Questo 13 maggio, è il 93° anniversario della prima apparizione di Fatima.
Di solito ogni anniversario richiama una moltitudine di pellegrini provenienti da tutto il mondo, principalmente spinti da desideri di devozione verso la Vergine Maria, secondariamente da aspirazioni intime di ottenere grazie e intercessioni per problemi di umana sofferenza, in minima parte approda per curiosità escursionistica. Quest’anno anche papa Benedetto 16° è andato pellegrino a Fatima per ricordare: la prima apparizione dell’Immacolata ai tre pastorelli avvenuta il 13 maggio del 1917; l’attentato mortale subito il 13 maggio del 1981 da Paolo Giovanni 2° in piazza S. Pietro al quale scampò, per l’intervento della Vergine Maria che deviò la traiettoria del proiettile, poi incastonato nella corona della Madonna per suo volere; soprattutto per pregare la Vergine di intercedere per i mali interni e esterni che attualmente affliggono la chiesa e il mondo intero. In particolare, dopo i fatti di pedofilia che coinvolgono numerosi prelati e che stanno riversando cumuli di “sporcizia morale” su tutta la chiesa cattolica mettendo in crisi la sua credibilità e il suo ruolo nel mondo, a consacrare sacerdoti e laici al cuore Immacolato di Maria Sembra che il “ marcio” venuto a galla e suscita reazioni che allontanano i credenti dalla chiesa e dai suoi ministri fosse contenuto nel terzo segreto di Fatima in forma indiretta. Ho letto la lettera, almeno quella resa nota, mi è parso di cogliere un monito verso ogni forma di comportamento umano ingiusto e scorretto che ricade e danneggia l’umanità più che un riferimento specifico.
Qualche anno, fa anch’io mi son ritrovata pellegrina in quella folla immensa, non per una decisione partita da un desiderio personale di conoscenza o da un’esigenza religiosa incalzante, semplicemente come hostess di una persona cara, quindi per sentimenti di affetto e solidarietà. Però quando il destino vuole, trova tutte le strade per farti arrivare dove ti è necessario per migliorarti o semplicemente per prepararti ad affrontare situazioni future imprevedibili, assai dolorose che richiedono sangue freddo per superarle con razionale lucidità, saldezza spirituale per viverle senza cadere nel baratro nero dello disperazione.
Così è stato per me.
Quando approdai sul suolo di Fatima insieme al gruppo pellegrino e mia sorella, < si era accodata all’ultimo minuto con mio grande stupore, infatti non le avevo neanche chiesto se voleva venire sapendo benissimo il suo pensiero in proposito> mi sentivo staccata da quel contesto, solo una accompagnatrice di sostegno affettivo a chi mi era caro. Anzi, tanto io quanto mia sorella sembravamo due pesciolotte fuor d’acqua, due note stonate che stridevano col gruppo pellegrino di padre Mauro; risalta anche nella prima foto scattata a ricordo dell’arrivo del gruppo. Per dirla tutta, gli altri partecipanti già alla Malpensa ci percepirono come due intruse, due snob signore ammazza tempo preoccupate del loro aspetto esteriore e non di quello intrinseco. Come dargli torto, in fondo avevano le loro ragioni di sentirci avulse, lontane da loro mai nessuno ci aveva sentito nominare o ci aveva visto partecipare ai loro raduni di preghiera a venerazione di Maria e riflessione sul mistero del santo rosario. Persino padre Mauro era perplesso tuttavia nel suo ruolo di guida spirituale ci accolse come sue fedeli, cercò poi di coinvolgerci alle attività previste senza forzarci, a suo onore devo dire che fu molto intelligente e anche spiritoso. A distanza di anni, quasi otto, era ancora viva suor Lucia, una delle principali depositarie dell’evento e dei famosi “segreti” legati alle sei apparizioni di Fatima,< avvenute ogni 13 del mese, da maggio a ottobre del 1917> avemmo anche la rara fortuna di intravederla mentre pregava nel monastero di Coimbra. Dicevo, a distanza di anni, quei pochi giorni di luglio passati a Fatima e nei luoghi legati alle apparizioni si sono palesati più di un semplice gesto di cortesia compiuto per amore profondo verso qualcuno. Sono stati l’inizio di un cammino, non di fede e preghiera come verrebbe subito da pensare ma di accettazione di ferite e sofferenze passate e future. Difficile esporre i meccanismi concreti agli altri essendo impercettibili anche a me stessa. Mi spiego, prima ho afferrato la “guarigione” del passato, quello nascosto nel profondo, nessuno sapeva e distingueva ma a me causava enorme disagio, a volte era un peso insopportabile in quanto lo ritenevo ingiusto, di fatto lo era ma impossibile da eliminare con un colpo di spugna o attraverso i tribunali per vari motivi che non posso trasporre. Un malessere che non riuscivo a superare con la ragione, stava diventando intollerabile, mi toglieva scioltezza intima, serenità, impediva di affrontare con filosofia le sgradevolezze della vita. In parole povere respirare allora quella atmosfera ricca di astrattezza mi ha liberata poi di una spada di Damocle che mi irritava da mattina a sera.
Sì, a Fatima s’immagazzina senza volere un’atmosfera particolare che ti scende nelle viscere, anche se non vuoi respiri qualcosa che ti serve, non sei neppure consapevole che ti è necessaria, quindi non la respiri volutamente o sei lì per assimilarla, ti arriva da sola attraverso i pori della pelle, mentre cammini nei luoghi delle apparizioni, avverti zaffate che scambi per ventate. Direi di più, sei così distaccata che neppure preghi con devozione, come ho visto fare e che lì per li ho anche invidiato, per non esserne capace, sono credente ma sempre un po’ critica, come tanti ho paura di lasciarmi coinvolgere e diventare un’acquasantiera che prega, prega per paura di “castighi” o ingraziarsi i favori di “lassù” piuttosto che per instaurare un filo diretto con Dio. Non sto dicendo che a Fatima basta respirare o camminare per ricevere “miracoli”, può darsi, sto affermando che in quei luoghi spira un qualcosa di particolare inafferrabile e potente che t’invade, si insinua in te, lo accogli senza domande e con naturalezza vedi sparire ciò che ti infastidiva e ti ritrovi ad agire in modo totalmente diverso. Alla cappellina delle apparizioni di quella immensa piazza, quasi senza confini e senza tempo, dico non ci arrivi a caso, neppure quando vai per curiosità, ci arrivi perché ti è essenziale assimilare quello che non è spiegabile e comprendi in seguito. Razionalmente inammissibile e da tacere per non passare per citrulla imbevuta di miti spirituali ma nell’intimo costretta a riconoscerlo, almeno a porti qualche dubbio che”non tutto è come pare”e non tutto è identificabile attraverso i sensi mortali. Di sicuro arrivi di fronte a quella minuscola statua, posta tra fiori e protetta da vetri, per un motivo che non sai, sul momento la guardi e basta, non riesci a formulare un pensiero, a chiedere qualcosa, almeno io non ci sono riuscita, m’è parso superfluo, mi arrivava un tale profumo trascente che da solo bastava a colmare vuoti e dubbi.
In quei giorni pellegrini, non posso dire che ho visto cose strabilianti, vissuto esperienze particolari da farmi asserire quanto sopra. Ho solo vissuto una moltitudine impressionante di gente d’ogni razza e colore che andava e veniva, pregava notte e giorno, stava in silenzio, in adorazione per ore e ore , accendeva candele, cantava inni a Maria, piangeva, rideva, rimproverava i figli, scattava a ripetizione foto per avere un ricordo del vissuto. L’unica reminiscenza speciale che ho è il suono delle campane a festa, si propagava con festosità in quel clima venerale di spazio e tempo indecifrabile arrivando come ovattato, quasi fosse messaggio esclusivo diretto ad ognuno per lasciargli un ricordo insolito, suscitare una emozione, risvegliare un sentimento sopito. Entrava dentro e veniva voglia di trasporlo e condividerlo con gioia. A dire il vero c’è un altro particolare che mi sorprese, mia sorella, allorquando tutta compassata nel suo impeccabile abito la vidi armeggiare nella ressa, poi telefonò a nostra madre ancora tra noi per farle ascoltare quel suono gioioso di campane sventolando un fazzoletto bianco. Ancora oggi mi chiedo a chi lo sventolava o perché, lei che da scienziata non si sbilancia mai e riesce a mantenere in ogni situazione logica freddezza mi apparve un controsenso.
Come ho sopra accennato l’essere arrivata a Fatima aveva una sua logica d’inizio di nuovo cammino.
Il motivo di quel pellegrinaggio non premeditato infatti mi è apparso chiaro in seguito, attraverso eventi non proprio gradevoli che in passato mi avrebbero mandato in tilt, < tralascio per non annoiare> Precisamente nel momento della necessità temporale, ho appurato di essere mutata, non dal punto di vista dell’attaccamento a pratiche religiose, neppure in quelle di recita giornaliera del rosario purtroppo, nel modo di accettare pragmaticamente situazioni difficili e dolorose. Scoprendo che quel clima creato da tutto un contesto rimescolato di mistico e profano, inconsapevolmente mi aveva dotato di forza interiore, trasfuso energie e doti insospettabili di reattività alle difficoltà che prima non riuscivo a utilizzare, in parte perché soffocata da esperienze negative, in parte per sconoscenza di me stessa. Ho dovuto ammettere che quell’esperienza aveva modificato il mio modo di essere e affrontare razionalmente le grane turbinose, principalmente quanto, se fossi rimasta con quelle zavorre attaccate al mio spirito e al mio cervello, non fossi “guarita dalle ferite passate”, avrei procastinato il futuro, non saputo sostenere sofferenze e superare eventi senza crollare psicologicamente e anche fisicamente.
In quei cinque sei giorni passati a Fatima, ripercorrendo quei luoghi legati alle apparizioni, senza niente in testa di fervente o particolarmente attaccato al culto mariano che non fosse altro che spirito di solidarietà e affetto verso chi accompagnavo, avevo inalato energie positive straordinarie che mi avevano preparato a camminare nelle difficoltà, senza timori e cedimenti. Oserei dire avviato a un processo di metamorfosi filosofica che mi instradava verso la mia vera essenza. Non posso dire che spiritualmente ho subito un “ tocco di grazia divina” da indurmi a pratiche religiose assidue, neppure che ho trovato la fede perché l’ho sempre avuta, posso solo attestare che senza l’intervento del caso che mi ha portato a contatto con il mistero mariano di Fatima ero destinata a entrare nei gorghi del disfattismo che rendono arida, acida, intollerante ai bisogni altrui, oggi sarei una specie di brodo ristretto umano egoista, con il cuore colmo di acredine, niente mi sembrerebbe tanto bello quanto la vita anche se ti chiede costantemente di accettare cose sgradite, quelle che non augureresti neppure al tuo peggior nemico.
In conclusione, sento che ancora la mia metamorfosi non è completa, avverto che quel cammino iniziato a Fatima, il giorno del mio compleanno, < il pellegrinaggio era per l’apparizione del 13 luglio e io sono nata il 14> è ancora irto di diffocoltà, mi ha chiarito solo una parte, altro mi aspetta.