La magia che non trovo.

Tre settimane a Natale ma..

da un mese è tutta una frenesia e ovunque lucette abbaglianti t’aggrediscono con proposte di compra questo acquista quest’altro, regala questo dona quest’altro, vai li, vai la, addobba così, decora cosà, metti in tavola il tacchino no è meglio un salmoncino, vestiti di rosso macché è più chic il nero. Dappertutto per imbecillirti le idee risparmiose t’offrono di tutto e di più tanto che per non sentirti una pitocca un po’ qua e un po là compri quel che all’occhio sembra attraente anche se è malvisto dal borsellino.

Compri e compri con senso e irragione ma…Ma in tutto lo sfolgorio di carte luccicanti, di nastrini e pacchettini, di euforia, di acquisti compulsivi qualcosa gratta. Gratta e t’accompagna mentre giri, con l’aria più o meno convinta, nei mercatini o ti districhi nel traffichio collettivo delle vetrine o nella ressa del mercanteggio per accaparrarti la carabattola trend a un costo accettabile dalla coscienza al poi lucido verdetto dell’intelletto. A quel grattio che circola e tampina, appesantisce passi e ragione, ti scava dentro come una perforatrice non riesci a dare una logica spiegazione. Capti solo che viene da un qualcosa che in quello sfarzio di luci e inerte traboccar d’allettamenti spenderecci deve esserci e devi trovare per farlo sparire. Che cerco? Non ho la più pallida idea! Neanche fosse una caccia al tesoro con rompicapo, con zelo mi metto a cercare. In quel fantasmagorico traboccar di oggetti, luci e colori cerco, cerco. Non scovo nulla. Tuttavia continuo a cercare convinta che prima o poi lo trovo e quel grattio che mi perseguita sparisce. Mentre come una grulla, cerco qualcosa d’impreciso, a furia di cercare, guardare, frugare, scaravoltare, intascando improperi e occhiatacce, in tutte quelle merci esposte inizio a percepire una stomachevole monotonia che automatizza gesti e idee, estingue l’entusiasmo e infastidisce i desideri. Tutto mi sovviene come un immobile ammassamento spersonalizzato senza un minimo sbuffo di energia dinamica. Ori, argenti, cristalli, benché sfolgoranti di luccichii, non creano quello charme speciale che friccica le narici e fa fantasticare, l’aria è troppo artificiosa. Innaturale. Non crea magia.  Ora so cosa cercare: la magia. Non una magia qualunque. La magia essenziale che fluisce dal vero spirito del Natale. Quello spirito autentico che t’allieta e ti fa emozionare che ti riempe l’anima di benessere con un sorriso, una stretta di mano, un saluto affabile, una semplice carezza, una parola gentile. Eh si, in tutto quel bagliore fascinoso e gaudente, quel traffichio di mercanzia, voci, volti, passi lesti e strascicati, tutto c’è, tutto puoi trovare, tranne il vero spirito del Natale. Quello lo trovi nel cuore . 

*

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Cari amici, ho buttato giù le impressioni che ho ricavato oggi facendo  un giro al  “borgogioioso ” un iper mercato non lontano dal mio paesello. Più che gioioso m’è parso serioso! Spero di aver esagerato. Se così non fosse credo che il Natalei quest’anno da tanti non sarà vissuto in un clima eccitante e allegro ma di serie preoccupazioni per un futuro incerto e gravoso.

un saluto a tutti

Dif

PASSANTI

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Sono tra la folla, un’immensa folla e mi sento ghiacciare.

 

Coloro che passano rimangono indifferenti a qualunque condizionamento di movimento, coinvolgimento passionale collegato al circostante. Vanno come automi. Passanti quindi, solo frettolosi, distratti passanti che non incidono sul vissuto ne modificano qualsiasi alternativa. Quello che non mi quadra nell’indifferenza dei passanti sono i pensieri. Dove va la loro energia? Tutta la folla anonima che va su e giù e incrocio, porta con se un bagaglio di vivacità intellettiva che lavora e si logora indipendentemente dallo sguardo asettico che posa sul circostante. Di sicuro cammina rimuginando una serie di considerazioni, avverto che queste si sparpagliano nell’aria rendendola satura e densa, effondono segnali variabili che guizzano e ricadono qua e il senza un nome, senza un volto.

Guardo e scruto quella folla, non si lascia turbare da nessun tramestio che la strattona, la spinge, la detesta. Va e passa come se seguisse una scia, un fluido misterioso che la porta verso un luogo meraviglioso. Per brevi attimi rallenta l’andatura e il turbinio dei pensieri si placa, sembra seguire un ritmo, sia tirata da  un filo conduttore invisibile verso una meta,  non è una folla ordinata, è un insieme di ammassi sparsi che non si distoglie e non esterna, cavalca sopra tutto e travolge tutto quello che l’intralcia. Una folla che inghiotte senza pietà, una folla che nessuno è capace di arrestare,  un fenomeno inspiegabile del collettivo umano: passare senza concedere un granello di se.

 

Provo a spintonare un passante per vedere se mi guarda o reagisce, niente, mugola qualcosa di incomprensibile e va con le sue sporte colorate come se non avesse corpo e vivacità ma solo piedi, immensi piedi che lo trasportano. Rabbrividisco di orrore, chi ha inghiottito  l’energia motrice dell’essere umano? Tutta quella folla sembra formata da tante macchie opache senza connotati, vapori insulsi che ondeggiando si sono uniti per formare un accozzaglia eterea  che vaga  senza più sogni e speranze, senza un guizzo ricettivo a quel che le gira intorno. Eppure vi sono luci che roteano e feriscono le pupille, musica a tutto volume che entra nelle orecchie peggio d’un ago acuminato, immagini che scorrono su un grande schermo e rimbalzano sui volti scialbi come onde psichedeliche.

 

Mi assale una strana sensazione, non è ira né turbamento soltanto freddo terrore, cerco un contatto, un sorriso qualsiasi che interrompa l’orrido incantesimo di un maghetto burlone che ha reso incorporeo l’andare della folla, urlo, mi affanno tra i passanti, nessuno si gira, nessuno accenna una reazione Passanti, solo passanti transitano, forse di una realtà a me sconosciuta, forse di una dimensione trasparente senza un briciolo di calore e passione eloquente.

 

O…forse fantasmi di gente oppressa da un sacco di problemi per tirare avanti, con in  testa solo il frullio di come arrivare alla fine del mese con dignità, indaffarata a fare conti e conticini per pagare mutui, affitti, bollette, scarpe ai figli, rette di asili nido. Gente intontita da assilli che vengono ogni giorno sbandierati da chi non ce li ha sui media: recessione, precariato, cassa integrazione…. Gente evanescente per politici e politicanti che ha consistenza fisica sola durante le campagne elettorali.

 

Quello che vedo non è un ammasso automatizzato e gelido di passanti, è una folla stremata, perplessa, concentrata ora dopo ora a spremere le meningi su come sbarcare il lunario della vita, non può distrarsi, non può concedersi il lusso di girare la testa a chi urla per carpire un’espressione, non può dar segni di umanità, può solo camminare con i suoi enormi piedi fissati al piancito lustro d’un supermercato.

 

 

 La foto è del “principe”GE&GE

 

2010: Anno europeo contro la povertà

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I fatti di Rosarno  sono una assurda conseguenza di incuria delle istituzioni e della gente verso l’accoglienza e l’integrazione di persone che per vai motivi  approdano nel nostro paese. 1500 esseri umani non passano inosservati in una grande città, figurarsi in un  paese piccolo, è impossibile che non si sapesse dove e come vivevano, ci è voluta la solita violenza a farli uscire dall’oscurità, portarli alla ribalta e  far intervenire l’autorità. E come poi? Sanando il problema dello sfruttamento ignobile di esseri umani nella manovalanza  da parte di gente senza scrupoli? Macchè, una utopia di chi considera che tutti gli uomini debbano godere di pari dignità senza distinzione di provenienza e colore! Trasferendoli d’urgenza come pacchi dal contenuto scottante, senza domande, dimenticando che quelli non erano involucri inerti ma  esseri umani e forse, non era stato il caso a guidarli li.  Forse un tam tam di voci aveva indirizzato le speranze e i sogni verso quel  paese, credevano li  avrebbe accolti e offerto opportunità di sopravvivenza,  seppure a condizioni  miserevoli  ma pur sempre migliori di quelle che avevano abbandonato rischiando la vita.  Forse avevano fondate speranze di lavoro,  forse un miraggio alitato dal vento li aveva sospinti e convinti che in quel luogo esisteva la probabilità  di rifarsi una vita decorosa, potevano finalmente aspirare  a costruire un futuro libero e democratico,  diverso da quello  del paese d’origine. Nessuno li ha avvertiti che le loro  speranze sarebbero durate    quel tanto che faceva comodo, quel tanto che chissà  chi decideva di stroncarle, senza spiegare il perché o magari l’ha spiegato ben bene ma tutti fanno finta di non saperlo.

 

La comunità europea ha designato il 2010 anno europeo di lotta alla povertà e all’esclusione sociale dettando linee guida precise

riconoscere il diritto fondamentale delle persone di vivere e di far parte a pieno titolo della società.

aumentare la partecipazione pubblica alle politiche e alle azioni sottolineando la responsabilità collettiva e individuale nella lotta alla povertà e all’esclusione sociale

promuovere una società più coesa, sensibilizzando i cittadini sui vantaggi offerti a tutti da una società che consente l’equità distributiva e nella quale nessuno è emarginato.

 Nel leggere le linee guida  e pensando a ROSARNO e all’andazzo generale che regna nel comportamento di gran parte della società  mi viene da ridere. Dubito che cambierà qualcosa. Rimarrà il solito anno, con i soliti, e forse più, poveri, emarginati, esclusi. L’anno della lotta alla  violenza sulle donne, in tanti anni che si celebra,  ha fatto forse  cambiare il comportamento singolo e collettivo?  Nemmeno  nei sogni più arditi! L’anno 2010  passerà  come passa la gente :

 

La gente va 

La   gente viene

Ghinda e lustra

Oscura la vista

Spiffera bislacca

Batte la grancassa

Cavilla da padrona

S’appropria e protesta

Scarica pesi

A  fratelli distesi

Espropria equità

Informa  a metà

Politica infausta

Manovra la piazza

La gente va

La  gente viene

Stracolma di vanità  

Aggredisce esaltata

Travolge con ferocia

Ingoia ogni cosa

S’accaparra la vista

Un posto in lista

Artiglia  celebrità

Scarica fastelli

A fratelli inermi

Smerciandoli  per perle

D’eroica bontà

Donati per umanità

A fratelli rapinati

Di  diritti negoziati

La gente va

La  gente viene

Con passi pesanti

Con passi leggeri

Innalza i valori

Spara convinzioni

Laser anali

Veleni tropicali

Infila   sipari  

Zanna lumando

Fantocci  cerini

Uncinati a sedili

Fuscelli morali

D’Oneri universali

La gente va

La  gente viene

Meschina e infingarda

Calpesta la misura

Blatera e strombazza

Si gonfia a dismisura

Cambia natura

Raspa la  gloria

Spazza la vista

Del fratello che muore

Rosolato sul prato

Per viltà immolato

La gente va

La gente viene

Fosca e crapulona

Stolta e assorta

Epica e cialtrona

Calda e ghiaccia

Guarda e oltrepassa

Passa e ripassa

Spia la finestra

Latra canina

Vanta  merito

Tramanda ragione

Procede e retrocede

Traina bagagli

Forzieri  d’arroganze

Carabattole stipate

D’ orrori allucinati

Polveri nasali

Sudari tombali

Incurante dei fratelli

Umiliati da tiranni

Fossati con inganni

La gente va

La gente viene

Garbata e screanzata

Vacua e operosa

Gocciola secchi

Sudori d’ ozi e sfizi

Indifferente al fratello

Carico di basto

Giogato da bisogno

Che  passa e ripassa

Finché stramazza

  e.r. 2004 

 

 La foto in alto è un mercato di calze vecchie.  In vita mia non avevo mai visto tante calze vecchie e non sapevo che c’è gente che si reca al mercato a comprare calze  logore e da rattoppare. HO ancora l’immagine stampata nel cuore, oltre lo stupore mi ha lasciato una sensazione amara e triste. E’ stata  una dura lezione, da allora prima di buttare una cosa penso a chi può essere utile.