SCONQUASSO

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Sono rimasta fortemente colpita e rattristata  dal suicidio del portiere tedesco  Robert Enke, un ragazzone di 32 anni,  bello,  sportivo e con una famiglia, apparentemente premurosa e affettuosa. Se è arrivato ad un gesto così estremo, deliberatamente,  doveva avere in se una angoscia terribile, un senso di profondissimo sconforto che niente riusciva a lenire. Mi son detta: possibile che nessuno di quelli che gli stava intorno, lo amava, condivideva la quotidianità, lo curava non è riuscito a percepire lo strazio intimo, lo svuotamento di ogni speranza che lo corrodeva, la luce della  fiducia che ogni giorno si affievoliva, l’energia vitale che l’abbandonava. Plausibilmente no, perlomeno nessuno ha saputo raccogliere il messaggio segreto  della sua anima, distinguere ciò che lo lacerava. Oppure bleffava così bene da non far presagire l’autodistruzione e  il suo gesto è scaturito solo da un momento, un attimo  nel quale ha pensato che non aveva alternative, nulla che valesse la pena di resistere, andare avanti, si è  sentito così maciullato da lasciarsi schiacciare freddamente dalle ruote d’un treno senza opporre resistenza, gridare aiuto, oppure… aveva tanto urlato alla vita e a chi gli stava intorno  da essere  senza fiato, ha utilizzato l’ultimo guizzo per gridare silenziosamente dall’infinito che era stremato. Vicende simili sono sempre fonte di domande e di dolore, difficilmente comprensibili con il raziocinio. Si intende solo che queste essenze vitali che imboccano la via dell’autolesionismo hanno una sensibilità diversa che accumula ferite invisibili, non curabili solo con la scienza. Tutti siamo vulnerabili, poiché  tutti abbiamo momenti strazianti che indeboliscono le nostre difese istintuali e possono farci cadere nel buio greve d’un pozzo profondo, dal quale è difficile uscire senza  che qualcuno ci tiri fuori, ci getti una corda vigorosa  d’amore, comprensione, delicatezza, vicinanza, pazienza. Specialmente quando non si ha una fede radicata  e  l’aiuto di risorse sfuggenti alle regole terrene, è facile essere aggrediti dallo sconquasso, dalla paura, si smarrisce il bambino gioioso e coraggioso che alberga in noi. A lui dedico le parole di una mia amica, rivolgo una preghiera all’angelo della misericordia che l’accolga e gli faccia trovare la sua bambina. Cercherò di pregare perché nessuno coltivi in se un germe simile.

 bydif

MURA

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Il 9 novembre dell’89 cadeva sotto i colpi della forza disperata di uomini e donne il muro di Berlino e con esso crollava il sistema ideologico che l’aveva innalzato. A distanza di 20 anni il mondo intero ha celebrato e inneggiato compiaciuto allo storico fatto. Nei vari discorsi ognuno  ribadiva che niente di simile deve esser ripetuto,  mai più muri  innalzati a difesa di un apparato politico, una dottrina ideologica o qualsiasi filosofia nazionalistica. Per la verità non è così. Per motivazioni diverse muri, fili spinati, recinti micidiali con alta tensione, campi con barriere più o meno visibili che impediscono la libera espressione e la circolazione in questi anni sono stati innalzati. Ovviamente non  tranciano in due una città separando amici, parenti cittadini di una stessa stirpe,  tranciano indipendenza, emancipazione, aspettative, desideri, diritti, sono limitativi  e oppressivi, in nome di interessi variegati costringono popoli,  uomini e donne  a rimanere  ingabbiati nel “ proprio recinto”.

Oltre vedere gioia e plauso per un fatto di conquistata indipendenza, sarebbe stato sostanzioso udire parole di impegno concreto per eliminare altri muri coercitivi. Bastava che la simbologia storica espressa dai festeggiamenti non rimanesse una vicenda formale ma apriva spiragli a miraggi di poter picconare un po’ alla volta tutti i muri esistenti, specie quelli che  non sono di pietra.

Forse è stata l’ingenuità, forse l’utopia di credere ai fenomeni ottici a disilludere le mie aspettative o perchè ……

Dividiamo lo stesso cielo

La terra su cui ormeggiamo

Vaghiamo col pensiero

Ci immaginiamo

Ma ..non ci vediamo

 

Percepiamo il respiro

L’energia esaltante

La passione ardente

Ma…non ci vediamo

 

Sentiamo il vento

I bisbigli dei fiori

I granelli di sabbia

L’arsura del deserto

Il bollore del cuore

Ma..non ci vediamo

 

Avvertiamo i passi

Il fruscio dei sogni

Lo sciacquio del mare

L’eco dei sospiri

I gemiti del pianto

Il cigolio dell’altalena

Ma…non ci vediamo

……………………….

Cinto da mura è  lo sguardo

Solo  l’anima trasvola

 

Ognissanti

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Stanotte per alcuni è la vigilia di Ognissanti, per altri la notte di halloween, la prima da vivere secondo il messaggio cristiano la seconda in modo stravagante e pittoresco. Per me è un momento magico, un mescolio di emozioni e riti amplificati dal tempo, custoditi dalla memoria come tesori da non disperdere, per mantenere un contatto con gli avi e come rilettura di gesti, usanze e sapori tra il mistico e il piacevole vissuto in famiglia accanto a persone care.

Ieri ho iniziato a entrare nello spirito della ricorrenza. Per prima cosa ho comprato delle melagrane una da tenere in casa e altre da regalare. Secondo l’usanza non si devono mangiare, si mettono nella fruttiera e si aspetta di vedere se seccano o marciscono. Nel primo caso, fino al prossimo Ognissanti, si avrà prosperità per intercessione di forze spirituali buone, nel secondo caso forze oscure o spiriti ribelli contrasteranno le nostre azioni e le cose ci andranno maluccio. Poi ho passato il pomeriggio a preparare le famose fave dei morti dei dolcetti fragranti e profumati cotti in forno a forma di fave bianche e nere, fatti con un impasto di farina, zucchero, uova, mandorle triturate dolci e amare, scorza di limone, cannella, acqua d’arancio, per avere le fave nere all’impasto ho aggiunto cioccolato in polvere…  Secondo il folclore animistico delle mie radici, le fave sono alimento di espiazione, vanno messe in tavola la sera del 31 ottobre e mangiate entro i tre giorni consecutivi in onore dei morti per riparare ai torti fatti loro, in particolare per essersi dimenticati di ossequiarli con preghiere di suffragio o averli rimossi dai ricordi.  Con una parte dell’impasto ho fatto anche gli stringhetti, dando ai dolcetti la forma di tibie. Questi li ho fatti per esorcizzare la paura del tempo poiché la ruota gira inesorabilmente…Stasera invece accenderò un sacco di lumini, dalle nostre parti è importante in quanto simbolicamente si illumina la strada a coloro che vorranno farci visita in sogno per darci dei messaggi o semplicemente per ridestare il nostro interesse verso i valori dello spirito, in più rischiarano le tenebre che ci avvolgono facendoci passare dal caos intimo alla luce.  Quand’ero ragazzina si andava anche a fare un gran falò in un crocicchio per imbrogliare gli spiriti ribelli, la gente diceva che perdevano l’orientamento e non ci avrebbero tartassato con i loro scherzetti poco simpatici.

Istintivamente non ho saputo trattenermi dalla tentazione di arricchire le usanze originarie con qualche tocco di “modernità” ho comprato anche delle zucchette da mettere qua e la, cioccolatini e caramelle da regalare ai bambini che come ogni anno girano di casa in casa con costumi bizzarri ripetendo: dolcetto o scherzetto?  Domani invece mi dedicherò alla parte meno festaiola ….

Auguro a tutti una notte piena di “sorprese”  o se volete: “  la notte di Ognissanti, venite con me, faremo tremà tutti quanti, con lazzi, canti e spaventi”

Stranezze emotive

Una Domenica mentre assistevo ad una cerimonia importante ed ero concentratissima ad ascoltare l’oratore che esaminava da un punto di vista di Fede Cristiana l’importanza di non essere spettatori passivi nella vita comunitaria ma di adoperarsi per migliorarla, all’improvviso recepii un’intensa” vibrazione” che mi produsse un deciso movimento oscillatorio, quasi da farmi perdere l’equilibrio. Dall’intensità afferrai che qualcosa di forte e impaziente stava richiamando la mia attenzione.

Cercai di reprimere l’onda vibratoria per non perdere il filo del discorso che stavo ascoltando, niente, questa si fece impellente, diventando quasi una “tempesta” che non mi lasciava alternative, girai lo sguardo per disperdere la vibrazione ma stranamente in ogni cosa mi sembrava vi fossero stampati dei numeri. Sbattei gli occhi pensando ad un’allucinazione, a un riverbero casuale che mi travisava il campo visivo. Niente da fare i numeri tornavano più “vivi” che mai. Così capii che non potevo sottrarmi alla “ stranezza emotiva”, quei numeri mi sollecitavano a raccogliere il messaggio cifrato ed a trasmetterlo a qualcuno dei presenti.

Ma.. a chi se non conoscevo quasi nessuno? E, poi perché in quel momento turbavano i miei pensieri che erano lontanissimi da qualunque aggancio a  questioni numeriche?

Finita la cerimonia, mentre insieme agli altri convenuti mi apprestavo a lasciare la sala, mi si avvicinò una persona chiedendomi un parere su quanto era stato detto. In quell’istante capii a chi era destinato il “messaggio”contenuto nei numeri che mi erano ballonzolati intorno, una forte scossa, una specie di scuotimento viscerale mi attraversò da capo a piedi. Così invece che rispondere alla sua domanda iniziai a cicalare, con le gote in fiamme per l’imbarazzo gli dissi che entro cinque giorni ci sarebbe stato un avvenimento imprevisto nella sua routine, non doveva spaventarsi, anzi doveva accoglierlo con serenità perché gli serviva a trovare il “coraggio” per fare quei cambiamenti che voleva da tanto ma non si decideva ad attuarli per varie remore. Ovviamente la persona mi guardò tra il perplesso e lo spaventato, però proseguendo la chiacchierata al bar di fronte alla sala del meeting,  mi confidò che da qualche annetto aveva un sogno nel cassetto, un progetto di cambiamento lavorativo  accantonato e rimandato per timore di non farcela ed anche per ingerenze dei familiari.

Mentre me ne parlava  mi spaventai un po’ mi sembrava di avvertire tra le sue parole  il fato che lo tampinava…..oibò mi dissi mentalmente, frena …..frena   stai  diventando visionaria !!!

Dopo un’oretta di chiacchierata nel salutarci  ci scambiammo i numeri telefonici, non ricordo la motivazione precisa, ricordo un: non si sa mai che ….Poi, lui si allontanò, sicuramente con qualche dubbio in più, io con una  stramba agitazione che mi  rovinò il resto della giornata.

Ieri, quando ormai questo episodio l’avevo rimosso dalla mente, mi ha telefonato. Sul momento ci ho messo un po’ a focalizzare chi era ed ha ricordarmi il tutto.   Mi ha raccontato che il 5 luglio era  stato  licenziato dall’azienda per cause imprecisate, alla sera un vecchio amico, ignaro della situazione, gli aveva  offerto di entrare in società proprio nel ramo che desiderava, aveva  accettato subito ricordando quello che gli avevo detto casualmente quella mattina. Ora si trova bene, anzi è entusiasta e per il momento tutto fila liscio. Poi mi ha ringraziato aggiungendo: comunque vadano le cose dopo quella “nostra “chiacchierata ho capito che il condizionamento degli altri era una scusa, non lasciavo il lavoro perché non volevo lottare e non volevo guardare la realtà in faccia.

Non so perché ma la telefonata mi ha fatto piacere. Probabilmente per sentirmi  meno strampalata!!!!

Qua e la

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volta… L’innocenza pedalava lesta Improvvisa scorse la malizia La guardò soggiogata Sotto la volta sbiancata la bicicletta attese muta   Solare trai girasoli mi tuffa aspirai la solare energia l’humus della terra mia Mugghiarono i sentimenti infilando le verdi colline allacciarono il biondo fiume raccolti dal vento giocarono col pino del vigneto  a sera ubriachi di colore zufolarono la solata turbando … Continua a leggere

OMBRA

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Nel bagliore d’un sole

Un incontro casuale

Accende la fantasia

L’anima vibra

S’infiamma…  protende

Mistero e sogno

Frangon la via

Sapori e fulgori

Intreccian  sussurri

Chi sei tu?

Una scia

Chi son io?

Un ombra

 

 

Quello che non ti ho detto, mamma

FOTO 2.jpgAuguri mamma. Oggi è la tua festa ed io non posso abbracciarti, non posso vedere il tuo volto sorridere felice mentre scarti  i pacchetti e leggi i biglietti scherzosi e affettuosi di noi figlie, guardi orgogliosa e stupita quelli disegnati con lo stesso amore dai nostri  figli. Mamma,  mi manchi, mi manchi così tanto che a volte mi sembra di trasvolare il tempo e di essere vicina a te, così vicina che posso sfiorare la tua  fronte, i riccioli dorati e striati da qualche fiezza bianca, posso rannicchiarmi tra le braccia sode e forti, sentire il tuo cuore pulsare come quando bambina mi  coccolavi  placando il  pianto  per i dispetti di mia sorella o fugavi i crucci  di un brutto voto.  Non credevo che il distacco tra noi fosse così intenso e traumatico, credevo che ormai adulta avrei potuto camminare senza sorreggermi al tuo braccio, credevo che lavoro, figli, amicizie potessero riempire la mia vita senza farmi sentire la tua mancanza, credevo che potevo sostituirti o almeno sopperire alla tua mancanza viaggiando, incontrando gente, credevo che bastava riempire le giornate con tante cose diverse per non sentire malinconia e nostalgia del tuo sorriso dirompente, dei tuoi silenzi, del tuo sguardo amorevole,  soprattutto credevo di aver tanto tempo da sfruttare per stare in tua compagnia, abbracciarti, carezzarti, raccontarti i miei segreti, pronunciare quelle parole che covavano nel mio intimo e che tu pazientemente aspettavi, volevi sentire da me. Amaramente ho scoperto che il tempo all’improvviso non c’era più, un soffio leggero e impercettibile di vento si era insinuato tra noi scagliandoci  in due direzioni opposte togliendoci la possibilità di poter continuare il nostro cammino di madre e figlia così diverse nell’aspetto e nella filosofia di vita, quanto uguali nel modo agguerrito di portare avanti le proprie battaglie,  di affrontare le asperità del destino. All’improvviso ho scoperto che non potevo raccontarti i crucci, chiederti un consiglio, ascoltare i rimproveri, non potevo stringerti forte per trasmetterti l’amore, il rispetto, la gratitudine,  avere quel tocco leggero della tua mano sulla mia spalla nei momenti bui e dolorosi, non potevo sentire il calore e la forza d’animo che sprigionava dal tuo sorriso, dallo sguardo schietto ed a volte malizioso.   Ho scoperto che la complicità che c’era tra noi è insostituibile, che niente sostituisce la tua voce, nessuna parola amica ti ristora come la tua, niente ha lo stesso valore di prima nella mia vita, nemmeno il tempo.  Quel soffio di vento che ci ha temporaneamente diviso mi ha insegnato che ogni minuto potrebbe essere l’ultimo, devo considerarlo una vita intera,  devo sfruttarlo al massimo. Se quel maggio di 6 anni fa avessi ascoltato l’impulso del cuore oggi non avrei il rimpianto di non averti espresso tutto l’amore e l’ammirazione che avevo per te. Quello che allora non ti ho detto  è quanto eri importante, non perchè mi avevi partorito, quanto per le tue qualità di donna, gentile, sensibile, coraggiosa, delicata e al tempo stessa ferrea, spirituale  nell’animo realistica nell’affrontare il quotidiano, ambiziosa nei progetti ma semplice e spontanea nell’apprezzare quello che il fato ti concedeva.

Oggi i miei figli mi riempiranno di bigliettini scherzosi ma il mio pensiero varcherà la soglia, andrà oltre, ti raggiungerà ovunque tu sia perchè l’amore oltrepassa ogni forma di frontiera, sussurrerò quello che allora non ti ho detto,  sul tuo grembo lascerò un mazzo dei tuoi fiori preferiti, son sicura che sarà la più bella festa della mamma che passeremo insieme. Buonanotte mamma, salutami l’altra Mamma che ti ha accolto e tutte le mamme invisibili che ti fanno compagnia.

” L’OLMA “

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Ieri era una di quelle giornate in cui avevo necessità d’introspezione, di scavare nel mio profondo attraverso gli occhi della natura per sbarazzarmi di cose obsolete, rinnovarmi in spirito e materia. Così son salita sulla mia geppa e son partita senza una meta, dentro di me sapevo che il caso mi avrebbe guidato nel luogo della bisogna. Sotto la spinta sibillina che covava in me, ho preso l’autostrada, a Carpi l’ho abbandonata. Senza guardare le indicazioni dei paesi alla prima biforcazione ho svoltato a destra. Ad un certo punto noto l’indicazione “OLMA ” d’istinto percepisco che quella era la mia meta, senza pensarci due volte svolto nella stradina laterale, percorro circa 2 Km in un silenzio surreale,  quel silenzio che riserva il meriggio di festa assolato in aperta campagna, nel quale gli unici suoni che arrivano sono il ronzio delle api che vagano fra le margherite per succhiare il nettare, il fruscio delle ali di farfalle e calabroni che svolazzano festosi, il frinire di qualche grillo solitario in cerca di compagnia. Il luogo ideale per stare con se stessi, camminare fra i campi lasciandosi avvolgere dalle benefiche vibrazioni emesse dai toni di verdi, assorbire l’umore della solida terra,  olma2.jpgmentre si pensa ai fatti propri, per non lasciarsi fuorviare da astrazioni inconcludenti, godere, dopo quattro giorni di pioggia, del calore corroborante del sole. Mentre scruto cercando uno spiazzo per parcheggiare la geppa, all’improvviso la vedo, alta, maestosa, enorme nell’aia d’un casolare l’OLMA  sovrasta la pianura che la contorna come una grande madre ancestrale, protettiva e al tempo stessa severa, l’emozione che si prova guardandola è difficile da descrivere, è come se un sogno si materializzasse nel momento che non aspetti. Un cartello spiega che è un esemplare secolare, monumento nazionale protetto dal WWF della specie ULMUS CARPINIFOLIA o CAMPESTRIS. Intimorita da tanta maestosità mi avvicino, le giro intorno, cerco di abbracciarla per assorbire calore e suoni chiusi in lei, il tronco è enorme, da soli non si riesce a circondarlo, allora mi siedo ai suoi piedi, poggio la schiena sulle radici contorte, alzo gli occhi per ammirare la sua immensa chioma ricoperta da giovani foglie d’ un verde smagliante e afferro il messaggio. Questa volta non era necessario che maciullassi le meningi, il messaggio era chiaro dovevo stare solo un po’  sotto la grande OLMA, bastava ascoltare i suoni delle mie “cavità interiori”, rinnovare le mie frondi senza sbarazzarmi di nulla, dovevo lasciare che le vecchie foglie cadessero da sole,  a mano a mano  gemme nuove spuntavano innovando e vivificando la mia “vecchia” struttura. Sono rimasta lì 2 ore, senza un pensiero preciso, ho lasciato che tempo e spirito fluissero finchè ho avvertito che il “tumulto” bioritmico diventava una piacevole sensazione di freschezza e vitalità che riconciliava le mie frastagliate sensazioni di metamorfosi. Dopo aver ringraziato la generosa  Olma per avermi ospitato e consigliato, mi sono diretta in paese, volevo sapere qualcosa in più sull’olmo secolare e sfamare lo stomaco che brontolava. Al bar del paese tutti conoscevano la storia centenaria, una storia bella e romantica che cercherò di sintetizzare:

” L’OLMA “è un esemplare secolare di olmo chiamato al femminile dagli abitanti del paese per la sua regale generosità nel donare ogni anno  foraggio, frutti e fascine. Un brutto giorno alcuni abitanti della Valle d’AOSTA per gelosia scesero giù e lo tagliarono a metà, volevano che il loro OLMO BIANCO non avesse concorrenti, che fosse il più grande. Ma in una notte di luna piena l’OLMA ricrebbe come prima, l’indomani si sradicò, partì infuriata per la Valle d’Aosta, voleva vendicarsi. Trovò l’Olmo Bianco, ingaggiò una lotta furiosa finchè lo battè. A fine combattimento stremata dallo sforzo guardando l’Olmo Bianco mal ridotto si innamorò, fece la pace e decise di sposarlo. Il giorno dopo si unirono in matrimonio. Dopo una notte d’amore infocata i due olmi innamorati stabilirono che ognuno avrebbe vissuto nel proprio paese per non dare un dolore agli abitanti. A testimonianza del loro amore nacque l’Olmo Campestre che attualmente forma la zona verde della scuola del paese.”

 Proprio una storia romantica!  Ho passato un pomeriggio fantastico e pieno di intense emozioni. Ho saputo che anche l’OLMO BIANCO vive ed è un’altro esemplare di monumento secolare della natura protetto dal WWF, spero un giorno di passare da quelle parti per portargli i saluti dell’OLMA.

LE RAGIONI DEL CUORE

So bene che non devo illudermi e che le cose belle possono svanire più in fretta di come sono arrivate. So bene che l’oggi andrebbe vissuto senza domandarsi del domani. So bene che ogni attimo di felicità deve essere ripagato con lunghe ore di sofferenza. So bene, o almeno dovrei sapere, che non si può essere egoisti e neppure pensare che quello che per te è gioia immensa lo sia per altri. So bene che non vi sono certezze ma solo ipotesi. Ma a cosa mi serve sapere tante cose se mi costringe a tacere, a nascondere quello che vorrei urlare prima che svanisca? A niente. Solo a rendermi schiava, immiserita dalla mia esperienza, impossibilitata a manifestare spontaneamente le ragioni del cuore perchè la paura ingigantisce le ansie, sembra che il tempo scorre troppo veloce, non basta per dire in mille e più modi quello che si agita nelle tue viscere. Il mondo appare ostile, ingiusto, l”uomo con le sue leggi un carnefice pronto a sacrificarti senza nemmeno un attimo di esitazione! Io, piccolissima parte di un ordine precostituito ho osato abbandonarmi ai sentimenti invece che soggiacere alla ragione. ….Già, la ragione. Quella ragione senza la quale non sarei diversa da un “animale”, anche se lui è libero,  agisce con l’istinto decondizionato dalle leggi e dall’intelligenza dell’uomo. Infatti l’uomo può incatenarlo, metterlo in gabbia, seviziarlo, ammaestrarlo e servirsene, dentro resterà uguale, un essere capace di muoversi, agire, riprodursi seguendo gli impulsi di millenaria memoria. So bene che senza ragione un sentimento assomiglia a un impulso animalesco, è svuotato di tutto, inconsciamente privo di guida si trasforma in furia cieca, in uragano travolgente, in follia aggressiva. So bene che la ragione è necessaria per comprendere, per non lasciarsi andare alla violenza degli istinti. MA un sentimento se non è libero di esprimersi, se deve rimanere nel suo “recinto” appassisce, diventa come una foglia smorta e ingiallita che cerca di resistere, di non staccarsi dal ramo perchè sa che una volta che si stacca,volteggia e cade a terra, calpestata diventa un mucchietto grigio e insulso. So bene che il mio sentimento se mantiene intatto l’ardore vive e non può diventare ragionevolezza. Allora? Allora so bene che devo gridare, dirgli vai, libra, aggrappati, volteggia, abbandonati alle ragioni del cuore prima che svanisca. Abbatti gli steccati della logica. Cambia, fino ad oggi il sapere della ragione ti ha svitalizzato, tolto il nutrimento, ridotto l’ardore, sfocato la limpidezza, reso schiava di mille ragioni, tenuto prigioniera. Prima che si dilegua vai, spazia, non voltarti, dietro non c’è niente che valga la pena di essere raccattato. Non ti fermare.

E come potrei, so bene che nessuna ragione arresta il cammino dì un grande sentimento. Lussuria? Solo verità.