2010….QUASI CI SIAMO

011.jpg

Una manciata di ore e… tra auguri, brindisi, baci, abbracci, festeggiamenti più o meno scoppiettanti, sfarzosi, folli, riti scaramantici e previsioni astro-divinatorie saluteremo l’arrivo del nuovo anno, il 2010. Chi ha passato questo che ci lascia un tantino pesante  non vede l’ora di buttarselo alle spalle, aspetta la sua fine  come  fosse la fine dei suoi problemi, una specie di magia liberatoria che si compie  ai rintocchi della mezzanotte: anno e guai scompariranno per sempre….Da noi si usa dire: anno va,  speranza viene, comunemente però si usa il detto:  anno nuovo, vita nuova. Simbolicamente ambedue auspicano una ventata di freschezza e di rinnovamento, quindi la scomparsa delle difficoltà e l’arrivo della buona sorte, di conseguenza prospettive di progresso, abbondanza e gratificazione.

 Ognuno, nel suo intimo, coltiva attese e progetti sull’anno che è alle porte per cui si appresta con ogni mezzo ad accoglierlo alla grande per ingraziarsi i favori ed esorcizzare il timore dell’incognito custodito dai suoi 365 giorni.

La celebrazione del nascente anno, vecchia di 4000 anni, risale ai babilonesi, solo dal 1582 è entrata ufficialmente nel calendario, in tutto il mondo prevede abitudini che assecondano spensieratezza, esuberanza e lusso eccessivo come rituale portafortuna per ottenere le tre cose che  ogni essere umano brama: ricchezza, amore e salute. In ogni cultura prima e dopo lo scoccare del nuovo giorno si fanno riti per sfrattare le negatività che ristagnano in se e nelle case, riti per fare entrare nelle abitazioni e nella vita energie luminose e positive, divinazioni oracolari per scoprire cosa riserva, scongiuri e allegorie fantasiose per scacciare gli spiriti avversi e dileguare gli ostacoli, evocazioni e simulazioni che attirano ogni sorta di benessere.

Alcune di queste usanze sono molto conosciute, altre un po’ meno perché  tipiche del luogo.

Per esempio, in questo periodo chi si trova nella città in cui sono nata, non potrà fare a meno di notare nelle vetrine delle pasticcerie dei curiosi serpentelli che spuntano provocatoriamente tra le varie leccornie. Questi serpentelli dagli occhietti neri e astuti, sono un dolce tipico a forma di serpente attorcigliato, difatti si chiama torciglione, che non può mancare sulla tavola di ogni famiglia tra Natale e Capodanno, in quanto contiene significati simbolici delle proprie radici e di quelle collettive che debbono essere preservati per difendere la continuità della stirpe e dei valori comuni. Nell’immaginario si narra che il serpente è lo spirito divino che presiede la materia, possiede la chiave delle nostre radici, del bene e del male, delle correnti vitali che scorrono nel corpo umano e delle risorse luminose e oscure ramificate nell’inconscio.

Mangiandolo, per traslazione, si elimina la paura implicita, si diventa padroni, si ha libero accesso ai segreti della conoscenza delle nostre origini, si acquisisce sagacia, ci si impossessa del controllo della libido e delle virtù della natura compresa la capacità di metamorfosi ciclica che permette di mutare. Come il serpente cambia pelle e svecchia, noi cambieremo l’essenza, butteremo il vecchio per accogliere il nuovo. Per similitudine l’uomo abbraccia la fede e apre un nuovo capitolo dell’esistenza solo se si spoglia!!!

Con la forma circolare avvolgente il serpentello esprime la valenza eterna della variazione temporale che si sta per compiere, il cerchio continuo si srotola e si riavvolge, comunica l’andare e il venire, l’alfa e l’omega, la fine e l’eterno ritorno al principio, in più la spirale ricorda di essere prudenti, di non perdere il contatto tra reale e fiabesco perchè il destino avverso è sempre in agguato e pronto a stritolarci.

Detto ciò avere quel serpentello sulla tavola e mangiarselo nei 7 giorni che precedono il Capodanno significa prepararsi ad accogliere l’anno nuovo in modo cosmologico impedendo il ritorno interiore al caos. – Di fatto la vibrazione del sette contiene le virtù indispensabili a mantenere integrità e ordine nel sistema universale. –

Certo, al mio raziocinio tale usanza appare sciocca e superstiziosa, quindi da sotterrare, al contrario, al mio subconscio ricca di significati che uniscono idealmente passato e futuro quindi da mantenere…infatti, lo preparo sempre e ce lo divoriamo con allegria…più sotto metterò la ricetta.

Oltre al torciglione ci sono molte consuetudini che persistono nel folklore, alcune invece che affievolirsi si sono enormemente rafforzate come quelle dei botti e dei fuochi d’artificio, tantè ogni anno provocano incidenti in tutto il mondo, o quelle di far saltare i tappi dei vini frizzanti, infatti, spumanti e champagne scorrono a fiumi in tutte le feste pubbliche e private.

Anticamente si credeva che il rumore scacciasse da se, dalle abitazioni e dalle stalle le forze negative che si erano introdotte furtivamente durante l’anno, pertanto tra Natale e Capodanno tutti cercavano di fare un gran baccano per spaventarli usando mezzi e modi di ogni tipo come martellare sulle pietre con un grosso bastone, battere le nocche sulle porte, i piedi sull’uscio, suonare tre volte al giorno i campanacci nei ricoveri degli animali e le campanelle in casa, addirittura c’era chi si legava le campanelle alle caviglie e ai polsi per disturbarli e indurli ad andarsene. Insomma l’inventiva del fracasso regnava sovrana pur di spaventare gli spiritelli malefici e farli uscire dal corpo e dalla casa! Come ultimo rimedio per sfrattarli il 31 si usava lasciare una finestra aperta in una stanza fino al primo rintocco della mezzanotte, poi si illuminava il più possibile l’ambiente principale dove la famiglia era riunita, si apriva la finestra in modo che gli spiritelli buoni e generosi, attratti dalla luce, potessero entrare a frotte assicurando un anno favoloso.

In base a un vecchio detto: ciò che avrai e farai il primo giorno dell’anno, lo avrai e farai tutto l’anno, le famiglie mantengono l’usanza di decorare la casa, vestirsi con abiti nuovi, le donne in modo vistoso e scintillante senza dimenticare di mettersi una giarrettiera rossa, evitano litigi e discussioni, allestiscono la tavola riccamente, con cibi che richiamano allegorie di denaro come le lenticchie e l’uva, di abbondanza come il cotechino ( anno grasso!) di fecondità come il melograno, di felicità come la frutta secca. Anzi per ottenere il massimo auspicio ne mettono in tavola 7 tipi diversi, in genere nocciole, arachidi, semi salati o mandorle, noci, pistacchi, datteri, fichi secchi, infine tutta la famiglia sbriga i lavoretti sospesi.

Gli innamorati, oltre che amarsi con maggiore calore e passione, per garantirsi fedeltà si baciano sotto il vischio e… come il vischio si nutriranno della stessa linfa…. brindano l’uno col bicchiere dell’altro e…si disseteranno alla stessa sorgente per vivere in eterno l’uno per l’altro…. Spesso per sapere se si sposeranno tirano a sorte chiudendo gli occhi  un filo di tre, uno bianco, uno nero, uno rosso. Se esce il bianco si sposeranno entro l’anno e saranno felici, se esce il nero il matrimonio sarà posticipato negli anni e saranno infelici, se esce il rosso si tradiranno e prenderanno strade diverse.

Oltre a quelle citate vi sono tante altre usanze, comunque tutte hanno significato di rituale propiziatorio e scaramantico, come evitare le donne e invitare gli uomini, uscire con le tasche piene di soldi, mettersi una banconota per scarpa ( con questo si sguazzerà nella ricchezza…) indossare qualcosa di rosso ecc, ecc. In molti posti, a mezzanotte,  nella piazza centrale del paese o della città come a  Bologna, si usa bruciare l’anno vecchio o la vecchia,  un fantoccio più o meno grande fatto di carta o di legno e paglia, al suo interno la gente  mette  dei biglietti con scritto quello che  vuole eliminare dalla propria vita o mentre brucia  grida: mori anno e chiudi inganno, mori anno e brucia guaio, mori anno insieme al danno! In famiglia, facciamo sempre un  vecchietto piccolino e lo bruciamo ovunque ci troviamo a festeggiare il Capodanno, se l’anno è stato buono prima di bruciarlo lo ringraziamo se un po’ meno gli infiliamo nella pancia un foglio con scritto quello che si deve portare via.  Il fuoco è un potente mezzo vivifico, di luce e salvezza in tutte le culture religiose e pagane, in tale occasione equivale alla rigenerazione umana scritta nell’orologio del tempo, dalle ceneri del vecchio anno spunterà il germoglio della rinascita, come nel mito dell’araba fenice la larva risorge  dalle proprie ceneri.

Poiché in quasi tutti c’è la  curiosità di sapere cosa ci riserverà di bello e buono l’anno in arrivo, vorrei terminare svelando sinteticamente  uno dei modi che uso  in famiglia e con gli amici per divertirsi e fare quattro risate profetando, cioè annunciando in quali settori della vita ruoteranno gli avvenimenti dominati  del nuovo anno. E’ un rito che va fatto solo il 1° Gennaio.  Si prendono due dadi,  si fanno tirare a turno, la loro somma, es. 4+5=9, determina l’ oracolo. Ecco di seguito i significati:

1 : anno di rinascita generale, evoluzione, libertà, obiettivi egocentrici; -con i dadi è impossibile ottenere 1, si usa nel cerchio numerato-

2 : anno impegnativo, in primo piano: denaro,  guadagni, rapporti di coppia;

3: la fortuna sorride e apporta successo negli spostamenti, relazioni sociali, comunicazione, creatività;

4: anno di lavoro sodo, di organizzazione, di realismo e  privacy;

5: anno strategico, amori, sorprese, cambiamenti, esagerazioni aggressive;

6: anno di obblighi, lavoro, cura personale, servizio al prossimo;

7: anno analitico, favorevole ai  contratti, giustizia, unioni, divorzi;

8: anno di abbondanza ma  delicato per partner, speculazioni, gioco d’azzardo;

9: anno filosofico da dedicare alla politica, viaggi,  ideali mistici, cultura, conoscenze extraterritoriali;

10: anno di avanzamento, iniziativa, prestigio, onori, carriera, professione;

11: anno dell’amicizia, solidarietà, protezioni, prestiti, progetti ambiziosi;

12; anno della fatalità, dei segreti, del ritiro, della ipersensibilità onirica.

Provate, oltre che divertirvi un sacco con gli amici, specie  arricchendo la traccia sintetica con un po’ di malizia divinatoria,  scoprirete in seguito che è un giochetto niente male, all’apparenza innocuo e suggestivo, nella sostanza futuribile più di quanto si pensa….Se non avete i dadi a portata di mano scrivete su un foglio in tondo i 12 numeri, procuratevi una bottiglietta o un cucchiaino e fatelo girare a turno, la punta dell’oggetto indicherà il numero e il responso da comunicare.

Scansione0021.JPG

Ecco la ricetta del serpentello o torciglione:

si triturano finemente 250 g di mandorle dolci e sbucciate meno una e si mettono in un recipiente aggiungendo 125 g. di zucchero, 50 g. di farina, due chiare d’uovo montate a neve,  6 cucchiai di olio extra vergine, due cucchiai di brandy, si impasta il tutto velocemente, si mette l’impasto sopra un foglio di carta da forno oleato e collocato su una terrina da forno, si da la forma di serpente a spirale, si pennella con il rosso dell’uovo separato dalle chiare,  si mette la mandorla come lingua, due bacche di ginepro o due chicchi di caffè per occhi, si decora il dorso con confettini o pinoli messi a lisca, si mette in forno a temperatura moderata per 35/40 m. e…. il serpentello di buon auspicio è pronto per essere divorato. Se lo fate, mangiatene almeno 7 pezzetti per appropriarvi delle qualità in precedenza descritte.

Buona fortuna a tutti, tantissimi auguri per un 2010 col botto….ricco di successi, abbondanza, amore, salute, serenità, amicizia  e felicità insieme a chi amate, portate nel cuore, desiderate. Ricordate di fare un  baccano infernale…per allontanare gli spiritelli cattivelli, tanta luce per richiamare gli spiritelli benefici e generosi….non dimenticate di: essere molto generosi con chi ha meno di voi, vi tornerà centuplicato ogni denaro regalato, pensare positivo per carpire l’energia sprigionata dal collettivo festoso, accogliere con animo aperto tutti per essere colmati dal nascituro 2010  di grazie e benedizioni divine !!!

 

 

031.jpg

SANTALUCIA

Scansione0001.jpg

Fin da bambina, il giorno di Santa Lucia, per me coincide con l’inizio dei preparativi al S. Natale. Era in questo giorno che in famiglia si faceva il presepe, si piantava l’albero e si tiravano fuori tutti gli ornamenti necessari per decorarlo nei giorni successivi. La nonna e la mamma preparavano il pesto per far i cappelletti e gli agnolotti, non ho mai capito il motivo ma pare che venivano buoni solo se il condimento si cuoceva e si macinava nel giorno della Santa. Alla sera, era consuetudine che le famiglie vicine si facessero visita per vedere i presepi degli altri  e definire quale era il più bello. C’era sempre un gran via vai di gente, noi bambini si respirava un’atmosfera di attesa gioiosa perché mentre si andava a casa del vicino “passava” Santa Lucia a lasciare dolcetti di zucchero, bamboline  per le bambine, soldatini per i maschietti,  e un piccolo gioco o qualcosa che serviva per la scuola. Era una sorta di gioco per i grandi  fatto  fra un bicchiere e l’altro di vinsanto e una fetta di torcolo, -cose che lasciavamo sul tavolo per rifocillare e ringraziare Santa Lucia – infatti ridevano, scherzavano e facevano dei segni di complicità come per dire:stai in guardia sennò i ragazzini capiscono l’antifona e addio sorpresa…Ancora mi sembra di sentire le voci allegre che si rincorrevano e nelle narici  i profumi  del muschio fresco, del ginepro, della noce moscata, dei mandarini, delle mele cotogne, dell’uva passa , del cedro candito che rivolando per la via si intrecciavano  e entravano dagli usci  creando un insieme dolciastro che ti si incollava addosso per tutto il periodo delle feste. Era un odore così insolito e gradevole  che forse è per questo che ancor oggi mantengo parte di quelle tradizioni come comprare l’albero, tirar fuori gli addobbi, iniziare a preparare il presepe con muschio fresco. – Per casa c’è un gran profumo di muschio che risveglia i miei ricordi… Sono andata a raccoglierlo nel bosco ieri, quello secco, non sa di nulla!!- C’era una canzoncina che le nostre mamme  ci facevano recitare,mentre si preparava il presepe, altrimenti dicevano la Santa non “passava”  per casa nostra, la saltava e lasciava i nostri dolcetti e regalini ai cuginetti o ai bambini vicini, figurarsi se noi non obbedivamo…col solito “altruismo” dei ragazzini la recitavamo a squarciagola …è questa

 

 Santialussia da’i occi bei

Scegni ju co’ to cammei

Angnoli stielle e campanei

Prigna chiè la siera se coprei

Santialussia da’ i occi ciari

Scegni jiu co’i toi reghiali

Santialussia daia lampaja

Spaie luise suie contraida

Santialussia daio pugnaile

la paiura tu ié  lontannie

chie la caisa gliè sicura

Santialussia doce e bea

ientra ju piagnino piagnino

Magna pur lu torcolino

Nu sveià  lu bambino

Lassa li doni sijè  steto boinino

La cegnere sijé  steto birrichino

Santialussia mija beia

te iengrazia la famiia

Vaije pur co’ stellia e campaniella

A doinà ognie luse e  miraviglia

 

 

Santa Lucia, vergine martire cristiana,  nata a Siracusa (283-304) è venerata da sempre, sia nella cultura cristiana  che ortodossa.  Per il suo nome Lux = luce o luminosa nella tradizione popolare è considerata la protettrice della vista e di tutti coloro che hanno problemi legati agli occhi. In realtà è la Santa che “illumina il cammino per arrivare a Dio” Anche Dante  era suo fedele devoto tantè che nella sua Divina Commedia oltre che decantarla per bellezza e luminosità degli occhi le assegna un ruolo di spirito celeste che ridiventa  umano per guidare nel cammino di fede come fece con lui : “I’ son Lucia lasciatemi pigliar costui che dorme; sì l’agevolerò per la sua via “(Purgatorio IX, 55-57)

 “Qui ti posò ma pria mi dimostraro li occhi suoi belli quella intrata aperta: poi ella e ’l sonno ad una se n’andaro (Purgatorio IX, 61-63)

Invece la tradizione dei doni in parte è stata associata alla donazione di tutti i suoi averi  ai poveri della città. In parte alla sostituzione  di vecchie feste popolari pagane,  le feste della luce che venivano celebrate in gran parte dei paesi nordici e di solito  iniziavano otto giorni prima del solstizio d’inverno.

Oggi le sue spoglie sono conservate nella chiesa di S. Geremia  a Venezia dove giunsero da Costantinopoli dopo vari trafugamenti.

I simboli legati alla Santa sono: gli occhi, la lampada, Il pugnale e la palma.

Il suo numero occulto è il 4.

Il colore: bianco perlaceo.

………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………………                                                                   

Il torcolo è un dolce tipico della mia terra, per chi volesse assaggiarlo ….questa è  la mia ricetta:

 500 g.farina00-150 g, zucchero- 1 uovo- 70 g. burro fuso -150 g.cedro candito a pezzetti-100 g uva sultanina ammollata nel vino nero e strizzata-100 g pinoli- 20 g.semi d’anice- 10 cucchiai olio di oliva extravergine – 1 bicchiere di acqua – 20 g. lievito di birra-

Si impasta la farina con gli ingredienti, meno l’uovo, aggiungendo il lievito di birra sciolto in 1 bicchiere di acqua tiepida, dopo aver lavorato l’impasto per qualche minuto si mette in una teglia da forno col buco centrale ben imburrata, si lascia lievitare per un’oretta in luogo caldo, si spennella la superficie con l’uovo sbattuto e  si incide con 6 tagli di coltello, si mette in forno a 180° per 50m. Si serve accompagnata da Vinsanto o passito dell’Elba, oh! buon appetito…..

Scansione0013.jpg