Era un po che per svariati motivi non riuscivo a fare un week hend distensivo. Profittando di una possibilità, ho messo quattro cosette in un borsone e son partita a razzo. Naturalmente con due giorni disponibili la meta non poteva essere ne troppo distante ne insignificante al mio sentire. Così ho imbroccato l’autostrada che ero certa mi portava in posti in cui potevo ricaricarmi la visuale con orizzonti un tantino più fascinosi di quelli quotidiani e soprattutto finalmente quietare la voglia di mare che da un po era na fissa. E si, il mare, specie in questo periodo ancor di poca ressa e frastorni vacanzieri, è il luogo che stimola alquanto il desiderio di staccare la spina del tran tran. Forse sarà per l’aria frizzantina, il sole che va e viene, la spiaggia ancor selvaggia, le camminate in solitario a piedi nudi sull’acqua freddina che ti accarezza le caviglie e ti brivida un tantino che m’attrae. In verità è perché quella distesa di acqua che all’orizzonte si connette al cielo e in certi giorni sfuma i suoi colori pare amalgamarsi con la luce, in altri perdersi tra le nuvole, in altri innalzarsi nell’infinito volteggiare per poi risprofondare nelle sue viscere mi capriccia assai a livello emozionale. Per di più ascoltare il suo ondeggiante rumore mi ritempra il fisico e mi istilla sensazioni di armonia sonora con l’invisibile, quasi di concertuale appartenenza animica a una sinfonia simbolica che, con note variamente acute, fluisce nell’etere pacificando la mia irrequietezza interiore. Guardarlo fissando le onde mi da sempre una percezione di movimento ineluttabile in cui l’umanità, tra un onda e l’altra, va e viene senza mai ripetersi, a volte risucchiata, altre sbatacchiata, altre ancora frammentariamente riflessa, mai amorfa o statica. Bensì quel che mi affascina particolarmente di quella marea ondosa dalle innumerevoli sfumature policrome in movimento mai ripetitive è il potere che ha di stuzzicarmi il torpore abitudinario, farmi reagire nell’essenza profonda in quanto mi sintonizza su lunghezze d’onda impercettibili all’occhio ma alquanto vibranti per i sensi. Nondimeno è nell’aspirare quel suo profumo schiumoso che il mare mi inebria e trasporta oltre le correnti umane, mi denuda delle sovrastrutture ostruttive insulse e quantomai abbarbicate a un andare assuefatto, talvolta per comodo passivo al defluire delle vicende dell’esistenza. Specialmente quando è in burrasca. Coi suoi sbuffi, i mille impetuosi intrecci che si contorcono, s’accavallano, spumeggiando rumorosamente si sollevano, minacciosamente dal confine fra cielo e terra avanzano, con veemenza impattano sugli scogli, si frangono, disperdono in lunghe scie sulla sabbia, risucchiati rivolano placati per ritornare ancor più irruenti. Calmo, agitato o furioso, nelle sue spettacolari esibizioni di tinteggi delicati, infuocati o ferruginosi, i luccichii abbaglianti e i grigiori improvvisi, il mare mi depura l’anima e innesta nel pensiero un senso di liberazione. Direi di leggerezza che mi traina oltre il solito riferito terreno per librarmi in quei sentieri dell’immenso ancor inesplorati dall’essenziale. In sintesi, passeggiare sulla riva del mare o starmene immobile sulla sabbia a guardare le sue variegate sfaccettature di moto e colori m’aiuta sempre o a fossilizzare le preoccupazioni delle tempeste della vita o a chiarire quei perché mi frullano in testa e senza risposta m’assorbono preziose energie vitali. Non so per quale misterioso canale agisce, ma per me il mare è un balsamo fisico e spirituale. Può essere perché appartengo all’elemento acqua. Comunque sia quell’incessante oscillare d’acqua lieve o fragoroso è un qualcosa di musicale che mi reintegra l’armonia delle note sbagliate della vita. Purtroppo non sempre è possibile godere dei suoi coinvolgenti benefici, tuttavia, ogni qual volta v’è uno spiraglio di mezzi e tempo o la fortuna come quella di poter andare senza indugi corro. Perché anche un solo pomeriggio a contatto visivo con il mare mi basta per rivitalizzare le energie e riaffrontare il panorama della consuetudine. V’è da dire che il contatto con la natura in genere mi gratifica sempre e qualunque specchio d’acqua, lago, oceano o torrente, ognuno coi suoi inconfondibili colori, le sfumature paesaggistiche, gli effetti di luce, i rumori nello scorrere o nello sciabordare sulle rive renose, sassose o silvestri, mi proietta sempre in un mondo di trasparenze in cui ogni affanno perde consistenza, il tempo si ferma per dar spazio a un momento di limpida grazia.
Difatto è stato un weekend in solitaria beatitudine e son tornata a casa rifocillata in ogni poro della pelle e ristorata nei meandri dell’inconsistenza intangibile e per niente è pesato, all’andare per la smania di godermi una vacanza marina e nel tornare al paesello padano, l’affrontare un traffico maleddettamente intenso e a singhiozzo che di solito mi sbalocchia i nervi.
bydif.