Il tempo del tempo non tempo

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Il tempo del tempo non tempo ? Un tempo magico di immemore memoria in cui non esiste frontiera e le essenze, corporee e incorporee, possono uscire dalla propria dimensione e liberamente “transumare” gli uni agli altri ! Ovvero? Ovvero, un crono tempo annuale che non appartiene a nessuno! E poiché non appartiene a nessuno è millenaria convinzione che le barriere che separano i vari mondi dell’universo sono temporaneamente rimosse e le entità, di qualunque natura, sono libere di “ viaggiare” senza trasgredire le norme che regolano l’equilibrio cosmico.

Vale a dire? Un tempo cosmico sospeso da vincoli divisivi, nel quale tutte le entità, in spirito o materia, che dimorano in regni separati hanno libero accesso nel reame del mistero universale! facoltà di spostarsi. Al che, questa facoltà, secondo la secolare narrazione, rende a tutto e a tutti tutto possibile, anche varcare il limite tra il mondo dei vivi e quello dei morti e, all’uno e all’altro che ne fa parte reso fattibile mescolarsi, incontrarsi , comunicare. Per tradizione, in questo tempo del tempo non tempo, gli esseri extracorporei possono materializzarsi e diventare visibili a quelli del mondo fisico, acciò la motivazione è per rendere tangibile l’esistenza nell’oltre, comunicare una “vicinanza”, offrire una possibilità di chiarire un dubbio animico, ma soprattutto per affrancare la loro memoria a percorrere il temporale secolare agganciato alla dimensione successiva, in quanto inconfutabile catarsi per evitare il buio e inoltrarsi nella luce pura della beatitudine. Viceversa, chi è nel mondo terreno ha l’opportunità di smaterializzarsi, per entrare in contatto con entità spirituali semplicemente per un esperienza extramateria o reincontrare qualcuno per dire quello che non gli si era avuto il coraggio di dire, esprimere un rammarico affettivo o riparare a un torto, tuttavia la motivazione specifica di ciò è quella di incontrare i propri avi, in specie quelli ancora in purificazione dimodochè cogliere ed esaudire le loro necessità e finalmente farli uscire dalle tenebre.

Questo tempo universale di indivisione cielo-terra, nonché spirito-materia, nell’immaginario tribale corrispondeva a quello degli elfi bianchi e neri che personificavano il bene e il male. Pertanto equivaleva alla transumanza degli esseri di luce, positivi e benefici, e degli esseri negativi e malvagi . Ovviamente, gli elfi neri erano sinonimo di spaventevoli esseri infernali, premonitori di pericoli imminenti ed eventi negativi per lo più collegati ai raccolti, mentre gli elfi bianchi quello di esseri buoni, messaggeri di eventi favorevoli e copiosi raccolti. Implicito da ciò lo scatenarsi della fantasia collettiva a trovare ogni sorta di modi per attirare e ingraziarsi il più possibile le “creature bianche” e lo scervellarsi a escogitare una varietà infinita di espedienti per sfuggire alle grinfie delle “creature nere” . Per i primi fu tutto un fiorire di formule, preghiere, rituali, offerte, luci e segni ad hoc nei campi e in prossimità dei villaggi per accoglierli. Per i secondi tutto un proliferare di esorcismi con enormi fuochi, danze suoni e segni strani, fracassi e lancio di oggetti, danze, suoni e segni strani, fracassi e lancio di oggetti, maschere e mascheramenti ingannevoli, quest’ultimi oggi come oggi, ancora molto in voga e da raggiungere proporzioni macabre squilibrate, in certi casi parossistiche, torbide e sgradevoli.

Indirettamente, gli elfi chiari e scuri sono evocativi di demoni e santi, di angeli e diavoli. Per cui, relativamente l’uomo, fin dai suoi albori ha sempre avuto l’incoscia consapevolezza di forze contrapposte, benefiche e malefiche. Pertanto, prodigarsi in svariate maniere per attirare le potenze angeliche e allontanare il più possibile quelle diaboliche rimarca un bisogno naturale.

Da allora, questo tempo di transumanza, intra- extra corporeo, chiaramente ha determinato il nascer di molteplici narrazioni con sfondi più o meno accentuati su fantasmi, scheletri, demoni, creature orripilanti e maligne ecc. fino ad arrivare a generare paure terrificanti come l’essere posseduti da spiriti diabolici, o rimanere vittime di sventure e nefandi sortilegi. Per contrasto suggerito in ogni epoca e civiltà di ricorrere a una infinità di esorcismi e “trucchi” per ingannarli.

In senso traslato, invero questo tempo aperto a 360° a qualsiasi entità dell’universo, in cui è possibilissimo uscire dalla propria dimensione, entrare in contatto con “anime erranti” comunicare e vivere esperienze straordinarie , è uno spazio –tempo carico di eccezionale energia offerto per riequilibrare il rapporto tra basso e alto, tra materia e spirito. É quindi un tempo dato per entrare in contatto con il se, sfrondare incongruenze, paure, distorsioni, sovrastrutture e condizionamenti , sopratutto per armonizzare reale e astratto, se si vuole sintonizzare i piedi con la terra la testa con il cielo.

In definitiva, il tempo del tempo non tempo, non è uno crono-spazio che da campo libero a zombie, vampiri , streghe, spettri , distorte fantasie horror sul soprannaturale. Essenzialmente è l’ occasione per estirpare paure ataviche e tramandi negativi dello sconosciuto, riconciliare il rapporto uomo, natura e forze interstellari a quando era diretto, leale e privo di orpelli negativi frutto di soggettività interpretativa del mistero, superstizione, o perpetuata credenza folkloristica, nonché di volute tattiche di umanoidi senza scrupoli per assoggettare i simili ai propri speculativi fini.

Comunque sia è un tempo che stigmatizza l’attenzione tanto laica che di fede su chi ancora c’è e chi non c’è più. Però non v’è motivo di averne paura ed esorcizzarlo con feste, mascheramenti e ammennicoli per attrarre o respingere una entità spirituale, perché se è vero che gli spiriti hanno libertà di “viaggiare” materializzarsi e apparire ai vivi, è altrettanto vero da vox populi consolidata che a nessuno spirito, ne buono ne cattivo, conviene farlo . Perché? Mah semplice, come asseriva mia nonna,perde il posto e si frega da solo “ tradotto, se va in terra un’altro gli ruba il posto “ per meglio dire per apparire rinuncia allo status acquisito e finisce nel nulla”. Perciò … se chi fu è in un posto di sofferenza forse rischia ma se è in quello paradisiaco… beh solo se gli fosse comandato dal Supremo lo farebbe. ”! Per cui tranquilli …incontrare un fantasma è rarissimo. Ed è pure rarissimo che uno spirito incontri chi ancora ha uno status fisico poiché oltre che avere un motivo sublime per smaterializzarsi deve aver raggiunto un livello spirituale di grazia, come dire essere più santo che peccatore, il che anche in tale caso è difficilissimo . Inoltre questi incontri “ravvicinati” se avvengono per lo più avvengono in forma subcosciente, in sogno, qualora nella vita reale la corporeità assunta dallo spirito annullerebbe l’effetto di plasma

Concludendo, il tempo, del tempo non tempo è anche accreditata credenza che sia una specie di capodanno delle anime. Cioè, per le anime eteree riparte l’iter purificativo che le avvicina sempre più alla perfetta beatitudine, mentre per le anime fisiche quello del cammino sulla strada del perfettibile. personalmente sono molto in sintonia con questa popolar ipotesi la trovo maggiormente corrispondente alla verità sul mistero della vita e della morte.
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ops…Qual’è questo crono tempo di sconfino , che si può definire di sospensione di appartenenza   all’ E’ o al Fu  ?  Ovvio è il tempo spartiacque chiaro-scuro- luce-buio che va da samhain ai morti , da mezzanotte del 31 ottobre a mezzanotte del 2 novembre!

 

 

Filastrocca di Santa Lucia

santa lucia

 

Santia Lussia da’i occi bei
Scegni ju co’ to cammei
Angnoli stielle e campanei
Prigna chiè la siera se coprei
Santia Lussia da’ i occi ciari
Scegni jiu co’i toi reghiali
Santia Lussia daia lampaja
Spaie luise suie contraida
Santia Lussia daio pugnaile
la paiura tu ié lontannie
chie la caisa gliè sicura
Santia Lussia doce e bea
ientra ju piagnino piagnino
Magna pur lu torcolino
Nu sveià lu bambino
Lassa li doni sijè stato boinino
La cegnere sijé stato birrichino
Santia Lussia mija beia
te iengrazia la famiia
Vaije pur co’ stellia e campaniella
A doinà ognie luse e miraviglia

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Santa Lucia, Lux = luce,  nella tradizione popolare è considerata la protettrice della vista e di tutti coloro che hanno problemi legati agli occhi. Da sempre molto venerata, sia nella cultura cristiana che ortodossa,  è la Santa che “illumina il cammino per arrivare a Dio. Qualità che anche  Dante,  le riconosce.  Nella sua Divina Commedia oltre che decantarla per bellezza e luminosità degli occhi le assegna un ruolo di spirito celeste che ridiventa umano per guidare nel cammino di fede come fece con lui :I’ son Lucia lasciatemi pigliar costui che dorme; sì l’agevolerò per la sua via “(Purgatorio IX, 55-57) “Qui ti posò ma pria mi dimostraro li occhi suoi belli quella intrata aperta: poi ella e ’l sonno ad una se n’andaro (Purgatorio IX, 61-63)

In   gran parte dei paesi nordici, ma anche in molti nostri paesi, per Santa Lucia è tradizione scambiarsi dei doni. Tradizione, in parte associata alla donazione di Lucia di tutti i suoi averi ai poveri della città, in parte in  sostituzione di vecchie feste popolari pagane, cioè le feste della luce che venivano celebrate al solstizio d’inverno ma  iniziavano otto giorni prima.

Le  spoglie di Santa Lucia Vergine martire cristiana, nata a Siracusa -283-304 -sono conservate nella chiesa di S. Geremia a Venezia dove giunsero da Costantinopoli dopo vari trafugamenti.

I simboli legati alla Santa sono: gli occhi, la lampada, Il pugnale e la palma.

Il suo numero occulto è il 4.

Il colore è il bianco perlaceo.

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Augurissimi a tutte le Lucie, a noi un augurio che la Santa ci aiuti a veder bene per districarci nei lati oscuri del quotidiano  e camminare sicuri  nelle strade  della vita.

bydif

 

FALO’ E ACQUA DI SAN GIOVANNI

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Ovunque la vita mi trasporta, la sera del 23 giugno, vigilia della festa di S. Giovanni Battista, notte magica per eccellenza dal tempo dei tempi in tante culture, non posso fare a meno di mantenere due usanze della mia terra d’origine, cioè quella del falò e quella dell’acqua odorosa. Per la prima è facile, basta accartocciare qualche foglio di carta ai margini d’una strada, buttarci un cerino acceso e subito come recita la tradizione “ lingue di fuoco s’innalzano dal piccolo falò a rischiarar la notte fugando le ombre malefiche c’oscuran l’avanzar del  benigno dì ” Lo salto  tre volte per esprimere un desiderio o pensare ad un problema che mi assilla. Si realizza entro il solstizio invernale, purché l’uno o l’altro non siano per scopi egoistici o vanitosi altrimenti accade esattamente il contrario. Come si dice “San Giovanni non vuole inganni”…

La seconda usanza non sempre è facile rispettarla, specie se sono in qualche località arida come il deserto. Ho scoperto  che i Berberi celebrano questa notte. – Occorre reperire petali di  fiori e foglie d’erbe aromatiche fresche, sempre in numero dispari, depositarle in una caraffa con dell’acqua,  esporle  fino all’alba ai raggi lunari per far assorbire quelle energie positive del cosmo che solo al solstizio d’estate si propagano “ quando,  il sole sposa la luna,il principio maschile feconda il femminile,l’elemento fuoco si allea all’elemento acqua,tutto il cosmo irradia energia annullando ogni maltempo”   e per raccogliere “le   lacrime di S. Giovanni ” chiamate guazza. Ossia  la rugiada che si forma nella notte.

Al mattino, meglio se al momento dell’aurora, si immergono le mani nell’acqua profumata, si sfiora la pelle di tutto il corpo bagnandola partendo dalla fronte rivolta ad est in modo che i raggi solari la sfiorano, si ripete l’operazione per tre volte. Tale rituale, nell’immaginario popolare della mia terra,  ha una grande importanza perché custodisce segreti effetti benefici:

 Purifica liberando corpo e spirito da scorie negative accumulate nelle lunghe notti invernali –     allegoricamente richiama il  battesimo nell’acque del Giordano –

Ridona energia al fisico e alla mente, allontana  pesantezza e affaticamento dovuti allo stress del quotidiano – esprime  il vigore ardente della fede del Santo –

 Elimina le impurità della pelle, rimuove i malesseri di testa e stomaco dovuti a cause nervose o imprecisate. – a S. Giovanni fu mozzata la testa-

Protegge da invidie e gelosie di avversari e concorrenti fino al prossimo solstizio. – riporta alla condanna del    Santo dovuta alla perfidia di Salomè-

Nella tradizione più pagana, oltre a ciò, si coltiva la credenza che nell’acqua, scansando fiori e foglie prima di iniziare il rito del bagno, si vede il volto del futuro compagno di vita.

 Esaurito il rito mattiniero, l’acqua profumata non va buttata ma filtrata e custodita in una bottiglia perché ha virtù lenitrici, eccezionali nei disturbi dovuti a infiammazioni e sfoghi cutanei come il fuoco di S. Antonio. Inoltre si conserva a scopo beneaugurante per la salute. – “ L’aqua de’ San Giuagne te proteije d’ognie malannje

 Di solito l’acqua la  conservo e l’uso una volta al mese per scaricare l’accumulo di energie sfibranti e per mantenere la pelle sana e levigata. Quasi tutte le mie amiche, anche le scettiche, fanno e usano l’acqua di San Giovanni.

A queste due usanze non ci rinuncio, forse per non perdere il legame atavico o forse…  per quel” Sogno di una notte di mezza estate “ narrato da Shakespeare.

Comunque per onorare la terra che mi ha accolto con tanta generosità, e sentirmi vicina a un amico che oggi non c’è più, a queste due usanze umbre, ho aggiunto quella del nocino, un liquore corroborante e digestivo che si gusta con gli amici nelle serate fredde.

Come mi ha insegnato Domenico, il 13 giugno, festa di S, Antonio da Padova, in realtà di Lisbona, mi procuro 24 noci dal mallo fresco. La sera del 23 le lavo, le spacco, le metto in un capiente vaso di vetro, con chiusura ermetica, aggiungo 600g. di zucchero, un litro di alcool da liquori, 3 chiodi di garofano, 3 chicchi di caffè, 3 scorzette di limone e lo espongo alla “guazza” di S. Giovanni poi ai raggi della luna e del sole per 40 giorni. Vi aggiungo un litro di lambrusco bianco secco, vino della patria del nocino. Lascio ancora esposto il tutto per altri 40 giorni. Filtro e travaso il nocino in bottiglie di vetro scure che poi colloco in un luogo buio e fresco per continuare la maturazione del liquore fino al solstizio invernale. La vigilia di Natale espongo in bella vista una bottiglia per offrirlo in segno di amicizia e di augurio di prosperità. La noce è  un frutto augurale di fortuna, viene anche chiamata  “ ghianda di Giove.  Nel folclore esoterico  la similitudine del suo guscio col cervello umano è propiziatoria di buone e sagge idee, il che di questi tempi non guasta mai!!!     Felice e magico San Giovanni a tutti.

Ce l’ha fatta!!!

Sono felice.  la mia amica è stata eletta al primo turno. Un vero “miracolo” per il suo partito che ha perso tante guarnigioni e fortini. Sono felice pensando alla sua soddisfazione  e ai  gugni  degli  ” amici “ipocriti e  scettici.    L’aiutino della salvia ha funzionato alla grande. La piantina, giorno dopo giorno, divenuta un vero spettacolo di rigoglio ha portato abbondanza di preferenze scatenando un putiferio di ipotesi sul come una annunciata disfatta si è tramutata in vittoria!!!

Per me il risultato era scontato. Nel profondo ero convinta che il frutto dell’esperienza popolare non avrebbe tradito l’ottimismo e la fiducia che riponevo nei   poteri della natura per aiutare un’amica in difficoltà, bersagliata da avversari e, cosa stupefacente, da manovre subdole e scorrette di persone della sua stessa “fede”. Ero certa che i mezzi poco ortodossi applicati mi avrebbero  dato un riscontro oggettivo migliore di quelli consueti. Gli insegnamenti di mia nonna  non potevano essere fasulli o frutto di fantasia perchè era una donna alquanto concreta, oserei dire materialista, per niente credulona  e dedita a pratiche astruse, quindi ciò che mi aveva trasmesso doveva contenere un fondo di verità.  Eppoi,  la nonna,  sempre pronta a rispondere a domande impertinenti o hai mille perchè di noi nipoti in modo semplice e diretto,  mai ci aveva mentito ho raccontato frottole per ingraziarsi affetto o carpire l’attenzione, quindi il detto sulla salvia doveva  funzionare.  Per intenderci, nonna Gemma, non era usa ricorrere a  favole e raccontini di carattere astratto e strabiliante, piuttosto ci ripeteva che dovevamo coltivare l’arte  del fare, così un giorno eravamo pronti a comandare, (?) delegare, contestare….tantè che il gioco lo considerava un passatempo pericoloso perchè ci poteva abituare all’ozio, quindi ad essere fannulloni. Parole sacrosante, oggi… nessuno di noi appartiene alla categoria nel mirino di Brunetta….ma …allora assai pesanti, mentre i nostri coetanei correvano spensierati noi ragazzi, in base all’età, eravamo impegnati in qualcosa di serio utile all’avvenire…

Essermi ricordata della nonna e della salvia forse non è stato un caso, forse la mia voglia di aiutare sinceramente un’amica, a sua insaputa, ha tirato fuori un lontano vissuto per ricordarmi di non disperdere la saggezza della gente semplice e, di non sottovalutare le vibrazioni dell’energia che si nasconde nella natura che ci ingloba. Soprattutto mi ha fatto riflettere sul perchè tanti giovanissimi vanno a zonzo a commettere stupidaggini, tipo  buttar giù sassi da un cavalcavia, ipotecando il loro futuro e  mettendo a rischio la vita delle persone.  Indirettamente mi ha confermato  che quando agisco con tutta l’anima, credo fermamente in quello che faccio  ottengo sempre un risultato proficuo, se  poi i fini  sono altruistici e implicano di mettere a tacere i sentimenti personali, campanilistici e faziosi, vi ricavo linfa rivitalizzante allo spirito e non è poco.  Sono doppiamente felice, orgogliosa della mia piantina di salvia e per aver contribuito ad un successo che la mia amica riteneva difficile da raggiungere, ovviamente per la crisi di consensi che sta subendo il PD, invece  è realtà. Da oggi farò  il possibile per tramandare quella ricchezza di  tradizioni popolari  che  conservo nella memoria, almeno eviterò che vengono ingoiate dal  marasma imperante che rigetta forme di credenze ritenute assurde immagini di proiezioni fiabesche, ossia forme irrazionali  prive di comprovato fondamento logico originate dalla superstizione e coltivate dall’ignoranza.