SANT’ANNA

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Oggi è S. Anna. Una santa che fin dall’infanzia mi è entrata nel cuore e ho considerato mia protettrice al punto che ho voluto coronare il mio sogno d’amore proprio il 26 luglio, giorno della sua festa.

A distanza di anni credo, anzi ne sono certa, che questo mio attaccamento alla Santa è stato ispirato da un sentore inconscio profetico. Senza il suo sostegno spirituale non avrei mai superato le difficoltà di ben 4 maternità con un lavoro da portare avanti senza perdere amore, pazienza, gioiosità. Poinon avrei saputo crescere e educare i miei “pargoletti” amati senza subire l’angoscia devastante di una situazione familiare complicata dalla fatalità. In ultimo, emotiva come sono non avrei trovato il coraggio, l’energia, l’entusiasmo necessari per reagire a ogni maroso che perigliava il mio pesante barcone matrimoniale e che tutt’ora col suo aiuto continuo a timonare. Non mi basterà la vita per ringraziarla! Può essere una stranezza credere che è stato un segno profetico affidare a sant’Anna il proprio excursus ma in me è certezza, senza la mano di sant’anna non avrei superato indenne ne i momenti gravosi dell’esistenza ne i pericoli psicologici derivanti da annessi e connessi.

Quando sento di mamme che cadono in depressione post partum, oggi accade spessissimo, o leggo notizie di gesti e fatti tragici estremi compiuti da madri, mi si stringe il cuore di tristezza e dolore e penso a quanto sono stata fortunata ad avere la protezione di questa “mamma”. Lei mi ha aiutato a mantenermi salda e a non perdere gioia e ragione. Non mi importa se qualcuno riderà di questa convinzione e oggi appare un utopia credere che basta rivolgersi a sant’Anna per non finire in cose simili e svolgere un ruolo di mamma senza patemi emotivi. Sono fermamente convinta che se queste mamme si fossero rivolte a sant’Anna non avrebbero perso la speranza da cadere in gorghi depressivi senza ritorno, nella migliore delle ipotesi lasciate andare trascurando se stesse e i propri figli, visto talmente nero da togliersi o togliere la vita alle creature che avevano partorito. Comprendo che chi non ha fede attribuisce le cause della prostrazione totale all’indifferenza o alla sottovalutazione familiare della condizione psicologica che vive la donnaalla nascita di un figlio, ai mali sociali che non supportano il ruolo della donna madre e spessissimo la costringono a mutare vita quotidiana, progetti professionali, di carriera e relazioni sociali facendole subire traumi psicologici profondi che poi come un tarlo minano l’autostima e conducono a gesti insani.A volte è vero ma non sempre e non in modo da giustificare i troppi casi che si sanno e i tanti che non vengono alla luce. Penso che le tragedie sono frutto di un decadimento dei valori della comunità che carica la donna di troppe responsabilità, trasmette modelli femminili di successo sfrenato, di forma fisica perfetta, di coppia senza problemi, di famiglie corrispondenti a prototipi inesistenti nella realtà che in momenti delicati si mescolano nella psiche e influiscono negativamente sul percorso del cambiamento che indubbiamente la nascita di un figlio provoca nella donna. Dico che a forza di scardinare i valori spirituali, privilegiando quelli materiali, senza fornire supporti giusti o valide alternative, in momenti difficili e delicati della vita, tutti perdono facilmente il controllo emotivo e di conseguenza la stima in se e negli altri che conduce poi a non credere di avere una possibilità, qualcuno che ti comprende e aiuta a tirarti fuori dalla situazione, distorce la volontà e la capacità di reagire positivamente a eventi traumatici.

Ho deviato un po’ il discorso da sant’ Anna, ma credo veramente che l’essermi affidata alla mamma di Maria, la Sacra Vergine delegata a essere intermediaria degli uomini tra i valori terreni e celesti e Mamma delle mamme per eccellenzaavendo portato in grembo il Cristo Salvatore, mi abbia aiutato. Probabilmente mi ha facilitato ad aggrapparmi all’impossibile per ottenere il possibile, a non mollare la presa, forse a non cedere alle tentazioni negative dello sconforto, o chissà ce l’avrei fatta ugualmente perché sono cocciuta, tuttavia la risposta non mi interessa, in me è certezza: Lei mi è stata accanto. Spero continuerà a concedermi questa sua “ grazia”. Non per niente il suo nome in ebraico Hannah significa “grazia”.Comunque sia, chi elegge un santo a protettore si affida a lui e coltiva in se la certezza di ricevere aiuto, però nel frattempo non si perde d’animo, continua a lottare, e adeguandosi ai cambiamenti supera le sue difficoltà.

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Buona giornata e che Sant’Anna protegga chi passa da qui e tutte le mamme .

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La foto:  sant’Anna con la piccola  Maria è all’interno del santuario di sant’Anna a Gerusalemme dove sono stata a inizio Luglio.

 …per la cronaca: Santa veneratissima. Anche se il suo nome non è riportato nei testi biblici consueti ma appare insieme a quello del marito Gioacchino nei testi apocrifi, tantissimi ospedali, paesi, strade e chiese portano il suo nome. E’ patrona delle famiglie, delle partorienti, delle madri, per essere diventata madre in modo insolito specie delle donne madri; inoltre, per le sue qualità di pazienza, è patrona degli orefici, falegnami ebanisti e carpentieri.

Impressioni di un giorno di festa devozionale

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Oggi, 13 giugno, ormai ieri, a Padova in ricorrenza della morte di sant’Antonio dall’alba fino a tarda sera è stata festa grande. Come solito i numerosissimi pellegrini giunti da ogni parte del pianeta per assistere alle celebrazioni in onore del Santo hanno reso l’ anniversario solenne e alquanto incancellabile da mente e cuore. Parteciparvi è sempre veramente coinvolgente, molto molto mistico e intimamente liberatorio di ansie, preoccupazioni, inutili fronzoli del vivere che appesantiscono e tolgono il respiro. Perché? Perché, a parte la devozione personale al Santo a cui la mia famiglia, come già scritto in altro post, deve un enorme gratitudine, le liturgie, gli eventi straordinari in programma, l’atmosfera e l’insieme casuale che si crea, almeno per me, è eccezionale. Si respira un profumo di gigli, fiore per tradizione accomunato al santo, che ti penetra in ogni poro e ti inebria fin quasi a farti svenire; si vive un via vai di candele, incensi, scampanii e luccichii che annullano tempo e percezione reale; si assiste a un fervore devozionale incredibile, direi senza eguali per come viene silenziosamente espresso e per come si propaga e si trasferisce da pellegrino a pellegrino, in ogni luogo ti trovi e sosti. Tutto si appiccica alla pelle come un unguento magico e tutto è istintivamente vissuto senza interrogativi. Più che a una celebrazione votiva sembra di prendere parte a una favola stracolma di umani in cerca dell’umanità. Dentro e fuori la Basilica il brulichio della gente, d’ogni colore e condizione è veramente impressionante, tuttavia non disturba il proprio raccoglimento, ne distoglie l’attenzione da ciò che t’ha portato dal Santo, anzi trasmette una corrente positiva e vi aggiunge un pizzico di folklore che mette gioia in cuore e grande tranquillità in mente. D’altronde, approdando ai piedi di questo amatissimo Santo ciò che colpisce sempre è il fervore mistico e religioso espresso con compostezza. Beh, a rifletterci è naturale, è l’assunto inconscio del pellegrino del pensiero del Santo : “La natura ha posto davanti alla lingua come due porte, cioè i denti e le labbra, per indicare che la parola non deve uscire se non con grande cautela” . Ah se certuni afferrassero questo concetto di sant’Antonio… quante parole vane sparirebbero … invece…. Invece succede solo alla festa di sant’Antonio! Per quante volte sono andata a Padova a onorare e ringraziare il Santo, e sono più che ventennali, non ho mai visto nessuno manifestare la venerazione in maniera eclatante e grossolana, ne in atti ne in parole, piuttosto in modo profondamente intimo, come a preservarla da indiscrezione e intrusione per renderla speciale. Una sorta di legame contemplazione orante esclusiva credente-santo, al punto che, in certi momenti, ogni devoto assorto sembra avvolto in una capsula protettiva e volto e corpo appaiono incorniciati da un aurea luminosa che si riflette in modo accecante su chi li osserva. Eppure, il rapporto invocativo-orante del singolo, non so spiegare come, non rimane segretato, circola tra la folla e si trasforma in collettivo. Per dirla più semplice, si percepisce un qualcosa d’ineffabile che transita tra la folla immensa e crea una sinergia invocativa di intercessione o semplicemente devozionale al Santo altamente empatica e affratellante. Sinergia corale silenziosa, impossibile da spiegare con la logica umana, ma alla quale nessuno può sottrarsi, in quanto qualsiasi sia la natura dell’implorazione intercessoria altrui chiesta al Santo diventa anche la tua. Cosicché, ognuno che in cuor suo esprime un sentimento, un desiderio a sant’Antonio, anche in grandissima sofferenza fisica e morale, misteriosamente, attraverso gli altri coglie una certezza di affetto che gli da forza e nuova vitalità e afferra una serenità per tornare alla propria quotidianità con fiducia. Percepire ogni invocazione altrui al santo come fossi tu a rivolgerla è veramente un qualcosa di unico. Rende consapevoli che nessuna folla toglie il privilegio d’esser ascoltato da sant’Antonio. Non è un impressione mia, o uno sragionamento dovuto a credenza esagerata. Tanti ti dicono la stessa cosa. Forse perché da quanto si narra ha ricevuto qualità divine particolari. Forse perché spesso esaudisce i desideri, anzi, secondo la leggenda a 13 persone al giorno, chiunque siano purché chiedano con verità. Non lo so. Quello che ho appurato in mezzo alla gente è che nessuno dubita del contrario.D’altra parte sant’Antonio non sarebbe il santo taumaturgo più conosciuto, amato, venerato e rispettato al mondo, anche da culture religiose diverse.

Che altro dire, una festa di ritrovate emozioni, di memoria, volti amati, gratitudine, vissuti densi di letizia e se non che andare a Padova nel giorno del Santo ti trasforma! Ogni angolo anche se stracolmo di umani addiventa ieratico e avvincente, vi assorbi quell’estrema umanità, dotta e misericordiosa del santo che toglie il “fango del mondo” che ceca occhi e anima e rende visibili inedite conoscenze del se che inevitabilmente ti cambiano interiormente.

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un saluto e… dolce risveglio!

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RITA: SANTA DELL’AMORE E DEL PERDONO

 

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Nella cultura popolare, Maggio è il mese delle rose e dell’amore. Dedicato alla vergine Maria, tintinni di rosari e profumi inconfondibili lo rendono speciale, un vero toccasana per rincuorare lo spirito smarrito dai grigiori invernali e ridare, con fede e speranza, slancio energico alla vita quotidiana. Ma Maggio è anche il mese di Rita, santa dell’amore e del perdono, a me cara, invocata e venerata in moltissime parti del mondo per le sue qualità taumaturgiche e le indiscutibili doti di avvocata paciera delle cause ultradifficili dell’uman andare. Tant’è che popolarmente è detta la “santa degli impossibili”. Devozionalmente si ritiene che fin dal giorno della sua morte Rita si è schierata dalla parte dei più bisognosi, realizzando per loro quei miracoli prodigiosconsiderati dalla logica comune irrealizzabili. SANTA RITA conosciuta, sulla base di racconti, anche come:Santa della Rosa” – Ancora oggi si dice che ogni qualvolta Rita interceda per un miracolo il suo corpo, conservato all’interno della basilica emana un intenso profumo di rose e le rose benedette ogni 22 maggio, per la sua festa, oltre che essere fonte di protezione per la famiglia, conservano tutta la fragranza di una rosa fresca. – “Santa della Spina” – Unica santa nella storia cristiana a ricevere in fronte la stigma spina che le produsse una profonda piaga purulenta e fetida che la costrinse alla segregazione. – “Santa delle Api”-Si racconta che già a 5 giorni operò il suo primo miracolo, conosciuto come delle Api Bianche guarendo un contadino, feritosi gravemente con la falce a una mano. Questi, passandole vicino, per andare a medicarsi, nel vedere delle api che ronzavano sul suo volto cercò di scacciarle proprio con la mano ferita che guarì immediatamente. Mentre il giorno della morte venne avvistato uno sciame di api nere, dette murarieche ancora oggi hanno dei nidi nel convento.- Api, rose e spina sono infatti gli attributi iconografici che contraddistinguono la santa, una santa che dopo san Francesco e sant’Antonio sia per la quantità di miracoli attribuitole, sia per la sua storia umana è la santa più amata. In molti paesi è venerata anche come santa della misericordia e del soccorso per il racconto della donna di Spoleto che fuggita per maltrattamenti dal marito, derubata e aggredita curò, rivestì, e tranquillizzò assicurandole che tornata dal marito questi convertito non avrebbe più abusato di lei con violenze e ingiustizie, inoltre per essere stimata come migliore avvocata e confidente delle donne in difficoltà.

Rita, ovvero Margherita Lotti, nacque  a Roccaporena, una frazione dell’umbro comune di Cascia, in provincia di Perugia, presumibilmente nel 1381, da Antonio Lotti ed Amata Ferri, due anziani benestanti “pacieri di Cristo”, per meglio dire conciliatori nelle lotte tra guelfi e ghibellini, oggi si direbbe che svolgevano il ruolo di “mediatori civili”. Non è facile tracciare un profilo storico di santa Rita. Ci sono molti punti oscuri, e spesso le notizie di una certa attendibilità si mescolano alle leggende, che si formarono durante i secoli in diverse stratificazioni. Margherita, chiamata da tutti Rita, amatissima dai genitori crebbe nella campagna umbra in serenità e bellezza. Da ragazza mite, umile, ubbidiente e ben educata anche nel leggere e scrivere), fin da giovanissima si appassionò alla famiglia Agostiniana, San GiovanniSant’Agostino e San Nicola da Tolentino, tanto da voler prendere i voti e da  frequentare assiduamente il monastero Santa Maria Maddalena di Cascia e la chiesa di San Giovanni Battista. Ma come usanza dell’epoca, i genitori, a 13 anni la promisero sposa a Paolo di Ferdinando, della potente famiglia Mancini, uomo piuttosto irruente, dal carattere violento.  3 anni dopo sposò. Dal matrimonio nacquero  Giangiacomo Antonio e Paolo Maria. Dopo 18 anni lunione, piuttosto burrascosa per le differenze caratteriali e spirituali, proprio nel momento, che dopo tante sofferenze, preghiere e sopportazioni di Rita, con la conversione di Paolo a una vita di pace e fede, aveva trovato la serenità venne brutalmente interrotta con l’assassinio di Paolo da parte di ex compagni di odi, vendette, scontri e violenze partitiche. Come ovvio la famiglia Mancini voleva vendetta, ma Rita no. Invocando il perdono non rivelò i nomi degli assassini, e supplicò i figli di onorare la memoria del padre con l’onore dell’onestà e non con la spirale del sangue. Invano fu il suo supplicare e come voce popolare riporta, quando comprese che i suoi 2 figli seguivano l’odio chiese a Dio di interrompere i loro scopi sanguinari. Da lì a poco i due fratelli si ammalarono e morirono. A 36 anni distrutta dal dolore e rimasta sola, Rita chiese di entrare nel Monastero Agostiniano Santa Maria Maddalena di Cascia che già da giovanissima agognava per dedicarsi alla vita claustrale. Ma, per la sua condizione civile e perché nel monastero c’era una suora parente della famiglia Mancini, offesa per la reticenza di Rita a rivelare i colpevoli, per ben 3 volte venne rifiutata. Da qui, secondo la leggenda, i suoi 3 santi protettori Sant’Agostino, San Giovanni Battista e San Nicola da Tolentino la portarono, dallo scoglio di Roccaporena dove Rita si recava per pregare, direttamente dentro al Coro del monastero imponendo alle suore incredule la sua accoglienza. In realtà sembra che dopo aver pacificato le due famiglie duellanti Rita nel 1407 ottenne di entrare nel Monasterodove vi rimarrà, alternando la preghiera e la contemplazione a visite a malati e lebbrosi, e cercando spesso di pacificare le fazioni che si combattevano nella cittadina umbra, in dedizione totale a Gesù per 40 anni. Umile e obbediente alle regole Rita mai scansò fatiche o prove vessatorie tuttavia il cuore della sua giornata claustrale era intensa meditazione della Passione di Cristo. Tanto che un giorno del 1432, mentre era in estasi davanti al Crocefisso, una spina si staccò dalla corona del Cristo e si conficcò nella sua fronte. L’immedesimazione alla Croce di Cristo di Rita era totale, e in croce, a eccezione di un suo trasferimento a Roma per la canonizzazione di san Nicola da Tolentino in cui la ferita si rimarginò per riapparire al suo ritorno a Cascia, visse gli ultimi 15 anni di vita. Si narra che prima di morire la santa abbia compiuto almeno 5 prodigi tra cui quello della vite morta che fruttificò e ancora oggi è presente all’interno del monastero, e quello della rosa fiorita in pieno inverno sotto la neve e due fichi maturi chiesti e trovati dalla cugina nell‘orto della casa paterna e interpretati come la salvezza ed il candore dell’anima di suo marito e dei suoi figli. La rosa piccola e rossa è il simbolo per eccellenza, di questa esile ed umile donna riuscita a fiorire nonostante le spine che la vita le aveva riservato, donando il buon profumo di Cristo e sciogliendo il gelido inverno di tanti cuori. Il primo miracolo da defunta fu invece quello del falegname, Cicco Barbari, da poco diventato invalido alle mani, non potendo più lavorare, vedendo la salma di Rita, disse:“Oh, se non fossi ‘struppiato’, la farei io questa cassa!”. Inspiegabilmente il falegname guarì immediatamente, e le suore lo incaricarono della costruzione dellumile cassa. Tante le leggende, i racconti, le meraviglie prodigiose fiorite intorno alla santa come quella dello scampanio improvviso e spontaneo di tutte le campane del circondario al momento della sua morte sopraggiunta a 76 anni nella notte del 22 Maggio, più o meno, intorno al 1457La venerazione di Rita iniziò subito dopo la morte,e fu caratterizzata dall’alto numero e qualità degli eventi prodigiosi, dovuti alla sua intercessione. Tuttavia fu proclamata beata 180 anni dopo la sua morte, nel 1627 sotto il pontificato di Urbano VII, e venne canonizzata da Leone XIII durante il Giubileo del 1900. Nel firmamento dei santi e delle sante della Chiesa, Rita è certamente una stella di prima grandezza. Vissuta ben sei secoli fa, ancora oggi ricordata, invocata, pregata nei casi più disperati da migliaia di devoti non solo in Italia ma in varie parti del mondo. “Ma quale è il messaggio che questa santa ci lascia?” Si chiese, nel primo centenario della canonizzazione, durante il Giubileo del 2000 davanti ad una grande folla di devoti della santa in Piazza San Pietro Giovanni Paolo II. Disse “È un messaggio che emerge dalla sua vita: umiltà e obbedienza sono state la via sulla quale Rita ha camminato verso un’assimilazione sempre più perfetta al Crocefisso. La stigmate che brilla sulla sua fronte è l’autenticazione della sua maturità cristiana. Sulla Croce con Gesù, ella si è in un certo senso laureata in quell’amore, che aveva già conosciuto ed espresso in modo eroico tra le mura di casa e nella partecipazione alle vicende della sua città” cioè cercando di portare pace fra le varie fazioni contrapposte e in lotta fra loro” Sebbene il tempo logora tutto non ha logorato il ricordo di questa santa italiana. Oggi come ieri, Rita è viva ed è soprattutto il segno d’amore che nelle crisi della vita può dare coraggio e forza per ricominciare, l’esempio per ciascuno della sollecitudine al perdono pacificante e al rigetto incondizionato della violenza sanguinaria che non porta mai nessuno a nulla di proficuo. Per la gente comune Rita è la santa capace di capire e interpretare le loro necessità, la ama e l’invoca perché la sente simile e vicina in ogni difficoltà estrema dell’esistenza. Come Giovanni Paolo II disse ancora: “La santa di Cascia appartiene alla grande schiera delle donne cristiane che «hanno avuto significativa incidenza sulla vita della Chiesa, come anche su quella della società». Rita ha bene interpretato il «genio femminile»: l’ha vissuto intensamente sia nella maternità fisica che in quella spirituale”. Forse la migliore definizione della santità di Rita da Cascia la troviamo nella iscrizione che è stata posta sull’urna contenente i suoi resti mortali: “Tucta allui se diete”. “Si diede tutta a Lui” cioè a Cristo, anche nel momento della crocifissione, che è la cosa più difficile. 

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MADONNA FIDUCIA

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In questi tempi, resi difficili da una pregressa crisi economica  e intricati da una situazione politica personalistica  fatta di annuncioni e insignificanti cambiamenti utili alla collettività, è facile cadere nella trappola depressiva dello scoramento in cui il futuro esistenziale appare un enorme buco nerissimo che ti inghiotte senza pietà. Come altrettanto facile è finire in quel limbo allettante dell’attendismo fatale che prima o poi si può tradurre in gesti disperati o ben che vada ti fa scivolare in una ineluttabile rassegnazione comatosa. Certo seguire i suggerimenti  sensati che  arrivano al cervello dall’inconscio: reagire, combattere e non arrendersi neanche di fronte all’impossibile, sarebbe il modo per non finire nei trappoloni, però…Però  almeno una volta ci cadi e ne esci solo se sei lesto a trovare uno stimolo per scappare sennò ci resti. Ma con un clima di generale sfiducia che ti gira intorno come una piovra è più facile restarci che trovare un appiglio per uscirne e poi mantenersi equilibrati al timone della propria vita quindi è meglio prevenire. Come? Beh fidandosi della  ” Mater mea, Fiducia mea” ! Per me è l’unica che alimenta l’energia pulsante del coraggio per continuare a lottare con la certezza che questi tempi difficili sono superabili. L‘unica che nei momenti che par di esser perseguitati, oppressi e spiaccicati da una montagna di problemi in cui si rischia di smarrire ragione e forza rimette in carreggiata per andar spediti . L’unica che strica tutti i laccetti che politiconi ipocriti e inconcludenti ti hanno annodato al collo, non bistratta, non tradisce, non evita di darti rifugio, non ti liquida se protesti tacciandoti per populista. L‘unica che ti regala gli ingredienti indispensabili per sopravvivere dignitosamente in un contesto reso iniquo e assurdo da logiche di  profitto. Utopie? No. Basta provare per constatare. E poi..c’è a cui credere senza essere utopici? Uhm….forse… ?… 0 di zero.

un  roseo saluto

 dif

per la cronaca:

II culto  dell’immagine, ” Mater mea, Fiducia mea” o Madonna della Fiducia, risale  alla venerabile Suor Chiara Isabella Fornari,  un’anima mistica che nutriva una devozione particolare per le immagini sacre tanto che per pregare innanzi ad esse a volte preferiva plasmarle a sua ispirazione. Alcune di queste immagini per mezzo dei confessori della Venerabile si sparsero qua e la e dettero vita a numerosissime copie, però  l’originale di questa Mater, è custodito gelosamente nel Monastero francescano delle clarisse di Todi dove proprio nel 1713 la venerabile si votò a Dio e in seguito vi ebbe numerosissime visioni e estasi, compresa la partecipazione alla passione del Signore con stimmate non visibili. Ma la diffusione e devozione della madonna della fiducia si deve al Padre Gesuita Giammaria Crivelli che portò con sé a Tivoli  una copia dell’immagine ricevuta dalla Fornari e nel 1743 con solenni celebrazioni  vi attraversò tutta la città e la collocò nella chiesa di S Sinforosa. Nel 1774, quando il Seminario Romano prese sede all’interno di quel collegio e trovò una delle tante copie di questa immagine che ha come caratteristica il gesto di Gesù bambino che indica alla madre come a voler dire a chi guarda: abbi fiducia in lei, tra il seminario e la Madonna si creò subito una forte  simbiosi che negli anni è divenuta sempre più intensa fino a essere stata eletta a patrona del Pontificio Seminario Romano Maggiore, nonché di tutte le “anime” in cerca di rifugio. Originariamente infatti, il titolo di questa Madonna col bambino, utilizzato da Suor Chiara, era proprio ” Refugium peccatorum” Fu mantenuto fino al 1916,

GRAZIE SANT’ANTONIO

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Oggi a Padova é festa grande, ormai da secoli il 13 giugno si celebra la ricorrenza della morte di sant’Antonio un santo cui la mia famiglia deve molto.

Gli deve la guarigione di mio padre dato già per morto dai medici.  Sì, era spacciato ma guarì grazie all’intercessione di sant’Antonio e alla fede incrollabile di una suora che le era molto affezionata, nonostante il mio papà allora fosse quasi miscredente.

Le cose in breve andarono cosi:

Dopo che gli avevano somministrato l’olio santo verso le 10 di sera, la suora gli pose un’immaginetta di sant’Antonio sul petto e si mise a pregare. Mio padre senza credere minimamente che servisse a qualcosa le sorrise e la ringraziò di quel gesto con gli occhi, non riusciva più a parlare e il respiro era quasi inesistente. A un tratto verso le cinque del mattino si sentì come sollevare, poi lo invase un gran calore e poco dopo riprese a respirare, parlare regolarmente e vispo come un uccellino chiese qualcosa da spizzicare, tanto che la suora che lo vegliava stupefatta quasi svenne dall’emozione. Chiamò subito i medici, questi increduli non riuscivano a raccapezzarsi dell’accaduto, mille spiegazioni nessuna certezza.  Telefonarono a mia madre e i miei zii che erano ad aspettare nei pressi della clinica di recarsi subito all’ospedale < era proibito ai parenti stare di notte all’interno dell’ospedale> Logicamente pensarono che riguardasse l’avvenuto decesso, invece con grande meraviglia il primario un po’ confusamente spiegò loro che il paziente non solo non era morto, ma a quanto avevano di fretta costatato non c’era più traccia della malattia. Comunque lo avrebbero tenuto alcuni giorni in osservazione per capire.  Nessuno parlò di miracolo ma nessuno seppe spiegare come mio padre nel giro di poche ore da moribondo era guarito tanto che visse parecchi anni dopo l’accaduto.

Solo mio padre e la suora non ebbero dubbi sull’intervento miracoloso di San Antonio.

 Mio padre promise al santo che per ringraziarlo e onorarlo tutti gli anni sarebbe andato in pellegrinaggio al santuario nel giorno della festa e così ha fatto finché è vissuto. In me di quei pellegrinaggi è ancora vivo l’odore inconfondibile del giglio del santo che si spande in tutta la città, spesso ricordo gli sguardi dei devoti provenienti da tutto il mondo rivolti verso la statua che i frati della basilica pongono in fondo alla navata principale. in particolare rammento la venerazione silenziosa del mio papà. Oggi mi reco alla basilica con mia sorella, non abbiamo probabilmente la sua religiosità ma ci sembra un dovere mantenere la tradizione di fede e riconoscenza verso il santo, inoltre ci pare un modo di continuare ad amare e comunicare con il nostro papà, di renderlo felice nel vederci unite.

La guarigione non è stata mai divulgata o comunicata alle autorità ecclesiastiche. Mio padre ha testimoniato la sua gratitudine direttamente al santo con fede e cambiando completamente stile di vita e idea sull’oltre. Veramente qualcuno che in un modo o nell’altro sapeva quanto era accaduto a mio padre, il cambiamento che in lui aveva prodotto il fatto e la sua estrema fiducia e fede verso questo fraticello lo credono capace di ottenere intercessioni particolari dal santo. Un mio cugino è convintissimo di ciò. Due anni fa ci ha raccontato che dopo che gli avevano diagnosticato un tumore alla gola, giovane, con moglie e due bimbi piccoli era disperato, gli è solo venuto in mente di rivolgersi a mio padre chiedendogli di aiutarlo.   Pochi giorni dopo l’ha sognato che gli diceva: “Non ti prometto nulla, non è in mio potere aiutarti, posso solo domandare a sant’Antonio di intercedere, lui chiederà e se è possibile, vedrai che tutto passerà, intanto tu prega e stai sereno” Fatto sta che questo mio cugino giovane e disperato tornando dai medici, dopo i controlli di rito, si è sentito dire che stranamente il tumore non lo riscontravano più, forse la diagnosi iniziale era sbagliata.

Direi che mio cugino non ha dubbi, semmai io e mia sorella dubitiamo, non sappiamo cosa pensare.   Vero che nostro padre aveva una grande fede ma viveva normalmente, come tutti i mariti e i padri, forse un pochino più saggio e sereno spiritualmente di altri, niente di particolarmente bigotto o morboso, perciò ci appare strano quanto ci ha riferito.

Non so perché mi è venuto in mente di raccontare pubblicamente ciò, siamo sempre stata una famiglia riservata, poco propensa a raccontare i fatti propri e in particolare la guarigione di mio padre, abbiamo sempre pensato che il santo preferiva essere ringraziato e onorato con la preghiera e la devozione a chi è sopra di lui, senza tanti strombazzamenti. Forse perché pochi giorni fa con mia sorella siamo andate al santuario ed è successo qualcosa di straordinario, forse perché è il momento di testimoniare quanto sia prodigioso questo santo onorato in tutto il mondo, forse perché in questo momento la chiesa vive attimi terribili e qualcuno ricordi che il bene e il male convivono nell’uomo e non bisogna fare di ogni erba un fascio ma distinguere.

Ad ogni modo, sant’Antonio per la mia famiglia è qualcosa di più di un santo, è l’intermediario di Dio, chi si rivolge a lui con fede, anche se non ottiene interventi prodigiosi, vi trova serenità e forza per affrontare le avversità che lo assillano, e non è poco, ne so qualcosa in proposito, non mi resta che dire 

GRAZIE SANT’ANTONIO

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                       AUGURO A TUTTI UNA SERENA DOMENICA                         

E A CHI A QUALCHE PROBLEMA CHE IL SANTO LO AIUTI COME HA AIUTATO LA MIA FAMIGLIA