Il cielo è terso, le stelle brillano, i grilli cantano, le lucciole si rincorrono, l’aria fresca che scende giù dai monti sibillini accarezza la pelle, l’orologio del San Pellegrino coi suoi rintocchi marca il tempo. Nel borgo la vita scorreplaca e regolare. Nelle strette stradine il brusio scivola dalle finestre aperte e lieve,come freschi torrentelli, sfiora le case addossate, le porte annerite dal tempo, i gradini sbrecciati, i cocci di gerani, menta, basilicoerba cipollina. In questa sera estiva niente turba i pensieri, i sogni a occhi aperti, i desideri, i progetti per l’indomani. Tutto è così solito, rassicurante, avvolgente pacioso che te ne staresti seduta sul ripo a goderti la quiete ascetica,i profumi pungenti,il silenzio profondo e misterioso, i profili nitidi e suggestiviabbracciata alla notte,finché l’aurora ti sfiora, il sole riapre il giorno e riprendi il solito via vai della vita. Poi…Poi… chissà da dove un boato sbrana la dolce quiete e t’assorda. T’arriva una violenta quanto inaspettata zaffata che ti fa oscillare come un pendolo impazzito, ti sgretola la terra sotto i piedi, ti scaraventa su tegole, mattoni, ferrame, urla, lacrime, suoni ermetici, cumuli e cumuli dimacerie. Tutto ribalta, sconvolge, rubala magia e l’incanto dello ieri e negli occhi sbarrati da paura e sbigottimento dissolve ognitraccia di un oggi o di un domani e in turbinio di polvere materializzaun enorme punto interrogativo.Un punto interrogativo senza domanda che diventa sempre più grande, sempre più grande a ogni sussulto della terra. Tanto grande che ti ceca la vista e blocca il cervello. Nell’essere tuo niente più obbedisce alla ragione.Con la lingua secca, la parola che manca, l’orecchio rintronato da rimbombiignoti, i piedi non vanno ne avanti ne indietro. La terra trema, tu tremi.Trema e sussulta e sotto gli occhi inebetiti, come tessere di un domino impazzito, una dietro l’altra le case crollano, gli animali scappano,la luce della sicurezza capofitta nel buio enelle viscere fluisce solo quell’angosciache come un mostro perfidoabbranca e stritola tutto il vissutofino a quell’istante.Ogni punto di riferimento sfoca, il conosciuto frantuma, impalata a stoccafisso a quel suolo che sussultauna voragine di panico ti inghiotte. Poi…poi l‘orologio non rintocca, l’ora, la mezz’ora, perdi il ritmo, la prospettiva bilica, entri in una dimensione assurda. Colline, valli, prati, borghi, volti mulinellano senza identità. Strade e pontis’ammassano sui rupi, i telefoni s’ammutano, i mezzi non circolano.Voci indistinte si rincorrono, si accavallano, qualcuna strattona, qualche altra spinge, altraconsola. Una donna senza età scruta le mani, una suora a terra cerca la sua corona, un fratello si trascina un fratello,l’adagia piano, per non svegliarlo, sotto un albero e poi veloce corre da un altro, un altro, un altro. Un cane guaisce,qualcuno lo chiama, un bambino bianco da sembrare un angelo, vaga, cerca papà e mammatra pietre sconnesse, porte divelte, bambole rotte, indistinti cumuli di chissà quali volti, di chissà quali storie, non piange, chiede e domanda.La terra trema,emozioni, speranze e sentimenti confusi s’aggrovigliano,volti seri emani affannose, cercano, scavano, trovano, piangono, sussultano con la terra, non si arrendono, scavano, scavano, battono il tempo la fatica, strappano al buio fiaccole di vita. Qualcunofelice le ringrazia, altro muto leguarda,altro imploraquelle mani abili di quei volti sconosciutidi scavare e trovare, il restocigola, sospira, prega, s’appellaalla Madonna. La voce circola, lo strazio arriva lontano, c’è chi appronta lumini e chi si mobilita. Taluno parte,accorre,giunge e senza sosta soccorre esalva;talaltro arriva ciarla, fotografa, racconta e intralcia; altro dettaglia, rassicura, organizza,ripara e sazia; altro gira, ti guarda contrito, promette,stringe mani, non muove e sai già che non muoverà un dito, ma ai flashnarra tutt’altra storia.Nomi e nomi si cercano, si chiamano, corpi inerti sì allineano,nomi e nomisi stampano, si piangono, qualcuno li conta, qualcuno a chi resta giura e spergiura che sarà lesto nel ridargli ciò che ha perso, altro accusa e ricusa ogni colpa del disastroPoi…poi nonostante tutto il tempo transita, viene l’autunno la terra trema ancora e fa passo all’inverno, tutto s’agghiaccia e le promesse vanno in letargo, la primavera fiorisce le lacrime, i prati si colorano di promesse mancate, le polemiche di rimpallovanno all’estatee le macerie sotto il sole cocenteson tutte lì che ti guardano. Poi…poi una bella fiaccolata, qualche parola di circostanza e una grigliata di facce tostate che passa sotto il naso eti fumiga l’odorato. Ripensando a come hai passato un anno o giù di li senza più niente di certo e concreto, con ancora addosso la paura che a ogni scricciolo sobbalzi, con ancora negli occhi quel turbinio di sirene, di muri crollati, di tanta, tanta brava gente silenziosa che aiuta, rischia la vita, conforta e incoraggia, con ancora volti, occhi straniti e voci stentatet’accorgi che, malgradosciacalli,mercenaridella parola e ammassi dimacerie che cuociono al sole anni e anni di sacrifici e di vite, l‘estate cammina.
È sera, la vitanel borgo lentamentetransita. Il cielo èsempre terso, le stelle brillano, i grilli cantano, le lucciole si rincorrono, l’aria fresca scende giù dai monti sibillini eaccarezza la pelle stanca. Seduta sul ripo,a contemplare la natura, ripensando, la notte mi ballaquel punto d’incognita che allora, nella violenza dei sussulti, del tremare brutale della terra, mi spaventò, nel mentreera solo il puntovariabile sospeso suogni esistenza Certo, è un punto che non avvisa, arriva e cambia radicalmente la vita. se poi è un terremoto logico che terrorizza.Alzo gli occhi su, su e al biancore di luna l‘orologio di San Pellegrino fisso su quell’ora, quei minuti mispiaccica un polverone di rammenti e comprendo che devo essere grata al fato. Ripensando devo, anzi ognuno del borgo oltre il casodeveun grazie, un grazie di cuore a quegli eroi in divisa o volontari in camicia che silenziosi hanno agito e caparbiamente scavato, cercato, tranquillizzato. Ripensando, ripensando la sera è diventata notte. Una notte così gradevole, carica di mistero, di magia, di auspici di inizi che mi affascina. Seduta sul ripo resto incantata a guardarla e nel silenzio eremitico della montagna aspetto l’alba.