchi neri, le cornamuse, i costumi, il folklore tradizionale , le mise delle dame, re, principi e quant’altri giunti da ogni parte del mondo per l’estremo saluto. E no, a sorprendermi è stata la enorme commozione che ha sommerso il suo popolo, i volti scossi, addolorati, esterrefatti come se persa Lei perso tutto o non vi fosse più certezza di un domani. Quell’incredibile folla di ogni età che assiepata ha fatto ala silenziosa ad ogni suo passaggio come a stringerla in un abbraccio, o magari a dirle: “weh,ci sono anch’io a omaggiarti!” . Ma più di tutto a sbalordire il mio seguire l’evento sono state le lunghissime file di persone di variegata età, fede, etnia, livello sociale che istintivamente per uno sguardo di pochissimi secondi ha atteso ore e ore. Beh, quello inimmaginabile lungo serpentone di gente composta e silente per esserci un attimo, mi ha davvero trasmesso sensazioni da un lato di meraviglia dall’altro di riflessione sul cammino esistenziale di questa longeva regina . La prima che col suo modo di essere Elisabetta II si era conquistata affetto, considerazione e ringraziamento popolare. La seconda che la circostanza che coinvolgeva un popolo a partecipare in massa all’addio alla sua regina specchiava un immagine di una umanità ancora capace di andare oltre le beghe terrene, rattristarsi, commuoversi e manifestare apertamente i suoi sentimenti. Il che scollava assai con un mondo attuale fluido che in un istante brucia valori secolari, sperpera patrimoni di cultura, educazione tradizioni, massacra il certo precedente per tuffarsi nel fugace conseguente senza un beo di ponderazione. Altresì sorprendeva piacevolmente perché dichiarava che nel profondo, forse profondissimo l’essere umano riesce a mantenere un briciolo della sua essenza originaria, che poi è il suo perché esiste e per breve o lungo soggiorna su questa terra. La terza, nessuno quaggiù ha il privilegio di una sosta eterna. Cosicché, poveri diavoli, ricchi signori, superpotenti, santi e criminali, han la stessa sorte. Di fatto, poco conta la differenza sociale, la storia personale o il patrimonio, prima o poi, con gloria o con oblio, costernazione o indifferenza, ognuno fisicamente è destinato a marcire e animicamente trasvolare nell’ultra. Lampante, sta di là certezza di ciò. Vale a dire constatare che si è essenza incorporea indistruttibile e corporea deperibile. Certo, ci si può credere o no che alla fine di qua si inizia a vivere di là. Lecito dubitare, tuttavia meglio non scartare l’ipotesi che una parte inesorabilmente finisce mentre un altra continua all’infinito di là . Per cui mi son detta: misà che debbo cambià strategia vivendi, che inizio a equilibrare le energie terra cielo, progredire ed evolvere conciliando le necessità in armonia, quindi esplicarmi in quelle materiali senza escludere quelle spirituali. Particolarmente iniziare a coltivare la logica a elevare le aspirazioni, sintonizzare i desideri a confluire verso l’alto. Il che vuol dire non lasciarmi più assorbire ogni pensiero a mirare al sostanziale e lasciare spazio ai richiami extra, ma anche più amare che ignorare, perdonare che odiare, pacificare che aizzare, meditare il silenzio per captare la musicalità del codice dell’infinito Difficilissimo. Difficilissimo perché fin ora aggrappandomi al raziocinio e anche alla convenzionalità circolante su certe tematiche ho cercato più di esiliare che accogliere i messaggi extrasensoriali diretti e indiretti, o perlomeno mai in modo da poi esprimerli in toto. Ci proverò. Sarà la volta buona? Si vedrà…

Sta di fatto che mai avrei supposto che seguire l’andarsene della regina Elisabetta II mi suscitasse tanto considerare l’ultra e debbo ammettere per quel sorriso contagioso provocato un brivido di tristezza e commozione.

reg - Copia

bydif

 

Veder cader le foglie è …

3-7

Al primo cader delle foglie degli ippocastani del vialone paesano, in specie la mattina quando le vedo mulinar davanti a me, non so bene il perché, mi sorge alla mente che è come se vedessi il cader di una vita. Probabilmente è l’effetto di questa stagione, transitoria di una bellezza calda, smagliante di profumi e colori che giorno dopo giorno si consuma nelle nebbie padane che stimola i miei sentimenti riflessivi sull’esistenza. Forse anche l’afferrare che tra un po’ di quelle rigogliose chiome che ho visto formarsi in primavera, svettare in estate e fornire con orgoglio un oasi di frescura rincuorante al paese ne rimarrà solo l’ ossatura. Più certo, perché quelle foglie che si staccano dai rami, volteggiano nell’aria, pian pian cadono a terra formando uno screziato vialetto, di rossi, gialli, arancio, ruggine e violetto, inesorabilmente destinato al calpestio frettoloso che le macera con noncuranza fino a dissolvere in una poltiglia d’indecifrabile colore m’intristisce l’anima. La intristisce in quanto quel via vai indifferente all’epilogo di quelle foglie, essenziale al percorso del tempo, insinua nel pensiero una comparazione del ciclo dell’arco vitale. Può risultare assurdo raffrontare il ciclo esistenziale a delle foglie. Si può obiettare che è nelle regole dell’ecosistema. Vero. In fondo è per assolvere il processo della natura che cadono, inondano strade e vialetti e per logica conseguenza la gente che transita le maciulla. Coerente è coerente. la gente passa e ripassa su quelle foglie… ed è fatale che le trituri e disgreghi. Già.. però … Però l’epilogo della logica immalinconisce. Perché? Perché quel cic ciac delle suole o quello stridio sotto le ruote che sbriciola le foglie fa sobbalzare alla mente il paragone. In sostanza la sorte che spetta a tutti gli organismi terrestri! Embè così deve essere per garantire l’avvicendamento. Vero! Tanto vero che il pensiero, nel calar giù di una foglia, non può fare a meno di veder simbolicamente il volar via di una vita. Da cui associarlo all’iter vitale. In ciò, quello che più lo colpisce tuttavia non è l’assistere al turnover dell’eco e biosistema, è che ognuna, una volta atterrata, è liquefatta dal via vai incessante senza il benché distinguo. Anzi, la fase conclusiva, seppur di una foglia, in questo momento storico produce un inquietudine assai profonda che squarcia l’anima, poiché a ben ben riflettere è specchio della realtà in cui, una qualsiasi vita è sempre meno distinta nelle sue sfaccettature di meravigliosa unicità esistenziale. Sempre più triturata in valori fugaci, spogliata di considerazione al singolare, fluidificata in ammasso generico indifferente al suo specifico iter vitale.

Per questo mai, come in questo momento il cader delle foglie, essenziale alla prassi stagionale, mi ha scosso nel profondo da farmi visualizzare la circolarità della vita. In ogni caso, quest’anno a vista mi rimpalla argomentazioni un tantino diciamo inconsuete.

7-5

ByDif