Più che l’arte abolirei …il ministro.

page

Sarà stata anche una battuta ironica, dovuta alla stanchezza, come dice Lui, ma un ministro ai beni culturali che durante una riunione con i sovrintendenti si lascia scappare che vuol abolire la storia dell’arte nei licei… embè fa dubitare di essere adatto a quel ministero. Vero che la competenza non è cifra distintiva per un incarico da ministro, basta dare una scorsa alle riforme dell’istruzione per avere una gamma di “stoltezze” da spiattellarti come una sogliola, tuttavia la facezia, sotto sotto, mette in forse che il ministro ha ben chiaro quale valore hanno, nella nostra storia identitaria, evolutiva, economica, i beni artistico- culturali. Di conseguenza non tranquillizza se è o non è  in grado di promuovere politiche efficienti alla conservazione, tutela, valorizzazione e fruizione di tale patrimonio. Tantomeno di saper selezionare e reclutare dirigenti museali idonei a difendere, migliorare, richiamare e incassare. Fa sospettare non tanto perché al liceo l’ora di storia dell’arte, Gli era una pena e non una beatutidine e volentieri, forse, avrebbe eliminato materia e insegnante. Altri liceali lo avrebbero fatto altrettanto , che so, con la matematica, la chimica, la filosofia. È cosa comune a ogni studente avere antipatia, trovare insopportabile o inutile una disciplina. In specie quando le lezioni sono impartite da una tipologia di insegnante funzionario-trasmettitore-nozionistico in attesa di stipendio per fare altro nella vita, senza passione, noioso, didatticamente disincentivante ogni forma di comprensione dell’esistere di tale materia come studio di utile conoscenza contributiva all’istruzione globale. Quindi, sul piano del rimembro personale la battuta, ironica o no, può anche essere accettabile. Invece non lo è nel contesto in cui Gli è scappata.

Il dubbio lo solleva il tempo: cosa è cambiato da allora ad oggi nel Suo considerare l’arte? È rimasta una tortura indelebile o è diventata un apprendere vantaggioso, se non per amarla, almeno per stimarla un valore da diffondere e custodire ? Dall’espressione verbale che gli è uscita, in una riunione con tutti i soprintendenti italiani dei beni e delle attività culturali umm… Freud direbbe poco o niente!

Pertanto, in quanto la conoscenza è la base indispensabile alla difesa e tutela, può il ministro garantire:

-di onorare i principi fondamentali della costituzione di offrire a tutti la possibilità di fruire in modo consapevole del patrimonio culturale archeologico, artistico, paesaggistico.?

-Attuare politiche efficaci a salvaguardia dei beni considerato l’enorme valore che rivestono nell’ambito dell’evoluzione di pensiero, linguaggio, scienza, civiltà, identità, costume di popoli e società?

-Creare condizioni idonee a proteggere il patrimonio artistico dall’usura del tempo, dall’indifferenza al rispetto e conservazione, dalla depredazione senza scrupoli, dallo scempio incivile?

Forse che si, forse che no!

In conclusione, in un paese come il nostro, ricchissimo di opere d’arte che tutto il mondo ci invidia, per bellezza, ingegno, quantità, tecnica; viene a studiare, vedere, copiare, il solo affiorare di un idea di abolire la storia dell’arte dalla formazione scolastico-istruttiva è un paradosso. Oltre che contraddirne alcuni principi che si propone di realizzare , cioè “la consapevolezza della formazione del mondo moderno e dell’identità occidentale, nel rapporto di continuità-alterità tra oggi e il passato”. Rinnega millenni di conquiste, di sperimentazioni di scoperte e progresso umano. Nega l’acquisizione di contenuti tecnico-artistici adeguati a una corretta e sensibile fruizione del linguaggio creativo, nonché l’ educazione a una sensibilità, basilare a un comportamento individuale e collettivo di difesa e rispetto. Poi non scandalizziamoci dei saccheggi, delle deturpazioni e nemmeno delle bruttezze osannate!

L‘arte è nel DNA dell’uomo. Lo testimonia la storia. Si può non amarla o comprenderla ma negarla è “uccidere” il genio espressivo-evolutivo universale umano.

Certo, si campa anche senza sapere chi era Giotto, Michelangelo, Leonardo, Pollock o una mazza di Gotico, Barocco, Impressionismo, Istallazioni ecc, ma… siccome il vivere di per se è un arte… forse…ministro Bonisoli..  a conoscerla un po’…se ne può fare un capolavoro! 

salvator-dalc3ac-laurora-1948

By dif

 

“America” quando l’arte è gabinetto

golden water

Vi pare assurdo che  l’arte sia gabinetto? Macchè! In arte contemporanea nulla vi è di assurdo e scontato. Neppure quello di dover  far pipì anche se non scappa. Eh si, chi vuole contemplare l’opera d’arte, (???) “America” istallata dal 16 settembre al Guggenheim Museum di New York deve rassegnarsi a farsela scappare. Anche un sol filino di acquetta deve farselo uscire per gustare l’ebrezza dell’ultima “fatica” dell’artista padovano Maurizio Cattelan!  Beh, va detto che non è un grattacapo. L’ attesa in piedi è lunga. Ma giunti al cospetto di “America”, il gabinetto d’oro,  la svuotatura è così urgente da essere una grande liquida estrinsecazione corporale, tanto gradevole e liberatoria che il buco nero di “America” pare una fossetta celestiale. Tant’è che appena fatta hai una sensazione di esaustività che esci dal gabinetto unisex emozionata e convinta che quel solitario water a 18 carati sia la meraviglia delle meraviglie più ammaliante che ti sia capitato di rimirare su questa terra. Vero che l’idea non è nuovissima, penso alle “fontane” ovvero agli orinatoi, di Marcel Duchamp e alle “scatole di merda” di Piero Manzoni… Tuttavia, sarà per l’intontimento del fuso orario, il posto prestigioso, la curiosità pressante, l’eccitazione del privilegio d’esser in quella fila, tanto silenziosa quanto assurda, il luccichio che abbaglia l’attesa, i mille pensieri che frullano nell’aria dei “compagni” in coda che  si appiccicano come pece, al cospetto di “America” ovvero sua maestà il gabinetto, ti pare che mai genio artistico abbia “partorito” una visione estetica così straordinaria da star lì, a fissare qella “tazza d’oro,” con lo stesso sbalordimento di una apparizione soprannaturale. Anche se…Anche se, una volta uscita dalla “cappella” santificatrice di necessità umane naturali, mentre dall’occhio scema lo stordimento di tanto “ capolavoro” il cervello inizia a rimuginare pensierini domandini sull’istallazione di Cattelan: “America” è una provocazione? È arte? È libera espressione di un concetto? È sintesi catartica? È un simbolismo estremo dei tempi? É apoteosi della ricchezza? È degenerazione artistica? È richiamo plateale all’umano? È, è, è…Laddove è, da quanto affermato dall’artista padovano: “ qualunque cosa mangi , da un pranzo di duemila dollari a un hot dog da due, alla fine il risultato è lo stesso, parlando di water”. Come dire, la “tazza d’oro” è estrinsecazione dell’eguaglianza, la realtà umana che accomuna ricco e povero, io, concludo che quel water è anche il resto. Benché…Mentre bighellono tra i “giganti” di vetro e cemento della grande mela, con ancora negli occhi la visione di tanto celestiale manufatto, qualcosa mi rosicchia, non per l’oggetto esposto, in fondo se si espone un mucchio di spazzatura perché no un water, quanto per  l’appellativo scelto dall’artista. Battezzare la sua “creatura” America, non mi torna con quel che ha esteriorizzato. Vero è che in tutto il mondo, se mangi da ricco e da misero,  ti necessita il gabinetto ma in quell’America ravviso una marcatura concettuale dell’artista. Più giro senza meta, più i pensieri mi s’attorcigliano su quel water “America”. Qual’è la chiave di lettura? America sta: per American Dream, quel sogno enfatico di raggiungibile prosperità economica in cui tutti fan pipi e popò sull’oro; per fenomeno artificioso dei bisogni dell’apparire; per consumismo dissoluto che divora i valori dell’umanità; per eletta icona redentiva dei cessi? A pensar male potrei dire che sta per irriverente considerazione dell’america.. a pensar bene che è solo un cesso-gioiello firmato. Mah…forse è meglio che lascio ai posteri e ai critici i dubbi shakespeariani e considero il nome “America” solo il capriccio di un idea creativa trasgressiva, l’abile espressione provocatoria di un artista. Però, un rosicchio mi rimane. La funzionante“ golden toilet”  al 5 piano del Guggenheim Museum di New York è arte o non è arte? Certo, oggi come oggi c’è una tal selva di arte e schifezza da far venir il mal di pancia e un gabinetto pronto all’occorrenza… Ma una schifezza  esposta al  Guggenheim Museum di New York… no, è impossibile.  Allora è arte!  Secondo l’autore si e no. Infatti, Cattelan ha specificato che il “water diventa opera d’arte solo quando la natura chiama e qualcuno ci si piazza sopra o davanti”. Quindi da solo il water è nient’altro che un cesso, d’oro, ma cesso. L’arte la fa la presenza umana mentre fa pipì o popò. A ben considerare è realistico. L’essere umano di per se è indubbiamente il capolavoro dei capolavori. Mi sconfifera.  Parola mia La “tazza d’oro” di Maurizio Cattelan è arte, arte intima.  Anzi, concordo con quanto affermato da qualcuno sulla golden toilet: “accesso senza precedenti a qualcosa di indiscutibile valore.” Tanto più che qualunque sia il concetto ispiratorio di “america” l’ebbrezza di sentir scivolare la pipì su quell’oro è davvero un godimento eccezionale. Se volete provare…basta  un voletto a New York. Ah, dimenticavo, come Cattelan  potete pure fare uno spuntino, “America” è un gabinetto fruibile al 100 x100. 

cattelanbay dif

……..

la foto dell’artista  Cattelan,  l’ho recuperata dal web.

Saluto al papà di “In nome della Rosa “

images (35)

Salutare per l’ultima volta su questa travagliata terra il papà di “In nome della Rosa” Umberto Eco, non è semplice. È come salutare per sempre l’amico migliore che in qualunque frangente sapeva tenerti compagnia, avvincerti farti riflettere, spassionatamente darti un punto di vista diverso del mondo contemporaneo, a volte strigliarti, altre infiammarti e altre ancora prenderti la mano e trascinarti fuori dal tuo guscio per farti osservare con maggior consapevolezza il mondo e la vita. Con lui mai ti annoiavi e restavi indifferente. In un modo o in un altro in qualunque tematica ci metteva quel pizzico di spezie che solleticava il palato a gustare lentamente il ragionamento, l’analisi, l’osservazione. Qualunque fosse il mezzo, scritto, argomentato o figurato sapeva catturare l’attenzione ai massimi livelli. Mai tradiva la tua aspettativa di trovare quel che speravi, fossanche per un momento un compagno che ti faceva imbufalire con le provocazioni alla fine la sua fine acutezza ti appagava al punto da dover riconoscere che ti era stata indispensabile a non farti fagocitare dall’ovvietà. Salutando oggi, l’uomo Umberto si saluta lo scrittore, saggista, linguista,filosofo, esperto di comunicazione, osservatore politico,editorialista ecc. ovvero l’Umberto Eco fior fiore della cultura contemporanea italiana, stimato e apprezzato in tutto il mondo. Basta ricordare il bestseller internazionale “In nome della Rosa” tradotto in cento lingue e trasposto in cinematografia vincendo 4 oscar di Donatello tre Nastri d’argento, due Bafta e un Cesar e numerosi altri premi, per dare un idea della sua fama mondiale. Salutare l’intellettuale Umberto Eco quindi non è semplice, come d’altra parte non è mai semplice dover rinunciare a un uomo studioso di grandissimo livello che arricchisce il patrimonio nazionale culturale, o un amico che ha saputo trasferirti con garbo, parte del suo ingegno e sapere in tantissime occasioni, sollevandoti lo spirito e a volte pure riconciliandoti con quella parte di umano che bistratta e avvizzisce anima e intelletto. L’unica consolazione che rimane nel porgere un saluto affettuoso all’uomo di erudito,Umberto Eco, è la consapevolezza di un saluto alla materia corporea, quella extra dell’amico rimarrà sempre presente e ogni volta , rileggendo una frase, una pagina, un idea troverà il modo di comunicarti la sua essenza versatile nel pensiero e vitale nell’umanità.

libri eco

 

Grazie Umberto.

Il mio è  saluto temporaneo, tanto questi  ti terranno in vita in eterno!
By dif
Per la cronaca:
Umberto Eco: nato il 5 gennaio del 1932 a Alessandria si eralaureato a Torino nel 19554 in filosofia medioevale, una passione mai abbandonata. Attualmente aveva un carnet di 40 lauree conquistate tutte con le sue indiscutibili e variegate doti di studioso impegnato, con una visione ben nitida del contemporaneo proiettato al futuro. Ha scritto e pubblicato tantissimo per cui lascia all’Italia una produzione intellettuale vasta e di notevole autorevolezza universale. Tra i romanzi famosi oltre al citato “In nome della Rosa” – Il pendolo di Focault – 1988 – L’isola del giorno prima – 1994 –Baudolin –2000 –La misteriosa fiamma della regina Loana –2004 –Il cimitero di Praga –2010 – tutti editi da Bompiani. Numero Zero –2015 –