Tempo di Natale, tempo di rievocazione della nascita di Gesù, tempo di presepi, ma anche tempo di…. “natività e adorazione”.
Se è vero che a partire da san Francesco d’Assisi che col suo presepe vivente a Greccio, episodio attestato da Giotto in un affresco, popolarmente prese avvio la tradizione di testimoniare l’avvenimento della nascita di Gesù, allestendo nei luoghi sacri, in casa, un po’ ovunque i presepi ricchi o meno, artistici o mistici, è altrettanto vero che l’arte figurativa precede, almeno di un millennio, la rievocazione testimoniale dell’evento “divino”. Un po’ dovuta a motivi di fede, in specie quelli divulgativi, un po’ a quelli iconici narrativi. Quindi al mondo dell’arte ieratica e agli artisti che ne sono stati attratti o vi si sono cimentati su commissione va riconosciuto un ruolo importante, culturalmente impossibile da ignorare. All’uopo si può affermare che è pressoché impraticabile, a qualunque latitudine, scovare un artista che non abbia sfogato il suo “genio creativo” realizzando con ogni tecnica, almeno una volta, un opera inerente le vicende di Gesù. Chiaramente, a seconda del talento, più o meno pregevole, bensì sempre trasponendo, attraverso il mezzo usato, sensibilità e spiritualità del proprio tempo e essere. Ma, tra i temi narrativi della vita terrena del figlio di Dio, è la “nascita” povera di Gesù “ in una mangiatoia perché non c’era per essi posto nell’albergo” ad avere il primato ispiratore. Infatti, la ritroviamo in quasi tutte le produzioni dei grandi maestri. Tantissimi i capolavori di “Natività” “Adorazioni” che ci hanno lasciato e che possiamo ammirare in tutta la loro sontuosa maestria di tecnica e estro creativo.
La più antica raffigurazione della natività ad oggi conosciuta, ovvero la scesa umana, incarnata dal verbo, essendo fondamento oggettivo della cristianità, si trova a Roma nelle catacombe di Priscilla ed è un abbozzo monocolore in cui la Vergine seduta con il Bambino in braccio ha accanto un profeta che indica una stella, “ una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele” – num. 24,17. Anche nelle catacombe di san Sebastiano troviamo la figurazione di un Gesù nato, ma con un solitario Gesù bambino dentro una cassa-culla guardato da due animali più che iconografia della natività figura nessi profetici. Metaforicamente i due animali esprimono il popolo ebreo e pagano: “Il bue conosce il proprietario e l’asino la greppia del padrone, ma Israele non conosce e il mio popolo non comprende” Isaia 1,3. Siccome allegoricamente i cristiani dei primordi, collegarono il loro periglioso “viaggio” di fede verso Gesù a quello altrettanto periglioso per giungere a Betlemme, dei Magi adoranti, dal 3 sec, tante le scene dell’avvenimento che hanno figurato sulle pareti delle catacombe e nei sarcofagi. Le prime, molto semplici, comprendono: la Madonna; talvolta anche Giuseppe; il Bambino, più grandicello di un neonato, in atto di benedire o tendere le mani ai presenti; i magi che offrono i doni, oro incenso e mirra, su un piatto, e, come da cerimoniale imperiale “aurum coronarium”, con le mani coperte dal mantello, a segno di purezza e rispetto; la stella a volte a forma di fiore o cerchio o rosone… che come il sideus Iulii nel culto imperiale romano conferma la divinità di Gesù. Però è a partire dal IV sec., come dimostrano il dittico in avorio e pietre preziose del V sec. nel Duomo di Milano, i mosaici della Cappella Palatina a Palermo, del Battistero di Venezia e delle Basiliche di Santa Maria Maggiore e di Santa Maria in Trastevere a Roma, che la Natività divenne il soggetto preferito dell’arte comunicativa del sacro. Di solito la scena compositiva “costruita” in base alle narrazioni presenta: una grotta, utilizzata per il ricovero degli animali, con al centro il Bambino Gesù, avvolto in strettissime fasce da sembrare una mummietta in un sarcofago, quasi a preannuncio di morte e resurrezione, Maria distesa, in un angolo l’assorto Giuseppe e gli Angeli che portano l’annuncio alla parte più emarginata del popolo ossia i pastori, a volte, a simbolo dei pagani che manifestano la loro fede in Gesù Bambino, in lontananza i Magi venuti seguendo la stella dall’oriente e per sottolineare la realtà dell’incarnazione altri particolari, tratti dai vangeli Apocrifi.
Ovviamente le rappresentazioni simboliche della “natività” seguono un po’ la storia della fede e un po’ quella evolutiva dell’umano progresso temporale, culturale, tecnico, sociale. Quindi un escursius visivo delle varie raffigurazioni della nascita di Gesù, eseguite da artisti, più o meno conosciuti e prestigiosi, oltreché testificare un episodio dei “ vangeli dell’infanzia “ di Luca e Matteo, con una composizione sempre più complessa dal punto di vista “architettonico”, più ricca di particolari descrittivi, di personaggi, di allegorie, di materiali impiegati e perizia esecutiva, in un certo qual modo certificano anche le mutazioni, le innovazioni, le disgregazioni e direi pure le insofferenze intellettuali. La loro cronistoria invero è assai illuminante sull’artista ma assai di più di epoche, costumi, stili, paesaggi, tecniche esecutive, convinzioni, tradizioni popolari, cambiamenti etici, sociali ecc. Ad esempio: in certe natività appaiono particolari paesaggistici di “rovine” o ruderi che hanno una valenza tutt’altro che aspecifica. In parte esprimono la tradizionale credenza pagana che quando una vergine avesse partorito il Tempio della Pace a Roma sarebbe crollato – “Legenda Aurea”- e traslata anche il vecchio mondo che crolla all’avvento di quello nuovo, in parte stanno a simboleggiare l’eternità e la pace che non riposano nelle forze dell’uomo, ma sono nelle mani del “Principe della pace”, Isaia 9, 5. Mentre, il numero tradizionale dei magi di tre, numero sacro per eccellenza ma dipende dai tre doni oro, incenso e mirra, triplice professione di fede in Gesù Re, Dio e Uomo, nelle elaborazioni artistiche resta invariato, l’aspetto muta. Dal IV secolo un Magio è rappresentato inginocchiato; alla fine del XIII secolo, il primo Magio, a capo scoperto, è inginocchiato e in atto di deporre allegoricamente la corona ai piedi del bambinello divino, il secondo in piedi indica la stella al terzo; dal 1464 compare, ad opera del Mantegna, anche il re nero; dal XV sec, in riferimento ai Padri della Chiesa che ravvisavano nei tre Re i discendenti dei tre figli di Noè, i Magi assumono le sembianze delle tre razze umane, dei tre allora continenti e delle tre età dell’uomo: l’Europa, Baldassarre vecchio; l’Asia, col turbante Melchiorre l’ adulto; l’Africa, il giovane di pelle scura, Gaspare.
Nel XVI e XVII sec. Un po’ alla volta la “natività perde la ricca e affollata descrizione narrativa, assume un tono apologetico. La luce sublima la natura e il corpo di Gesù. Il Dio incarnato, in mezzo alla scena, brilla così tanto di luce da respingere le ombre. Dal XVIII sec. l’iconografia della venuta in terra del figlio di Dio dissipa il calore devozionale, così prima da spazio al sentimentalismo, poi alla fedele veridicità, di seguito scarta il valore religioso proprio, fino ad arrivare a vere e proprie dissacrazioni. Tuttavia la nascita di Gesù, in bene e in male, nel mondo dell’arte e degli artisti conserva il suo ruolo rappresentativo privilegiato, anche se, come logico, il tempo ne muta schemi compositivi, personaggi, paesaggi, mette il bambinello sulla nuda terra o su baldacchini dorati, asseconda estro, da spazio a ridondanza, schematizza fin all’eccesso figure simbolo della Natività, perfino arriva allo sbeffeggio da sfiorare la blasfemia.
Nel concludere, tanto altro c’era da dire sull’argomento per essere esaurienti, per meglio specificate e chiarire l’evoluzione della natività nel tempo, sia dal punto di vista artistico –stili, artisti, tecniche metamorfosi compositive, simbolismi… che da quello religioso – significati, spiritualità, personaggi, linguaggi, immagine, metafore…
Comunque, con questa breve spolverata sulla figurazione visiva della Nascita di Gesù, a mio modo, ho cercato di sottolineare come la Sua venuta terrena abbia colpito l’immaginazione e in qualunque angolo del mondo non ha lasciato indifferenti ne arte ne artisti, ha trasmesso, valorizzato, magari ignorato i valori essenziali della fede, e da un avvio, meramente evangelico- evocativo-simbolico, sia diventata trasposizione di concetti-stili-tecniche- finanche trasgressione, mai ha perso il fascino, l’attrattiva. Il che qualcosa vorrà pur dire.
Con il pensiero rivolto al valore vero della Sua venuta che stanotte si rinnova e rievoca in varie forme più o meno ortodosse, auguro a tutti un felicissimo S. Natale in allegria, amore, pace di spirito e materia.
bydif
– in storia dell’arte un opera rappresentativa della nascita di Gesù è definita: Natività, se la scena presenta una capanna o grotta con bue e asinello, al centro il bambinello, ai lati Maria e Giuseppe; Adorazione se sulla scena figurativa compaiono pastori, magi o altri personaggi.-
immagini:in alto catacombe di priscilla, Gentile da fabriano, Caravaggio; Dottori