Anche quest’anno è andata, come si suol dire abbiamo fatto il nostro San Martino. Ci siamo radunati una trentina, fra parenti e amici, a casa mia concordando una serata informale, da passare in allegria, senza tanti fronzoli, intorno al camino a smangiucchiare, cuocere castagne, brindare col novellino, scherzare, raccontare un po’ di fatterelli e anche sbracare su questo e quello. Ognuno ha portato qualcosa da sgranocchiare e da bere. Alla fine ne è rimasto tanto che per tre giorni farò a meno di cucinare! E’ stata una serata rilassante, festosa e piena di sana letizia, i ragazzini si sono divertiti un sacco ad ascoltare i racconti rievocativi dei grandi, hanno voluto sapere un sacco di cose, così gli abbiamo raccontato la leggenda di San Martino, perché si chiama estate e si festeggia. Debbo dire che il racconto è stato un po’ pasticciato dai ricordi diversi che ognuno di noi si era fissato nella mente da bambino, ascoltando i racconti dei propri nonni o genitori, dalle risate e gli sfottò reciproci, perciò non so quanto abbiano capito. Comunque i racconti hanno creato un’atmosfera viva e familiare, un po’ retrò e con qualche sfumatura d’ antiche situazioni vissute in passato, tuttavia senza eccessive nostalgie che facessero languire la serata, anzi tutto s’è concluso felicemente con cantilene e filastrocche legate alle nostre diverse radici che andando nel solito ristorante o pizzeria sarebbero rimaste nei cassetti della memoria. Riporto una canzoncina della mia terra, non per snobbare le altre, perché non le so:
Tre iorni e un pezzettino iè l’estate de’ San Martijo
Lo primo, stua la botte e saggia lo vino
‘mazza lo porco e spartisci co’ io vicino
coci lo pane e lo dolcino piccia el lume e lo camino
‘loggia e sfama lu poverino poia la zucca sol cuscino
dormi e sogna e no’ pensà el demane ci’è sarà
Lu secondo, ‘sloca l’oio da’ mulino solca lu campo co’ vijno
da semenza a ugellino poia lu mosto ne’ io bottino
copri moie e bambino diidi pane co’io miserino
scruta lu monte se ha cappeio e lu fosco lu pianello
piccia foco e lumino pe’ vede lu cammino
Mangna e bei a cor felice ballotta e spagnotta
Spranga l’uscio lu diavolaccio ricoera lu poieraccio
Poia la zucca sol ganciale dormi e sogna el demane
Lu terzo, mungni vacca spraia l’aia pilja ascia e canestra
va a macchia a fa’ la frasca la fastella a fascina
mucchia grano e sfarina aggrega moglie e vicina
marita figlia zitellina scampana donna birichina
tira lo vicino pe’ fondello pe’ scampà da l’onferno
piccia foco ne’io camino metti tizzo no’ scaldino
cuccia lo caldaro pe’ faiolo mesta e rimesta co’ ramaiolo
brustola pane salsiccia e costacina sgreppia fino a mattina
lu pezzetto chie rimane te serve pe’ demane
tizza carbone carica schioppo va’ a salà lu maiale
rimpinza la pansa e sona campane no scordà lo salame
ringrazia San Martijo chie l’inverno iè vicino
Non conosco l’autore.Da ragazzini si cantava la sera correndo a cerchio intorno ai falò che si accendevano in onore di San Martino, c’era sempre qualcuno che ci accompagnava suonando l’armonica a bocca.
Per la cronaca: San Martino era di Pannoia, un paese dell’attuale Ungheria, è il patrono dei poveri e dei mendicanti (dal significato simbolico della spartizione del mantello) dell’esercito e della fanteria (dal significato del suo nome che deriva da Ares, Marte, dio della guerra) da noi anche del fuoco, dell’amore non corrisposto, degli imprevisti nei viaggi. Le forme dei simboli associate al Santo sono: la palla di fuoco rotolante e il bastone pastorale. Il colore rosso. I numeri 11 e 4, quest’anno anche il 33.
Che bello!
L’occasione di incontro e compagnia fra persone più care sono le millore cose della vita! Leggendo il tuo racconto mi ricordo mio papà.
Che bello questo post. Si sentono il cuore pulsare e i sapori buoni della vita… Sarà l’effetto del vino nuovo 🙂
Grazie perchè ci sei. Sereno fine settimana a te e a chi ti è caro.
y_w
Grazie a tutti dei bei commenti, sono arrossita….forse ho bevuto troppo vinello……………
Ma vivi in montagna?
scusa la curiosita’