Quelle impronte che …

Quelle impronte che …lasciate da piedi inconfutabilmente umani nel fango,  riaffiorano alla vista dopo 23 mila anni e mandano in tilt le ipotesi acclarate sulla datazione degli insediamenti umani in un territorio, beh non è per caso che si son rese visibili. Non è per caso perchè in quelle orme impresse nel molle fango da nudi piedi di donne, uomini, adolescenti, bambini, c’è stigmatizzata una vitalità dinamica che comunica un vivo senso alla libertà, al godimento della luce e degli elementi naturali. Perchè ognuna di quelle impronte, aggregate,  talune in modo illineare, quasi giocoso, trasmette un esuberante imput di riemergere alla luce, per raccontare la propria storia che va oltre il momento immortalato dal fango. Qualcuno obietterà che è una ipotesi cretina pifferando la logica comune che ogni ritrovamento di resti, del vissuto passato umano o di quantaltro vivificava e movimentava il pianeta terra, non è dovuto al caso bensì esclusivo risultato di studi e accurate ricerche. Vero, nella scoperta c’è lo zampino dei ricercatori, tuttavia, se quei piedi non volevano riemergere alla luce del mondo ai ricercatori, come migliaia di altre volte, andava buca e tutto restava sommerso per altri millenni. Li hanno individuati perchè non volevano più restare immobili piedi di ignoti esseri umani ma dinamiche tracce narranti precise vite individuali con tanto di bagaglio dell’umano esistere sia in senso di appartenenza comunitaria che di radicamento in un territorio. Raccontare che in ognuna di quelle orme c’era un essenza, un corpo, un anima, un pensiero, una volontà. C’era una vitalità di lotta espansiva, di azione, rischio, alternative, ingegno, paure e attese, a volte enigma, magia, rito, altre vulnerabilità e forse, proprio per quel momento, per un dopo inaspettato, diverso, imposto dalla sopravvivenza. C’era un prima e un dopo di avventura esistenziale. Migliore, peggiore? Non si saprà mai!Alle mille domande per cogliere appieno il vissuto di quei piedi l’unica risposta certa è la cristallizzazione di esistenze vere, con tutto il loro patrimonio di sentimenti, emozioni, aspettative, incognite, esperienze, realtà vissute in tempi lontanissimi.

Chiaramente, le impronte, ancor vibranti di energia femminile e maschile, più o meno gagliarda e giovanile, aggiungono un tassello importante alle ipotesi di ricostruzione della storia di popoli e civiltà, al contempo, testimoniano, insieme a tutte le altre, quanto parzialmente sappiamo. Soprattutto quanto ancora c’è da scoprire per arrivare a decifrare tutta la cronologia evolutiva del genere umano e non dal suo inizio. 

orme 2

Prima o poi, con l’aiuto delle vibrazioni degli occulti indizi fossili, riconducibili ai tempi cronologici dell’origine, studiosi e ricercatori ci arriveranno. Ma non sarà per caso, perchè nell’universo nulla è magmatico, tutto è organizzato in successione ritmica di tempi e luoghi. A ritroso e in divenire, tutto corrisponde a un ordine temporale preciso.

orme di piedi

Bydif

per la cronaca:

Le su citate impronte umane fossili, trovate dai ricercatori della Bournemouth University, in collaborazione con lo US Geological Survey, sul fondo di un lago asciutto, nel White Sands National Park nel New Mexico, si è stabilito che risalgono a 23milioni di anni fa. attraverso l’analisi al radiocarbonio.

Se anche gli scimpanzé credono nel divino allora…

scimpanzè

Allora perché non dobbiamo crederci noi umani? Già, perché non crederci. È curioso assai. Non siamo mica tanto dissimili dai nostri “cugini” ! Calma, non sto dicendo idiozie inventate, lo affermano studiosi in biodiversità. Lo hanno scoperto tramite una lunga osservazione con telecamere nascoste piazzate nella foresta di Guinea. A quanto spiegato da una del team, la ricercatrice Laura kehoe, esperta di effetti comportamentali delle operosità umane, dell’Università Humboldt di Berlino, al Daily Mail, dall’attenta osservazione è emerso un contegno stupefacente degli scimpanzé che: “ forse abbiamo trovato la prova del fatto che anche gli scimpanzé creano una sorta di santuario con degli alberi sacri”.

Chiaramente l’ argomentazione però avvalorata dai video ha sbigottito il mondo della scienza nonché posto tanti interrogativi. Perché? Perché l’osservazione ha rivelato un dato inconfutabile, cioè gli scimpanzé credono nel divino. Infatti nei video è palese un rituale simbolico “religioso” molto esplicito e assai somigliante a quello di nostri antenati. Specificatamente, nelle vicinanze di enormi alberi i primati edificano una specie di “misteriosa cappella” per riunirsi in posecontemplative. Cioè, prima edificano tempietti di pietre, o per meglio dire dispongono, dandogli un senso pressappoco divino, cumuli di pietre che ricordano assai i “ nostri” dolmen e menhir, poi in gruppo, si piazzano in atteggiamento ascetico di “adorazione” . Chi “adorano” è difficile da stabilire. L’albero…la natura… l’intorno….la materia inerte… Mistero. Mistero che può giacere in qualcosa di simbolico molto, molto antico. Qualcuno obietterà che danze rituali per fenomeni come fulmini, incendi della savana  dei nostri “cuginetti” sono risaputi, ciononostante in questa ricerca è palese che è diverso, con l’atteggiamento i primati qualcosa divinizzano! Strano o inverosimile? Niente affatto! Il senso del divino non è prerogativa esclusiva dell’umanoide sentire va oltre, appartiene a tutte le creature dell’universo. Perché? Perché il Divino è congenito in qualunque forma vivente. Quindi è normale sia percepito da ogni tipo d’essere. Ma, se anche gli scimpanzé credono nel divino allora… Allora perché non dobbiamo crederci noi umani? Forse perché l’idea che Esista surclassa, sminuisce, toglie autorità intellettiva liberale, o come dicono certe intellighenzie il crederci è da idiota. Bah, fatto sta che oggidì chi crede nel Divino, qualunque esso sia o venga appellato a secondo i luoghi, le culture, l’appartenenza etnica, spesso è tacciato di essere un sempliciotto, uno che si lascia abbindolare, manipolare, trascinare dall’illogica, qualche volta è deriso e persino costretto a nascondere le sue convinzioni, altre finisce pure ammazzato. Eppure il supporre che ci sia qualcosa di diverso che valica ciò che riusciamo a vedere, o un essere trascendente con poteri singolari non è da pazzi o creduloni, altrimenti non si spiegherebbe come mai è un esigenza da sempre avvertita dal genere umano, tant’è che in ogni luogo del pianeta se ne riscontrano tracce millenarie. Certo variano modi e forme ma il succo del significato no. Da che mondo è mondo l’uomo più o meno evoluto nella sua quotidianità ha riservato un posto al sacro. Eppure nell’era del progresso più sviluppato in termini di umano processo conoscitivo, sebbene non nascondo che ci siano tantissime distorsioni, per non dire palesi abusi con eccessi profittatori del Divino percepire, è facile riscontrare uno sberleffare il sacro e chi ci crede. Ma questa quasi repulsa a qualunque forma d’essere che eccella sull’uomo non è altro che un segno di debolezza dell’uomo. Perché? Perché è vigliacco, alquanto spudorato nell’attribuirsi poteri selettivi di logica tra l’esistente e l’ultraterreno, nonché perché ha una fottuta paura di perdere quell’onnipotenza umana che si arroga con tanta prosopopea. Eppoi, ammettere l’esistenza del sacro sarebbe come dire che deve guardare oltre se stesso, farsi delle domande scomode, soprattutto avere coscienza che ha limiti di autorità manovriera sull’universo. Inoltre, può scoprire, cambiare, perfezionare, magari deformare, snaturare, come già fa, ma giammai potrà ottenere il potere incondizionato del cosmo. Quello no, proprio no. Perché? Ovvio, quello dell’universo è un potere tantissimo agognato per ambizioni dominatrici sul Tutto tutt’altro che a fini universalmente benefici e pacifici, per cui deve restare irraggiungibile e nessuno mai potrà controllarlo, e ciò che chiunque espugna con la forza o la ragione è ciò che gli è concesso e se viola ordine e regole prima o poi ne paga le conseguenze. Come? Come è già avvenuto, con un mutamento dello status quo. In fondo basta guardarsi in giro, da ogni parte spunta una conferma!

scimpanze,alberi,sassi,religione

Una curiosità  mi assilla: come mai  tale  scoperta è  resa nota al mondo nell’anno della scimmia? Coincidenza. Uhm ..in scienza le coincidenze non sono ammesse …anche se  nela scienza come nella vita se hai “fede” tutto è possibile!

by dif

L’IMMAGINE DELLA VERITA’

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La donna raggomitolata nel suo scialletto d’un colore imprecisato, stinto dagli anni e dai lavaggi, immobile come una cariatide prima mi guardò dal bordo della fontana, mentre frettolosa attraversavo la piazza immersa nei miei mille pensieri, poi con una voce imprecisata che sapeva di remoto e d’avvenire disse: ehi, senti tu, avvicinati, ho da farti una domanda. Sai dirmi dove trovo l’immagine della verità? Io l’ho cercata in uno specchio opaco, in vette inaccessibili, in un pozzo senza acqua e fondo, non l’ho trovata. nessuno l’ha riflessa.

Mentre stranita dalla richiesta cercavo una risposta, la donna con l’occhio fisso all’orizzonte con una mano agitò il suo scialletto, scoprì uno specchio che teneva  stretto con l’altra al petto, poi senza darmi il tempo di articolare un suono vocale iniziò a raccontare:

“Ho cercato l’immagine della verità in uno specchio; non l’ho vista riflessa, troppo grigio, opaco e appannato dal mio fiato.

Allora ho cercato la verità nei riflessi dell’acqua d’una sorgente; non l’ho vista riflessa, troppo limpida e chiara.

Sono andata al pozzo a cercarla, non l’ho vista riflessa, troppo profondo e nero.

Non mi sono arresa, a  rischio della vita son salita e salita fin la vetta più alta del pianeta; c’era la nebbia che offuscava la vista e la verità non l’ho vista.

Son scesa negli abissi; c’eran troppi pesci che guizzando scomposti balucavano i mie occhi e l’immagine della verità  si è dileguata nell’acqua fosca

Son tornata caparbiamente al pozzo; mi sono sporta oltre misura per vedere se almeno c’era una goccia che riflettesse l’immagine ideale della verità, inutile, era privo di acqua che potesse acchiappare un fil di luce per diradare la mia caligine.

Allora scartata ogni logica ho messo l’immagine della verità al di sopra di tutto e per trovarla ho frugato in ogni dove, prima seguendo vie piane, poi quelle contorte e strane, infine quelle caotiche piene di alterazione dove ho calpestato a mano a mano quello che accortamente avrei dovuto pestare.

Per trovare quell’immagine che mi aprisse i cancelli della verità ho scartato il divino per abbracciare il meschino. Ho buttato anni di vita per donarla a chi ci giocava. Mi sono fatta marionetta volontaria di chi non sapeva animarla, mi sono fatta ingannare, mutilare, deturpare da chi non aveva regole e rispetto umano. Ho lasciato che anima e corpo si abbandonassero senza riserve offrendo la possibilità a chi voleva di approfittarne. Non ho saputo custodire una molecola di me. Ho permesso di togliermi volontà, respiro. Ho permesso di farmi divorare, succhiare ogni fluido di linfa. Ho accettato senza condizioni che pioggia, grandine, fulmini e tuoni potessero colpirmi. Ho offerto in olocausto me stessa a chi voleva distruggermi, polverizzarmi.

Vedi, lo specchio che oggi è qui nelle mie mani è argenteo, brillante; il sole lo illumina, imporpora la cornice dorata e il mio volto che le sta di fronte mentre cerca di carpire l’insondabile verità dell’altro volto. Ma nessuna immagine, nessuna verità, nessun volto riflette. “

Sai dirmi tu il perché?

 

La guardo strabiliata.  Nessuna immagine può riflettere lo specchio. E’ nero come la pece.

 

All’improvviso il volto in cerca di verità perde consistenza, evapora come fosse in una buca piena di acido.

 

Non so se ho captato le rifrazioni interrogative della cariatide immobile vicina alla fontana, raggomitolata nel suo scialletto nero e lo specchio stretto al petto o quelle di uno spettro  distrutto da una ricerca vana. So che la verità è una cosa strana, un’immagine ideale che non si trova in nessuna strada e la donna dalla voce senza passato e avvenire s’è dissolta prima che potessi darle  la mia risposta.

 

 

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Realtà e ingegno


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Noi siamo energie compenetrate e compenetrabili dell’universo ma sappiamo ben poco in relazione alla sua complessa vastità. Sosteniamo il certo e tendiamo ad escludere l’incerto così spesso annulliamo la possibilità di accedere a piani di conoscenze insolite negando a noi stessi l’opportunità di evolverci in modo naturale e in armonia con quanto ci lega al vicino e al lontano. Talvolta è solo un fatto banale o il caso ad allargare gli orizzonti , a mettere in moto i meccanismi di studi ed esperimenti scientifici che  portano a scoperte, conquiste e progressi eccezionali.